Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11267 del 20/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 20/05/2011, (ud. 06/04/2011, dep. 20/05/2011), n.11267

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.C.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VICOLO ORBITELLI 31, presso lo studio dell’avvocato CLEMENTE

MICHELE, rappresentato e difeso dall’avvocato PACIELLO RENATO giusta

mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 90/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

DI BARI SEZIONE DISTACCATA di FOGGIA del 28/4/08, depositata il

26/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito per il controricorrente l’Avvocato CLEMENTE NICOLA per delega

dell’Avvocato PACIELLO RENATO che si riporta agli scritti;

è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE

CENICCOLA che nulla osserva.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che è stata depositata, dal consigliere appositamente nominato, la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza 26.5.2008 la commissione tributaria regionale delle Puglie, sez. dist. di Lecce, adita con appello dell’agenzia delle entrate nella controversia insorta tra D.C.M. e l’agenzia medesima, avente a oggetto avvisi di accertamento Iva, irpef e Irap per gli anni 1998, 1999 e 2000, ha confermato la sentenza di primo grado della commissione tributaria provinciale di Foggia, n. 7/07/2005, nell’assorbente profilo di validità della definizione automatica dal contribuente eccepita ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 14.

Ha motivato la decisione ritenendo non esservi generale equipollenza tra i concetti di “notifica” e di “consegna” di un p.v.c., sicchè ha affermato che la causa ostativa del condono cd. tombale, ivi rappresentata dalla previa notifica di un p.v.c. della G.d.F., non potevasi considerare integrata dal fatto che detto verbale fosse stato in effetti consegnato al contribuente, anche tenuto conto della necessità che la constatazione provenga dagli uffici detentori del potere impositivo.

Per la cassazione di questa sentenza ricorre l’agenzia delle entrate, articolando un motivo – al quale l’intimato resiste con controricorso – inteso a denunciare violazione e falsa applicazione dell’art. 9, comma 14, L. cit., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Il motivo, sorretto da idoneo quesito di diritto, appare manifestamente fondato, dal momento che già in tema di accertamento con adesione, e in ordine all’omologo riferimento, contenuto nel D.L. 30 settembre 1994, n. 564, art. 3, come modificato dal D.L. 9 agosto 1995, n. 345, art. 1, alla notificazione del processo verbale di constatazione, quale fatto ostativo alla definizione, questa Corte ha rilevato che il riferimento detto non esclude che la fattispecie impeditiva possa realizzarsi anche attraverso la mera consegna del processo verbale all’interessato (v. Cass. 2005/24913); la relativa attestazione, infatti, costituendo prova ufficiale di tale adempimento, è idonea a soddisfare le esigenze di certezza sottese alla forma speciale prescritta affinchè il contenuto dell’atto sia portato a conoscenza dell’interessato, non valendo, in contrario, il riferimento alle modalità previste per l’atto di accertamento, per il quale non sono prescritte forme di comunicazione preliminari o alternative alla notifica. Nè appare rilevante l’artificiosa distinzione operata in sentenza in ordine alla provenienza dell’atto dalla G.d.F., anzichè dall’amministrazione finanziaria, dal momento che ciò che interessa, in base alla ratio della previsione ostativa, è che sia stato portato a conoscenza del contribuente l’esito positivo dell’indagine fiscale a suo carico.

Sulla base delle esposte considerazioni, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio e definito con pronunzia di manifesta fondatezza”;

– che il collegio integralmente condivide le considerazioni di cui alla ripetuta relazione;

– che pertanto l’impugnata sentenza va soggetta a cassazione; e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può la Corte pronunciare nel merito, ai sensi dell’art. 384 cpv. c.p.c., rigettando l’impugnazione interposta avverso gli atti impositivi;

– che le spese processuali dei gradi di merito possono essere compensate per giusti motivi, mentre quelle del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, con liquidazione come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso,- cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta l’impugnazione avverso gli atti impositivi.

Compensa le spese processuali relative ai gradi del giudizio di merito e condanna il resistente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 10.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2011

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