Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11307 del 29/04/2021

Cassazione civile sez. I, 29/04/2021, (ud. 18/11/2020, dep. 29/04/2021), n.11307

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MELONI Marina – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15347/2019 proposto da:

K.J., elettivamente domiciliato in Roma, Via Paolo Mercuri, 8,

presso lo studio dell’avvocato Luigi Ludovici, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), ope legis domiciliato in Roma, Via

Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3310/2018 della Corte d’appello di Venezia,

depositata il 15/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/11/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– K.J., cittadino del (OMISSIS), ricorre per la cassazione della sentenza della corte d’appello che ha respinto il di lui gravame nei confronti del diniego della protezione internazionale e quella umanitaria deciso dal tribunale;

– a sostegno delle domande egli ha allegato di avere lasciato il suo Paese dopo aver venduto tutte le proprietà di famiglia per aiutare la madre ammalata; il richiedente ha inoltre riferito di un contrasto del padre con i suoi fratelli ricollegato anche a ragioni politiche, aderendo gli stessi a partiti contrapposti;

– la corte territoriale dopo avere evidenziato le incongruenze del suo racconto e le ragioni di inattendibilità dello stesso, ha negato la protezione internazionale stante le ragioni economiche della migrazione, nonchè l’insussistenza di una situazione generale di violenza indiscriminata nel Paese di provenienza; avuto riguardo all’inattendibilità ed alla mancanza di una specifica vulnerabilità è stato esclusa la ravvisabilità delle ragioni umanitarie per il rilascio del relativo permesso di soggiorno;

– la cassazione della sentenza è chiesta sulla base di tre motivi, cui resiste con controricorso il Ministero dell’interno.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione alla motivazione con cui è stata esclusa la credibilità del richiedente asilo;

– si contesta in particolare che la motivazione si caratterizzerebbe per la violazione del minimo costituzionale ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 6;

– sarebbe stato, inoltre, omesso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’esame del racconto allegato dal richiedente nella parte in cui ha dichiarato di non essere fuggito dal suo paese a causa delle vicende riguardanti il padre ed i suoi fratelli, accadute quando lui era ancora piccolo, ma a seguito delle vicende intervenute con gli zii che lo avevano costretto a vendere tutti i terreni e la casa per raccogliere i soldi necessari a curare la madre, riducendolo in condizione di indigenza economica e costringendolo a partire;

– il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria laddove la corte ha ritenuto conseguente alla mancata attendibilità della vicenda personale, l’irrilevanza delle condizioni di vita nel paese di provenienza rispetto alla garanzia dei diritti umani fondamentali;

– sostiene più specificamente il ricorrente che la corte d’appello avrebbe dovuto comunque procedere a verificare se la situazione di generale compromissione dei diritti umani e di violenza presente nella Bangladesh sia comunque tale da generare in capo alla ricorrente una condizione di vulnerabilità personale, posto che il diniego della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non implica automaticamente l’esclusione di una situazione di grave sistematica violazione dei diritti umani;

– con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame della asserita gravissima situazione di sistematica violazione dei diritti umani di cui darebbero atto fonti nazionali ed internazionali allegate dal ricorrente in appello e non considerate dalla corte territoriale;

– i tre motivi, strettamente connessi perchè riguardanti la valutazione delle dichiarazioni rese dal ricorrente e la loro rilevanza rispetto al riconoscimento della protezione umanitaria, possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili perchè non considerano l’argomentazione in forza della quale la corte territoriale ha negato sia la protezione internazionale nelle forme c.d. individualizzate che la protezione umanitaria;

– la corte ha infatti spiegato a pagina 5 le ragioni di dubbio sull’attendibilità del richiedente ed ha, conseguentemente, negato la protezione umanitaria per la mancanza in capo allo stesso di una personale soggettiva o soggettiva vulnerabilità, non potendo la stessa fondarsi sulla sola provenienza geografica senza alcun specifico riferimento ad una determinata condizione di pregiudizio (alla salute, al nucleo familiare ecc.) patita in caso di rimpatrio forzato;

– nella prospettiva poi della considerazione dell’integrazione sociale nell’ambito del giudizio comparativo fra la situazione nel Paese di accoglienza e quella del Paese di provenienza nella quale il richiedente è rimandato forzatamente, la corte ha escluso di ravvisare una specifica vulnerabilità, non essendo a tal fine sufficiente un contratto di lavoro a tempo determinato parziale a fronte di una non provata compromissione dei suoi diritti in caso di rientro in Bangladesh;

– tale conclusione non è attinta con allegazioni riferite all’indicazione di un rischio personale cui il ricorrente sarebbe esposto e, pertanto, non inficiano la statuizione della corte di merito;

-il ricorso è dunque inammissibile;

– nulla è dovuto per le spese di lite in ragione dell’inammissibilità del controricorso poichè privo dell’indicazione dei motivi di diritto su cui si fonda e che ne costituiscono requisito essenziale a pena di inammissibilità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, richiamato dell’art. 370 c.p.c., comma 2 (cfr. Cass. 5400/2006).

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 18 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2021

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