Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11303 del 09/05/2017

Cassazione civile, sez. VI, 09/05/2017, (ud. 03/02/2017, dep.09/05/2017),  n. 11303

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29731/2015 proposto da:

G.E. E G.F., elettivamente domiciliate in ROMA,

VIA UGO DE CAROLIS 34-B, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO

CECCONI, che le rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARCO

DE CRISTOFARO, ANDREA PASQUALIN;

– ricorrenti –

contro

G.G.L.D.R.L., in proprio e quale

procuratrice generale di

G.G.L.D.R.I., B.D.F.P., quale procuratrice

generale di G.G.L.D.R.V.,

G.G.L.D.R.G.,

G.G.L.D.R.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA XXIV MAGGIO 43,

presso lo studio dell’avvocato MONICA CURCURUTO, che li rappresenta

e difende;

– controricorrenti –

e contro

PROCURATORE REPUBBLICA CORTE APPELLO ROMA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3010/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 03/02/2017 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Nel 2013 il Tribunale di Civitavecchia ha rigettato la domanda proposta da G.E. e F., nei confronti di C.Y., diretta ad accertare che C.V., fosse figlio di G.L..

Avverso il provvedimento del Tribunale le G. hanno proposto appello chiedendo la dichiarazione della nullità della consulenza tecnica d’ufficio svolta nel giudizio di primo grado, nonchè il rinnovo della stessa o comunque dell’indagine, con incarico ad un nuovo consulente tecnico d’ufficio e su nuovi campioni; l’accertamento che C.V. è stato il padre naturale di G.L.; la disposizione che le appellanti e lo stesso G.L. mantenessero il Cognome G.. La Corte d’Appello ha respinto l’appello affermando che nel caso in esame si evinceva dai verbali allegati alla CTU espletata nel corso del giudizio di primo grado che le operazioni peritali erano iniziate il 09.09.2011 e che in tale data erano presenti sia la difesa G. sia il consulente di parte della C.. Aggiungeva la Corte che alle operazioni di prelievo dei campioni erano presenti tutti i consulenti di parte. l,c operazioni proseguivano presso il Laboratorio di Genetica Medica di (OMISSIS) e l’ausiliare produceva una mail inviata a tutte le parti il (OMISSIS) per informarle che il successivo (OMISSIS) si sarebbe dato inizio alle attività di laboratorio sui reperti inerenti la causa C. – G. ed era in atti la risposta inviata da uno dei difensori delle attrici il quale aveva dato atto di avere ricevuto la comunicazione senza sollevare alcuna obiezione. Dalla stessa documentazione prodotta dalla difesa della G. emergeva che il consulente tecnico di parte era a conoscenza della riunione. Nella relazione peritale il CTU aveva inoltre precisamente indicato quanto avvenuto alla data del (OMISSIS) alla presenza del consulente delle parti appellate e del collaboratore dell’ausiliare, ovvero la catalogazione dei campioni e la discussione dei protocolli nonchè la tempistica necessaria per le indagini.

Avverso tale pronuncia è stato proposto ricorso per Cassazione dalle G. affidato al seguente unico motivo:

nullità della sentenza o del procedimento) per violazione degli artt. 101, 116, 194, 195 e 196 c.p.c., artt. 90 e 91 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, per aver il CTU omesso di convocare il consulente di parte per l’inizio delle analisi di laboratorio sui campioni con l’apertura delle buste sigillate nelle quali erano stati introdotti i campioni di materiale biologico, nonostante le reiterate richieste del consulente tecnico di parte e la formale rassicurazione in tal senso del CTU, oltre che per avere la sentenza rigettato la censura di nullità dell’elaborato tecnico) escludendo l’obbligo in capo al CTU di convocare i periti di parte per procedere in contraddittorio all’apertura dei campioni sigillati e alle analisi di laboratorio: la pronuncia del giudice (l’appello) sarebbe incorsa in un errore di rito, laddove ha assunto che nessuna nullità derivi dal fatto che il CTU abbia omesso di comunicare al consulente tecnico di parte G. l’inizio delle attività di laboratorio. La pronuncia non terrebbe conto delle plurime richieste fatte dal CTP al CTU tutte volte a conoscere la data di inizio delle attività di laboratorio sui campioni prelevati dalle salme di G. e C., così da potervi presenziare per verificare in contraddittorio la corretta applicazione dei protocolli adottati in materia, nonchè per poter condividere e supervisionare la catena di custodia dei campioni prelevati dalle salme, già sigillati con l’apposizione delle firme del CTU e dei CTP. La condotta del CTU sarebbe affetta da vizi procedurali inerenti le operazioni peritali, cagionando così una violazione del contraddittorio comprovata dal fatto che il consulente non si sarebbe nemmeno attenuto alle linee guida disposte in materia di accertamento della paternità dalle associazioni scientifiche di categoria.

La censura è manifestamente infondata. La pronuncia d’appello ha dettagliatamente riportato l’iter dell’avvio e dello svolgimento dell’indagine peritale, sottolineando (con il richiamo della documentazione allegata) il rispetto effettivo del contraddittorio fin dal prelievo dei campioni. La mancata partecipazione del CTP alla riunione, centrale ai fini del successivo espletamento dell’indagine peritale, nella quale si è fissata la metodologia da seguire, è stata volontaria. La mancata convocazione all’apertura dei campioni è del tutto irrilevante ai fini del rispetto del principio del contraddittorio in quanto relativa al contenuto intrinseco dell’indagine peritale e alle operazioni connesse all’elaborazione del testo della consulenza. Peraltro nessuno specifico rilievo in ordine all’incidenza dei risultati su tale peculiare attività (di apertura dei campioni) risulta rivolto alla consulenza.

La memoria depositata dalle ricorrenti non offre elementi per superare i predetti rilievi. Invero, come insindacabilmente accertato dalla Corte d’Appello, il contraddittorio con il c.t.p. è stato instaurato in virtù della partecipazione alla fase di prelievo dei campioni biologici e della comunicazione della data della riunione del 28/11/2011, cui lo stesso c.t.p. ha scelto di non partecipare pur essendone informato. In quest’ultimo incontro, documentato dalla relazione del c.t.u., è avvenuta la catalogazione dei campioni prelevati dalle salme e la discussione circa i protocolli da applicare e la tempistica prevista per le indagini. Successivamente, alla riunione finale del 10/02/2012, non è stato eccepito nulla dal c.t.p. delle odierne ricorrenti circa la sua mancata partecipazione alle analisi di laboratorio, ed anch’egli ha convenuto sulla non necessità di ulteriori indagini. Deve ritenersi che in quest’ultima riunione dovevano essere formulate obiezioni tecnico/metodologiche riguardanti attività diverse dal prelievo. Non si riscontra pertanto alcuna violazione del principio del contraddittorio in ordine alla mancata partecipazione alla specifica attività di apertura dei campioni trattandosi di una contestazione tecnica che il consulente di parte avrebbe dovuto rilevare tempestivamente. Ne consegue il rigetto del ricorso con applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese di lite.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti a rifondere ai controricorrenti le spese processuali, che liquida in Euro 4000 per compensi, Euro 100 per esborsi, oltre accessori di legge.

Dà atto altresì della ricorrenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2017

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