Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11282 del 23/05/2011

Cassazione civile sez. I, 23/05/2011, (ud. 27/04/2011, dep. 23/05/2011), n.11282

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – rel. Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.C., elettivamente domiciliata in Roma, Via Lazio, n.

20/C, presso lo studio legale Coggiatti, unitamente agli avv.ti

SINGETTA Alessandro e Tommaso Ricci che la rappresentano e difendono

per procura in calce al ricorso;

– ricorrente

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del ministro in carica,

elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’Appello di Catanzaro n. 726/08 rep.

pubblicato il 7 giugno 2008;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 27

aprile 2011 dal Relatore Pres. Dott. Ugo VITRONE;

udito l’avvocato dello Stato Francesco SCLAFANI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto del 5-7 giugno 2008 la Corte d’Appello di Catanzaro rigettava la domanda di equa riparazione proposta da P.C. per la non ragionevole durata del processo contro di lei promosso dinanzi al Pretore di Potenza con atto di citazione del 22 maggio 1997 e interrotto in data 4 luglio 2006 a causa del fallimento della società attrice. Osservava la Corte che il comportamento inerte della convenuta costituiva espressione di assoluto disinteresse per il processo presupposto e non consentiva di ravvisare alcun pregiudizio di carattere non patrimoniale per la non ragionevole durata del processo.

Contro il decreto ricorre per cassazione P.C. con due motivi.

Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile per la assoluta genericità delle censure articolate ancor prima che per quella dei relativi quesiti di diritto.

Con il primo motivo la ricorrente, denunziando il vizio di violazione di legge, si duole che il decreto impugnato abbia omesso di recepire i principi cardine dell’istituto dell’equa riparazione e abbia mancato di adeguarsi all’interpretazione normativa della giurisprudenza della Corte Europea nella valutazione del suo comportamento processuale e conclude osservando che “rimane del tutto incomprensibile su di un piano logico-giuridico come la Corte d’Appello di Catanzaro abbia potuto negare il diritto e il pregiudizio della sig.ra P. ai sensi dell’art. 6 della Convenzione”.

Il secondo motivo, poi, denuncia il vizio di motivazione ma si conclude con un quesito di diritto con il quale la ricorrente si limita a porre la questione se nella valutazione del proprio comportamento possa ravvisarsi il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, venendo meno al dettato dell’art. 366 bis cod. proc. civ., che impone al ricorrente l’obbligo di indicare in modo chiaro e sintetico il fatto controverso rispetto al quale si lamenta l’insufficienza della motivazione del provvedimento impugnato e le ragioni per le quali la motivazione non è idonea a sorreggere la decisione indicando il percorso logico attraverso il quale si sarebbe dovuto pervenite ad un accertamento di fatto diverso da quello posto a fondamento della decisione.

In conclusione, quindi, il ricorso non può trovare accoglimento e dev’essere dichiarato inammissibile.

Le spese giudiziali seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese giudiziali che liquida in Euro 800,00, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2011

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