Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11323 del 12/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 12/06/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 12/06/2020), n.11323

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO Donati Viscido di Nocera M.G. – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17265/2012 R.G. proposto da:

Associazione Racing & Communication, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via

Cassiodoro n. 6, presso lo studio dell’avv. Michele Monaco, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 247/38/11, depositata l’8 giugno 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 gennaio

2020 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con la sentenza n. 247/38/11 del 13/04/2011, la Commissione tributaria regionale del Lazio (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto da Associazione Racing & Communication (di seguito ARC) avverso la sentenza n. 233/04/09 della Commissione tributaria provinciale di Roma (di seguito CTP), che aveva a sua volta rigettato il ricorso proposto dall’associazione contribuente avverso l’avviso di accertamento per IRPEG, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2003;

1.1. come emerge anche dalla sentenza impugnata, l’avviso di accertamento era stato emesso per violazioni tributarie connesse all’utilizzazione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti;

1.2. la CTR motivava il rigetto dell’appello di ARC osservando, in buona sostanza, che a fronte degli elementi indiziari, gravi precisi e concordanti forniti dall’Ufficio e concernenti la fittizia fatturazione, l’associazione appellante non aveva fornito validi elementi in senso contrario e, in particolare, l’esistenza delle operazioni sottese alle fatture contestate;

2. ARC impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c.;

3. l’Agenzia delle entrate si costituiva in giudizio al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso ARC deduce la nullità della sentenza, non essendo stato il processo tributario sospeso in pendenza del procedimento penale pendente nei confronti del legale rappresentante dell’associazione;

2. il motivo è infondato;

2.1. secondo la giurisprudenza di questa Corte, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, “nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorchè i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l’accertamento degli Uffici finanziari, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in tema di prova posti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4 e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sè inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna; ne consegue che il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie, ma, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 c.p.c.), deve procedere ad un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli elementi di prova acquisiti al giudizio” (così Cass. n. 28174 del 24/11/2017; si vedano, altresì, Cass. n. 16262 del 28/06/2017; Cass. n. 8129 del 23/05/2012);

2.2. sulla scorta del menzionato orientamento, è stato altresì evidenziato che “la sentenza penale costituisce semplice indizio od elemento di prova critica in ordine ai fatti in essa eventualmente accertati sulla base delle prove raccolte nel relativo giudizio e non rappresenta un accertamento preliminare necessario. Pertanto, non può disporsi, ai sensi dell’art. 295 c.p.c. ed ancorchè coincidano i fatti esaminati in sede penale e quelli che fondano l’accertamento, la sospensione del processo tributario in attesa della definitività della predetta sentenza, come peraltro sancito dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 20” (Cass. n. 4924 del 27/02/2013);

2.3. la motivazione della CTR si è attenuta a tali principi di diritto e, correttamente, non ha sospeso il processo tributario in attesa della definizione del procedimento penale;

3. con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione di legge o vizio di motivazione della sentenza impugnata, osservando che la CTR non avrebbe manifestato autonomamente il proprio giudizio o, comunque, non lo abbia motivato in modo puntuale;

3.1. la ricorrente sembra dolersi, da un lato, del fatto che la sentenza impugnata sia motivata per relationem, senza autonoma valutazione da parte della CTR, e, dall’altro, che la motivazione della stessa non renda manifesto l’iter logico seguito dai giudici di appello, avendo questi ultimi omesso di indicare gli elementi sui quali hanno fondato il proprio convincimento, peraltro con una non corretta applicazione del principio dell’inversione dell’onere della prova;

4. la complessa censura va disattesa;

4.1. il primo rilievo è inammissibile, perchè non coglie la ratio decidendi: sembra di capire che ACR si dolga che la sentenza impugnata sarebbe motivata per relationem ad altra sentenza, evidentemente a quella della CTP, senza manifestazione di autonomo convincimento da parte dei giudici di appello;

4.2. in realtà, la CTR non ha effettuato alcuna motivazione per relationem, manifestando autonomamente il proprio convincimento in ordine alla sostanziale tenuta del quadro indiziario fornito con l’avviso di accertamento e alla insufficienza delle prove fornite dall’associazione contribuente;

4.3. anche il secondo rilievo è inammissibile;

4.4. ACR si duole del fatto che la motivazione della sentenza non rende noto l’iter logico giuridico seguito dai giudici di appello, i quali non avrebbero indicato gli elementi di prova a suffragio della pretesa tributaria;

4.5. in realtà, la CTR ha ritenuto acclarata “la falsità delle fatture in quanto non contestate” dall’associazione e ha dedotto che quest’ultima non ha fornito la prova della esistenza delle operazioni compiute;

4.6. ne consegue che non è in discussione la chiarezza dell’iter logico seguito dalla sentenza impugnata e, se è vero che non sono stati indicati specificamente gli elementi indiziari su cui la decisione si fonda, è altrettanto vero che la fittizietà delle fatture è stata ritenuta non contestata;

4.7. ciò implica, altresì, che la CTR ha anche correttamente applicato le regole sull’onere della prova e ACR, del resto, non ha nemmeno specificamente indicato e trascritto gli elementi di prova asseritamente trascurati, sui quali si fonda la propria ricostruzione dei fatti;

5. in conclusione, il ricorso va rigettato;

5.1. nulla per le spese in ragione del mancato deposito del controricorso da parte dell’Agenzia delle entrate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2020

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