Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1129 del 19/01/2011

Cassazione civile sez. II, 19/01/2011, (ud. 15/12/2010, dep. 19/01/2011), n.1129

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.F. in proprio e quale l.r. della s.a.s. San Giovanni

Costruzioni & C rappresentato e difeso in forza di procura

speciale a

margine del ricorso in cassazione, dagli avv.ti Barone Guglielmo del

Foro di Ragusa e Cermignani Carlo del Foro di Roma ed elettivamente

domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, piazza A. Capponi

n. 16, giusta procura a margine del ricorso ed indicazione sulla

memoria ex art. 378 c.p.c.;

– ricorrente –

contro

M.G. (c.f. (OMISSIS)) rappresentato e difeso

dall’avv. Riccotti La Rocca Giovanni ed elettivamente domiciliato in

Roma, via Ugo Bartolomei n. 23 presso lo studio dell’avv. Diego

Brunco, giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania, n. 414/04,

pubblicata l’11/05/2004; udita la relazione della causa svolta nella

pubblica udienza del 15/12/2010 dal consigliere Bruno BIANCHINI;

udito l’avv. Carlo Cermignani, difensore del ricorrente;

udito l’avv. Giovanni Riccotti La Rocca, difensore del contro

ricorrente che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dr. RUSSO

Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.G. citò innanzi al Tribunale di Ragusa la s.a.s.

San Giovanni Costruzioni di Randazzo Filippo & C. e D. G., chiedendo che la società fosse condannata alla consegna di un locale sottotetto sito in (OMISSIS), acquistato con rogito Notar Emmolo di Scicli del 24 luglio 1995, il cui prezzo di L. 40 milioni era stato interamente pagato; dal momento che la venditrice aveva concesso in locazione alla D. l’immobile, domandò che la predetta società fosse condannata anche a versargli i canoni percetti o comunque a risarcirgli i danni; nei confronti della conduttrice chiese che la stessa fosse dichiarata tenuta a corrispondergli i canoni futuri.

Si costituì R.F., agendo sia in proprio sia quale legale rappresentante della società, resistendo alle domande avversarie; in via riconvenzionale chiese che il Tribunale dichiarasse la nullità del contratto di compravendita in quanto dissimulante un patto commissorio o, in subordine, perchè fosse pronunziata rescissione per lesione della vendita, essendo il prezzo notevolmente inferiore a quello di mercato, con il risarcimento dei danni; in via di ulteriore subordine instò perchè l’attore rimborsasse alla società le spese notarili e perchè restituisse ad esso R. la somma di L. 55.832.240.

A sostegno di tale domanda riconvenzionale evidenziò: che lo stesso giorno della vendita indicata in citazione esso R., titolare dell’omonima impresa individuale, aveva alienato al M. – a ministero del Notaio Morello di Ragusa – un immobile in (OMISSIS) per il prezzo di L. 150 milioni, da corrispondersi in parte in contanti ed in parte con un accollo delle rate mensili di un mutuo; che, contrariamente a quanto dichiarato nel rogito, il M. avrebbe pagato l’intero prezzo e non solo L. 81.920.025, come dichiarato nel rogito, così che esso convenuto si sarebbe obbligato, verbalmente e contestualmente, a versare al predetto compratore la provvista delle rate di mutuo residue – oggetto di simulato accollo – o ad estinguerle direttamente; che a, garanzia di tale obbligazione il M. avrebbe preteso il trasferimento dell’immobile indicato in citazione, con l’accordo che, una volta estinto il mutuo, il bene sarebbe stato retrovenduto alla s.a.s. San Giovanni Costruzioni; che, stante l’anzidetto accordo, la società di cui era titolare non aveva percepito nulla a titolo di prezzo, rimanendo nel contempo nella disponibilità del locale e pagando le spese notarili.

La D. si costituì resistendo alla domanda e facendo presente di aver rilasciato l’immobile alla società convenuta una volta venuta a conoscenza della vendita al M.. L’adito Tribunale, non ritenendo provato l’accordo simulatorio, pronunziò sentenza n. 166/2001 con la quale accolse la domanda dell’attore e condannò la società del R. a consegnare l’immobile sito in (OMISSIS) ed a versare i canoni percepiti dalla D. dall’ottobre 1995 allo stesso mese del 1997.

