Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11310 del 12/06/2020
Cassazione civile sez. trib., 12/06/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 12/06/2020), n.11310
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 21904/2015 proposto da:
E.E., nella qualità di socio accomandatario della
cessata “La ginestra” s.a.s., elettivamente domiciliata in Roma, via
A. Riboty 23, presso lo studio dell’avv. Salvatore A. Napoli,
rappresentata e difesa dall’avv. Luigi d’Aniello, in virtù di
procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Latina Ambiente s.p.a., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Germanico 9, presso
lo studio dell’avv. Enrico Volpetti, rappresentata e difesa
dall’avv. Giuseppe Ibello, in virtù di procura speciale a margine
del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1031/39/15 della CTR del Lazio, sezione
staccata di Latina, depositata il 19/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
05/11/2019 dal Consigliere ELEONORA REGGIANI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale GIOVANNI
GIACALONE, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per quanto
di ragione;
udito l’avv. LUIGI D’ANIELLO, per la ricorrente, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso; letti gli atti del procedimento in
epigrafe.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 1031/39/15, depositata il 19/02/2015, la CTR del Lazio, in accoglimento dell’appello proposto dalla Latina Ambiente s.p.a., ha riformato la pronuncia di primo grado, rigettando il ricorso originario della contribuente avverso l’avviso di accertamento per il pagamento della TIA dovuta per l’anno 2009.
Il giudice del gravame ha, in sintesi, ritenuto che con la Delib. n. 44 del 2006, il Comune di (OMISSIS) avesse legittimamente istituito la Tariffa di Igiene ambientale (TIA1), per essere ciò consentito dal disposto del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238.
Per la cassazione della sentenza ricorre E.E., sulla base di due motivi di impugnazione.
La Latina Ambiente s.p.a. resiste con controricorso.
Prima dell’udienza la ricorrente ha depositato memoria illustrativa delle proprie difese.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238, nella parte in cui la CTR ha ritenuto che tale norma abbia consentito di continuare a istituire la Tariffa di Igiene Ambientale (TIA 1) successivamente alla sua soppressione, mentre invece ha semplicemente previsto che, perdurando la mancata adozione dei regolamenti attuativi, i comuni potessero istituire comunque la nuova TIA, e cioè la Tariffa Integrata Ambientale (TIA 2), se entro una determinata data i suddetti regolamenti non fossero stati adottati.
Con il secondo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che era stato oggetto di discussione tra le parti, avendo reso una motivazione del tutto apparente sulla richiesta della contribuente di considerare comunque illegittimo l’avviso di accertamento, per avere applicato misure tariffarie diverse da quelle deliberate dal comune.
2. Prima di esaminare i motivi di ricorso appena illustrati, si deve precisare che il fallimento della controricorrente, dichiarato dal Tribunale di Latina con sentenza n. 105 del 07/12/2016, e dunque intervenuto successivamente alla notifica del ricorso per cassazione, non produce alcun effetto in questa sede, rendendo conseguentemente inutilter data anche la riassunzione operata dalla ricorrente.
Il giudizio di legittimità è infatti dominato dall’impulso d’ufficio e pertanto non trova in esso applicazione l’istituto dell’interruzione del processo, previsto per le ipotesi disciplinate dall’art. 299 c.p.c., e ss., (v., ex plurimis, Cass., Sez. L, n. 1757 del 2016; Cass., Sez. 3, n. 24635 del 2015; Cass., Sez. 1, n. 22624 del 2011; Cass. Sez. U, n. 14385 del 2007) e dunque anche per il caso di fallimento di una delle parti (cfr., con riferimento alla riformulazione della L. Fall., art. 43, Sez. 1, n. 27143 del 2017 e Cass., Sez. L, n. 21153 del 2010).
3. Tanto premesso, il primo motivo di ricorso risulta fondato.
La ricognizione normativa della fattispecie evidenzia, sul punto, innanzitutto che il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, ha istituito (art. 49), la tariffa di igiene ambientale (cd. TIA 1) che, nel disegno del legislatore, avrebbe dovuto sostituire la TARSU.
L’articolo appena richiamato ha disposto, al comma 1, la soppressione della TARSU (istituita dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 58, e ss.), “a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio, disciplinato dal regolamento di cui al comma 5,” e ha previsto, al comma 5, che il Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato (sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano) dovesse elaborare “un metodo normalizzato per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento, prevedendo disposizioni transitorie per garantire la graduale applicazione del metodo normalizzato e della tariffa, ed il graduale raggiungimento dell’integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani da parte dei comuni.”.
L’atto regolamentare in questione è stato adottato col D.P.R. n. 158 del 1999, n. 158, il cui art. 11, ha previsto un regime transitorio (anche per effetto di successive modifiche normative) così articolato: “Gli enti locali sono tenuti a raggiungere la piena copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa entro la fine della fase di transizione della durata massima così articolata: a) sette anni per i comuni che abbiano raggiunto nell’anno 1999 un grado di copertura dei costi superiore all’85%; b) sette anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi tra il 55 e l’85%; c) otto anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi inferiore al 55%; d) otto anni per i comuni che abbiano un numero di abitanti fino a 5000, qualunque sia il grado di copertura dei costi raggiunto nel 1999”.
La soppressione della TARSU, quindi, non ha comportato l’immediata abrogazione della relativa disciplina istitutiva ma – secondo il cennato regime transitorio – detta imposta rimaneva in vigore (con la conseguente disciplina regolamentare adottata dai Comuni, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68), almeno sino al 19 giugno 2006 (il D.P.R. n. 158 del 1999, è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale 4 giugno 1999, n. 129, e, come appena sopra ricordato, il termine più breve istituito dal regime transitorio prevedeva una durata di almeno 7 anni).
