Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11280 del 10/05/2010

Cassazione civile sez. II, 10/05/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 10/05/2010), n.11280

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in V ROMA, VIA LIMA

48, presso lo studio dell’avvocato LANZILLOTTA EMILIA, rappresentato

e difeso dall’avvocato TINCHELLI SILVANO;

– ricorrente –

e contro

COMUNE DI MEDOLLA in persona del Sindaco pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 306/2003 del GIUDICE DI PACE di MIRANDOLA,

depositata il 27/11/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/01/2010 dal Consigliere Dott. MIGLIUCCI Emilio;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA AURELIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

S.M. proponeva al Giudice di Pace di Mirandola opposizione avverso i verbali di contravvenzione elevati dai Carabinieri nonche’ le ordinanze di ingiunzione emesse dal Comune di Medolla per avere il medesimo quale legale della Italservice, ceduto in locazione tre appartamenti omettendo di darne comunicazione nel termine di 48 ore all’autorita’ di pubblica sicurezza come prescritto dalla L. n. 191 del 1978, art. 12.

Il Giudice di Pace rigettava l’opposizione, ritenendo provata la mancata comunicazione da parte del ricorrente della cessione della locazione nel termine di 48 ore dalla conclusione dei relativi contratti.

Dopo avere rilevato che costituiva una mera irregolarita’ il riferimento al contenuto nell’ingiunzione alla normativa abrogata (il D.L. n. 59 del 1978 convertito con modifiche dalla L. n. 191 del 1978), posto che nella stessa venivano richiamati i verbali di contestazione delle contravvenzioni, nei quali si faceva cenno alla norma violata di cui alla citata L. n. 191 del 1978, art. 12 il Giudicante disattendeva la tesi difensiva sostenuta dal ricorrente, secondo cui essendo stato ceduto il godimento dell’immobile in base a contratti di foresteria – il termine per effettuare la comunicazione sarebbe stata di trenta giorni dalla conclusione dei predetti contratti solo ove il datore di lavoro avesse disposto l’assunzione del dipendente.

Secondo la sentenza nella specie non era stata offerta prova dei contratti in questione: anzi tale circostanza era smentita dall’accertamento compiuto dai verbalizzanti, che avevano verificato l’occupazione degli appartamenti da diversi mesi, mentre le contrastanti dichiarazioni rese dai testi B. e N. non potevano essere prese in considerazione in quanto- essendo i predetti occupanti degli immobili ceduti- i medesimi avevano interesse in causa, essendo responsabili, in solido con il ricorrente, relativamente al pagamento della sanzione.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per Cassazione S.M. sulla base di tre motivi.

Non ha svolto attivita’ difensiva l’intimato.

MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 15 disp. gen., art. 23 Cost. ed insufficiente motivazione sul punto, censura la decisione gravata laddove aveva ritenuto mera irregolarita’ il riferimento contenuto nell’ordinanza – ingiunzione alla normativa abrogata sul rilievo che nella predetta ordinanza erano richiamati i verbali di contestazione delle contravvenzione, nei quali si faceva cenno alla norma violata di cui alla citata L. n. 191 del 1978, art. 12: gli stessi verbali – osserva il ricorrente – erano stati emessi sulla base della vecchia normativa, posto che in essi era espressamente citato solo il termine di 48 ore e non anche quello di trenta giorni (relativo alla durata della concessione) introdotto dalla L. n. 191 del 1978: i Carabinieri, prima, ed il Sindaco, dopo, avevano applicato una normativa abrogata. Il motivo e’ infondato.

Il Giudice di Pace ha correttamente ritenuto che l’ingiunzione era stata emessa in relazione alla disposizione introdotta dalla Legge di Conversione n. 191 del 1978 che aveva sostituito l’originario D.L. n. 59 del 1978, art. 11 in considerazione del richiamo dei verbali di contravvenzione, non potendo certo ritenersi che la mancata indicazione relativa alla durata della concessione del godimento – in base alla quale, come meglio di dira’ infra, sorgeva l’obbligo della comunicazione – potesse incidere sul fatto in concreto addebitato ed oggetto della contestazione, in cui si faceva riferimento alle disposizioni di cui alla L. n. 191 del 1978: il che portava a ritenere sufficienti gli elementi indicati ai fini della valida contestazione dell’illecito che ha la funzione di rendere edotto il presunto trasgressore della contravvenzione in modo da consentirgli di difendersi, come appunto accaduto nella specie.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’omessa motivazione in ordine al punto 2 dell’opposizione con cui si era dedotta la mancanza di motivazione dell’ingiunzione, in cui si faceva riferimento esclusivamente a una serie di accadimenti fattuali.

Il motivo e’ infondato.

La sentenza ha implicitamente disatteso la doglianza al riguardo formulata, avendo ritenuto che, con il richiamo per relationem dei verbali di accertamento redatti dai verbalizzanti contenuto nell’ingiunzione, il Sindaco aveva assolto l’obbligo di motivazione.

In proposito, va considerato che il provvedimento con cui l’autorita’ amministrativa, disattendendo le deduzioni del trasgressore, irroghi a quest’ultimo una sanzione e’ censurabile, da parte del giudice dell’opposizione, sotto il profilo del vizio motivazionale, nel solo caso in cui l’ordinanza risulti del tutto priva di motivazione (ovvero corredata di motivazione soltanto apparente), e non anche nell’ipotesi in cui la stessa risulti insufficiente, atteso che l’eventuale giudizio di inadeguatezza motivazionale si collega ad una valutazione di merito che non compete al giudice ordinario, oggetto dell’opposizione essendo non il provvedimento del Prefetto, ma il rapporto sanzionatorio (cfr, Cass. 29916/2008).

Con il terzo motivo il ricorrente, lamentando omessa motivazione sul punto 3 dell’opposizione, censura la sentenza laddove aveva ritenuto che, vertendosi nella specie in tema di contratti ad uso foresteria, il termine della comunicazione e’ di trenta giorni dalla conclusione dei contratti, osservando che il deposito di tali contratti non era necessario, atteso che i contratti in oggetto erano conclusi fra l’azienda e la proprieta’ e non con i gli occupanti, per cui tali contratti dovevano considerarsi inesistenti: il convincimento del giudice si era formato con l’illegittima eliminazione delle deposizioni rese dai testi B. e G., che avevano confermato la tesi del ricorrente, essendo stati erroneamente ritenuti responsabili in solido con il ricorrente che invece era stato l’unico soggetto al quale il fatto era stato addebitato.

Con il quarto motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 12 censura la sentenza laddove aveva ritenuto che l’opponente non avesse provato i fatti posti a fondamento dell’opposizione, dimenticando che, ai sensi della norma citata, l’opposizione deve essere accolta quando, come nella specie, non siano emerse prove della responsabilita’ (“si leggano le deposizioni Ge. e, R. nonche’ le dichiarazioni di medesimi rese ai Carabinieri”) a carico di esso ricorrente, il quale anzi aveva dimostrato di essere in piena legittimita’ con le deposizioni dei testi B. e G., dichiarate inammissibili.

Il terzo e il quarto motivo, essendo strettamente connessi, vanno esaminati congiuntamente.

Le censure sono infondate ma la motivazione della sentenza impugnata deve, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., essere corretta, essendo il dispositivo conforme a diritto.

Il Giudice di Pace, nel respingere la tesi sostenuta dall’attore – il godimento dell’immobile era ceduto in base a contratti di foresteria stipulati per dare alloggi agli operai dell’azienda, per cui il termine di comunicazione non poteva che decorre dal momento di superamento del periodo di prova dei lavoratori – ha ritenuto che non era provata la conclusione dei contratti di foresteria e che comunque tale circostanza era smentita dagli accertamenti dei verbalizzanti posto che la occupazione degli immobili si era protratta per oltre trenta giorni.

Va considerato che, secondo quanto previsto dall’articolo unico introdotto dalla Legge di Conversione n. 191 del 1978, del D.L. n. 59 del 1978, art. 12 e’ stato sostituito dalla disposizione che al comma 1 stabilisce: “chiunque cede la proprieta’ o il godimento o a qualunque titolo consente, per un tempo superiore a un mese, l’uso esclusivo di un fabbricato o parte di esso ha l’obbligo di comunicare all’autorita’ locale di pubblica sicurezza, entro quarantotto ore dalla consegna dell’immobile, la sua esatta ubicazione, nonche’ le generalita’ dell’acquirente, del conduttore o della persona che assume la disponibilita’ del bene ……”.

Orbene, nel caso in cui – come accertato nella specie – la cessione del godimento dell’immobile avvenga per una durata superiore al mese, sorge a carico del cedente l’obbligo di comunicazione all’autorita’ di pubblica sicurezza, che deve essere effettuato entro quarantotto ore dalla consegna del bene, sicche’ era irrilevante stabilire la natura del contratto in virtu’ del quale era avvenuta la cessione ovvero verificare la funzione e le esigenze della cessione del godimento (foresteria o meno) o ancora se e quando era divenuta definitiva l’assegnazione degli immobili a quegli operai che erano stati assunti con contratto di lavoro: la circostanza che non potesse essere predeterminato a priori il periodo di occupazione dell’immobile non poteva costituire causa di esonero dall’obbligo della comunicazione che decorre dalla consegna dell’immobile.

Per quanto riguarda il riferimento alle deposizioni dei testi escussi, la censura e’ inammissibile per difetto di autosufficienza del ricorso, costituendo onere posto a carico del ricorrente, il quale denunci il mancato esame di circostanze emerse dalle prove assunte, di trascrivere il testo integrale di tali prove, in modo da consentire alla Corte, che non ha il potere di esaminare direttamente gli atti, di verificare la decisivita’ delle suddette circostanze:

nella specie, tale onere non e’ stato assolto dal ricorrente che si e’ limitato a richiamare le dichiarazioni rese dai testi. Il ricorso va rigettato. Non va adottata alcuna statuizione in ordine alla regolamentazione delle spese relative alla presente fase, non avendo l’intimato svolto attivita’ difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2010

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