La Corte d’Appello di Catania, con sentenza n. 414/2004, respinse l’appello proposto dal R. nella duplice qualità, condannandolo al pagamento delle ulteriori spese: la Corte territoriale giunse a tale decisione ritenendo che l’appellante non avesse dimostrato: l’asserito debito verso il M. (derivante dalla non riscontrata circostanza di aver pagato l’intero prezzo della vendita per rogito Morello e di essersi accollato due rate del mutuo); il patto di retrovendita (che avrebbe prodotto i propri effetti traslativi non appena il R. avesse saldato il proprio debito); il mancato pagamento del prezzo della vendita di cui al rogito Emmolo.

Contro tale sentenza il R., agendo nella duplice qualità di cui sopra, ha proposto ricorso in cassazione, sulla base di tre motivi, depositando altresì memoria; il M. ha resistito con controricorso ed anch’esso ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Il ricorrente con il primo motivo, fa valere “violazione e falsa applicazione degli artt. 2744 e 1417 c.c. ed omessa od insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., n. 5” lamentando l’erroneità di una valutazione autonoma delle emergenze di causa che, se considerate nelle reciproche connessioni, avrebbero condotto necessariamente all’accertamento dell’accordo vietato.

1/a – All’uopo il R. ha richiamato l’indirizzo di legittimità a mente del quale, per accertare l’esistenza della pattuizione vietata dall’art. 2744 cod. civ., non rileva lo strumento negoziale utilizzato (sia esso un contratto avente causa tipica oppure un collegamento tra più negozi) quanto piuttosto lo scopo finale che le parti si sono prefisse: nel caso in cui si verta nell’ipotesi di vendita con scopo di garanzia è sufficiente delibare l’esistenza di un nesso strumentale tra il mutuo concesso e la vendita, tale da predicare la sussistenza di un intento delle parti diretto a derogare la causa (traslativa) tipica di tale negozio.

1/b – Partendo da tale premessa sarebbe erronea, secondo il ricorrente, la statuizione della Corte territoriale, là dove ha ritenuto imprescindibile, per l’accertamento della nullità della vendita per rogito notar Emmolo, l’esistenza di un formale patto di retrovendita, con l’ulteriore conseguenza che doveva attribuirsi rilievo preponderante all’analisi complessiva di tutti gli elementi di prova che si presentassero distonici rispetto alla causa di vendita.

1/c – Come ulteriore svolgimento logico della tesi sopra esposta il R. sostiene altresì che per la prova dell’esistenza della pattuizione vietata, sarebbe stata sufficiente la dimostrazione dell’esistenza di un debito tra le parti, anche non connesso al pagamento del prezzo della compravendita per rogito Notar Morello 1/d – Ribadisce il ricorrente il valore indiziante dell’esistenza della pattuizione vietata, da attribuire: alla contestuale redazione di due compravendite “sostanzialmente” tra i medesimi soggetti; il ritardo con cui il M. avrebbe agito per la restituzione dell’immobile oggetto del rogito Emmolo; il pagamento delle spese notarili della compravendita per atto notar Morello da parte del venditore e non dell’acquirente; l’esiguità del prezzo concordato per la compravendita a rogito Emmolo.

2 – Il motivo non può essere accolto.

2/a – Deve innanzi tutto ritenersi infondata la censura di omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in quanto la Corte territoriale ha ampiamente argomentato sulle proprie scelte interpretative, con motivazione scevra da vizi logici e quindi incensurabile in sede di legittimità.

2/b – Quanto poi alla sostanzialmente dedotta violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3) in relazione alle norme disciplinanti il divieto del patto commissorio, la stessa non è rinvenibile nel caso di specie in quanto la Corte di Appello non si è discostata dall’inter prefazione di legittimità, diretta a riscontrare la predisposizione di uno strumento negoziale che producesse l’effetto, vietato dal disposto dell’art. 2744 cod. civ., di condizionare risolutivamente l’effetto traslativo alla restituzione del mutuo o al pagamento del debito; la Corte territoriale al contrario ha riscontrato la mancata prova non solo della pattuizione relativa alla retrovendita quanto soprattutto degli elementi di fatto dal cui accertamento si sarebbe potuti risalire induttivamente al collegamento negoziale vietato – quanto ad effetti finali- dalla legge.

