Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1127 del 22/01/2010

Cassazione civile sez. III, 22/01/2010, (ud. 03/12/2009, dep. 22/01/2010), n.1127

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

I.G., I.D. e CALZATURE ANNA di ILLIANO

NUNZIO VINCENZO e C. SAS in persona del suo legale rappresentanze pro

tempore, I.N.V., tutti elettivamente domiciliati

in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avv. LUCCI MATTEO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

S.M.R., D.B.L., elettivamente

domiciliate in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentate e

difese dall’avv. MARTOSCIA GABBANO, giusta procura speciale in calce

al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2584/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

2 0.6.08, depositata il 09/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. MASSERA Maurizio;

UDITO per le controricorrenti l’Avvocato Gaetano Martoscia che si

riporta agli scritti, aderendo alla relazione scritta;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. RUSSO Rosario Giovanni che

nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

La Corte, Letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 29 dicembre 2008 I.D., I.G. e la S.a.s. Calzature Anna di Illiano Nunzio Vincenzo & C. hanno chiesto la cassazione della sentenza, notificata il 5 dicembre 2008, depositata in data 9 settembre 2008 dalla Corte d’Appello di Napoli, confermativa della sentenza del Tribunale di Pozzuoli che aveva dichiarato scaduto il rapporto di locazione de quo e li aveva condannati a rilasciare l’immobile in favore di S. M.R. e D.B.L. per la data del 3 giugno 2008.

Le intimate non hanno espletato attivita’ difensiva (rectius: hanno resistito con controricorso concludendo per l’inammissibilita’ o, in subordine, per il rigetto del ricorso).

2 – I tre motivi del ricorso risultano inammissibili, poiche’ la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 c.p.c., n. 4 e dall’art. 366 bis c.p.c..

La prima norma (art. 360 c.p.c., n. 4) va interpretata nel senso che ciascuna censura deve indicare le norme di diritto che si assumono violate o falsamente applicate, ovvero la specificazione del vizio di motivazione che viene lamentato.

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la seconda norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso. Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, e’ ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che e’ inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c. introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per Cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimita’, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico – giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo dei quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo i ricorrenti assumono che la sentenza impugnata non ha preso cognizione dell’istruttoria di primo grado, dei comportamenti delle parti, delle loro deduzioni. La censura non contiene alcun riferimento a norme di diritto, ne’ specifica vizi motivazionali, non indica quali sarebbero le risultanze pretermesse e la loro rilevanza ai fini della decisione. Formula un quesito del tutto generico e astratto.

Con il secondo motivo assumono esservi contraddizione tra motivazione e dispositivo.

Anche la censura in esame risulta priva di riferimenti a norme di diritto violate o falsamente applicate e si conclude con un quesito del tutto svincolato dai necessari riferimenti al caso di specie e che non postula l’enunciazione di un principio nel contempo decisivo per il giudizio e di applicabilita’ generalizzata.

Con il terzo motivo i ricorrenti affermano che nel rito della locazione rimane preclusa qualsiasi modifica o integrazione della domanda originaria. La censura risulta priva dei requisiti gia’ evidenziati a proposito delle precedenti. Dalle argomentazioni poste a sostegno sembra potersi evincere che i ricorrenti non lamentino tanto un mutamento della domanda da parte delle controparti, ma piuttosto un decisum diverso dal domandato, che e’ questione ben diversa e che va sollevata in modo palese e specifico. In esito vengono formulati tre quesiti inidonei perche’ generici per le stesse ragioni precedentemente indicate.

4.- La relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Non sono state presentate conclusioni scritte ne’ memorie; le resistenti hanno chiesto d’essere ascoltate in Camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 c.p.c..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010

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