Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11285 del 23/05/2011

Cassazione civile sez. I, 23/05/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 23/05/2011), n.11285

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18388/2005 proposto da:

PROVINCIA DI FIRENZE (c.f. (OMISSIS)), in persona del Presidente

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA R. GRAZIOLI LANTE

16, presso l’avvocato BONAIUTI DOMENICO, rappresentata e difesa

dall’avvocato MAUCERI Attilio, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente

contro

V.V. (C.F. (OMISSIS)) , elettivamente domiciliato

in ROMA, CORSO V. EMANUELE II n. 18, presso GREZ GIANMARCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MANFRIANI Gianfranco, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 547/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 14/03/2005;

preliminarmente si da atto che è intervenuta nota dell’Avvocatura di

Firenze che chiede l’interruzione del processo;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

28/04/2011 dal Consigliere Dott. CARLO DE CHIARA;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato MANFRIANI che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso limitatamente ai primi due motivi, rigettato il terzo motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Firenze, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha condannato la Provincia di Firenze al saldo dei corrispettivi di quattro appalti eseguiti dal sig. V.V., statuendo – per quanto ancora rileva – la spettanza all’appaltatore di interessi anatocistici sugli interessi liquidati ai sensi degli artt. 35 e 36 del capitolato generale approvato con D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 e confermando le intervenute decadenza e prescrizione, a carico della Provincia appaltante, dalla garanzia per i vizi dell’opera ai sensi dell’art. 1667 c.c..

La Provincia di Firenze ha quindi proposto ricorso per cassazione con tre motivi, cui il V. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Va preliminarmente esaminata la richiesta, fatta pervenire dall’Avvocatura della Provincia di Firenze, di declaratoria dell’interruzione del processo perchè nell’aprile 2007, dopo la notifica del ricorso, il titolare del mandato difensivo avv. Attilio Mauceri, di quell’Avvocatura, è stato collocato a riposo e conseguentemente cancellato dall’albo professionale.

1.1. – La richiesta è priva di fondamento.

Anche a voler ricomprendere la cancellazione nell’ipotesi in questione tra quelle contemplate dall’art. 301 c.p.c., va ribadito che neppure in tali ultime ipotesi è prevista dalla legge l’interruzione del giudizio di legittimità (cfr., per tutte, Cass. 14385/2007 e 477/2006, entrambe rese a sezioni unite). Nè si pone il problema di un eventuale rinvio della causa con avviso dell’udienza alla parte personalmente, al fine di consentirle la nomina di un nuovo difensore (estendendo, cioè, all’ipotesi della cancellazione dall’albo il principio enunciato da Cass. Sez. Un. 477/2006, cit., per l’ipotesi di morte dell’unico difensore), perchè nella specie la Provincia di Firenze, peraltro munita di una propria Avvocatura e informata da tempo dell’evento riguardante il difensore originariamente nominato, ha già ricevuto l’avviso dell’udienza davanti a questa Corte e non ha ritenuto di munirsi di un nuovo difensore.

2. – Con il primo motivo di ricorso si denuncia “violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 4, dell’art. 22 del Capitolato Speciale di appalto”. La censura si riferisce alla statuizione (riguardante due dei quattro contratti) secondo cui il richiamato articolo del capitolato speciale, che prevedeva, ai fini della contabilizzazione dei conglomerati bituminosi, una percentuale di vuoti nel tappeto di usura non superiore al 7%, andava interpretato nel senso che lo scostamento da detta percentuale rilevava comunque come vizio agli effetti della decadenza e della prescrizione di cui all’art. 1667 c.c., che nella specie erano entrambe maturate in difetto di tempestiva denuncia ed azione. La ricorrente ripropone la sua diversa interpretazione della clausola contrattuale, secondo cui il grado di approssimazione alla predetta percentuale rileverebbe soltanto come criterio di determinazione del corrispettivo e non come vizio dell’opera.

2.1. – Il motivo è inammissibile.

L’invocato art. 22 è, come tutte le previsioni di capitolato speciale, norma contrattuale e non norma di diritto; per cui la sua violazione non è censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (il richiamo del n. 4, riguardante gli errores in procedendo, che si legge nella rubrica del motivo di ricorso, è evidentemente errato).

In definitiva, con la censura in esame si ripropone l’interpretazione della clausola contrattuale già respinta dai giudici di appello, senza tuttavia formulare – come sarebbe stato invece necessario – idonee censure di violazione dei criteri ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c., e segg., o di vizio di motivazione e senza neppure riportare il testo della clausola richiamata.

3. – Con il secondo motivo si denuncia, con riferimento ai medesimi lavori di cui al primo motivo, violazione dell’art. 1667 c.c.. Si sostiene che “l’intervenuta maturazione della prescrizione” non era imputabile alla Provincia, dato che era stato l’appaltatore a determinare il ritardo con cui erano stati ritirati i risultati delle necessarie prove di laboratorio, e inoltre che per uno dei due appalti i lavori non erano mai stati formalmente consegnati.

3.1. – Il motivo è inammissibile per varie ragioni.

In primo luogo, oltre alla prescrizione la Corte d’appello ha statuito anche la decadenza, e in ordine a quest’ultima non vi è censura della ricorrente.

In secondo luogo, la questione del ritardo nell’acquisizione dei risultati delle prove di laboratorio è stata affrontata e superata dalla Corte d’appello sul rilievo che la decadenza sarebbe comunque maturata anche considerando come dies a quo il momento in cui l’acquisizione si era verificata, e sarebbe maturata anche la prescrizione, decorrente dalla consegna del lavori, avvenuta da tempo. Neanche questa statuizione è specificamente censurata dalla ricorrente, salvo che con l’ultima affermazione, relativa alla mancata consegna dei lavori: consegna che viene, però, semplicemente smentita, senza che il contrario accertamento in fatto dei giudici di merito sia sottoposto a idonea censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

4. – Con il terzo motivo, denunciando violazione dell’art. 1283 c.c., si contesta l’applicazione degli interessi anatocistici, sostenendo che gli artt. 35 e 36 del capitolato generale per le opere pubbliche approvato con il D.P.R. n. 1063 del 1962, cit. (nella specie pacificamente applicati dalla Corte d’appello), contengono una disciplina assorbente di tutti gli interessi eventualmente spettanti all’appaltatore.

4.1. – Il motivo è infondato perchè la regola dell’anatocismo, di cui all’art. 1283 c.c., è applicabile a tutte le obbligazioni aventi a oggetto originario il pagamento di una somma di danaro sulla quale spettino interessi di qualsiasi natura, compresi quelli previsti dagli art. 35 e 36 del richiamato capitolato generale (cfr., tra le altre, Cass. 10680/2006, 10692/2005, 9653/2001, quest’ultima resa a sezioni unite).

5. – Il ricorso va in conclusione respinto. Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2011

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