Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11301 del 23/05/2011

Cassazione civile sez. III, 23/05/2011, (ud. 14/03/2011, dep. 23/05/2011), n.11301

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SEGRETO Antonio – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE, (OMISSIS), in persona del Ministro in

carica pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso gli Uffici dell’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, da cui è difeso per legge;

– ricorrente-

contro

C.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA PELAGIO PRIMO 10, presso lo studio dell’avvocato

CENTOMIGLIA ANTONIETTA, rappresentato e difeso dall’avvocato BELVINI

GENNARO giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, 4^ Sezione

Civile, emessa il 17/12/2004, depositata il 27/01/2005; R.G.N.

1821/2003.

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/03/2011 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;

udito l’Avvocato DELLA GESUALDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 1-6-1999 C.A. conveniva dinanzi al Tribunale di Napoli il Ministero della Sanità, oggi Ministero della Salute, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti a causa di trasfusioni con sangue infetto che gli avevano procurato l’infezione da eptatite C. Il Ministero dalla sanità si costituiva chiedendo il rigetto della domanda perchè prescritta ed infondata.

Il Tribunale di Napoli accoglieva la domanda e la decisione veniva confermata dalla Corte di Appello di Napoli con sentenza del 27-1- 2005, a seguito di impugnazione del Ministero della Salute. La Corte di Appello, per quello che ancora interessa , ha ritenuto non prescritto il diritto al risarcimento del danno, applicando il termine di prescrizione quinquennale ed individuando come dies a quo la data in cui il Servizio di Immunoematologia del Centro Trasfusionale dell’Ospedale (OMISSIS) ebbe ad accertare che C.A. risultava affetto da microcitemia e positivo all’HCVAB. Ha riconosciuto la responsabilità del Ministero della Salute anche per l’epoca in cui furono praticate le trasfusioni ,ritenendo che già vi erano sufficienti conoscenze scientifiche idonee a contrastare la diffusione del virus.

Avverso detta sentenza presentava ricorso per Cassazione il Ministero della Salute sorretto da due motivi.

Resisteva con controricorso C.A., deducendo l’inammissibilità del ricorso perchè tardivo e la infondatezza dello stesso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve affermarsi la tempestività del ricorso per cassazione.

Infatti la sentenza impugnata è stata depositata in data 27-1-2005 ed il termine lungo per l’impugnazione (un anno + 46 gg.) scadeva il 14-3-2006.

Poichè il ricorso è stato consegnato all’Ufficiale Giudiziario per la notifica il 14-3-2006 deve considerarsi tempestivo.

Si ricorda che in tema di computo dei termini processuali, qualora la legge non preveda espressamente che si tratta di “termine libero”, con esclusione cioè dal computo stesso sia del giorno iniziale che di quello finale, opera il criterio generale di cui all’art. 155 c.p.c., secondo il quale non vanno conteggiati il giorno e l’ora iniziali, computandosi invece quelli finali (Cass. civ., 21/01/1984, n. 526; Cass. civ., Sez. 3^, 04/11/1997, n. 10797).

1. Con il primo motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 2935, 2943 e 2944 c.p.c., omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

Il ricorrente lamenta che la Corte di Appello aveva ritenuto infondata l’eccezione di prescrizione applicando la prescrizione decennale ed interpretando l’art. 2935 c.c., in maniera errata rispetto all’orientamento pacifico e non tenendo conto che il C. avrebbe contratto l’infezione del 1991 ed avrebbe atteso il 1994 per chiedere l’accertamento della patologia ed il 1999 per agire per il risarcimento del danno.

Sul punto il C. rilevava che aveva avuto conoscenza di aver contratto la malattia a seguito di una comunicazione autonoma dell’Ospedale (OMISSIS), che nel corso di una campagna informativa, gli comunicava in data 12-2-94 che egli era risultato affetto dai infezione di epatite C. Prima di tale termine egli non aveva avuto cognizione dell’infezione contratta, tanto che non aveva neanche richiesto l’indennizzo ex L. n. 210 del 1992.

1.1. Il motivo è infondato.

Preliminarmente deve rilevarsi che i giudici di merito hanno applicato la prescrizione quinquennale e non decennale come sostenuto dal ricorrente.

