Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11328 del 29/04/2021

Cassazione civile sez. I, 29/04/2021, (ud. 29/01/2021, dep. 29/04/2021), n.11328

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1342/2019 proposto da:

C.Y., elettivamente domiciliato in Roma Via Asiago, 9,

presso lo studio dell’avvocato Spighetti Edoardo, e rappresentato e

difeso dall’avvocato Guglielmo Silvana giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CATANZARO, depositato il

12/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/01/2021 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 3509/2018 depositato il 12-11-2018 e comunicato il 19-11-2018 il Tribunale di Catanzaro ha respinto il ricorso di C.Y., cittadino del (OMISSIS), avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, all’esito del rigetto della sua domanda di protezione internazionale da parte della competente Commissione Territoriale. Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito perchè aveva provocato un incendio nel suo villaggio e temeva le minacce di morte delle persone i cui campi e raccolti erano rimasti danneggiati a causa dell’incendio, nonchè temeva, di conseguenza, di essere arrestato. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale del Gambia, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I motivi di ricorso sono così rubricati:”1. Violazione e mancata applicazione delle disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2″; “2. Violazione L. n. 46 del 2017, art. 6, che introduce il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11, lett. A e C. Direttiva 2013/32 UE (in particolare gli artt. 12, 14, 31, 46) e della carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea art. 47”; “3. Quindi violazione della L. n. 46 del 2017, art. 6 comma 9”; “4. Violazione del disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. A, B e C”; “5. Violazione della norma contenuta nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e conseguente violazione art. 2 Cost. e artt. 3 e 8 CEDU”. Con il primo motivo il ricorrente, nel dedurre che, ai fini della protezione sussidiaria, a differenza di quanto previsto per la definizione dello status di rifugiato, si richiede l’esistenza di un rischio effettivo, censura il giudizio di non credibilità espresso dal Tribunale, contestando la ricostruzione dei fatti di cui al decreto impugnato, in particolare rimarcando che il giornale prodotto era autentico ed egli era stato identificato quale autore dell’incendio, contrariamente a quanto ritenuto dai Giudici di merito. Deduce che la sua audizione poteva chiarire alcuni punti, troppo sintetizzati e forse non trascritti nell’interezza del suo racconto, evidenziando che, in ogni caso, il suo racconto rispettava i criteri indicati dall’UNHCR circa la plausibilità della narrazione. Ribadisce, a confutazione dei rilievi e dubbi espressi nel decreto impugnato, che egli era stato identificato come autore dell’incendio, che non aveva riferito di persone che erano con lui in quel frangente perchè non gli era stato chiesto dai componenti della Commissione Territoriale, che il suo timore dei vicini era fondato perchè vedeva in loro una punizione immediata e feroce, che la sua fuga era stata una confessione e che aveva saputo da sua madre che i vicini lo uccideranno, in caso di rimpatrio. I fatti riportati nel giornale erano esattamente ricostruiti perchè il giornalista aveva indagato bene, e il ricorrente era l’unico ricercato perchè materialmente aveva appiccato il fuoco ed era stato accusato dalle altre persone che erano con lui. Con il secondo motivo si duole della sua mancata audizione, che, a suo avviso, in mancanza di videoregistrazione, deve essere disposta dal giudice di primo grado. Richiamando la pronuncia di questa Corte n. 17717/2018 e la giurisprudenza della Corte di Giustizia, rileva che l’assenza di audizione del richiedente asilo integra una restrizione dei diritti di difesa e che il verbale della Commissione Territoriale è scarno e poco esaustivo. Con i motivi terzo e quarto si duole della mancata citazione nel decreto impugnato delle informazioni sul Gambia della Commissione Nazionale Asilo, deduce di avere diritto alla protezione sussidiaria sia per il pericolo correlato al suo timore, da ritenersi fondato, di essere arrestato e detenuto in carcere per diverso tempo e forse anche per anni, sia per la situazione generale del Gambia, in ordine al sistema giudiziario e carcerario, alla grave condizione di povertà e di violazione dei diritti umani, come risulta dall’ultimo rapporto di Amnesty International, e dalle pronunce di merito e di questa Corte che richiama. Con il quinto motivo il ricorrente si duole del mancato riconoscimento della protezione umanitaria, richiama la normativa di riferimento, rileva che il Gambia non può ritenersi un Paese terzo sicuro e rimarca che manca nel decreto impugnato l’indagine collegata alla violazione dei diritti alla vita e all’incolumità personale, nonchè quella sul contesto di provenienza, sul sistema giustizia e carcerario, anche tenuto conto dell’integrazione da egli raggiunta in Italia.

