Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11299 del 10/05/2010

Cassazione civile sez. I, 10/05/2010, (ud. 17/02/2010, dep. 10/05/2010), n.11299

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24906/2004 proposto da:

N.R. (C.F. (OMISSIS)), F.G.,

P.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ATTILIO

REGOLO 12D, presso l’avvocato ZACCHIA Riccardo, che li rappresenta e

difende unitamente agli avvocati COSTA ALESSANDRA, CRISPO LUCIO,

giusta procure a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI OSPEDALETTI (C.F. (OMISSIS)), in persona del Sindaco

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CICERONE 49,

presso l’avvocato BERNARDINI SVEVA, rappresentato e difeso dagli

avvocati BERNARDINI Antonio, BADINO SERGIO, giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 761/2003 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 06/10/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

17/02/2010 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato ZACCHIA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato PRASTARO ERMANNO, per

delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con due distinti atti notificati il 6 novembre 1986, l’ing. N.R. citò il Comune di Ospedaletti davanti al Tribunale di Sanremo, chiedendone la condanna al pagamento della somma di L. 200,000.000, oltre agli accessori, per prestazioni professionali svolte a seguito della Delib. Giunta 19 giugno 1978, n. 339 (centro congressi (OMISSIS)), e L. 35.000.000, oltre agli accessori, per prestazioni professionali eseguite a seguito di deliberazione del consiglio in data 30 gennaio 1981 n. 22 (parcheggio pubblico). Con altro atto, notificato il 17 gennaio 1987, lo stesso professionista, insieme agli architetti F.G. e P. G. citarono lo stesso ente davanti al Tribunale di Sanremo, chiedendone la condanna al pagamento di L. 35.500,00 per prestazioni professionali svolte a seguito di deliberazione di giunta in data 1 aprile 1974 n. 280 (attrezzature turistiche (OMISSIS)).

Le tre cause furono riunite. Il tribunale respinse tutte le domande, avendo rilevato la mancanza della forma scritta richiesta per la stipulazione dei contratti della pubblica amministrazione.

La Corte d’appello di Genova, con sentenza in data 6 ottobre 2003, respinse i gravami proposti dai tre professionisti. La corte, premesso il richiamo della giurisprudenza di legittimità che richiede per i contratti della pubblica amministrazione la forma scritta e – fatta eccezione per il caso contemplato dal R.D. 18 novembre 1923, n. 2240, art. 17, ult. previsione – la contestualità delle sottoscrizioni, osservò che le delibere collegiali degli enti locali costituiscono atti interni revocabili, inidonei ad esprimere all’esterno una manifestazione di volontà negoziale; e che nella fattispecie mancava in ogni caso la manifestazione scritta della volontà dell’ente committente.

Per la cassazione di questa sentenza, non notificata, ricorrono i tre professionisti con unico atto notificato il 19 novembre 2004, affidato a sette motivi d’impugnazione, illustrati anche con memoria.

Resiste il Comune di Ospedaletti con controricorso notificato il 21 dicembre 2004.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I primi quattro motivi si riferiscono al rigetto della domanda di pagamento, a favore dei tre professionisti ricorrenti, dei compensi dovuti per le prestazioni inerenti alla realizzazione delle attrezzature turistici che di (OMISSIS) (deliberazione di giunta in data 1 aprile 1974 n. 280). Con il primo si censura, per violazione di norme di diritto l’affermazione della corte territoriale, che i documenti prodotti non contengono l’accettazione da parte dei professionisti dell’incarico oggetto della proposta dell’ente, senza considerare che essi costituirebbero delle confessioni stragiudiziali del comune. Con il secondo si denuncia, per violazione di norme di diritto, l’omesso apprezzamento del valore di ricognizione – dell’accettazione dell’incarico di progettazione – che doveva attribuirsi ad una lettera del Comune di Ospedaletti. Con il terzo motivo si deduce che l’avvenuto conferimento dell’incarico del 1974 da parte dell’ente era provato da una serie di documenti datati fra il 1977 e il 1980. Con il quarto motivo si censura l’affermazione parentetica della corte d’appello circa la mancata prova dell’accettazione dell’incarico da parte del N. entro il termine ultimo di sette giorni indicato nella lettera del sindaco 17 maggio 1974.

I successivi due motivi si riferiscono al rigetto della domanda di pagamento del solo ing. N. per le prestazioni inerenti alla consulenza per il centro congressi alla (OMISSIS). Il primo lamenta che alla deliberazione della Giunta 19 giugno 1978 n. 339 e alla successiva raccomandata del 5 settembre 1987 non sia stato attribuito valore ricognitivo dell’accordo già intervenuto tra le parti, avente valore di prova scritta del conferimento dell’incarico.

Il secondo denuncia la violazione degli artt. 1326, 1350 e 1418 c.c.:

anche se i due documenti di cui al precedente motivo non fossero stati sufficienti a documentare per iscritto l’intervenuta conclusione dell’accordo per il quale l’ing. N. aveva prestato la sua consulenza, qualificandosi la comunicazione della deliberazione alla stregua di una proposta contrattuale, la giurisprudenza in materia di formazione giudiziale del contratto, mediante produzione in giudizio della scrittura sottoscritta dalla sola controparte, elaborata in tema di contratti per i quali è necessaria la forma scritta a pena di nullità, avrebbe dovuto portare all’accoglimento della domanda attrice.

