Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11259 del 21/05/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 11259 Anno 2014
Presidente: CHIARINI MARIA MARGHERITA
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 14868-2008 proposto da:
MASTRANTUONO RAFFAELE

(MSTRFL43L02F839E), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI GANDOLFI 6, presso lo studio
dell’avvocato COCCO ILARIA, rappresentato e difeso da sé
medesimo e dall’avvocato NITRATO IZZO SERGIO giusta procura a
margine;
– ricorrente contro

A.N.A.S. (ENTE NAZIONALE PER LE STRADE);
– intimato –

avverso la sentenza n. 3967/2007 del TRIBUNALE di NAPOLI,
v

depositata il 12/04/2007, R.G.N. 12321/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

Z04 4 del 25/02/2014 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
AR2/ udito l’Avvocato FELICE FAZIO per delega;

1

Data pubblicazione: 21/05/2014

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. ANTONIETTA CARESTIA, che ha concluso per
l’inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.- Raffaele Mastrantuono impugnava, dinanzi alla Corte
di appello di Napoli, la sentenza del Giudice di pace di

risarcitoria da esso attore proposta nei confronti
dell’A.N.A.S., asseritamente responsabile del sinistro
verificatosi in data 4 aprile 1997, a causa della cattiva
manutenzione della strada, ed a seguito del quale erano
derivati danni materiali all’autovettura di sua proprietà
nella misura di lire 2.850.000, oltre accessori.
1.1. – La Corte di Appello di Napoli, con sentenza del
20 gennaio 2006, dichiarava la propria incompetenza,
individuando nel Tribunale di Napoli l’organo competente
dinanzi al quale proporre appello e fissando il termine di
sessanta giorni per la riassunzione del giudizio.
2. – Il Mastrantuono riassumeva il giudizio, nel
rispetto del predetto termine, dinanzi al Tribunale di
Napoli, il quale, con sentenza in data 12 aprile 2007, resa
ai sensi dell’art.

281-sexies

cod. proc. civ., dichiarava

l’impugnazione inammissibile.
2.1. – A tal riguardo, il Tribunale reputava che il
principio stabilito dall’art. 50 cod. proc. civ., secondo cui
la tempestiva proposizione del gravame ad un giudice
incompetente impedisce la decadenza dalla impugnazione
(determinando la cd.

traslati° iudicii),

non trovasse

applicazione allorquando a questa si provveda dinanzi ad un
giudice incompetente per grado, perché, in tal caso, la
dichiarazione di incompetenza del giudice preventivamente
adito ha natura di inammissibilità del gravame.

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Afragola del 4 giugno 2002, che aveva rigettato la domanda

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre Raffaele
Mastrantuono, affidando le sorti dell’impugnazione a tre
motivi.
L’A.N.A.S. non ha svolto attività difensiva in questa
sede.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.- Con il primo mezzo è prospettata, in relazione

violazione dell’art. 281-sexies cod. proc. civ.
La sentenza impugnata sarebbe nulla in quanto il giudice
avrebbe violato

l’iter prescritto dall’art.

281-sexies cod.

proc. civ., predisponendo il dispositivo di essa prima della
precisazione delle conclusioni e della discussione orale, mai
avvenute, e prima della stessa redazione del verbale “nel
quale le parti hanno riassunto le rispettive posizioni”. Ciò
integrerebbe una violazione del principio del contraddittorio
e del diritto di difesa costituzionalmente garantiti.
Viene, pertanto, formulato il seguente quesito di
diritto: “Dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se nella
fattispecie innanzi rappresentata è nulla per violazione del
coordinato disposto degli articoli 360 c.p.c. n. 4 e
sexies c.p.c.

