Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1131 del 19/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 19/01/2011, (ud. 20/10/2010, dep. 19/01/2011), n.1131

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 888-2007 proposto da:

FALLIMENTO DELLA COOP. S.I.A.T.E. A R.L., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

AUGUSTO VERA 19, presso lo studio dell’avvocato D’AMBROSIO RODOLFO,

rappresentata e difesa dall’avvocato NAPPI SEVERINO, giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.C.S.;

– intimato –

sul ricorso 4144-2007 proposto da:

D.C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAVOUR

221, presso lo studio degli avvocato FABBRINI FABIO e SPEDALIERE

LEOPOLDO, che lo rappresentano e difendono, giusta delega a margine

del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

FALLIMENTO DELLA COOP. S.I.A.T.E. A R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2195/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 28/06/2006 R.G.N. 100/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito l’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 28 giugno 2006, la Corte d’appello di Napoli, riformando la decisione del Tribunale, ha accolto l’opposizione allo stato passivo proposta da D.C.S., disponendo l’ammissione in privilegio, ex art. 2751 bis c.c., n. 1, al passivo del fallimento della cooperativa S.I.A.T.E. del credito di Euro 2.106,89 del lavoratore per due mensilità di retribuzione non percepite (1.866,00) e t.f.r. (249,89), oltre accessori.

In proposito, pur avendo il Tribunale respinto la domanda di insinuazione del D.C. (formulata sulla base della sussistenza di un lavoro subordinato con la cooperativa fallita), per avere accertato la presenza di una vicenda di intermediazione vietata di manodopera ex lege n. 1369 del 1960 – applicabile ratione temporis -, che aveva visto la cooperativa in veste di intermediario, la Corte territoriale, richiamando un orientamento giurisprudenziale allora esistente (in contrasto con uno opposto), aveva ritenuto possibile richiedere l’adempimento degli obblighi retributivi e contributivi anche all’intermediario.

Avverso tale sentenza propone ora ricorso per cassazione il Fallimento con un unico motivo.

Resiste alle domande D.C.S., con rituale controricorso, proponendo altresì contestualmente un ricorso incidentale condizionato con un unico motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – I due ricorsi, principale e incidentale, vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c., investendo la medesima sentenza.

2 – Col ricorso principale, il Fallimento della coop. S.I.A.T.E. deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1 in riferimento alla dedotta sussistenza di una responsabilità dell’interposto per i presunti crediti del lavoratore.

Riassume il dibattito che in proposito si era svolto in dottrina in ordine alla natura del fenomeno dell’interposizione vietata e il contrasto che si era creato in giurisprudenza quanto alla estensibilità o non anche all’interposto della responsabilità per i crediti retributivi e contributivi dei dipendenti dell’interponente.

Infine, il ricorrente ricorda che il contrasto indicato sia stato risolto dalle sezioni unite di questa Corte con la sentenza 26 ottobre 2006 n. 22910, che aveva affermato che, in caso di interposizione vietata di manodopera, gravano unicamente sull’interponente gli obblighi in materia di trattamento economico e normativo scaturenti dai rapporti di lavoro coinvolti, che restano a lui esclusivamente riferibili.

3 – Col ricorso incidentale, la difesa di D.C.S., dopo aver dedotto l’inammissibilità, per violazione della regola dell’autosufficienza e l’infondatezza del ricorso principale, lamenta, in via subordinata, il fatto che la sentenza impugnata non abbia rilevato la violazione da parte del giudice di primo grado, dell’art. 112 c.p.c., il vizio di ultrapetizione e di omessa pronuncia e il vizio di violazione e di falsa applicazione degli artt. 1662, 1665, 2094, 2697 e 2721 c.c..

Ultrapetizione perchè il Tribunale aveva qualificato il rapporto di lavoro come viziato da illecita interposizione di manodopera, da nessuno prospettata.

Il lavoratore aveva dedotto solo elementi di fatto e prove che integrano le condizioni della subordinazione alle dipendenze dell’imprenditore Cooperativa.

Del resto, con tutto il rispetto per le sezioni unite di questa Corte, la difesa del ricorrente incidentale dichiara di non condividerne l’arresto giurisprudenziale citato dal ricorrente principale.

