Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11331 del 12/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 12/06/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 12/06/2020), n.11331

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Lui – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Mar – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria Giuli – Consigliere –

Dott. GRASSO Gianlu – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6089/13 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro-tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici domicilia in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12.

– ricorrente –

Contro

ASSOCIAZIONE SPORTIVA STUDIO LINE & BODY CENTER, in persona del

legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, giusta

procura speciale alle liti per scrittura privata autenticata

allegata all’atto di costituzione, dall’Avv. Giovanni Paolo Galleri,

elettivamente domiciliata presso il suo studio legale in Sassari

(SS), alla via Attilio Deffenu n. 3

– resistente –

Avverso la sentenza n. 10/08/11 della Commissione tributaria

regionale della Sardegna, sez. staccata di Sassari, depositata il 31

gennaio 2011.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15 gennaio 2020 dal Consigliere Gianluca Grasso.

Fatto

RITENUTO

che:

– l’Associazione Sportiva Studio Line e Body Center ha proposto ricorso avverso l’avviso di accertamento n. RL7030100219/2005 emesso dall’Agenzia delle entrate sulla base delle risultanze del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza di Alghero in data 17 dicembre 2003, a conclusione di una verifica parziale eseguita nei confronti dell’associazione, con il quale erano state accertate in capo alla stessa, per l’anno 2000, imposte dovute ai fini Irpeg e Irap rispettivamente nella misura di lire 10.747.000 (Euro 5.550,36) e lire 1.234.000 (Euro 637,31), nonchè ai fini Iva, nella misura di lire 10.562.000 (Euro 5.454,82), calcolata all’aliquota del 20% sull’ammontare imponibile accertato di lire 52.812.000 (Euro. 27.275,12);

– la Commissione tributaria provinciale di Sassari, con sentenza n. 80/1/2006, depositata il 17 ottobre 2006, ha rigettato il ricorso;

– la Commissione tributaria regionale della Sardegna, sez. staccata di Sassari, ha accolto l’appello della contribuente, annullando l’avviso di accertamento impugnato. Secondo l’apprezzamento compiuto dai giudici del gravame, l’associazione svolgeva un’attività dilettantistica e non era tenuta a effettuare adempimenti fiscali, mentre l’Ufficio non aveva dimostrato la natura commerciale dell’attività svolta;

– l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi;

– la contribuente si è costituita al fine di partecipare, ex art. 370 c.p.c., comma 1, alla discussione orale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Parte ricorrente deduce che la sentenza è meritevole di censura laddove, in violazione delle norme richiamate, non avrebbe dichiarato l’inammissibilità dell’eccezione, formulata per la prima volta in sede di appello, di aver prodotto la documentazione all’Ufficio in fase di contraddittorio, circostanza che avrebbe dovuto legittimare l’utilizzo in fase contenziosa della documentazione non esibita in sede di verifica. Si evidenzia, inoltre, l’erroneità della pronuncia che ha annullato l’atto impositivo, fondando il proprio convincimento sulla documentazione prodotta per la prima volta in fase di giudizio ma non esibita in sede di accesso, ispezione o verifica e che, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, non può più essere presa in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento, tanto in sede amministrativa, quanto in sede contenziosa;

– il motivo è inammissibile;

– difetta infatti di specificità la doglianza proposta in merito alle condizioni dell’inutilizzabilità in giudizio della documentazione che non sarebbe stata prodotta in sede di accesso amministrativo manca la prova che vi era stata una puntuale richiesta degli stessi, accompagnata dall’avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza, e che il contribuente ne aveva rifiutato l’esibizione, dichiarando di non possederli, o comunque sottraendoli al controllo, con uno specifico comportamento doloso volto ad eludere la verifica, v. Cass. 21 marzo 2018, n. 7011);

