Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1127 del 18/01/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 18/01/2017, (ud. 12/12/2016, dep.18/01/2017),  n. 1127

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrica – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2666/2011, proposto da:

P.G. & Figli s.r.l., in persona del legale rappres.

p.t., elettivamente domiciliato in Roma, alla via Monte Parioli 28,

presso l’avv. Roberto Folchitto, rappresentato e difeso dall’avv.

Giuseppe Marra, con procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, elett.te domic. in Roma, alla via dei

Portoghesi 12, rappres. e difesa dall’avvocatura generale dello

Stato come per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 149/28/10 della commissione tributaria della

Lombardia, depositata il 9/07/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/12/2016 dal Consigliere dott. Rosario Caiazzo;

udito il difensore della parte ricorrente, avv. Marra;

udito per l’avvocatura dello Stato l’avv. Meloncelli;

udito il P.M. in persona del Sostituto procuratore generale dott.ssa

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del primo motivo del

ricorso e per l’inammissibilità degli altri motivi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Preliminarmente, il collegio delibera di procedere alla redazione della sentenza in forma semplificata.

La ” P.G. & Figli” s.r.l. impugnò, innanzi alla CTP di Varese, un avviso d’accertamento relativo, per l’anno 2005, al reddito imponibile Ires (per Euro 1.216.804,00), al valore della produzione netta Irap (di Euro 1.288.341,00), rettificando la dichiarazione Iva (determinando una maggiore imposta di Euro 39.252,00).

Tale accertamento riguardò la cessione di alcuni immobili, e fu fondato sulla contestazione di maggiori ricavi, afferente alla non corrispondenza tra prezzi dichiarati e prezzi di mercato, con irrogazione delle sanzioni.

L’adita CTP rigettò il ricorso con sentenza appellata dalla suddetta società, assumendo che erano emerse varie presunzioni relative alla rideterminazione del reddito d’impresa, quali: incongruenza tra i corrispettivi di compravendita ed importo dei mutui chiesti ed ottenuti dagli enti creditizi da parte degli aventi causa; la differenza di prezzo rilevante tra appartamenti similari; mancanza di contratti preliminari; indagini finanziarie sugli aventi causa.

La CTR rigettò l’appello, confermando sostanzialmente la motivazione del giudice di primo grado. Avverso tale sentenza, la ” P.G. & Figli” s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, formulando quattro motivi.

L’agenzia delle entrate resiste mediante il deposito del controricorso, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza dei motivi formulati.

Preliminarmente, va respinta l’eccezione d’inammissibilità dei motivi del ricorso, in quanto essi espongono chiaramente le ragioni dell’impugnazione e i punti rilevanti della motivazione della sentenza impugnata.

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, parte ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, assumendo che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe nulla perchè apparente, avendo recepito i motivi adottati dal giudice di primo grado senza esaminare le questioni di fatto sollevate con l’appello.

Il motivo non merita accoglimento, in quanto la suddetta sentenza ha motivato chiaramente in riferimento ai valori OMI e allo scostamento dei prezzi dichiarati rispetto all’importo dei mutui (senza che il contribuente abbia documentato le spese ritenute in eccedenza al prezzo, esclusa la mera autodichiarazione), sicchè è del tutto insussistente la violazione di legge invocata.

Con il secondo motivo, la ricorrente ha denunciato l’insufficiente motivazione della sentenza d’appello, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, su un punto deciso della controversia, afferente alla sussistenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza delle presunzioni poste a fondamento dell’atto impugnato in ordine allo scostamento tra i prezzi dichiarati nei contratti di compravendita immobiliare e quelli “normali” di cui all’accertamento induttivo.

Al riguardo, la CTR ha motivato in maniera chiara ed esaustiva, esponendo che: l’avviso d’accertamento – redatto in data anteriore all’abrogazione della presunzione legale di cui al D.L. n. 223 del 2006, art. 35, commi 2 e 3 – è stato fondato sui dati OMI, nonchè su un prospetto di raccordo con vari identificativi catastali, i prezzi di vendita dichiarati, la superficie catastale, ed altri elementi, quali la discordanza tra l’importo dei mutui concessi e dei prezzi dichiarati, la mancanza di documenti giustificativi della stessa e l’omessa allegazione di contratti preliminari.

Parimenti infondato è il terzo motivo, con cui la ricorrente ha invocato la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), nonchè dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, occorrendo richiamare le medesime argomentazioni di cui sopra, atteso che il giudice d’appello ha fatto una corretta applicazione delle norme probatorie richiamate, ritenendo sussistenti le presunzioni, gravi, precise e concordanti circa l’accertamento dei maggiori ricavi, mentre il contribuente non ha fornito alcuna prova contraria.

Infine, non merita accoglimento il quarto motivo, avente ad oggetto la censura di una asserita omissione di pronuncia su eccezioni sollevate dalla parte ricorrente, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, in quanto, sostanzialmente, ripetitivo delle medesime ragioni esplicitate nel precedente motivo, non sussistendo alcuna omissione di pronuncia in ordine alle eccezioni impeditive solevate sull’onere della prova.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condannando la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte contromicorrente, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di Euro 15.000,00 oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2017

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