2/c – In particolare il Giudice di secondo grado ha evidenziato: 1 – che non era risultato provato che il M. avesse pagato integralmente il prezzo di L. 150 milioni per la vendita per atto notar Morello, in contrasto con quanto dichiarato nel rogito; 2 – che di conseguenza neppure sarebbe stato dimostrato che da detto pagamento integrale fosse scaturito un debito del R. verso il M., secondo l’allegazione contenuta nella comparsa di risposta del primo (non potendosi dar rilievo alla circostanza dell’eventuale presenza di altri debiti dello stesso R. verso il M. derivanti dal cd. cambio assegni, in quanto facenti parte di tardiva deduzione difensiva); 3 – che il prezzo di L. 40 milioni della coeva vendita per rogito notar Emmolo non fosse stato pagato – di nuovo: in contrasto con quanto dichiarato nell’atto-; 4 – che neppure sarebbe stata riscontrata l’affermazione del R. secondo la quale le rate di mutuo nn. 15 e 16, oggetto di accollo nel rogito Morello, sarebbero state pagate integralmente da esso venditore e non già dall’acquirente M.. Dunque la Corte territoriale ha analizzato compiutamente – e con motivazione congrua – nel loro insieme gli elementi di giudizio che ha ritenuto rilevanti.

3 – Con il secondo motivo il R. denunzia la “violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.c., n. 4, per omessa pronunzia” lamentando che non sarebbe stata neppure esaminata la richiesta – subordinata – di restituzione della somma di L. 11.800.000 esborsata per spese notarili.

4 – Con il terzo e connesso motivo il ricorrente lamenta la “violazione dell’art. 1475 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 anche per omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia” assumendo che, se pure si volesse ritenere esistente una implicita statuizione sulle spese notarili di cui al superiore motivo, tuttavia la medesima sarebbe errata, essendo detti esborsi posti, per legge, a carico dell’acquirente e non rinvenendosi alcun patto derogativo.

5 – Il secondo motivo è infondato.

5/a – Dalla lettura dell’atto di appello – consentita alla Corte in relazione alla natura dell’error in procedendo denunziato in cui sarebbe incorso il giudice catanese – risulta che il R., da un lato – secondo motivo – fece valere l’erronea valutazione di alcune circostanze di fatto, tra le quali appunto il pagamento da parte del venditore R. delle spese notarili dell’atto Emmolo;

dall’altro – quarto motivo – lamentò che il Tribunale di Ragusa, oltre a respingere la domanda (riconvenzionale) di nullità o di rescissione per lesione, non avesse riconosciuto ad esso esponente il diritto a conseguire le somme versate per il pagamento delle rate di mutuo e le altre somme; nel prosieguo del motivo veniva specificato che tra le somme delle quali si chiedeva la restituzione vi sarebbero state anche quelle notarili (versate al notaio Morello per L. 11.800.000).

5/b – La Corte catanese, nel decidere il secondo motivo, negò che il pagamento delle competenze professionali del notaio Emmolo rivestisse valore sintomatico di un patto di retrovendita dissimilante un accordo in violazione del divieto di patto commissorio, assumendo che le parti erano libere di ripartire diversamente l’onere del pagamento di tali spese: dunque la mancata pronunzia in merito al quarto motivo di appello era chiaramente riconducibile alla precedente valutazione e quindi poteva essere considerata quale rigetto implicito della richiesta di restituzione.

6 – Poste tali premesse deve affermarsi l’infondatezza anche del terzo motivo in quanto la Corte territoriale ha interpretato la volontà negoziale parti con motivazione logica eppertanto non sindacabile in questa sede; in realtà il ricorrente patrocina in modo non ammissibile, una diversa lettura della volontà delle parti desumibile dall’avvenuto pagamento della parcella da parte del venditore, senza però porre a base della censura la violazione, da parte del giudice dell’appello, delle norme sull’ermeneutica negoziale.

6/a – E’ comunque da respingersi l’assunto logico dal quale parte il R.: che cioè sarebbe esclusa la prova della volontà dei contraenti della compravendita per atto notar Emmolo di derogare al principio di cui all’art. 1475 cod. civ. per il sol fatto che nel rogito non vi sarebbe una pattuizione esplicita: appare evidente che, per quanto sopra argomentato, il pagamento della parcella – che si assume tra l’altro emessa dal notaio in favore del R. – presupponeva necessariamente l’accordo del quale si discute.

7 – Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Respinge il ricorso e condanna il ricorrente nella sua duplice qualità al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Cassazione, il 15 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2011

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