Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11309 del 31/05/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 11309 Anno 2016
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: GRECO ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
in persona del

Direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura

generale dello Stato,

AGENZIA DELLE ENTRATE,

fiscali
privilegiati
operazioni
commerciali

presso la quale è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n.
12;

ricarrente

o3ntro
PROCAFFE’ sa, rappresentata e difesa dall’avv. Fabrizio Hinna

Danesi, presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma alla
via Pasubio n. 2;
– controrLoorrente avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
del Veneto n. 20/3/08, depositata il 7 Imgdpéco 2008;
Udita la relazione della causa svolta

nella pubblica

udienza del 15 maggio 2015 dal Relatore Cons. Antonio Greco;
udito l’avvocato dello Stato Maria Pia Camassa;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Maurizio Velardi, che ha concluso per il rigetto
del ricorso.

)ei

Data pubblicazione: 31/05/2016

SMUID12910 DEL PROCESSO

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cessazione, con
un motivo, nei confronti della sentenza della Commissione
tributaria regionale del Veneto che, rigettandone l’appello, ha
confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento, ai fini
dell’IRPEG e dell’IRAP per il 2004, con il quale veniva
contestato alla spa Procaffè l’indeducibilità dei costi relativi
ad operazioni con imprese residenti in paesi a fiscalità
nella dichiarazione annuale dei redditi l’ammontare risultante
dalle relative fatture.
Il giudice d’appello ha condiviso “l’intera motivazione”
della sentenza di primo grado – secondo cui l’Ufficio in sede di
accertamento non aveva contestato la veridicità dei costi
sostenuti per le operazioni estere, ed aveva fondato
l’accertamento solo sul dato formale della mancata separata
indicazione delle operazioni, e secondo cui la presentazione
della dichiarazione integrativa in corso di verifica ma prima
dell’emanazione dell’avviso di accertamento non trovava alcun
ostacolo nella legge -, ed ha infatti ritenuto che la
dichiarazione integrativa, presentata dalla contribuente ai sensi
dell’art. 2, comma 8, del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, non era
preclusa da alcuna norma nelle ipotesi in cui, came nella specie,
era già in corso o era stata ultimata la verifica fiscale,
essendo metivo legalmente impeditivo solo l’avvenuta notifica
dell’avviso di accertamento da parte dell’ufficio. Da ciò
discendeva il riconoscimento dell’efficacia sanante di tale
dichiarazione, tenuto anche conto che si trattava di errori solo
formali commessi dalla società in sede di dichiarazione, e
considerato che “sulla sostanza l’ufficio non ha mai contestato
l’effettività delle operazioni. Attesa tale efficacia sanante
neppure poteva farsi riferimento alla normativa sopravvenuta ex
lege 296/2007”.
La società contribuente resiste con controricorso
illustrato con successiva memoria.
MOTIVI DellIALDECIS1ONE

Con l’unico motivo del ricorso, denunciando violazione o
falsa applicazione degli artt. 76, comma 7 ter, del d.P.R. n. 917

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privilegiala per non esserne stato evidenziato in modo distinto

del 1986 (nella vecchia numerazione), e 2, colmi 8 e 8 bis, del
d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, assume che il principio della
libera ritrattabilità delle dichiarazioni fiscali vada affermato
alla condizione che la ritrattazione, anche in considerazione
dell’epoca in cui essa interviene e dello stadio del procedimento
accertativo eventualmente avviato, non contrasti con la finalità
della norma violata, con la conseguenza che dovrebbe escludersi
Che gli effetti previsti dall’art. 110, comma 11, del tuir (nella
separatamente nella dichiarazione dei redditi le spese e gli
altri componenti negativi di cui al precedente comma 10, possano
essere posti nel nulla da una successiva dichiarazione
integrativa presentata dal contribuente medesimo, vieppiù se essa
intervenga dopo la conclusione dell’attività di ispezione.
Il motivo è fondato.
L’omessa separata indicazione nella dichiarazione delle
spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni
con imprese residenti o localizzate in Stati inseriti nella od.

black

list costituisce violazione della corrispondente

prescrizione normativa, ricorrente nella specie sia prima che
dopo la commissione della relativa

violazione, anche se

diversamente “sanzionata – . Dopo la contestazione di una
violazione o dopo l’avvio di operazioni verifica è preclusa ogni
possibilità di regolarizzazione, posto che, ove fosse possibile

porre rimedio alla mancata separata indicazione dei costi in
oggetto anche dopo la contestazione della relativa violazione o
dopo l’inizio dell’attività di verifica, la correzione stessa si
risolverebbe (Corte cost. n. 392 del 2002) in un inammissibile
strumento di elusione delle sanzioni predisposte dai legislatore
per l’inosservanza della correlativa prescrizione (Cass. n. 20081
del 2014, n. 5398 del 2012).
All’argomento della mancata previsione, nell’art. 2, coma

8, del d.P.R. n. 322 del 1998, di alcun termine preclusivo
diverso da quello stabilito dall’art. 43 del d.P.R. 29 settembre
1973, n. 600, è sufficiente opporre che questa Corte (già con
Cass. n. 24929 del 2013, in motivazione) ha avuto modo,
condividendo il principio affermato da Cass. n. 5398/2012, di
evidenziare che, in realtà, detta norma “raccorda la facoltà di

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nuova numerazione) per il caso in cui il contribuente non indichi

emenda della dichiarazione prevista dal d.P.R. 22 luglio 1998, n.
322, art. 2, commi 8 e 8-bis (nel testo introdotto dal d.P.R. 7
dicembre 2001, n. 435) all’esercizio del ravvedimento operoso in
terna di illeciti fiscali”, il quale è consentito al contribuente
dall’art. 13, coma 1, del d.lgs. n. 472 del 1997, “sempreché la
violazione non sia stata già constatata e comunque non siano
iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività di
accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente
tra le due nonne_ non si pone in termini di successione delle
norme nel tempo (in considerazione del differente oggetto della
disciplina dettata da ciascuna di esse), ma in termini di
coordinamento e, dunque, venendo in questione un tipico problema
di interpretazione sistematica del complesso normativo”.
Si è inoltre condivisibilmente osservato che la peculiare
fattispecie – in cui l’inosservanza dell’adempimento formale,
vale a dire l’indicazione separata nella dichiarazione dei costi
deducibili rinvenienti da operazioni sospette, impediva, prima
della novella introdotta dall’art. 1, commi 302 e 302, della
legge n. 296 del 2006, il perfezionarento della stessa
fattispecie costitutiva del diritto alla deduzione di tali spese,
con la conseguenza che la deduzione operata nella dichiarazione
integrava oggettivamente una evasione di imposta – è del tutto
diversa dalle situazioni contemplate dall’art. 2, coma 8
(integrazione dei dati della dichiarazione a favore dell’Erario),
e coma 8-bis (rettifica dei dati della dichiarazione a favore
del contribuente) in cui la modifica apportata con la
dichiarazione integrativa non interviene a completare con effetto
ex

nunc

la fattispecie costitutiva del diritto che il

contribuente intende far valere nei confronti della ma
viene ad incidere esclusivamente sul (pantere dei rispettivi
crediti e debiti sussistenti al =lento della presentazione della
dichiarazione (Cass. n. 24929 del 2013, cit.).
In tale ottica, pertanto, non è applicabile il principio di
diritto secondo cui, in tema di imposte sui redditi, la
possibilità per il contribuente di emendare la dichiarazione,
allegando errori di fatto o di diritto, incidenti
sull’obbligazione tributaria, ma pur sempre di carattere

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obbligati abbiano formale conoscenza”, atteso che la relazione

ESENTEEMkRWISTRAZIONE
Al SENSI DEL D.P.R. 26/4/194
N.131 TAL ALL. B – N, 5
MATERIA TRIBUTARIA

meramente formale, è esercitabile anche in sede contenziosa ed
anche oltre il termine previsto per l’integrazione della

dichiarazione.
Sotto altro profilo ancora, come pure è stato evidenziato,
ammettere la possibilità di emenda ex post allo stesso accesso,
ispezione, verifica e quant’altro, si porrebbe in manifesto
contrasto oltre che con il principio di effettività della
sanzione (venendo ad elidere lo stesso esercizio del jus puniendi
dell’amainistrazione finanziaria ex art. 97 Cost., in quanto
verrebbe a vanificare le attività ispettive e di controllo svolte
dagli Uffici finanziari, demandando al contribuente la scelta di
evidenziare o meno nella dichiarazione fiscale i costi relativi
ad operazioni indicate dal legislatore come sospette in relazione
alla tipologia dei soggetti esteri con i quali vengono
intrattenute, consentendo di sanare

ex post

la irregolarità

mediante presentazione di una dichiarazione integrativa,

secundum

eventurn ínspectionis, con evidenti effetti pregiudizievoli sullo
scopo antielusivo della

norma e sulla stessa efficacia dei

controlli.

Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata va
cassata e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione
della Commdssione tributaria regionale del Veneto, che procederà
ad un nuovo esame della controversia uniformandosi al principio

di diritto enunciato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione
tributaria regionale del Veneto.
Così deciso in Roma il 15 maggio 2015.

della P.A.) anche con i principi di efficienza e buon andamento

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