L’ultimo motivo si riferisce al rigetto della domanda di pagamento del solo ing. N. per le prestazioni inerenti alla realizzazione di un parcheggio pubblico (deliberazione del consiglio in data 30 gennaio 1981 n. 22). Si lamenta che la corte territoriale non abbia attribuito alla lettera dell’ing. N. prodotta in causa il valore di accettazione scritta del professionista all’incarico ricevuto dall’amministrazione comunale.

I motivi possono essere esaminati congiuntamente, movendo tutti dal medesimo, errato, principio di diritto, che nei contratti della pubblica amministrazione la forma scritta sarebbe richiesta solo ad probationem, o, quanto meno, che potrebbero trovare applicazione le norme sul perfezionamento dei contratti conclusi a distanza.

Va premesso, a questo riguardo, che i contratti in questione risalgono agli anni 1974-1981, e in forza del richiamo contenuto nel R.D. 3 marzo 1934, n. 383, art. 87, comma 1, erano regolati, quanto alla forma, dal R.D. 18 novembre 1923, n. 2240, art. 16, comma 1, a norma del quale i contratti sono stipulati da un pubblico ufficiale delegato a rappresentare l’amministrazione e ricevuti da un funzionario designato quale ufficiale rogante.

Ora, la corte di merito, nel motivare la sua conferma della decisione impugnata, di rigetto delle domande attrici, ha innanzi tutto ricordato la giurisprudenza di legittimità, per la quale la regola per cui tutti i contratti della Pubblica Amministrazione e in genere degli enti pubblici devono essere stipulati per iscritto rinviene la sua ratio nell’esigenza di identificare esattamente il contenuto negoziale e rendere possibili i controlli delle autorità; con tutte le conseguenze da ciò derivanti (vale a dire, che la delibera, esprimente la volontà della P.A., debba indicare con precisione il contenuto negoziale, che la volontà della P.A. sia manifestata all’esterno dall’organo rappresentativo, che la manifestazione di volontà non possa essere implicita nè desunta da comportamenti meramente attuativi), e in particolare che il contratto, salvo diversa previsione di legge, sia consacrato in unico documento contenente tutte le clausole disciplinanti il rapporto.

In base ai principi appena ricordati, la costante e consolidata giurisprudenza di questa corte esclude che il contratto possa essere concluso a distanza, come il codice civile prevede a proposito dei contratti stipulati per mezzo di corrispondenza, dovendo ritenersi tale modalità di conclusione limitata ai contratti con ditte commerciali (R.D. 18 novembre 1923, n. 2240, art. 17, stabilisce, infatti, che i contratti a trattativa privata, oltre che in forma pubblica amministrativa nel modo indicato al precedente art. 16, possono anche stipularsi, per mezzo di corrispondenza, secondo l’uso del commercio, quando sono conclusi con ditte commerciali), e non estensibile al conferimento di incarichi professionali aventi ad oggetto complesse opere di progettazione, in cui è necessaria la definizione degli specifici aspetti del rapporto (tempi, compensi, direttive), anche al fine di rendere possibile l’esercizio dei controlli (Cass. 16 ottobre 1999 n. 11687; 3 gennaio 2001 n. 59; 4 maggio 2004 n. 8417; 26 marzo 2009 n. 7297).

Nonostante ciò, la corte territoriale – considerando l’esistenza di un’isolata sentenza di questa corte, nella motivazione della quale, senza tener conto dalle speciali norme applicabili ai contratti della pubblica amministrazione contenute nel R.D. 3 marzo 1934, n. 383, art. 87 e nel R.D. 18 novembre 1923, n. 2240, artt. 16 e 17, si afferma che nessuna norma prevedrebbe una particolare forma scritta per la validità del contratto, nè tanto meno la contestualità delle varie manifestazioni delle volontà delle parti, sicchè varrebbero in materia i principi generali di cui all’art. 1326 c.c., e segg., a condizione che la volontà possa esser ricostruita attraverso atti scritti e controllabili (Cass. 21 maggio 2001 n. 6918) – ha preso in considerazione anche la documentazione prodotta in causa, giungendo alla conclusione che – “anche a voler adottare la interpretazione meno rigorosa secondo cui sarebbe sufficiente l’intervenuta accettazione per iscritto delle delibere di conferimento trasmesse dal sindaco, prima dell’esecuzione dell’incarico” – essa non dimostrerebbe la conclusione del contratto mediante l’incontro delle volontà espresse non contestualmente.

A quell’isolato precedente, contraddetto da tutta la successiva giurisprudenza, non ritiene tuttavia la corte di poter dare seguito.

Ne deriva che la parte della motivazione che si basa sulle erronee premesse di diritto da esso desunte, e che i ricorrenti hanno censurato per l’applicazione che ne è stata fatta nell’esame della documentazione prodotta, deve ritenersi un’aggiunta superflua ad una motivazione che, nella sua prima parte, correttamente impostata, è pienamente sufficiente a sorreggere la decisione adottata, sicchè, in mancanza di essa, questa corte avrebbe dovuto sostituirla a quella svolta, nella specie solo ad abundantiam, in violazione del R.D. 18 novembre 1923, n. 2240, art. 16, comma 1, a norma dell’art. 384 c.p.c., u.c..

Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in motivazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio, liquidate, in complessivi Euro 2.500,00, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte Suprema di Cassazione, il 17 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2010

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