Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11297 del 31/05/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 11297 Anno 2016
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 13180-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente Contro
OLEIFICIO GAETANO TORTI & FIGLI SNC;
– intimata avverso la sentenza n. 250/39/2013 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA SEZIONE DISTACCATA
di LATINA del 27/02/2013, depositata il 16/05/2013;

Data pubblicazione: 31/05/2016

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
11/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CARACCIOLO.

Ric. 2014 n. 13180 sez. MT – ud. 11-05-2016
-2-

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,
letti gli atti depositati,

La CTR di Roma ha respinto l’appello incidentale dell’Agenzia -appello
proposto contro la sentenza n.98/01/2009 della CTP di Frosinone che aveva
parzialmente accolto il ricorso della parte contribuente “Oleificio Gaetano
Torti e Figli snc”- ed ha così confermato (nel diverso ammontare del maggior
reddito annuo determinato direttamente dalla sentenza di primo grado) l’avviso
di accertamento per maggiore IVA-IRAP relative all’anno 2005, avviso poi
valorizzato ai fini della tassazione (“per trasparenza”) dei maggiori redditi
imputabili ai fini IRPEF anche ai soci i quali ultimi avevano separatamente
impugnato i provvedimenti ad essi rivolti.
La predetta CTR -dopo avere evidenziato che sia la parte contribuente che
l’Agenzia avevano proposto appello- affermava (con riguardo alle sole censure
contenute nell’appello incidentale dell’Agenzia) che si dovesse ritenere
infondato l’assunto dell’Ufficio secondo il quale la sentenza di primo grado non
aveva indicato “concreti elementi” ai fini della rideterminazione del reddito di
impresa (nel minor ammontare di € 80.000,00 rispetto all’ammontare accertato
pari a 147.838,00). Al contrario, i primi giudici avevano tenuto conto di
elementi rilevanti, e cioè del fatto che “la separazione di uno dei soci per
insanabili dissidi interni” —con conseguente avviamento da parte di quest’ultimo
di una autonoma attività, in parte concorrente con quella della società, sita nel
medesimo stabile ove aveva sede l’altra- fosse da ritenere “abbastanza credibile’
ai fini di una sensibile riduzione del reddito accertato.
L’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Ricorso n. 13180/2014 R.G.

Pagina 3

osserva:

La parte contribuente non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore,
componente della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi
dell’art.375 cpc.
Infatti, con il primo motivo di impugnazione la parte ricorrente deduce la

giudice di appello non aveva esaminato la preliminare censura prospettata con
l’atto di appello, e cioè la circostanza che la giustificazione della contrazione
degli utili di bilancio societario (in termini abnormi rispetto al fatturato nonché
incongrui rispetto ai risultati derivanti dall’applicazione degli studi di settore)
era stata prospettata soltanto con le memorie depositate nel corso del primo
grado di giudizio (e perciò tardivamente, secondo la disciplina dell’art.14 del
D.Lgs.546/1992), così che il giudice di primo grado non avrebbe potuto tenerne
conto.
Il primo motivo di ricorso appare manifestamente fondato, con conseguente
assorbimento del motivo ulteriore.
Assolvendo all’onere di autosufficienza del ricorso (per vero con modalità
appena sufficientemente rispettose del canone e che possono considerarsi
adeguate solo per la manifesta laconicità della motivazione della pronuncia qui
appellata), la parte ricorrente ha delineato quale era stato il merito della vicenda
devoluto in appello e non è chi non veda che il giudice di appello —senza
neppure dare atto che una censura era stata formulata dalla parte appellante
incidentale a proposito della tardività della prospettazione dei fatti rilevanti- ha
totalmente eluso la questione, limitandosi a fare una valutazione della rilevanza
dei fatti medesimi ai fini del giudizio sulla correttezza della operata riduzione
del reddito imponibile.
Né la censura può considerarsi implicitamente disattesa dal giudicante, non
potendosi stabilire alcuna relazione di incompatibilità tra l’omesso riscontro di
una censura di violazione di regole puramente processuali e gli argomenti che il
Ricorso n. 13180/2014 R.G.

Pagina 4

violazione dell’art.360 n.4 c.p.c. in relazione all’art.112 c.p.c., atteso che il

giudicante ha posto a fondamento della decisione in ordine al “merito” delle
questioni devolute.
Ciò basta per ritenere che la pronuncia di appello debba essere cassata, per
questo profilo, e rimessa allo stesso giudice del merito (in funzione di giudice di
rinvio) affinché torni a decidere la causa con riferimento alla dianzi menzionata

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza del primo motivo.
Roma, 30 aprile 2015

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va
accolto;
che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR
Lazio che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del
presente giudizio.
Così deciso in Roma il 11 maggio 2016
Il Pre

t

questione rimasta elusa ed omessa.

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