Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11291 del 09/05/2017

Cassazione civile, sez. VI, 09/05/2017, (ud. 23/03/2017, dep.09/05/2017),  n. 11291

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10508/2015 proposto da:

P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARCHIMEDE

122, presso lo studio dell’avvocato FABIO MICALI, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCO MICALI, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la

sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati CLEMENTINA PULLI,

EMANUELA CAPANNOLO e MAURO RICCI, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1368/2014 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 22/9/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 23/3/2017 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– con l’indicata sentenza, la Corte di appello di Messina accoglieva l’appello proposto P.L. nei confronti dell’I.N.P.S. e, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, riconosceva il diritto del P. alla pensione di inabilità civile con decorrenza dall’1/1/2012. Seguiva la compensazione tra le parti delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio, fatta eccezione per le spese di c.t.u. che venivano poste a carico dell’I.N.P.S.;

– avverso detta sentenza P.L. ricorre per cassazione con due motivi;

– l’I.N.P.S. resiste con controricorso;

– la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

– non sono state depositate memorie;

– il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– con i motivi il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5). Si duole della compensazione delle spese del giudizio che assume disposta in assenza di soccombenza reciproca e al di fuori del principio di causalità che doveva regolarne l’attribuzione in favore della parte vittoriosa. Ed invero nel caso di specie – sostiene il ricorrente – il riconoscimento della prestazione si collocava nel gennaio del 2012, ossia nella precedente fase del giudizio, e nel grado di appello il P. era risultato vittorioso. Rileva che nella sentenza impugnata non è dato evincere il ragionamento logico seguito per giungere alla statuizione finale in materia di spese;

– il ricorso è qualificabile come inammissibile alla luce della recente pronuncia di questa Corte in relazione alla portata applicativa dell’art. 360 bis c.p.c. (cfr. Cass., Sez. Un., n. 7155/2017);

– si osserva innanzi tutto che, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nella formulazione introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, a decorrere dal 4 luglio 2009, applicabile, ai sensi dell’art. 58, comma 1, della medesima legge, ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore e, quindi, applicabile al caso all’esame ratione temporis, può essere disposta la compensazione totale o parziale delle spese solo in caso di reciproca soccombenza ovvero in presenza di “gravi ed eccezionali ragioni”;

– inoltre, secondo il principio da questa Corte più volte affermato, il giudice di secondo grado si deve attenere al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato, sicchè non deve liquidare le spese con riferimento a ciascuna fase del giudizio, ma, in relazione all’esito finale della lite. Così può legittimamente pervenire ad un provvedimento di compensazione delle spese, totale o parziale, tenendo conto di quanto una parte sia risultata, nel complesso vittoriosa (cfr., ex multis, Cass. 23 agosto 2011, n. 17523; Cass. 9 ottobre 2015, n. 20289);

– la nozione, poi, di soccombenza reciproca che consente la compensazione parziale o totale tra le parti delle spese processuali, sottende – anche in relazione al principio di causalità – tanto una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate e che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti, quanto pure l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorchè essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri ovvero anche la parzialità dell’accoglimento meramente quantitativa che abbia riguardato una domanda articolata in un unico capo (cfr. Cass. 21 ottobre 2009, n. 22381; conformi, Cass. 23 settembre 2013, n. 21684 e, tra le più recenti, Cass. 11 luglio 2015, n. 15119; Cass. 28 luglio 2015, n. 15918; Cass. 15 settembre 2015, n. 21296; Cass. 29 settembre 2015, n. 19256; Cass. 30 settembre 2015, n. 19520; Cass. 7 ottobre 2015, n. 20127);

– nel caso di specie la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi pervenendo ad una compensazione integrale delle spese del doppio grado in base al complessivo esito del giudizio di merito (primo e secondo grado) che ha visto l’originario ricorrente ottenere il riconoscimento della prestazione con una decorrenza successiva al deposito del ricorso di primo grado (“con riferimento alle controversie in materia di assistenza e previdenza obbligatoria, sussiste parziale soccombenza della parte privata, idonea a giustificare la compensazione delle spese, sia nell’ipotesi in cui il requisito sanitario sia sopravvenuto alla domanda giudiziale, sia nell’ipotesi in cui, ancorchè esso sia risultato sussistente da epoca anteriore a tale domanda, questa abbia avuto ad oggetto il conseguimento della prestazione da data anteriore a quella in cui l’anzidetto requisito risulta essersi perfezionato, ai sensi dell’art. 149 disp. att. c.p.c., per effetto di aggravamento successivo alla domanda amministrativa, ma anteriore al procedimento giudiziale” – così Cass. 16 maggio 2003, n. 7716; Cass. 27 settembre 2004, n. 19343; Cass. 30 marzo 2011, n. 7307; si vedano anche, nei medesimi termini, Cass. 10 agosto 2005, n. 16821: “il fatto che l’ordinamento consenta alla parte – ed esiga dal giudice – la valutazione e l’eventuale riconoscimento di un diritto con decorrenza posteriore alla stessa domanda giudiziale, quale possibilità di estendere (anche attraverso nuova domanda) la materia del contendere, reca in sè (quale presupposto) la reiezione della domanda iniziale” ed ancora Cass. 13 agosto 2014, n. 17938);

– la proposta va, pertanto, sostanzialmente condivisa e il ricorso va dichiarato inammissibile;

– infine, non vi è luogo a condanna della parte soccombente alle spese, avendo la ricorrente depositato formale dichiarazione ai fini dell’esonero ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo risultante a seguito delle modifiche di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42 comma 11, conv. – con modificazioni – nella L. 24 novembre 2003, n. 326, ratione temporis applicabile, trattandosi di procedimento avviato successivamente al 2 ottobre 2003;

– va dato atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in quanto l’obbligo del previsto pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del ricorso (così Cass. Sez. un. n. 22035/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2017

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