281

la sentenza emessa a seguito di disposizione

del Giudice di trattazione orale, predisposta prima e senza
la discussione orale, senza la precisazione delle conclusioni
e senza la lettura in udienza del dispositivo e della concisa
esposizione delle ragioni di fatto e di diritto ancorché
allegata al verbale di udienza”.
1.1.- Il motivo è infondato.
Dalla lettura del verbale dell’udienza del
2007

12

aprile

(che precede la sentenza impugnata) emerge chiaramente

che le parti non solo hanno provveduto a precisare, ciascuna,
le proprie conclusioni, ma hanno anche espressamente
trascritto, nel verbale stesso, gli argomenti a sostegno
delle rispettive e contrapposte posizioni difensive e tanto
sia prima, che dopo la richiesta del difensore dell’ente
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all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la

appellato

(che

aveva

depositato

anche

“memoria

conclusionale”) di procedersi alla discussione orale. Con ciò
si deve ritenere che detta discussione sia stata compendiata
nei contenuti riportati nel verbale d’udienza, come del resto
appare confortare il rinvio, ad opera del difensore dello
stesso appellante avv. Mastrantuono, alla “memoria
discussionale”. Di qui, l’evidenza del pieno dispiegamento

pertanto, l’inconsistenza della censura che lamenta non solo
la mancata precisazione delle conclusioni, ma pure l’assenza
di discussione orale; precisazione delle conclusioni e
discussione che l’art. 281-sexies cod. proc. civ. consente di
contestualizzare nella stessa udienza.
Quanto, poi, alla doglianza che attiene alla presunta
predisposizione della sentenza prima dell’udienza di
precisazione delle conclusioni e della discussione orale,
essa, oltre ad essere inammissibile là dove presume un fatto
senza darne riscontro, risolvendosi, dunque, in una mera
illazione, si appalesa comunque infondata.
Infatti, come già questa Corte ha avuto modo di
affermare, in riferimento alle ipotesi di lettura in udienza
del dispositivo della decisione (Cass., 3 gennaio 2014, n.
39), “non sussiste alcuna norma processualcivilistica che
impedisca al relatore di un collegio giudicante (o allo
stesso giudice monocratico), cui spetti di dover dare lettura
in udienza del dispositivo della decisione, di predisporre il
dispositivo stesso prima che si addivenga alla deliberazione
della decisione in camera di consiglio e, dunque, prima che
esso venga poi sottoscritto dal presidente del collegio (o
dallo stesso giudice monocratico). Né una siffatta evenienza,
nel suo fisiologico inverarsi, appare lesiva del diritto di
difesa, nella sua declinazione di intangibilità del
contraddittorio e di imparzialità del giudice. Si tratta,
infatti, di una attività, eventuale, meramente prodromica
alla decisione, che, ove posta in essere, è da apprezzarsi in
4

del diritto di difesa ad opera di entrambe le parti e,

un ottica deontica, quale espressione tangibile della
professionalità richiesta del giudice relatore, al quale è
assegnato lo studio del fascicolo di causa e che, dunque, è
tenuto, prima di ogni altro componente del collegio, a
formarsi un serio ed attrezzato convincimento sulla
controversia oggetto di cognizione. Sicché, la
predisposizione del dispositivo si atteggia, alfine, come una

monocratico come bozza di essa), da proporre e sottoporre
alla discussione collegiale (o per il giudice monocratico da
confermare), cosi da saggiarne la idoneità a fungere da
soluzione definitiva, dopo che – secondo la dinamica propria
del processo – il contraddittorio tra le parti si sia
pienamente spiegato e, dunque, esaurito con la discussione in
udienza e si giunga, cosi, alla deliberazione nella camera di
consiglio (art. 276 cod. proc. civ.), ben potendo in questa
sede, sino alla sottoscrizione del dispositivo di sentenza,
pervenirsi a qualsivoglia soluzione della controversia”.
Argomenti, questi, che ben possono attagliarsi alla
decisione resa ai sensi dell’art.

281-sexies cod. proc. civ.,

alla quale il giudice, collegiale o decidente, può addivenire
sulla base della previa predisposizione di una bozza di
soluzione, suscettibile di conferma o modifica all’esito
della discussione delle parti.
Infine, in riferimento alla censura concernente
l’omessa lettura del dispositivo in udienza, la stessa è
infondata, giacché “la sentenza con motivazione contestuale,
pronunciata ai sensi dell’art. 281-sexies cod. proc. civ.,
non è nulla nel caso in cui il giudice non provveda alla
lettura del dispositivo in udienza, quando sia comunque
avvenuto il deposito immediato ed integrale del dispositivo e
della motivazione” (Cass., 23 Sez. l, Sentenza n. 17028 del
23/06/2008, Rv. 604046). Ciò che, nella specie, risulta
dall’essere la sentenza stata depositata il giorno stesso
dell’udienza del 12 aprile 2007.

