Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11277 del 23/05/2011

Cassazione civile sez. I, 23/05/2011, (ud. 28/02/2011, dep. 23/05/2011), n.11277

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MYNCHIN S.R.L., in persona dell’amministratore p.t. M.

R., elettivamente domiciliata in Roma, alla piazza Don Minzoni

n. 9, presso l’avv. AFELTRA Roberto, dal quale è rappresentata e

difesa in virtù di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO DELLA MYNCHIN S.R.L., in persona del curatore p.t.;

– intimato –

avverso l’ordinanza del Tribunale di Rieti depositata il 17 maggio

2005, n. 286/05 R.G.C.;

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 28

febbraio 2011 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. PRATIS Pierfelice, il quale ha concluso per la

dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con ordinanza del 17 maggio 2005, il Tribunale di Rieti ha rigettato il reclamo proposto dalla Mynchin S.p.a. avverso due decreti, emessi rispettivamente il 18 luglio 2001 ed il 14 ottobre 2003, con cui il giudice delegato al fallimento della società reclamante aveva liquidato i compensi dovuti all’avv. G. Q. per l’attività professionale prestata a favore del fallimento in alcuni giudizi aventi ad oggetto azioni revocatorie.

Premesso che i giudizi, promossi nei confronti di distinti soggetti e caratterizzati da problemi giuridici diversi, presentavano ciascuno proprie peculiarità, il Tribunale ha ritenuto che i compensi liquidati dal giudice delegato fossero adeguati all’attività prestata dall’avvocato in ciascuno di essi, anche alla stregua delle note specifiche prodotte dalla reclamante.

2. – Avverso la predetta ordinanza la Mynchin propone ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo. Il curatore del fallimento non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e l’errata applicazione degli artt. 4 e 5 della tariffa professionale, nonchè l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, sostenendo che nella liquidazione dei compensi il Tribunale non ha tenuto conto dell’identità dei petita e delle causae petendi di otto degli undici giudizi nei quali l’avv. G. aveva prestato la propria opera professionale, moltiplicando i compensi previsti per le medesime attività per il solo fatto che tali giudizi non erano stati riuniti. Nell’ordinanza impugnata è inoltre assente qualsiasi riferimento al principio della soccombenza, in virtù del quale l’esito negativo del giudizio consente di richiedere al cliente solo i minimi tariffali, e manca ogni valutazione in ordine all’interesse conseguito dal cliente attraverso il giudizio.

1.1. – Il ricorso è inammissibile.

L’esposizione dei fatti anteposta alle predette censure risulta infatti assolutamente insufficiente ai fini dell’esatta individuazione dell’oggetto dell’impugnazione, essendosi la ricorrente limitata ad esporre che il Giudice delegato, con il decreto confermato dal Tribunale fallimentare, ha riconosciuto all’avv. G. compensi da essa ritenuti ingiustificati in relazione all’attività prestata dal professionista a favore del fallimento, ed a precisare che tale attività consisteva nella difesa in undici giudizi aventi ad oggetto azioni revocatorie, senza però precisare il valore di tali controversie, le attività svolte dal difensore in ciascun giudizio ed i criteri adottati per la liquidazione, ed indicando inoltre in modo assai confuso gl’importi richiesti dall’avvocato e quelli riconosciuti con il decreto impugnato.

L’assenza di ulteriori elementi di fatto si traduce nella carenza di uno dei requisiti essenziali del ricorso, e segnatamente dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, prescritta dall’art. 366 cod. proc. civ., n. 3, a pena di inammissibilità. A tal fine, infatti, pur non richiedendosi una premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi d’impugnazione, nè una narrativa analitica o particolareggiata, è indispensabile che dal contesto dell’atto sia possibile desumere una conoscenza del fatto controverso, inteso in senso sia sostanziale che processuale, tale da consentire di cogliere con esattezza il significato e la portata delle critiche rivolle al provvedimento impugnato, senza che risulti necessario ricorrere alla lettura di altri atti del processo o dei documenti, ostandovi il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione (cfr. Cass., Sez. 3^, 9 marzo 2010, n. 5660; Cass., Sez. lav. 12 giugno 2008, n. 15808; Cass.. Sez. 3^, 24 luglio 2007. n. 16315).

2. – La mancata costituzione dell’intimato esclude la necessità di provvedere al regolamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 28 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2011

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