Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11318 del 12/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 12/06/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 12/06/2020), n.11318

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5915-2019 proposto da:

S.P.G., rappresentato e difeso in proprio,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DI BOCCEA 86, presso lo studio

dell’avvocato NICOLA FALVELLA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE – COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA CAMPANIA SEZIONE DISTACCATA DI SALERNO, in persona

del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10757/2018 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

SALERNO, depositata il 13/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/12/2019 dal Consigliere Dott. FASANO ANNA MARIA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

S.P.G. impugnava la nota n. RU-14502/15 del 14.12.2014 con la quale l’Ufficio Recupero Contributo Unificato della Commissione Tributaria Regionale, Sezione staccata di Salerno, gli applicava la sanzione di Euro 68,75, per omesso versamento del contributo relativo al ricorso in appello n. 5141/14, eccependo, inter alla, l’inesistenza del ricorso n. 5141/14. Il contribuente deduceva che, avendo formalizzato un secondo atto impugnatorio della medesima sentenza di primo grado, poi riunito al primo ex art. 335 c.p.c., non era dovuto un secondo contributo unificato, in quanto l’atto di appello era sostanzialmente unico, pertanto, l’irrogata sanzione non era dovuta. L’adita Commissione rigettava il ricorso. La sentenza veniva appellata innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, che rigettava il gravame, con sentenza n. 10757 del 2018, ritenendo la legittimità dell’atto impositivo. S.P.G. propone ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a sei motivi. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze si è costituito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.II Collegio, preliminarmente, non accoglie la richiesta di riunione del presente ricorso, al ricorso n. 13913 del 2016, per ragioni di economia processuale, tenuto conto che le impugnazioni sono state proposte avverso diverse sentenze della Commissione Tributaria Regionale, censurate in relazione a differenti profili.

2.Con il primo motivo si denuncia eccesso di potere, carenza motivazionale, violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11 per difetto di legittimazione processuale ad causam in capo al sottoscrittore dell’atto di costituzione, in quanto i giudici di appello erroneamente avrebbero ritenuto legittimo il potere di rappresentanza dell’Ufficio, richiamando il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, e le direttive MEF n. 2/2013 e 4/2015, nonchè gli ordini di servizio n. 1/2015 e 2/2016 del dirigente amministrativo della Commissione Tributaria Regionale della Campania. Si deduce che la sottoscrizione dell’atto di costituzione in giudizio ad opera del referente D.G.M.G. dovrebbe ritenersi tamquam non esset in assenza di una specifica autorizzazione in termini, dovendosi ritenere inconferenti gli atti in forma dei quali i giudici di appello sostengono la legittimità del potere di rappresentanza dell’Ufficio.

2.1. Il motivo è infondato.

La capacità di stare in giudizio è regolamentata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11. La norma, a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, art. 9, emanato in attuazione della delega per il riordino del sistema fiscale (L. 11 marzo 2014, n. 23) dispone al comma 2:

“L’Ufficio dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di cui al D.Lgs. 30 luglio 1990, n. 300, nonchè dell’agente della riscossione, nei cui confronti è proposto ricorso, sta in giudizio direttamente o mediante la struttura territoriale sovraordinata. Stanno altresì in giudizio direttamente le cancellerie o segreterie degli uffici giudiziari per il contenzioso in materia di contributo unificato.”

La norma prevede la legittimazione processuale e la difesa diretta delle cancellerie e delle segreterie degli uffici giudiziari, in controversia, come quella in esame, vertente in materia di contributo unificato, dinanzi alle Commissioni Tributarie. Trattasi di uffici che provvedono alla liquidazione e all’accertamento del contributo unificato di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 9. Ne consegue che, non essendo necessaria una specifica autorizzazione, la referente D.G.M.G., incaricata in base ad un ordine di servizio, era legittimata alla rappresentanza processuale dell’Ufficio.

3.Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Il ricorrente lamenta carenza di motivazione in ordine alla eccepita nullità e inesistenza del propedeutico invito al versamento del contributo unificato. L’Ufficio nell’atto impositivo richiamava l’invito n. 180 del 3.11.2014, ma non depositava tale atto in violazione dell’att. 1 dello Statuto del contribuente. A tale riguardo, il contribuente aveva richiesto alla Commissione, con specifica istanza istruttoria, il deposito dell’atto, ma i giudici di appello avrebbero omesso di pronunciarsi.

4. Con il terzo motivo di denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto i giudici di appello avrebbero omesso di pronunciarsi sulla istanza istruttoria proposta dal contribuente nei gradi di giudizio, ossia che la Commissione ordinasse all’Ufficio convenuto di depositare: a) la copia di tutti gli atti concernenti l’imposizione contestata, con particolare riferimento alla nota di iscrizione a ruolo ed il presunto ricorso R.G. n. 5141 del 2014; b)il riunito appello n. 5202/2014; c) gli atti di delega autorizzativi a sottoscrivere gli atti di imposizione.

5. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente perchè inerenti a questioni connesse, sono inammissibili, in quanto erroneamente censurati. Questa Corte ha, con indirizzo condiviso, affermato che: “Il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si configura esclusivamente con riferimento a domande, eccezioni o assunti che richiedano una statuizione di accoglimento o di rigetto, e non anche in relazione ad istanze istruttorie per le quali l’omissione è denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione” (Cass. n. 6715 del 2013; Cass. n. 3357 del 2009; Cass. SS.UU. n. 15982 del 2001). Ne consegue che l’omessa pronuncia del giudice di appello su una istanza istruttoria non è censurabile neppure ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3

6.Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’inesistenza processuale dell’appello n. 5141/14, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 1, come modificato dalla L. n. 148 del 2011, art. 35 quater, e violazione della L. n. 241 del 1990, art. 21 nonies, e dell’art. 163 T.U.I.R. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 67, atteso che dalla lettura delle disposizioni invocate si evincerebbe che la mancata presentazione della nota di iscrizione a ruolo, unitariamente al ricorso, non dà vita ad alcun iter processuale, pertanto, l’Ufficio non poteva procedere alla iscrizione e registrazione a ruolo dell’atto. Nella fattispecie, constatato che l’appello n. 5141 era un doppione di altro identico, incombeva l’obbligo di annullamento d’ufficio in sede di autotutela amministrativa, ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 21 nonies.

