Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1128 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/01/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 21/01/2021), n.1128

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 35918/2019 R.G. proposto da

Avv. S.A., rappresentata e difesa da sè stessa;

– ricorrente –

contro

Sa.Gi.Va., rappresentato e difeso dall’Avv. Giulio

Broccoli, con domicilio eletto in Roma, Via Della Giuliana, n. 37;

– controricorrente –

per il regolamento di competenza avverso l’ordinanza del Giudice di

pace di Caserta depositata il 19 novembre 2019 nel procedimento n.

3301/2019 R.G.;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 10 dicembre 2020 dal Consigliere Emilio Iannello.

lette le conclusioni scritte dal Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Sanlorenzo Rita, che ha chiesto

dichiararsi inammissibile il proposto regolamento.

 

Fatto

RILEVATO

che:

l’avv. S.A. propone regolamento di competenza avverso l’ordinanza con la quale il Giudice di pace di Caserta, ritenuta l’ammissibilità del ricorso ex art. 696 c.p.c. nei suoi confronti proposto da Sa.Gi.Va. (per l’accertamento dei danni arrecati alla vettura da lui concessa in comodato alla S.), vi ha dato corso conferendo incarico a consulente tecnico d’ufficio;

sostiene infatti che, trattandosi di causa di valore indeterminato e comunque superiore ad Euro 5.000 ed inoltre avente ad oggetto obbligazioni nascenti da contratto di locazione, la competenza spettava al Tribunale di Caserta, o in subordine, a quello di Pesaro;

al proposto regolamento resiste l’intimato, eccependone l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza;

dovendo il procedimento trattarsi ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c., è stata fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito ne è stata fatta notificazione unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale;

il P.M. ha concluso per l’inammissibilità del proposto regolamento.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il proposto regolamento è inammissibile;

come questa Corte ha da tempo chiarito, a seguito della riforma di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, l’art. 46 c.p.c. è rimasto immutato e continua ad escludere che le sentenze del giudice di pace, soltanto sulla competenza o sulla competenza e sul merito, siano, rispettivamente, assoggettabili al regolamento di competenza necessario le prime ed a quello facoltativo le seconde;

in ragione della modifica dell’art. 339 c.p.c., comma 3, tali sentenze sono impugnabili con l’appello nei limiti e secondo le previsioni di cui all’art. 339 c.p.c. (v. Cass. n. 14185 del 29/05/2008; n. 1812 del 28/01/2014; n. 23062 del 26/09/2018; n. 4001 del 18/02/2020);

il provvedimento impugnato, pertanto, se fosse stato configurabile come decisione sulla competenza, avrebbe dovuto impugnarsi con l’appello, trattandosi di causa soggetta a regola di decisione secondo diritto;

in realtà però nemmeno tale natura potrebbe riconoscersi al provvedimento de quo, atteso che, per costante giurisprudenza di questa Corte, il provvedimento col quale il giudice affermi o neghi la propria competenza a provvedere sull’istanza di accertamento tecnico preventivo a fini conciliativi, proposta ai sensi dell’art. 696-bis c.p.c., non ha alcuna efficacia preclusiva o vincolante nel successivo giudizio di merito: esso, di conseguenza, non può essere impugnato col regolamento di competenza (Cass. 29/05/2019, n. 14739; 18/10/2011, n. 21567; 01/02/2011, n. 2317; 29/05/2008, n. 14187; 14/09/2007, n. 19254);

le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 sulla base dell’art. 5, comma 5, detto D.M., secondo cui “qualora il valore effettivo della controversia non risulti determinabile mediante l’applicazione dei criteri sopra enunciati, la stessa si considererà di valore indeterminabile”;

invero, essendo il processo sul regolamento di competenza un processo su una questione, quella di competenza o di sospensione, e che, dunque, non riguarda la controversia nella sua interezza, non appare giustificato fare riferimento al valore di essa secondo i criteri indicati dallo stesso art. 5, comma 1 e, pertanto, l’ipotesi del giudizio di regolamento di competenza si presta ad essere ricondotta allo stesso art. 5, suddetto comma 5 (v. in tal senso, ex aliis Cass. 14/01/2020, n. 504; 23/10/2015, n. 21672; 25/02/2015, n. 3881; 29/01/2015, n. 1706);

le conclamate e manifeste ragioni di inammissibilità del ricorso giustificano la condanna della ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, al pagamento di una “somma equitativamente determinata” (come da dispositivo), in funzione sanzionatoria dell’abuso del processo (v. Cass. Sez. U. 05/07/2017, n. 16601);

non può a tal fine non attribuirsi rilievo alla prospettazione di tesi palesemente incuranti di elementari regole del processo;

tutto ciò segna l’iniziativa processuale, nel suo complesso, quale frutto di colpa grave, così valutabile – come è stato detto – “in coerenza con il progressivo rafforzamento del ruolo di nomofilachia della Suprema Corte, nonchè con il mutato quadro ordinamentale, quale desumibile dai principi di ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.), di illiceità dell’abuso del processo e di necessità di una interpretazione delle norme processuali che non comporti spreco di energie giurisdizionali” (v. Cass. 14/10/2016, n. 20732; Cass. 21/07/2016, n. 15017; Cass. 22/02/2016, n. 3376; Cass. 20/01/2015, n. 817; Cass. 7/10/2013, n. 22812);

va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il proposto regolamento.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del resistente, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.200 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.

Condanna altresì la ricorrente al pagamento della somma di Euro 1.400 ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

 

 

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