2. I primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione in quanto concernenti il giudizio di non credibilità e la mancata audizione giudiziale del ricorrente, sono inammissibili.

2.1. In base all’orientamento di questa Corte, al quale il Collegio intende dare continuità, il ricorso per cassazione con il quale sia dedotta, in mancanza di videoregistrazione, l’omessa audizione del richiedente che ne abbia fatto espressa istanza, deve contenere l’indicazione puntuale dei fatti che erano stati dedotti avanti al giudice del merito a sostegno di tale richiesta, avendo il ricorrente un preciso onere di specificità della censura (Cass. n. 25312/2020).

2.2. Nel caso di specie, il ricorrente non indica i fatti dedotti nel giudizio di merito a sostegno della richiesta di audizione, che è stata motivatamente disattesa dal Tribunale in quanto è stata ritenuta esaustiva l’audizione effettuata in sede amministrativa in una con le allegazioni in fatto di cui al ricorso – “considerata la natura della vicenda allegata”. Il ricorrente, anche nel censurare il giudizio di non credibilità, espresso dal Tribunale all’esito di dettagliata disamina di tutte le allegazioni, si limita a riproporre la propria ricostruzione del narrato (sulla veridicità della sua identificazione quale autore dell’incendio, appiccato alla presenza di più persone, sul timore dei vicini circa la propagazione dell’incendio, sull’autenticità del giornale esibito). Non deduce di avere indicato nel giudizio di merito, quanto alla vicenda personale, in che modo avrebbe potuto chiarire i fatti, che non sono nuovi rispetto a quelli riferiti alla Commissione Territoriale, ma si limita solo a confutare la valutazione fattane dal Tribunale, ossia sollecitando, inammissibilmente, una rivisitazione del merito in sede di legittimità.

3. Anche i motivi terzo e quarto, inerenti entrambi al diniego della protezione sussidiaria, sono inammissibili.

3.1. Come reiteratamente chiarito da questa Corte, una volta accertata dai Giudici di merito l’inattendibilità della vicenda personale dedotta come ragione causativa del rischio di danno grave ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), non vi è ragione di attivare il dovere di cooperazione istruttoria ufficiosa, neppure in ordine alla protezione delle Autorità statali (tra le tante Cass. n. 3340/2019 e Cass. n. 27336/2018). Inoltre, in tema di protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. ord. 30105 del 2018).

Premesso che detto ultimo vizio neppure è specificamente dedotto in ricorso, a fronte della puntuale indicazione nel decreto impugnato delle fonti informative privilegiate in ordine all’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata di rilevanza ai sensi della lett. c) del citato art. 14 (pag. 8 e 9), il ricorrente si limita a riportare nel ricorso un ampio stralcio dell'”ultimo” rapporto, di cui non indica la data, di Amnesty International in relazione alla situazione delle carceri, della libertà di espressione, dei diritti delle persone omosessuali e del sistema giudiziario nel suo Paese, nonchè a richiamare pronunce di merito e di legittimità, senza specificamente confrontarsi con la motivazione del decreto impugnato sul punto.

4. Parimenti inammissibile è il quinto motivo, relativo al diniego della protezione umanitaria.

4.1. Con riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis in tema di protezione umanitaria, occorre premettere che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).

4.2. Ciò posto, il ricorrente, denunciando il vizio di violazione di legge, richiama la normativa di riferimento e sentenze di merito e di legittimità, nonchè afferma di essere soggetto vulnerabile a causa delle vicende occorsegli nel suo Paese, ritenute non conducenti dai giudici di merito, ma non deduce di aver allegato nel giudizio di merito ulteriori elementi individualizzanti di rilevanza o fatti specifici che possano rivestire decisività, nel senso precisato da questa Corte e chiarito con la recente pronuncia delle Sezioni Unite già citata (tra le tante Cass. n. 9304/2019 e Cass. S.U. n. 29459/2019).

Il fattore di integrazione in Italia è stato allegato del tutto genericamente, senza confronto critico rispetto a quanto affermato dal Tribunale, che, dando atto di attività lavorativa svolta dal richiedente per pochi mesi, ha escluso che sia stata data la dimostrazione di un adeguato livello di integrazione sociale, personale e lavorativa. L’assenza di integrazione così accertata preclude la valutazione comparativa rispetto alla condizione in cui il ricorrente si troverebbe in caso di rimpatrio, mancando uno dei fattori di comparazione. Inoltre la situazione del Paese di origine, ove prospettata in termini generali ed astratti come nella specie, è di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria (Cass. S.U. n. 29459/2019 citata, in conformità a Cass. n. 4455/2018).

5. Nulla deve disporsi circa le spese del presente giudizio, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 29 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA