Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11309 del 09/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/05/2017, (ud. 10/03/2017, dep.09/05/2017),  n. 11309

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15242-2016 proposto da:

Z.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI 43,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO D’AYALA VALVA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANO BETTONI;

– ricorrente –

contro

REMAZEL ENGINEERING S.P.A. – C.F. e P.I. (OMISSIS), in persona del

Presidente e legale rappresentante, elettivamente domiciliata in

ROMA, P.ZA ADRIANA 5 presso lo studio dell’avvocato ELENA VACCARI,

rappresentata e difesa dagli avvocati CARLO PEDERSOLI e ALESSANDRA

FOTTICCHIA;

– resistente –

e contro

TE.M.A. S.R.L. – C.F. e P.I. (OMISSIS), in persona

dell’amministratore unico, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato OMAR CHIARI;

– resistente –

e contro

G.G.;

– intimato –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di

BERGAMO, depositata il 17/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/03/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO ANTONIO

GENOVESE;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale Dott. DEL CORE Sergio, che chiede la

cassazione della sentenza impugnata e dichiararsi la competenza del

Tribunale di Bergamo.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Rilevato che il signor Z.P., ha proposto regolamento di competenza, con atto notificato l’11 giugno 2016, avverso l’ordinanza resa dal Tribunale di Bergamo – sezione ordinaria, in data 17 maggio 2016 (e comunicata in pari data), con la quale, decidendo sulla richiesta risarcitoria per concorrenza sleale ex art. 2598 c.c., avanzata – nel corso dell’anno 2015 da Remazel Engeneering SpA nei confronti di Te.M.A. Srl e dei sigg. Z.P., G.G. e B.G. (persona che avrebbe sottoscritto “per adesione il ricorso a mezzo del comune difensore”: p. 14), si è dichiarato incompetente a conosce la controversia ritenendo competente per funzione la sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale istituita presso il Tribunale di Brescia;

che, secondo il tribunale ordinario, la società attrice, a sostegno della sua domanda, aveva dedotto circostanze di fatto riguardanti una fattispecie di illecito realizzata anche attraverso l’utilizzo di “un patrimonio di conoscenze commerciali, tecniche e industriali appartenenti ai predetti ex dirigenti al fine di proporsi sul mercato di riferimento di Remazel ” ed aveva altresì lamentato, a seguito della sottrazione di disegni “di estrema importanza economica, strategica e industriale per la Società”, la utilizzazione di informazioni relative anche a tali disegni, al fine di “azzerare i propri costi di ricerca e sviluppo” e di “sfruttare indebitamente il relativo vantaggio competitivo sia dal punto di vista industriale che da quello commerciale”;

che le “informazioni aziendali riservate” costituirebbero oggetto di protezione, ai sensi del D.Lgs. n. 30 del 2005, artt. 1 e 98 (CPI), e perciò sarebbero considerate “proprietà industriale” tutelabile onde l’accertamento della domanda di concorrenza sleale comportava l’esame di condotte poste in essere in violazione delle dette informazioni, riservate e protette;

che, di conseguenza, trattandosi di fattispecie di concorrenza sleale interferente, ai sensi del D.Lgs. n. 168 del 2003, art. 3 (nel testo applicabile ratione temporis, successivamente alle modifiche introdotte dal D.L. n. 1 del 2012, art. 3, comma 3, convertito nella L. n. 27 del 2012) il Tribunale ha concluso per l’appartenenza della controversia alla cognizione della sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale istituite dal menzionato D.Lgs. n. 168, ove anche la violazione delle informazioni aziendali riservate interferisse solo indirettamente con la dedotta concorrenza sleale, estendendosi la competenza funzionale anche alle domande connesse;

che, nelle sue conclusioni scritte, rese ai sensi dell’art. 380-ter cod. proc. civ., il pubblico ministero – come detto – ha concluso per l’esclusione della competenza della Sezione specializzata in materia d’impresa e la conferma della competenza del Tribunale ordinario di Bergamo, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, perciò da cassare.

Considerato, preliminarmente, che il difensore del ricorrente (“procuratore della parte nel giudizio di merito”), pur non essendo iscritto all’Albo delle giurisdizioni superiori può validamente proporre “istanza di regolamento di competenza (…), non essendo in tal caso necessaria una procura speciale, nè richiedendosi che il difensore sia iscritto nell’albo dei patrocinanti in cassazione.” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3538 del 1995 e Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 28701 del 2013);

che, ancora preliminarmente, va rilevato che non è parte del presente giudizio il sig. B., nonostante che, alla p. 14 del ricorso, è detto ch’Egli l’avrebbe sottoscritto “per adesione (…) a mezzo del comune difensore”: in difetto sia di una specifica intestazione dell’atto d’impugnazione e sia della produzione di una procura speciale a proporlo, conferita al difensore, in questa sede nè allegata e nè depositata (Sez. 2 -, Sentenza n. 4924 del 2017), non è necessario escluderlo dal giudizio, non costituendo una generica adesione allo stesso, data in calce all’esposizione delle doglianze, l’indispensabile atto formale di proposizione dell’impugnazione;

che, quanto al merito, il regolamento va deciso in base alla formulazione della domanda proposta davanti al giudice a quo;

che, infatti, dall’esame dell’atto introduttivo di quel giudizio emerge che la società ricorrente ha chiesto la condanna della società concorrente e dell’ex dipendente, al risarcimento dei danni, anche in base al fatto che: a) la concorrente, Te.M.A. Srl, avrebbe attuato uno storno di dirigenti, già dipendenti della società attrice che erano in possesso di conoscenze commerciali, tecniche ed industriali, considerate riservate; b) la stessa società stornante avrebbe sfruttato le dette conoscenze e competenze degli ex dirigenti della società “stornata”; c) l’attività illecita si sarebbe sostanziata anche in uno sviamento di clientela;

che, sebbene la società attrice, abbia allegato in fatto di aver saputo della sottrazione di alcuni disegni (per la realizzazione dei bruciatori di turbina a gas) ricevuti – con idoneo titolo dalla soc. Ansaldo (non parte nel presente giudizio), perciò di proprietà aliena, essa ha tuttavia affermato di aver presentato denuncia-querela contro ignoti in ordine al furto dei detti disegni;

che, pertanto, la anzidetta allegazione costituisce soltanto una rappresentazione di fatti, data ad abundantiam e ad colorandum, con riferimento allo scenario complessivamente rappresentato che, invero, si incentra specificamente sullo storno di alcuni dipendenti qualificati, in possesso di informazioni considerate come riservate (consistenti in conoscenze commerciali, tecniche ed industriali);

che, tuttavia, come ha correttamente e condivisibilmente affermato il PG con la sua requisitoria, secondo l’ipotesi di illecito denunciato, Te.M.A. Srl (sia pure per il tramite della dedotta attività di storno di dipendenti) si sarebbe appropriata dello know-how aziendale “in senso lato”, maturato nel tempo dalla società attrice, ma non di veri e propri segreti, ossia di informazioni e dati oggetti di privativa, tutelabili ai sensi del D.Lgs. n. 30 del 2005, artt. 98 e 99;

che, infatti, ai sensi del D.Lgs. 27 giugno 2003, n. 168, art. 3 (Istituzione di Sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale presso tribunali e corti d’appello, a norma del L. 12 dicembre 2002, n. 273, art. 16) nella nuova previsione regolamentare (come modificata dal D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 2, conv. nella L. 24 marzo 2012, n. 27, recante: “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività.”):

“1. Le sezioni specializzate sono competenti in materia di: a) controversie di cui al D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, art. 134, e successive modificazioni; (…)”).

che, in tal modo, il nuovo testo richiamando l’art. 134 del CPI (“1. Sono devoluti alla cognizione delle sezioni specializzate previste dal D.Lgs. 27 giugno 2003, n. 168: a) i procedimenti giudiziari in materia di proprietà industriale e di concorrenza sleale, con esclusione delle sole fattispecie che non interferiscono, neppure indirettamente, con l’esercizio dei diritti di proprietà industriale, nonchè in materia di illeciti afferenti all’esercizio dei diritti di proprietà industriale ai sensi della L. 10 ottobre 1990, n. 287, e degli artt. 81 e 82 del Trattato che istituisce la Comunità Europea, la cui cognizione è del giudice ordinario, e in generale in materie che presentano ragioni di connessione, anche impropria, con quelle di competenza delle sezioni specializzate; b) le controversie nelle materie disciplinate dagli artt. 64, 65, 98 e 99 del presente codice; (…)”), ha dettagliato anche le fattispecie d’interferenza, ricomprendendo i casi tipizzati di cui alla lettera b), e devolvendo solo tali tipi di controversie alla cognizione delle sezioni specializzate di cui al D.Lgs. n. 134 del 2005;

che, al riguardo, peraltro, questa Corte (Sez. 1, Ordinanza n. 16744 del 2008) ha escluso che possa qualificarsi come concorrenza sleale qualificata il caso della rilevazione di dati e informazioni di limitata utilizzabilità, avendo affermato che “esula dalla competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale, ai sensi del D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, art. 134, la domanda, proposta da una società operante nel settore della fiscalità “on line”, di risarcimento dei danni derivanti dalla sottrazione, ad opera di un ex dipendente, di alcuni “files” contenenti un elenco di clienti e “partners” corredato dei rispettivi indirizzi postali e telefonici, ma privo di qualsiasi riferimento al reddito o alle condizioni patrimoniali dei soggetti indicati, e di ogni altra notizia utile all’attività economica esercitata dall’attrice: l’assenza di tali elementi impedisce infatti di qualificare tale elenco come informazione aziendale, tutelata dall’art. 98 del d.lgs. n. 30 cit., rendendo la i fattispecie riconducibile alla concorrenza sleale c.d. pura, la quale resta affidata alla competenza del giudice ordinario, ove, come nella specie, non possa ravvisarsi un’interferenza neppure indiretta con l’esercizio di diritti di proprietà industriale o del diritto d’autore, trattandosi di un documento privo dei caratteri di creatività e novità propri delle opere dell’ingegno e non emergendo nè dall’atto di citazione nè dalle difese del convenuto alcun riferimento, neppure in chiave di mera delibazione e neppure incidentale, a diritti titolati dal codice della proprietà industriale.”;