In ordine al dies a quo da cui far decorrere la prescrizione, la Corte di merito ha ritenuto che “a norma dell’art. 2935 c.c., la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, ossia dal giorno in cui il soggetto ha la consapevolezza della sussistenza del proprio diritto, e perciò nel caso di specie dal momento in cui viene a conoscenza della sussistenza della malattia e del contagio contratto; e perciò dal 12.7.1994, data in cui il Servizio di Immunoematologia del Centro Trasfusionale dell’Ospedale (OMISSIS) ebbe ad accertare che l’appellato C.A. risultò affetto da microcitemia, positivo all’HCVAB dal 4.12.1991; e pertanto alla data della notifica dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado (giugno 1999) non risultava decorso il termine quinquennale di prescrizione”.

1.2.Sul punto si osserva che: “Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno di chi assume di aver contratto per contagio una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo decorre, a norma dell’art. 2935 c.c. e art. 2947 c.c., comma 1, non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione che produce il danno altrui o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, ma dal momento in cui viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento doloso o colposo di un terzo, usando l’ordinaria oggettiva diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche” Sez. U, Sentenza n. 576 del 11/01/2008.

1.3. I giudici di merito, conformemente a tale principio,hanno ritenuto che il C. avesse fornito la prova di aver percepito il danno subito a seguito di trasfusioni con sangue infetto solo in conseguenza di un’autonoma comunicazione proveniente dall’Ospedale (OMISSIS), dove egli si recava per le periodiche trasfusioni essendo talassemico fin dalla nascita, con la conseguente conoscenza in tale momento della rapportabilità causale della malattia proprio alle trasfusioni. La circostanza che secondo la comunicazione del (OMISSIS) la malattia sarebbe stata contratta nel 1991 non rileva ai fini della prescrizione, in quanto la percezione del danno ingiusto subito deve porsi in epoca successiva.

2.Come secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) in quanto erroneamente la Corte di appello aveva ritenuto sussistente la responsabilità del Ministero della salute per i periodo successivo alla introduzione della legge 107/90 che aveva disciplinato organicamente la raccolta del sangue sia ai fini trasfusionali che per la produzione di emoderivati.

Secondo il ricorrente da tale momento non era possibile imputare all’amministrazione una responsabilità per omesso controllo e prevenzione, come erroneamente ritenuto dalla Corte di Appello ,che aveva omesso anche l’accertamento del rapporto causale fra i danni riportati e le trasfusioni.

2.1. Il motivo è infondato Infatti risulta accertata la responsabilità del Ministero nel rispetto del principio della regolarità causale in quanto “Premesso che sul Ministero gravava un obbligo di controllo, direttive e vigilanza in materia di impiego di sangue umano per uso terapeutico (emotrasfusioni o preparazione di emoderivati) anche strumentale alle funzioni di programmazione e coordinamento in materia sanitaria, affinchè fosse utilizzato sangue non infetto e proveniente da donatori conformi agli standars di esclusione di rischi, il giudice, accertata l’omissione di tali attività, accertata, altresì, con riferimento all’epoca di produzione del preparato, la conoscenza oggettiva ai più alti livelli scientifici della possibile veicolazione di virus attraverso sangue infetto ed accertata – infine – resistenza di una patologia da virus HIV o HBV o HCV in soggetto emotrasfuso o assuntore di emoderivati, può ritenere, in assenza di altri fattori alternativi, che tale omissione sia stata causa dell’insorgenza della malattia, e che, per converso, la condotta doverosa de Ministero, se fosse stata tenuta, avrebbe impedito la versificazione dell’evento”, Seez. U, Sent. n. 581 del 2008.

Infatti il giudice di merito ha accertato il comportamento omissivo dell’Amministrazione che aveva il dovere di attivarsi concretamente e sollecitamente allo scopo di evitare o quantomeno di ridurre il rischio delle infezioni notoriamente già insite nella pratica terapeutica delle infezioni di sangue e dell’uso di emoderivati; nel caso di specie l’epoca in cui risulta contratta l’epatite da virus C risale al 1991 come risulta dalla certificazione dell’ospedale (OMISSIS), già richiamata. Deve ritenersi conformemente ai dati scientifici ed alle conoscenze acquisite in medicina che, già fin dal 1988/89 erano già conosciuti i metodi di rilevazione diretta del virus C, inoltre lo stato delle conoscenze progressivamente raggiunte dalla scienza medica fin dagli anni 1970, avrebbe dovuto indurre l’allora Ministro della Sanità ad esercitare attivamente il dovere di controllo e di sicurezza. Del pari i giudici di merito hanno accertato l’insorgere della malattia in soggetto emotrasfuso in periodo concomitante all’effettuazione della trasfusioni e l’assenza di possibile causa alternativa.

Il ricorso deve essere rigettato e le spese del grado seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del grado liquidate in complessivi Euro 3,200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 14 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2011

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