Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1129 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/01/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 21/01/2021), n.1129

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 35991/2019 R.G. proposto da:

V.L. e V.T., rappresentati e difesi dagli Avv.ti Carlo

Valle e Alessandro Sorace;

– ricorrenti –

contro

O.L., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Gianni Dell’Aiuto

e Massimiliano Arcioni, con domicilio eletto presso lo studio del

primo in Roma, via Ugo De Carolis, n. 181;

– controricorrente –

e nei confronti di:

F.N.;

– intimato –

per il regolamento di competenza avverso l’ordinanza di sospensione

del Tribunale di Grosseto depositata il 22 ottobre 2019 nel

procedimento n. 46/2019 R.G.;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 10 dicembre 2020 dal Consigliere Emilio Iannello.

lette le conclusioni scritte dal Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Cardino Alberto, che chiede disporsi

la prosecuzione del giudizio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

il Tribunale di Grosseto ha disposto la sospensione per pregiudizialità penale, ex art. 295 c.p.c. e art. 75 c.p.c., comma 3, della causa iscritta al n. 46/2019 R.G., promossa da V.L. e T. contro O.L. e F.N., per il risarcimento dei danni subiti per il decesso della madre, P.L., rimasta vittima di una violentissima esplosione all’interno del proprio appartamento, cagionata dalla perdita di gas proveniente dal piano cottura della cucina poco prima sostituito dal F. su incarico dell’ O.;

il provvedimento è motivato sul rilievo che:

– risulta tuttora pendente processo di appello avverso la sentenza penale di condanna pronunciata dal Tribunale di Grosseto nei confronti di O.L. per cooperazione colposa nella verificazione dell’incendio da cui derivava la morte della P., consistente nell’aver inviato, per il montaggio del piano cottura, dipendente non idoneo a tale attività e non adeguatamente formato nelle sue mansioni;

– la pretesa risarcitoria avanzata in sede civile dagli odierni ricorrenti (già costituiti parte civile nel processo penale) nei confronti dell’ O., dopo la sentenza penale di primo grado, è fondata sull’art. 2049 c.c. e, dunque, sulla medesima culpa in eligendo ed in vigilando che è posta alla base della cooperazione colposa nel sinistro da cui è derivata la morte della congiunta degli attori;

– ricorrono dunque i presupposti per la sospensione necessaria del giudizio civile, in attesa della definizione con sentenza passata in giudicato di quello penale, pure restrittivamente interpretati alla stregua del principio affermato da Cass. Sez. U. n. 13661 del 2019, atteso che “nel caso di specie si ha coincidenza sia tra le parti che richiedono il danno in sede civile e le parti costituite parte civile nel penale e in favore delle quali vi è stata pronuncia della sentenza penale nei confronti della quale pende appello, sia tra la parte danneggiante convenuta e la parte imputata in sede penale”;

avverso tale provvedimento V.L. e T. propongono regolamento di competenza, cui resiste, depositando controricorso, O.L.;

dovendo il procedimento trattarsi ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c., è stata fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito ne è stata fatta notificazione unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale;

il P.M. ha concluso per l’accoglimento del proposto regolamento di competenza, con prosecuzione del procedimento in oggetto.

Diritto

CONSIDERATO

che:

a fondamento del proposto regolamento i germani V. deducono che il procedimento de quo non poteva considerarsi soggetto a sospensione per la pendenza del descritto giudizio penale nei confronti dell’ O.:

a) sia perchè nel giudizio civile è convenuto, insieme con l’ O., anche altro soggetto, il F., non imputato in detto procedimento penale (lo era inizialmente ma nei suoi confronti il procedimento è stato definito, in udienza preliminare, con sentenza c.d. di patteggiamento);

b) sia perchè nel giudizio civile l’ O. è convenuto in giudizio al solo fine di rispondere in via indiretta, oggettiva e solidale, ex art. 2049 c.c., della condotta colposa del proprio dipendente;

il ricorso è fondato e merita accoglimento sotto entrambi i profili;

