Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11270 del 20/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 20/05/2011, (ud. 03/05/2011, dep. 20/05/2011), n.11270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – rel. Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

DENIFIN 91 SRL (OMISSIS) in persona dell’Amministratore Unico,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ELEONORA D’ARBOREA 30, presso

lo STUDIO LEGALE CARTONI, rappresentata e difesa dall’avvocato

ANGELONI ANGELO, giusta procura speciale ad litem in calce al

controricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro-

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 106/2008 della Commissione Tributaria

Regionale di ROMA del 15.4.08, depositata il 14/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/05/2011 dal Presidente Relatore Dott. FERNANDO LUPI.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PIETRO

GAETA.

Fatto

OSSERVA

La Corte, ritenuto che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione a sensi dell’art. 380 bis c.p.c.: “La CTR del Lazio ha accolto L’appello dell’Agenzia delle Entrate di Viterbo nei confronti di DE.NLFIN.91 s.r.l. e M.A.M.. Ha motivato la decisione ritenendo che la notifica dell’ordinanza che disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti della M. era sufficiente ad integrare il contradditorio, che l’indicazione del responsabile del procedimento nell’avviso di accertamento non era necessaria e che la contestuale notifica del p.v.c. non era necessaria essendo l’atto già nella disponibilità del contribuente, che le risultanze del mastrino di cassa dimostravano i ricavi non contabilizzati accertati.

Ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi la contribuente DENIFIN, l’Agenzia delle Entrate non si è costituita.

Con il primo motivo la società censura la ritenuta legittimità della chiamata in causa della M. mancando nell’atto l’indicazione dei fatti di causa e delle censure mosse con l’appello.

La censura è infondata in quanto la M., quale legale rappresentante della società cui era stato notificato l’appello, era già a conoscenza legale del contenuto dell’atto di appello per il quale era poi evocata in giudizio anche in proprio.

Con il secondo motivo si deduce l’insufficienza della annotazione nel mastrino di cassa a documentare i ricavi omessi trattandosi di un’unica presunzione.

La censura è infondata in quanto ha ritenuto questa Corte con sentenza n. 84 84/09 che: il convincimento del giudice in ordine al raggiungimento della prova di un fatto può fondarsi anche su una sola presunzione semplice, purchè sia grave e precisa in quanto il requisito della concordanza ricorre solo nel caso di concorso tra più circostanze presuntive. Ne consegue che, in sede di rettifica di dichiarazione Iva infedele, il rinvenimento di effetti cambiari non registrati in contabilità può costituire l’esclusivo fatto noto idoneo a far ragionevolmente ritenere, in mancanza di valide giustificazioni, che i titoli (in quanto rappresentativi di crediti certi, liquidi ed esigibili nonchè cedibili mediante girata o sconto) siano stati emessi a fronte di acquisti effettuati nell’esercizio dell’attività imprenditoriale senza fattura, in relazione ai quali il contribuente ha omesso di procedere alla autofatturazione. Nella specie il giudice di merito ha ritenuto, con accertamento di fatto non censurato sul piano logico, che il saldo negativo di cassa, in mancanza di ogni spiegazione, deponeva unicamente per ricavi non contabilizzati.

Con il terzo e quarto motivo si denuncia la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, perchè l’avviso di accertamento non reca l’indicazione del responsabile del procedimento. Il motivo è infondato in quanto ha ritenuto questa Corte con sentenza n. 11722/10 che “L’indicazione del responsabile del procedimento negli atti dell’Amministrazione finanziaria non è richiesta, dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 (cd. Statuto del contribuente), a pena di nullità, in quanto tale sanzione è stata introdotta per le sole cartelle di pagamento dal D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 4 ter, convertito, con modificazioni, nella L. 28 febbraio 2008, n. 31, applicabile soltanto alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008”.

Rilevato che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata alle parti costituite;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi prevista dall’art. 375 c.p.c., n. 5, della manifesta infondatezza del ricorso e che, pertanto, la sentenza impugnata vada confermata.

Non si deve provvedere sulle spese non avendo svolto l’intimata attività difensiva.