– con il secondo motivo di ricorso si denuncia l’insufficienza e l’illogicità della motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, Secondo la prospettazione di parte ricorrente, la valutazione della Commissione tributaria regionale è censurabile anche sotto il profilo motivazionale, avendo accolto l’appello del contribuente e ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento, senza fornire una motivazione logica ed esauriente. Si deduce al riguardo, l’insufficienza e l’illogicità della motivazione laddove afferma: “Le quote versate dai soci non vanno considerate pertanto come ricavi ma come contribuzione per sostenere l’attività dell’associazione che era sportiva dilettantistica e non commerciale come peraltro non dimostrato dall’ufficio”, senza indicare il criterio logico che ha condotto alla formulazione del proprio convincimento. Sotto questo profilo, la motivazione, priva di ogni riferimento a specifici dati caratterizzanti la fattispecie concreta ed espressa in termini assolutamente generici ed astratti, sarebbe insufficiente a sorreggere la decisione, risolvendosi, nella sostanza, in un’espressione di giudizio più che nella giustificazione di questo. La pronuncia, inoltre, avrebbe del tutto omesso di considerare le deduzioni e le censure mosse dall’amministrazione finanziaria;

– il motivo è fondato;

– in tema di ricorso per cassazione, il riferimento – contenuto nell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2, applicabile ratione temporis) al “fatto controverso e decisivo per il giudizio” implica che la motivazione della quaestio facti sia affetta non da una mera contraddittorietà, insufficienza o mancata considerazione, ma che sia tale da determinare la logica insostenibilità della motivazione (Cass. 20 agosto 2015, n. 17037);

– nel caso di specie, la pronuncia risulta del tutto apodittica e priva di un’adeguata motivazione, limitandosi a richiamare in maniera assertiva alcuni documenti depositati dall’associazione, da cui si evincerebbe l’assenza di attività commerciale e degli obblighi di legge agli adempimenti fiscali, mentre risulta del tutto omessa la valutazione delle deduzioni e delle censure mosse dall’amministrazione finanziaria, puntualmente richiamate nell’ambito del motivo di ricorso alle pagine 10 e 11;

– con il terzo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., art. 111 (ora art. 148) TUIR, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4, comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Parte ricorrente censura altresì la sentenza nella parte in cui, affermando succintamente che “l’attività dell’associazione che era sportiva dilettantistica e non commerciale come peraltro non dimostrato dall’ufficio”, mostra di avere invertito, addossandola. sull’Ufficio, la regola di riparto dell’onere probatorio, in violazione dell’art. 2697 c.c. Si evidenzia sul punto che nei due gradi di giudizio la controparte non aveva fornito nessuna concreta e plausibile argomentazione per contraddire ai rilievi dell’Ufficio, tale da dimostrare che, contrariamente a quanto apparisse, fosse stata realizzata una attività sportiva a esclusivo beneficio dei soci e non diretta a realizzare un utile economico a proprio vantaggio;

– il motivo è fondato;

– in tema di agevolazioni tributarie, chi vuole fare valere una forma di esenzione o di agevolazione qualsiasi deve provare, quando sul punto vi è contestazione, i presupposti che legittimano la richiesta della esenzione o della agevolazione (Cass. 4 ottobre 2017, n. 23228; Cass. 30 novembre 2012, n. 21406);

– nel caso di specie, la Commissione tributaria regionale ha finito per invertire l’onere della prova, addossando all’Ufficio il compito di fornire la prova della natura dilettantistica dell’attività svolta, lì dove, a fronte degli elementi e delle specifiche deduzioni dell’Agenzia delle entrate posti alla base dell’accertamento, sarebbe stato onere dell’associazione dimostrarne la natura non commerciale;

– in conclusione, il ricorso deve essere accolto in relazione al secondo e al terzo motivo e la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla Commissione tributaria regionale della Sardegna, sez. staccata di Sassari, in diversa composizione, per nuova valutazione e per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sardegna, sez. staccata di Sassari, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione civile, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2020

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