in ordine al primo, occorre rammentare che, secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, cui va qui data continuità, la sospensione necessaria del processo civile, ai sensi dell’art. 75 c.p.p., comma 3, presuppone che il danneggiato abbia prima esercitato l’azione civile in sede penale mediante la costituzione di parte civile e, successivamente, proposto la medesima azione in sede civile, non trovando applicazione detta norma quando il danneggiato agisca in sede civile non solo contro l’imputato, ma anche contro altri coobbligati al risarcimento (v. Cass. Sez. U. 21/05/2019, n. 13661; Cass. 26/01/2009, n. 1862; 13/03/2009, n. 6185; 18/07/2013, n. 17608; 18/05/2020, n. 9066);

ciò tanto se si abbia riguardo a un’ipotesi di litisconsorzio facoltativo, quanto se il cumulo scaturisca da litisconsorzio necessario, e indipendentemente dal fatto che alcuno o tutti fra i coobbligati siano stati citati nel processo penale come responsabili civili;

la sospensione non si giustifica, si è argomentato, con riguardo al responsabile civile, perchè la proposizione successiva dell’azione risarcitoria in sede civile comporta la revoca tacita della costituzione di parte civile, con la conseguente inapplicabilità dell’art. 651 c.p.p. e l’inutilità dell’attesa degli esiti del processo penale;

nè, si è aggiunto, essa si giustifica in relazione all’imputato: in caso di litisconsorzio necessario, perchè la necessarietà del cumulo non consente la separazione delle domande; in ipotesi di litisconsorzio facoltativo, perchè l’art. 75 c.p.p., comma 3 si riferisce alla causa tra singole parti, e non già al cumulo soggettivo;

sotto il secondo profilo va ribadito che, in materia di rapporto tra giudizio civile e processo penale, il primo può essere sospeso, in base a quanto dispongono l’art. 295 c.p.c., art. 654 c.p.p. e art. 211 disp. att. c.p.p., solo nell’ipotesi in cui alla commissione del reato oggetto dell’imputazione penale una norma di diritto sostanziale ricolleghi un effetto sul diritto oggetto di giudizio nel processo civile, e sempre a condizione che la sentenza che sia per essere pronunciata nel processo penale possa esplicare nel caso concreto efficacia di giudicato nel processo civile; pertanto, per rendere dipendente la decisione civile dalla definizione del giudizio penale, non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l’effetto giuridico dedotto nel processo civile sia collegato normativamente alla commissione del reato che è oggetto di imputazione nel giudizio penale (v. Cass. n. 15641 del 03/07/2009; n. 6990 del 2020, cit.);

tale presupposto certamente non sussiste nel caso di specie essendo diversi i presupposti fattuali e giuridici dei diversi titoli di responsabilità invocati, rispettivamente, nel processo penale e nel processo civile: nel primo l’ O. essendo chiamato a rispondere, com’è ovvio, per un fatto colposo proprio; nel secondo, ex art. 2049 c.c., e, dunque, secondo pacifica interpretazione, a titolo di responsabilità oggettiva e indiretta per fatto altrui;

il provvedimento impugnato va pertanto cassato;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 sulla base dell’art. 5, comma 5, del detto D.M., secondo cui “qualora il valore effettivo della controversia non risulti determinabile mediante l’applicazione dei criteri sopra enunciati, la stessa si considererà di valore indeterminabile”;

invero, essendo il processo sul regolamento di competenza un processo su una questione, quella di competenza o di sospensione, e che, dunque, non riguarda la controversia nella sua interezza, non appare giustificato fare riferimento al valore di essa secondo i criteri indicati dallo stesso art. 5, comma 1 e, pertanto, l’ipotesi del giudizio di regolamento di competenza si presta ad essere ricondotta allo stesso art. 5, suddetto comma 5 (v. in tal senso, ex aliis Cass. 14/01/2020, n. 504; 23/10/2015, n. 21672; 25/02/2015, n. 3881; 29/01/2015, n. 1706).

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa l’impugnato provvedimento di sospensione e dispone che il processo prosegua.

Condanna il controricorrente e l’intimato al pagamento, in solido, in favore dei ricorrenti, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.200 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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