Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11264 del 09/05/2017
Cassazione civile, sez. VI, 09/05/2017, (ud. 11/01/2017, dep.09/05/2017), n. 11264
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 206-2016 proposto da:
C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. P. DA
PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA CONTALDI, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIO FOGLIOTTI,
giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 904/24/2015, emessa il 7/07/2015 della
COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di TORINO, depositata il
23/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata dell’11/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. LUCA
SOLAINI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Il contribuente svolge la professione di medico, in ragione della quale ha versato l’Irap negli anni che vanno dal 2001 al 2009. L’11.4.2012 egli ha chiesto il rimborso dell’imposta, sostenendo di averla corrisposta indebitamente, non sussistendo il requisito della autonoma organizzazione. l’Agenzia ha rigettato l’istanza ritenendo il contribuente decaduto dal diritto di pretendere il rimborso, tesi confermata dai giudici di merito in appello, aditi dal ricorrente con l’impugnazione della sentenza di primo grado a lui sfavorevole.
Ora il contribuente propone ricorso per cassazione con due motivi cui resiste con controricorso l’Agenzia.
Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia genericità dei motivi di appello, in violazione del disposto della L. n. 546 del 1992, art. 53. Il motivo è infondato.
Va dato seguito alla giurisprudenza di questa Corte per la quale nel processo tributario, la riproposizione in appello delle stesse argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado – in quanto ritenute giuste e idonee al conseguimento della pretesa fatta valere – assolve l’onere di specificità dei motivi di impugnazione imposto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, ben potendo il dissenso della parte soccombente investire la decisione impugnata nella sua interezza (Cass. n. 14908 del 2014; Cass. n. 16163 del 2016).
Va osservato peraltro come i giudici di appello abbiano comunque compreso i motivi di appello, tanto è vero che li hanno esaminati singolarmente ed accolti.
Con il secondo motivo, ritiene il contribuente che la decadenza prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, si applica solo quando si chieda la restituzione di un tributo pagato in più per mero errore materiale, e non già quando sia stato pagato indebitamente, o meglio, in base a presupposti che non esistevano al momento del versamento, o che siano stati ritenuti successivamente insussistente per via legislativa o giurisprudenziale. La tesi è infondata.
Il termine di cui all’art. 38 cit., invece si applica anche alla richiesta di rimborso dei tributi indebitamente versati, quale che sia la ragione dell’indebito versamento (Cass. n. 24058 del 2011; Cass. n. 111 del 2015; Cass. n. 16617 del 2015; Cass. n. 4492 del 2012) ed è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio (Cass. n. 317 del 2015).
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a pagare all’Agenzia delle Entrate le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell’importo di 2.300,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.
Motivazione Semplificata.
Così deciso il Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 novembre 2017.
Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2017