Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11263 del 10/05/2010

Cassazione civile sez. II, 10/05/2010, (ud. 12/11/2009, dep. 10/05/2010), n.11263

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

PREFETTURA DI AVELLINO in persona del Prefetto pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

M.E. quale legale rappresentante della Agrifor Coop. a r.L,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ORVIETO 24, fabbr. 4, Se. A,

presso la dott.ssa C.C., rappresentato e difeso

dall’avvocato CASALE MAURO, giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– ricorrente –

avverso la sentenza n. 763/2005 del GIUDICE DI PACE di CERVINARA del

18.10.05, depositata il 05/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/11/2009 dal Consigliere Relatore Dott. PARZIALE Ippolisto;

E’ presente i P.G. in persona del Dott. PRATIS Pierfelice, che si

riporta alle conclusioni scritte.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. – La Prefettura di Avellino impugna la sentenza n. 763 del 2005 del Giudice di Pace di Cervinara, depositata il 5 novembre 2005, non notificata, che ha accolto l’opposizione proposta dall’odierno intimato, M.E., avverso l’ordinanza ingiunzione n. (OMISSIS), emessa il 5 luglio 2004 e notificata il 31 agosto 2004, per violazione della L. 386 del 1990, art. 1.

L’odierno intimato deduceva a motivo dell’opposizione: a) la mancata contestazione della sanzione nei termini di legge; b) infondatezza del merito della pretesa sanzionatoria non essendo mai avvenuta la violazione contestata; c) la prescrizione della sanzione per decorso del termine; d) l’illegittimita’ del protesto.

2. – Il Giudice di Pace accoglieva il ricorso e annullava l’ordinanza ingiunzione ritenendo che “dall’esame della documentazione in atti si evince che la comunicazione di cui alla L. 386 del 1990, art. 9 non e’ stata regolarmente notificata al ricorrente…”.

Con l’unico motivo di ricorso si lamenta la “violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e della L. n. 689 del 1981, art. 22 e 23”. Il Giudice di Pace aveva accolto il motivo di opposizione relativo alla mancata notifica della comunicazione di revoca dell’autorizzazione e di violazione della L. 386 del 1990, art. 9 non dedotto nel ricorso all’opposizione, ma nel corso del giudizio e sul quale l’amministrazione non aveva mai accettato il contraddittorio.

3. – Resiste con controricorso l’intimato, il quale osserva che correttamente il Giudice di Pace aveva adottato l’indicata decisione, poiche’ era stata la stessa amministrazione, nel produrre la documentazione in giudizio, ad allegare agli atti la irregolare notifica della comunicazione di cui alla L. , art. 9 in questione, accettando cosi’ di conseguenza il contraddittorio sul punto.

4. – Attivatasi la procedura ex art. 375 c.p.c., la Procura Generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto la trattazione del ricorso in pubblica udienza.

5. – All’udienza di camera di consiglio del 15 giugno 2009, il ricorso veniva rinviato per mancata comunicazione dell’avviso.

Non sono state depositate memorie.

6. Occorre rilevare che tali conclusioni della Procura Generale non ostano alla pronuncia in Camera di consiglio.

Infatti, l’inammissibilita’ della pronuncia in camera di consiglio e’ ravvisabile solo ove la Corte ritenga che non ricorrano le ipotesi di cui all’art. 375 c.p.c., commi 1 e 2, oppure emergano condizioni incompatibili con una trattazione abbreviata. In tali casi la causa deve essere rinviata alla pubblica udienza. Nel caso in cui, invece, la Corte ritenga, come nella specie, che la decisione del ricorso presenta aspetti di evidenza compatibili con l’immediata decisione, puo’ pronunciarsi la manifesta infondatezza o la manifesta fondatezza dell’impugnazione, anche ove le conclusioni del pubblico ministero siano, all’opposto, per la trattazione in pubblica udienza (Cass. 2007 n, 23842; Cass. 2007, n. 1255).

7. Il ricorso e’ fondato e va accolto.

Il Giudice di Pace ha fondato la sua decisione su un motivo di opposizione non tempestivamente dedotto con conseguente violazione dell’art. 112 c.p.c..

A tal proposito questa Corte ha gia’ avuto occasione di affermare che: “Il giudizio di opposizione avverso ordinanza – ingiunzione di pagamento di somma di denaro a titolo di sanzione amministrativa, disciplinato della L. n. 689 del 1981, art. 22 e 23 e’ strutturato, nelle sue linee generali, in conformita’ al modello del giudizio civile ordinario e risponde agli inerenti principi, in particolare della domanda, della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del divieto della pronunzia d’ufficio su eccezioni rimesse esclusivamente all’iniziativa di parte, nonche’ ai limiti della modificazione della causa petendi, che, in tale giudizio, resta individuata sulla base dei motivi di opposizione” (Cass. 2007 n. 1173), ulteriormente osservando che “non e’ in alcun modo consentito un successivo ampliamento del thema decidendum, neppure d’ufficio (a meno che non emerga la giuridica inesistenza del provvedimento opposto), rimanendo irrilevante che, su di esso, la parte interessata abbia accettato il contraddittorio” (Cass. 2006 n. 23284). Occorre osservare, infatti, che nei procedimenti di opposizione a sanzione amministrativa, nei quali le norme sul rito devono essere ratione temporis integrate dalle regole del codice di procedura civile vigente, la impossibilita’ di un ampliamento del tema del dibattito e’ il portato della natura del procedimento, che e’ caratterizzato dalla inclusione necessaria delle ragioni oppositorie nei motivi del ricorso, motivi che segnano l’unica ed esclusiva causa petendi di un processo coinvolgente la pretesa della P.A. alla sanzione e che deve essere portato a sollecita e concentrata definizione in vista di un superiore interesse. Ne’ appare efficace la resistenza sul punto del controricorrente, che sostiene la legittima deduzione della questione in udienza a seguito della visione degli atti depositati dalla controparte.

Anzi tutto, la tempestiva proposizione del ricorso dimostra l’idoneita’ dell’effettuata notificazione ed, in ogni caso, ne sana i vizi ex art. 156 c.p.c., comma 3, considerazione che e’, di per se’, assorbente. Ad abundantiam, la nullita’ ravvisata dal G.d.P. comunque non sussiste, in quanto la notificazione alla moglie e’ valida di per se’ (Cass. 1313/00, 11200/91); in quanto l’odierno ricorrente risponde dell’assegno in proprio e non quale legale rappresentante della persona giuridica; in quanto, ancora, le notificazioni a quest’ultima sono valide anche se chi riceve il plico non ha con la stessa un rapporto di servizio ma solo una relazione qualificata (Cass. 642/98).

Il ricorso va accolto, il provvedimento impugnato cassato, e la causa va rimessa per nuovo esame ad altro giudice del merito pari ordinato, che si indica in diverso magistrato dello stesso ufficio, cui e’ anche demandato, ex art. 385 c.p.c. di pronunziare sulle spese del giudizio di legittimita’.

P.T.M.

LA CORTE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altro magistrato dello stesso ufficio (Giudice di Pace di Cervinara), che decidera’ anche sulle spese.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2010

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