Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11268 del 10/05/2010

Cassazione civile sez. II, 10/05/2010, (ud. 30/11/2009, dep. 10/05/2010), n.11268

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.S.N.L., elettivamente domiciliata in ROMA,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato REALE ALESSANDRO,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. LIPPI

2, presso lo studio dell’avvocato TOMASSINI FABIO, rappresentata e

difesa dall’avvocato RINALDI GABRIO, giusta procura ad litem a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 450/2006 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 13/04/2006;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/11/2009 dal Consigliere Dott. PARZIALE Ippolisto;

udito l’Avvocato Reale Alessandro, difensore della ricorrente che si

riporta agli scritti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale

SORRENTINO Federico che nulla osserva rispetto alla relazione

scritta.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

D.S.N.L. impugna la sentenza n. 450/2006 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 13/04/2006.

Resiste con controricorso la parte intimata.

Attivatasi procedura ex art. 375 c.p.c., il consigliere relatore delegato ha depositato relazione con la quale ritiene che il ricorso possa essere dichiarato inammissibile per mancanza o inidoneita’ dei quesiti di cui all’art. 366 bis c.p.c.. La relazione e’ stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

All’udienza fissata per la camera di consiglio, il Procuratore Generale ha concluso concordando con le conclusioni del consigliere relatore.

Il ricorso va dichiarato inammissibile.

Infatti, il ricorso, tenuto conto delle sopra indicate date di pronunzia e pubblicazione della sentenza impugnata, e’ soggetto “ratione temporis” (vedi D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2) alle nuove disposizioni regolanti il processo di cassazione, tra cui segnatamente per quel che rileva, l’art. 366 bis c.p.c. (inserito dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6) a termini del quale nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3, 4 l’illustrazione di ciascun motivo “si deve concludere a pena di inammissibilita’ con la formulazione di un quesito di diritto” e nel caso di cui al 5 con la “chiara indicazione del fatto controverso”.

L’impugnazione in esame, pur deducendo nei due motivi cui e’ affidata, violazione e falsa applicazione di norme processuali e sostanziali non contiene la formulazione di alcun quesito di diritto, che deve essere esplicita, non potendosi essa ricavare dal contesto del mezzo di impugnazione (Cass. SU 2007 n. 7258).

La memoria depositata non aggiunge ulteriori argomenti a quelli gia’ esaminati. La memoria, infatti, si limita ad affermare che per entrambi i motivi sarebbe stato formulato il relativo quesito di diritto.

Al riguardo occorre osservare ulteriormente quanto segue.

In linea generale deve evidenziarsi che costituisce un dato ormai ampiamente recepito nella giurisprudenza della S.C. che la previsione dell’indispensabilita’, a pena di inammissibilita’, della individuazione dei quesiti di diritto e dell’enucleazione della chiara indicazione del “fatto controverso” per i vizi di motivazione imposti dal nuovo art. 366 bis c.p.c., secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimita’, risponde all’esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della controversia diversa da quella cui e’ pervenuta il provvedimento impugnato, e, nel contempo, con piu’ ampia valenza, di estrapolare, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione (costituente l’”asse portante” della legge delega presupposto dal D.Lgs. n. 40 del 2006), il principio di diritto applicabile alla fattispecie. Pertanto, il quesito di diritto integra il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando altrimenti inadeguata, e quindi inammissibile, l’investitura stessa del giudice di legittimita’ (in questi termini v., ex multis, S.U. sent. nn. 14385/2007; 22640/2007, 3519/2008, 11535/2008, S.U., n. 26020/2008 e ordinanza, sez. 1, n. 20409/2008).

Quanto ai requisiti ed alle caratteristiche del quesito, che deve necessariamente essere presente nel ricorso con riferimento a ciascun motivo (Cass. SU 2007 n. 36), ulteriormente e’ stato precisato che il quesito deve essere:

– esplicito (SU 2007 n. 7258; SU 2007 n. 23732; SU 2008 n. 4646) e non implicito;

– specifico, e cioe’ riferibile alla fattispecie e non generico (SU 2007 n. 36, SU 2008 n. 6420 e 8466);

– conferente, attinente cioe’ al decisum impugnato e rilevante rispetto all’impugnazione (SU 2007 n. 14235).

In sintesi il principio di diritto deve consistere in una chiara sintesi logico – giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimita’, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame.

Da cio’ discende che e’ inammissibile non solo il ricorso nel quale il suddetto quesito manchi, ma anche quello nel quale sia formulato in modo inconferente rispetto alla illustrazione dei motivi d’impugnazione; ovvero sia formulato in modo implicito, si’ da dovere essere ricavato per via di interpretazione dal giudice; od ancora sia formulato in modo tale da richiedere alla Corte un inammissibile accertamento di fatto, od, infine, sia formulato in modo del tutto generico. Il ricorso non risponde ai requisiti indicati.

Non solo in linea generale, considerato che il riferimento a precedenti giurisprudenziali non assolve all’onere di formulazione dei quesiti, che debbono prospettare, nel caso concreto, la discrasia tra il principio giuridico applicato nella sentenza impugnata ed il diverso principio giuridico la cui applicazione e’ invocata con il motivo; ove tale articolazione logico-giuridica manchi, il quesito si risolve in un’astratta petizione di principio che, se pure corretta in diritto, trattandosi di riproduzione di massime giurisprudenziali, risulterebbe, cio’ nonostante, inidonea sia ad evidenziare il nesso tra la fattispecie concreta, l’errore di diritto imputato al giudice a quo ed il difforme criterio giuridico di soluzione del punto controverso che si chiede venga affermato, sia ad agevolare la successiva enunciazione del principio che il ricorrente vorrebbe affermato ed alla quale la Corte deve pervenire nell’esercizio della funzione nomofilattica Cass. SS.UU. 17.4.09 n. 9153). Ma anche nel particolare, in quanto il quesito posto con la formula “accerti se vi e’ stata violazione” e’ inidoneo, non potendo esso consistere in una mera richiesta d’accoglimento del motivo, o nell’interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura cosi’ come illustrata nello svolgimento dello stesso, ma dovendo costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la Corte medesima in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione d’una regula iuris che sia, in quanto tale, suscettibile, al contempo, di risolvere il caso in esame e di ricevere applicazione generale, in casi analoghi a quello deciso (ibidem, nonche’ Cass. 19.2.09 n. 4044, 23.2.09 n. 4329, 17.7.08 n. 19769).

Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in complessivi 2.000,00 Euro per onorari e 200,00 per spese, oltre accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 30 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2010

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