che, infatti, nella specie, non solo si assume che la sottrazione di disegni sia stata perpetrata da ignoti (e non si pone tale condotta in connessione con la censurata concorrenza sleale) ma si afferma anche che gli ex dipendenti (e convenuti) avrebbero, al più, acquisito capacità relative ad un “know-how rappresentato dalla capacità di realizzare prodotti di altissima qualità e tecnologia, grazie a un processo produttivo sviluppato e affinato nel corso di decenni di esperienza”, ossia ad informazioni non costituenti oggetto di privativa ma solo di un accumulo di esperienza, ossia di quella capacità propria dei dipendenti di osservare, sperimentare ed acquisire il miglior “saper fare” nl compimento della propria attività sicchè “costituisce concorrenza sleale, a norma dell’art. 2598 c.c., n. 3, l’acquisizione, tramite storno di dipendenti, di notizie riservate di pertinenza di un’impresa concorrente, così da risparmiare sul costo dell’investimento in ricerca ed in esperienza ed alterando significativamente la correttezza della competizione, e ciò a prescindere dall’accertamento dell’eventuale presenza sul mercato di prodotti ottenuti sfruttando tali notizie” (Sez. 1, Sentenza n. 1100 del 2014);

che, pertanto, una tale controversia non ha a che fare con l’interferenza (diretta o indiretta) tra l’illecito concorrenziale ipotizzato (lo storno di dipendenti e lo sviamento e l’appropriazione della clientela) ed i diritti di privativa, onde, a tale proposito, resta fermo l’insegnamento già dato da questa Corte e secondo cui: “in tema di competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, ai sensi del D.Lgs. 27 giugno 2003, n. 168, art. 3, si ha interferenza tra fattispecie di concorrenza sleale e tutela della proprietà industriale o intellettuale sia nelle ipotesi in cui la domanda di concorrenza sleale si presenti come accessoria a quella di tutela della proprietà industriale e intellettuale, sia in tutte le ipotesi in cui, ai fini della decisione sulla domanda di repressione della concorrenza sleale o di risarcimento dei danni, debba verificarsi se i comportamenti asseritamente di concorrenza sleale interferiscano con un diritto di esclusiva. Ne consegue che la competenza delle sezioni specializzate va negata nei soli casi di concorrenza sleale c.d. pura, in cui la lesione dei diritti riservati non sia, in tutto o in parte, elemento costitutivo della lesione del diritto alla lealtà concorrenziale, tale da dover essere valutata, sia pure “incidenter tantum”, nella sua sussistenza e nel suo ambito di rilevanza” (ultima, fra le varie, Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 21762 del 2013).;

che, in conclusione, deve escludersi la competenza della sezione specializzata, e deve affermarsi quella della sezione ordinaria del Tribunale, alla luce del seguente principio di diritto, che così si enuncia:

“In tema di competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, ai sensi del D.Lgs. 27 giugno 2003, n. 168, art. 3, nel testo vigente alla luce delle modifiche apportate dal D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 2, conv. nella L. 24 marzo 2012, n. 27, va affermata la competenza della sezione ordinaria del Tribunale, e va esclusa quella delle sezioni specializzate in materia di impresa, nel caso della proposizione di una domanda di accertamento di una ipotesi di concorrenza sleale (nella specie, sotto forma di “storno di dirigenti”) nella quale l’ipotizzata lesione degli interessi della danneggiata riguardi le informazioni aziendali e i processi e le esperienze tecnico-industriali e commerciali (cd. know-how aziendale, in senso ampio), ossia la fattispecie lesiva sia commessa senza la ipotizzata sussistenza, in tutto o in parte, di privative o di altri diritti di proprietà intellettuale, direttamente o indirettamente risultanti quali elementi costitutivi o relativi all’accertamento dell’illecito concorrenziale”;

che, pertanto, deve essere accolto il ricorso, cassata l’ordinanza impugnata e dichiarata, in luogo della competenza della sezione specializzata in materia di impresa presso il Tribunale di Brescia, la competenza del Tribunale ordinario di Bergamo, dinanzi al quale rimette le parti, anche per la regolamentazione delle spese di questa fase, previa riassunzione della causa nel termine di legge.

PQM

La Corte, accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e, dichiarata la competenza del Tribunale ordinario di Bergamo, rimette le parti innanzi a detto Tribunale, anche per la regolamentazione delle spese di questa fase, previa riassunzione della causa nel termine di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 1a della Corte Suprema di Cassazione, dai magistrati sopra indicati, il 10 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2017

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