Detto regime transitorio, peraltro, non è stato portato a compimento, in quanto col D.Lgs. n. 152 del 2006, (pubblicato sulla gazzetta ufficiale il 14 aprile 2006), il legislatore è intervenuto nuovamente sulla materia, disponendo la soppressione della TIA 1, istituita col D.Lgs. n. 22 del 1997.
Il D.Lgs. n. 152 del 2006, ha in particolare previsto che:
– “La tariffa di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, è soppressa a decorrere dall’entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11.” (D.Lgs. cit., art. 238, comma 1);
– “Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l’applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti” (D.Lgs. cit., art. 238, comma 11);
– è abrogato “il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del cit. D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto” (D.Lgs. cit., art. 264, comma 1, lett. 1)).
4. In relazione ad analoghe controversie, questa Corte ha avuto modo di rilevare che – alla stregua della sopra ripercorsa sequenza normativa – “il Regolamento adottato con la Delib. cons. com. del 30 maggio 2006, istitutiva della TIA 1 “in via sperimentale” nel Comune di (OMISSIS), si colloca temporalmente in una fase della trasformazione della disciplina fiscale in cui, stante la mancata adozione del regolamento attuativo di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238, comma 6, i Comuni che già erano passati dalla TARSU alla TIA 1 potevano continuare ad applicarla, essendo tale sistema tariffario destinato ad operare sino alla adozione della disciplina attuativa prevista dal Codice dell’Ambiente, così come i Comuni che tale opzione non avevano effettuato, potevano continuare ad applicare la TARSU – i cui criteri di determinazione sono stati peraltro estesi alla TIA – ma era loro precluso di passare alla “tariffa” prevista dal Decreto Ronchi, ormai destinata ad essere sostituita dalla “tariffa” del Codice dell’Ambiente, intesa come “corrispettivo” del servizio prestato e, pertanto, necessitante di un’apposta regolamentazione (mai intervenuta)”, aggiungendo che, pertanto, detta delibera (adottata, si ribadisce, il 30 maggio 2006) “con cui è stata istituita la tariffa di igiene ambientale prevista dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, così determinandosi il passaggio dalla Tarsu alla Tia, è illegittima in quanto sin dal 29 aprile 2006 non era più in vigore la tariffa ambientale e sino alla emanazione delle norme attuative del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, istitutivo della Tia 2, era consentito ai Comuni di continuare ad applicare le discipline regolamentari vigenti, da intendersi quali fonti secondarie di determinazione della tariffa stessa, tra le quali le delibere che gli enti locali avessero già adottato ai sensi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, comma 6,” (v. Cass., Sez. 5, n. 8650 del 2019; Cass., Sez. 5, n. 34283 del 2018; Cass., Sez. 5, n. 31286 del 2018; Cass., Sez. 5, n. 23820; Cass., Sez. 5, n. 17271 del 2017).
E si è, in particolare, rimarcato che alcun riflesso potevano produrre, su di un siffatto quadro regolativo, le disposizioni di proroga del termine per la deliberazione del bilancio di previsione da parte degli enti locali, posto che dette disposizioni non conferivano (anche) il potere “di deliberare il passaggio dalla Tarsu” ad una tassa (la Tia 1) già soppressa (v., in particolare, Cass., Sez. 5, n. 31286 del 2018 e Cass., Sez. 5, n. 23820 del 2018; Cass., Sez. 5, n. 17271 del 2018).
Ritiene, quindi, il collegio di dare continuità alla soluzione interpretativa in discorso che – contrariamente alla diversa opzione interpretativa pur emersa (minoritariamente) nella giurisprudenza della Corte (v. Cass., Sez. 5, n. 1999 del 2019; Cass., Sez. 5, n. 33424 del 2018), – condivisibilmente correla, alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006, (29 aprile 2006), la cessazione dello stesso regime transitorio delineato dal D.P.R. n. 158 del 1999, art. 11, posto che, con la soppressione della tariffa di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, le clausole di salvaguardia avevano ad oggetto (solo) le discipline regolamentari “vigenti” (art. 238, comma 11, cit.), ed i “provvedimenti attuativi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22,” (art. 264, comma 1, lett. i), cit.).
In difetto di una chiara voluntas legis di segno contrario (nel segno cioè della ultrattività), dunque, oltre ai regolamentari “vigenti” e ai “provvedimenti attuativi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22”, sopra richiamati, nessun regime transitorio, correlato all’istituzione della TIA 1, poteva residuare, all’indomani della soppressione di tale tassa.
5. L’accoglimento del primo motivo di ricorso determina l’assorbimento del secondo, il cui esame deve infatti ritenersi superfluo, tenuto conto delle ragioni della cassazione della sentenza impugnata.
6. Poichè non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, nè risultano altri profili controversi rilevanti ai fini della decisione, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., con l’accoglimento dell’originario ricorso della contribuente.
7. Le spese dell’intero giudizio vanno integralmente compensate tra le parti, avuto riguardo alle obiettive incertezze indotte dal quadro normativo di riferimento, alle antinomie, ed oscillazioni, emerse negli orientamenti giurisprudenziali di merito ed allo stesso consolidarsi della giurisprudenza di legittimità in momento successivo alla proposizione del ricorso in trattazione.
P.Q.M.
La Corte:
– accoglie il primo motivo di ricorso e, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata;
decidendo la causa nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente;
compensa integralmente, tra le parti, le spese l’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V e Civile, il 5 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2020