5

mera, ma meditata, ipotesi di decisione (o per il giudice

2.- Con il secondo mezzo è dedotta, in relazione
all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omessa
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio.
La sentenza impugnata – che si limita ad affermare che
il principio stabilito dall’art. 30

(recte:

50) c.p.c.

secondo il quale la tempestiva proposizione del gravame ad un

impugnazione (determinando la cd,traslatio ludicil) non trova
applicazione quando questa sia stata proposta ad un giudice
incompetente per grado, perché, in tal caso la dichiarazione
di incompetenza del giudice preventivamente adito ha natura
di inammissibilità del gravame” non paleserebbe un
comprensibile
decisum.

iter

logico-argomentativo alla base del

Il provvedimento del giudice, pertanto, si

caratterizzerebbe per una eccessiva sommarietà e per
l'”assenza assoluta di motivazione in una fattispecie (di
competenza)”.
2.1.- Il motivo è inammissibile.
Esso –

oltre a difettare del necessario quesito di

sintesi, richiesto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366bis cod. proc. civ. (norma processuale applicabile

ratione

temporis per essere la sentenza impugnata stata pubblicata il
12 aprile 2007) a corredo della denuncia di vizio di
motivazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod.
proc. civ. (in tal senso, tra le tante, Cass., 16 luglio
2007, n. 16002; Cass., sez. un., l ° ottobre 2007, n. 20603;
Cass., 30 dicembre 2009, n. 27680; Cass., 18 novembre 2011,
n. 24255) – veicola erroneamente come vizio di motivazione un
presunto

error in ludicando,

da censurare (e in tal senso

censurato dal ricorrente con il terzo motivo di ricorso)
sotto lo spettro del n. 3 del primo comma dell’art. 360 cod.
proc. civ., giacché, come reso evidente dalla decisione
impugnata, non viene nella specie in rilievo una

quaestio

facti (e tantomeno, quindi, un fatto controverso), quanto,
6

giudice incompetente impedisce la decadenza dalla

piuttosto, l’applicazione di una

regula iuris – quella che

esclude l’operatività dell’art. 50 cod. proc. civ. nel caso
in cui sia stato erroneamente investito dell’impugnazione un
giudice diverso da quello all’uopo individuato dal
legislatore – che il ricorrente non condivide.
3.- Con il terzo mezzo è denunciata, in relazione
all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la

e 341 cod. proc. civ.
Il Tribunale di Napoli sarebbe incorso in una palese
violazione degli artt. 42, 44 e 45 cod. proc. civ., in quanto
avrebbe rimesso in discussione la questione della competenza,
(questione) su cui si era formato il giudicato formale.
Avendo, infatti, la sentenza della Corte di appello statuito
solo sulla competenza, avverso di essa era esperibile
unicamente il regolamento di competenza; sicché, non essendo
stato proposto tale mezzo, la questione della competenza
sarebbe rimasta preclusa e non più contestabile.
La tesi sostenuta dal Tribunale sarebbe, inoltre,
smentita dalla prevalente dottrina e giurisprudenza, secondo
cui l’errata proposizione dell’appello davanti a un giudice
incompetente, ma che abbia “in astratto le funzioni di un
Giudice di appello”, non ne determina l’inammissibilità o la
decadenza dell’impugnazione purché, rispettati i termini
previsti dalla legge, il giudizio sia riassunto davanti il
giudice competente ai sensi dell’art. 50 cod. proc. civ.
Viene, pertanto, formulato il seguente quesito di
diritto: «Voglia l’Ecc.ma Corte di Cassazione riaffermare il
seguente principio di diritto: “L’errata proposizione
dell’appello avverso una sentenza del Giudice di Pace innanzi
alla Corte di Appello, incompetente all’epoca dei fatti, non
ne determina l’inammissibilità o la decadenza
dell’impugnazione purché, rispettati i termini concessi nella
sentenza dichiarativa della competenza, il giudizio venga
riassunto innanzi al Giudice competente ai sensi dell’art. 50
7

violazione e/o falsa applicazione degli artt. 42, 44, 45, 50

c.p.c.”. La sentenza che decide esclusivamente sulla
competenza dichiarando la propria incompetenza e concedendo
all’appellante un termine per la riassunzione del giudizio
può essere impugnata solo con il regolamento necessario di
competenza sollevato dalla parte o d’ufficio ex artt. 42 e 45
c.p.c., in mancanza la sentenza declaratoria diventa
definitivamente attributiva di competenza».