6.1. Il motivo è infondato nei termini di seguito enunciati.

a) Non è contestato che l’atto di appello, da cui è scaturito il ricorso R.G. 5141/14, è stato notificato al Ministero dell’Economia e delle Finanze – Commissione Tributaria di Salerno – Ufficio recupero Spese di giustizia. L’Ufficio di segreteria ha provveduto all’iscrizione a ruolo della causa, con conseguente richiesta del relativo contributo unificato. Il ricorrente deduce di non essere tenuto al pagamento del predetto contributo, in quanto tale obbligo scaturisce da un ricorso, doppione di altro identico successivamente ritualmente depositato (R.G. 5202/14), il cui iter processuale sarebbe inesistente.

b) Il contributo unificato è dovuto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 9, comma 1, per ciascun grado di giudizio, in conformità alla “ratio” del tributo di coprire i costi del funzionamento di ogni fase processuale, pertanto, ogni iscrizione a ruolo di un atto difensivo della causa dinanzi ad un giudice assume rilevanza ai fini del pagamento, indipendentemente dall’unicità del procedimento per essere l’atto iscritto un doppione di altro ritualmente depositato. La legge impone la de-benza del contributo a carico della parte che per prima si costituisce in giudizio (art. 14) o che deposita l’atto ad esso soggetto. Il contributo ha le caratteristiche essenziali del tributo e cioè la doverosità della prestazione e il collegamento di questa ad una pubblica spesa, quale è quella per il servizio giudiziario.

In sede di costituzione in giudizio, la segreteria effettua semplicemente un controllo sulla regolarità formale della documen-

tazione depositata (C.M. 23 aprile 1996, n. 98, art. 3). Al riguardo, infatti, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 9, comma 1 stabilisce che la Segreteria assiste la Commmissione secondo le disposizioni codicistiche concernenti il cancelliere.

Nella specie, prescindendo dalle ragioni che hanno determinato la vicenda processuale, non è contestato che l’atto che si assume erroneamente iscritto, abbia comunque determinato l’avvio di un procedimento innanzi alla Commissione Tributaria adita, sebbene ritenuto inutile da parte del ricorrente, il quale ha provveduto alla iscrizione a ruolo del ricorso n. 5202/14. La circostanza è chiaramente allegata dall’Agenzia delle entrate a pag. 1 del controricorso, tanto che ne è derivata la riunione dei procedimenti (R.G.N. 5202/14 e 5141/14), in quanto di identico contenuto. Tale iscrizione giustifica, comunque, la richiesta di pagamento del relativo CUT, tenuto conto della ratio del tributo e soprattutto della doverosità della prestazione collegata ad una pubblica spesa. Invero, il procedimento n. 5141/14 è stato successivamente riunito al n. 5202/14, ai fini della decisione della controversia, così determinando l’avvio di un iter processuale che ha comportato la lettura e la valutazione dell’atto da parte degli organi giudicanti ed un provvedimento di riunione con altro procedimento, mandato in esecuzione dalla segreteria con i relativi adempimenti.

7.Con il quinto motivo si denuncia violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 16 e 248 TUSG. Il ricorrente lamenta che dal combinato disposto degli artt. 16 e 248 del TUSG, si evincerebbe che in caso di omesso o insufficiente versamento del contributo unificato, l’Ufficio, entro trenta giorni dal deposito dell’atto, notifica l’invito al pagamento dell’importo dovuto con espressa avvertenza che si procederà ad iscrizione a ruolo, con addebito di interessi, in caso di mancato pagamento entro un mese: termine decadenziale estintivo per la funzione e gli effetti sanzionatori immediati che ne conseguono in caso di mancata ottemperanza entro i successivi trenta giorni fissati per il pagamento.

7.1. La censura è inammissibile per la novità della questione proposta. Non risulta dalla motivazione della sentenza impugnata che la doglianza sia stata proposta nei gradi di merito. Invero, tale circostanza è stata espressamente contestata dal Ministero dell’Economia e Finanze, che ha eccepito come la questione non sia stata dedotta con il ricorso introduttivo.

Questa Corte, in più occasioni ha evidenziato che: “Ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento in fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di Cassazione controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa ” (Cass. n. 2038 del 2019). Onere processuale a cui il ricorrente non ha ottemperato.

8.Con il sesto motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in relazione agli artt. 11, 12 dello Statuto del contribuente. Il ricorrente deduce che i giudici del merito avrebbero omesso di pronunciarsi in merito al mancato riscontro dell’Ufficio all’istanza di annullamento in autototutela.

8.1.11 motivo è inammissibile per difetto di specificità (v. Cass. n. 2038 del 2019), ma è altresì infondato, tenuto conto che non ricorre il vizio di omessa motivazione o omessa pronuncia quando la decisione adottata dal giudice del merito comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte (Cass. n. 20718 del 2018; Cass. n. 29191 del 2017), come nella specie è avvenuto.

9. In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte soccombente al rimborso delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 500,00, oltre eventuali spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 12 giugno 2020

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