E poi, la decisione del Tribunale era censurabile per non aver pronunciato in ordine alla richiesta di accertamento di un rapporto di lavoro subordinato con la SIATE e non averlo rilevato alla stregua delle prove raccolte, che sarebbero state mal valutate dal giudice di primo grado.

A conclusione del proprio ricorso formula il seguente quesito di diritto: “Nella verifica dell’interposizione di manodopera non è sufficiente soffermarsi alla descrizione delle modalità di espletamento della prestazione ma è necessario ricercare l’unica condizione fondante la subordinazione e cioè l’esercizio del potere gerarchico disciplinare, essendo perfettamente ammissibile nei contratti di appalto la presenza del lavoratore presso il cantiere della committenza e l’ingerenza del committente nel controllo dell’opera e nella determinazione delle condizioni di espletamento della prestazione”.

Il ricorso principale è fondato, mentre quello incidentale è inammissibile in ragione della formulazione di un quesito non pertinente rispetto alle censure svolte.

Il Tribunale fallimentare ha respinto le domande del lavoratore di riconoscimento dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la Siate, avendo ritenuto, sulla base delle prove acquisite, che la cooperativa aveva svolto unicamente, in violazione del divieto di cui alla L. n. 1369 del 1960, art. 1 e con gli effetti ivi indicati quanto alla titolarità del rapporto, una funzione di intermediario nella collocazione di lavoratori, tra i quali il D.C., presso una impresa terza, vera datrice di lavoro di questi.

In sede di appello, in cui l’appellante aveva contestato tali accertamenti e valutazioni per ragioni analoghe a quelle oggi svolte avanti a questa Corte, la Corte territoriale, implicitamente confermando gli accertamenti del Tribunale fallimentare, ha accolto peraltro la domanda di insinuazione nel passivo fallimentare della cooperativa, sulla base della considerazione che la responsabilità dell’datore di lavoro effettivo per i crediti retributivi dei dipendenti, si estende, in caso di interposizione vietata di manodopera, al datore di lavoro apparente.

Senonchè successivamente al deposito della sentenza impugnata si è andato consolidando, come ricordato dal fallimento ricorrente, l’orientamento giurisprudenziale contrario, per effetto della superamento del precedente contrasto in materia ad opera delle sezioni unite civili di questa Corte.

Queste, infatti, con sentenza del 26 ottobre 2006 n. 22910, cui si è uniformata la giurisprudenza successiva (cfr. ad es. le sentenze nn. 3707/09, 1666/08, 657/08 e 2372/07) e al quale anche questo collegio intende dare continuità, hanno affermato che, in caso di violazione del divieto di intermediazione di mera manodopera di cui alla L. 23 ottobre 1960, n. 1369, art. 1, gli obblighi in materia di trattamento economico e normativo dei lavoratori interessati nonchè gli obblighi in materia di assicurazioni sociali gravano unicamente sull’imprenditore che abbia utilizzato le relative prestazioni, non potendosi configurare una concorrente responsabilità dell’appaltatore interposto in virtù dell’apparenza del diritto e dell’apparente titolarità del rapporto di lavoro.

Il ricorso principale è pertanto fondato.

Quanto al ricorso incidentale (la cui fondatezza è comunque con immediata evidenza esclusa dalla semplice considerazione dello svolgimento del processo sopra riassunto), il quesito di diritto al riguardo formulato non corrisponde in alcun modo all’articolazione delle censure svolte nel corpo del motivo medesimo, per cui esso deve ritenersi inammissibile, in quanto meramente apparente, alla stregua dell’art. 366-bis c.p.c. applicabile ratione temporis al ricorso in esame.

In base alla valutazioni svolte, va accolto il ricorso principale e dichiarato inammissibile quello incidentale.

La sentenza impugnata va cassata in relazione al ricorso accolto e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto della originaria domanda di D.C.S..

Quanto al regolamento delle spese dell’intero giudizio, esse vanno interamente compensate tra le parti, in considerazione dell’andamento dell’intero giudizio, anche in corrispondenza del progressivo consolidarsi dell’orientamento citato di questa Corte nella materia.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, accoglie quello principale e dichiara inammissibile l’incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di D.C.S.; compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2011

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