La decisione assunta al riguardo dalla sentenza
impugnata è in linea con il più recente orientamento di
questa Corte – al quale il Collegio intende dare continuità secondo cui “nel nostro ordinamento processuale civile non ha
fondamento l’assunto secondo cui la regola d’individuazione
dell’ufficio giudiziario legittimato a essere investito
dell’impugnazione sia riconducibile alla nozione di
competenza adoperata dal codice di procedura civile nel Capo
I del Titolo I del Libro I, in quanto, se anche la normativa
in parola assolve a uno scopo simile, sul piano funzionale, a
quello che ha la disciplina dell’individuazione del giudice
competente in primo grado, l’una e l’altra afferendo a regole
che stabiliscono davanti a quale giudice debba svolgersi un
determinato processo civile, tuttavia non è possibile
ravvisare tra le due fattispecie una stessa ratio
sufficiente, quindi, a giustificare l’estensione analogica
anche parziale di aspetti applicativi della seconda alla
prima. Ne deriva che l’erronea individuazione del giudice
legittimato a decidere sull’impugnazione non si pone come
questione di competenza, ma riguarda la valutazione delle
condizioni di proponibilità o ammissibilità del gravame, che
deve, pertanto, dichiararsi precluso se prospettato a un
giudice diverso da quello individuato dall’art. 341 cod.
proc. civ.” (così Cass., 7 dicembre 2011, n. 26375, proprio
in fattispecie in cui una Corte d’appello, invece di
limitarsi a dichiarare inammissibile l’impugnazione, aveva
dichiarato la propria incompetenza, in favore del Tribunale,
8

3.1.- Il motivo è infondato.

a decidere il gravame avverso una sentenza del giudice di
pace; Cass., 2 febbraio 2010, n. 2361; Cass., 10 febbraio
2005, n. 2709. Nella stessa ottica, Cass., 4 aprile 2013, n.
8248 e Cass., sez. un. 22 novembre 2010, n. 23594).
In definitiva, come emerge dall’orientamento richiamato,
la “competenza”

(sui generis e, quindi, non riconducibile a

quella contemplata dall’art. 38 cod. proc. civ.) del giudice

funzionale ed inderogabile, tanto da impedire il radicamento
della

potestas ludicandi

presso un giudice diverso, a

prescindere dalle ordinarie funzioni che questo svolga (e
cioè anche se siano quelle di appello). Ne consegue che, non
potendo il giudice privo di detta potestas (anche se di grado
superiore) rimettere la causa al giudice che ne sia in
possesso (seppure di grado inferiore), l’impugnazione dinanzi
al primo non può avere effetti conservativi, sicché il
decorso dei termini previsti per l’impugnazione stessa
comporta il formarsi della cosa giudicata per difetto di
valida impugnazione.
Ciò che, in effetti, si è verificato nel caso di specie,
in cui la Corte di appello di Napoli, adita in sede di
impugnazione dal Mastrantuono, ha dichiarato, con sentenza
del 20 gennaio 2006, la propria incompetenza a decidere – in
favore di quella del Tribunale di Napoli – sulla sentenza del
Giudice di pace di Afragola del 4 giugno 2002.
3. – Il ricorso va, dunque, rigettato.
In assenza di attività difensiva in questa sede da parte
dell’A.N.A.S., nulla è da disporsi quanto alla
regolamentazione delle spese del presente giudizio di
legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE
rigetta il ricorso.

9

dell’impugnazione, previamente individuata dal legislatore, è

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in
data 25 febbraio 2014.
Il Consigliere estensore

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