PQM

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2011 Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2011

Cassazione civile sez. trib., 20/05/2011, (ud. 03/05/2011, dep. 20/05/2011), n.11270

Intestazione

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – rel. Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

DENIFIN 91 SRL (OMISSIS) in persona dell’Amministratore Unico,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ELEONORA D’ARBOREA 30, presso

lo STUDIO LEGALE CARTONI, rappresentata e difesa dall’avvocato

ANGELONI ANGELO, giusta procura speciale ad litem in calce al

controricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro-

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 106/2008 della Commissione Tributaria

Regionale di ROMA del 15.4.08, depositata il 14/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/05/2011 dal Presidente Relatore Dott. FERNANDO LUPI.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PIETRO

GAETA.

Fatto

OSSERVA

La Corte, ritenuto che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione a sensi dell’art. 380 bis c.p.c.: “La CTR del Lazio ha accolto L’appello dell’Agenzia delle Entrate di Viterbo nei confronti di DE.NLFIN.91 s.r.l. e M.A.M.. Ha motivato la decisione ritenendo che la notifica dell’ordinanza che disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti della M. era sufficiente ad integrare il contradditorio, che l’indicazione del responsabile del procedimento nell’avviso di accertamento non era necessaria e che la contestuale notifica del p.v.c. non era necessaria essendo l’atto già nella disponibilità del contribuente, che le risultanze del mastrino di cassa dimostravano i ricavi non contabilizzati accertati.

Ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi la contribuente DENIFIN, l’Agenzia delle Entrate non si è costituita.

Con il primo motivo la società censura la ritenuta legittimità della chiamata in causa della M. mancando nell’atto l’indicazione dei fatti di causa e delle censure mosse con l’appello.

La censura è infondata in quanto la M., quale legale rappresentante della società cui era stato notificato l’appello, era già a conoscenza legale del contenuto dell’atto di appello per il quale era poi evocata in giudizio anche in proprio.

Con il secondo motivo si deduce l’insufficienza della annotazione nel mastrino di cassa a documentare i ricavi omessi trattandosi di un’unica presunzione.

La censura è infondata in quanto ha ritenuto questa Corte con sentenza n. 84 84/09 che: il convincimento del giudice in ordine al raggiungimento della prova di un fatto può fondarsi anche su una sola presunzione semplice, purchè sia grave e precisa in quanto il requisito della concordanza ricorre solo nel caso di concorso tra più circostanze presuntive. Ne consegue che, in sede di rettifica di dichiarazione Iva infedele, il rinvenimento di effetti cambiari non registrati in contabilità può costituire l’esclusivo fatto noto idoneo a far ragionevolmente ritenere, in mancanza di valide giustificazioni, che i titoli (in quanto rappresentativi di crediti certi, liquidi ed esigibili nonchè cedibili mediante girata o sconto) siano stati emessi a fronte di acquisti effettuati nell’esercizio dell’attività imprenditoriale senza fattura, in relazione ai quali il contribuente ha omesso di procedere alla autofatturazione. Nella specie il giudice di merito ha ritenuto, con accertamento di fatto non censurato sul piano logico, che il saldo negativo di cassa, in mancanza di ogni spiegazione, deponeva unicamente per ricavi non contabilizzati.

Con il terzo e quarto motivo si denuncia la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, perchè l’avviso di accertamento non reca l’indicazione del responsabile del procedimento. Il motivo è infondato in quanto ha ritenuto questa Corte con sentenza n. 11722/10 che “L’indicazione del responsabile del procedimento negli atti dell’Amministrazione finanziaria non è richiesta, dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 (cd. Statuto del contribuente), a pena di nullità, in quanto tale sanzione è stata introdotta per le sole cartelle di pagamento dal D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 4 ter, convertito, con modificazioni, nella L. 28 febbraio 2008, n. 31, applicabile soltanto alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008”.

Rilevato che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata alle parti costituite;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi prevista dall’art. 375 c.p.c., n. 5, della manifesta infondatezza del ricorso e che, pertanto, la sentenza impugnata vada confermata.

Non si deve provvedere sulle spese non avendo svolto l’intimata attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2011 Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2011

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