Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11257 del 20/05/2011

Cassazione civile sez. II, 20/05/2011, (ud. 01/03/2011, dep. 20/05/2011), n.11257

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19939/2005 proposto da:

P.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ACHILLE PAPA 21, presso lo studio dell’avvocato GAMBERINI

MONGENET Rodolfo, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato RAMPI PIETRUCCIO;

– ricorrente –

contro

P.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato

MANZI Luigi, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

BORGONOVO ARNALDO, CELONA GIUSEPPE;

P.F. (OMISSIS), DUE P DI PIEMONTE FEDERICO &

C SNC IN PERSONA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE PRO TEMPORE P.

F., M.N. P.I. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA ZARA 13, presso lo studio dell’avvocato

RONDININI FLAVIO, rappresentati e difesi dall’avvocato ROSSI ROBERTO;

– controricorrenti –

e contro

G.F., P.M., PI.RO., G.

O.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 927/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 11/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

01/03/2011 dal Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

udito l’Avvocato Gamberini Mongenet Rodolfo difensore della

ricorrente che si riporta agli atti;

udito l’Avv. Rondinino Flavio con delega depositata in udienza

dell’Avv. Rossi Roberto difensore della DUE P DI PIEMONTE FEDERICO E

C, SNC che si riporta agli atti;

udito l’Avv. Albini Carlo con delega depositata in udienza dell’Avv.

Manzi Luigi difensore di P.R. che si riporta agli atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha u concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.E. conveniva avanti al tribunale di Monza la madre R.M., i germani P.R., Ro., M. e, quali eredi della sorella premorta Gabriella, i nipoti O. e G.F., la s.n.c. 2P di Piemonte Federico & C. nonchè la cognata R.T.I. quale ex socia della s.n.c. 2P di Romano Teresa e Mapelli Nadia, lamentando la lesione della propria quota di legittima per effetto di numerosi atti dispositivi compiuti in vita dal defunto padre P.C., morto il (OMISSIS), a favore di R. e della s.n.c. 2P; proponeva articolate e complesse domande, che con successivo atto di chiamata di terzo estendeva anche nei confronti del cugino P. P.. La madre e la cognata R.T.I. rimanevano contumaci; le sorelle ed i nipoti dichiaravano di non opporsi alle domande di ricostruzione dell’asse ereditario; P.R. e F. resistevano.

Con sentenza n. 2604/2001 il Tribunale, dichiarata la carenza di legittimazione passiva di R.T.I. e l’inammissibilità di talune domande proposte dall’attrice perchè nuove, respingeva le domande proposte dall’attrice ad eccezione di quelle aventi a oggetto la vendita effettuata dal Ma. a P.R. e F. con atto per notaio Solaro del 1972 e gli atti Solaro del 1978 relativi alla regolarizzazione della società di fatto e della cessione di quote da C. e P.D. a R. e P.F..

P.E. proponeva appello; spiegavano impugnazione incidentale P.R., P.F. e la s.n.c. 2P di Piemonte Federico & C..

Con sentenza dep. L’11 aprile 2005 la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della decisione impugnata e in accoglimento degli appelli incidentali, rigettava anche le domande relative alla vendita effettuata dal Ma. a R. e P.F. e agli atti Solaro del 1978 aventi ad oggetto la regolarizzazione della società di fatto e cessione di quote da P.C. e D. a R. e P.F., confermando il rigetto della domanda dell’attrice relativamente agli altri atti; condannava l’attrice al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

Preliminarmente erano respinte le deduzioni relative alla costituzione dell’appellato ed appellante incidentale P. R., e all’inammissibilità dell’appello incidentale proposto da P.F..

Per quel che concerne la prima, P.E. aveva sostenuto che ritualmente costituito era solo P.R. in qualità di ex socio amministratore della s.n.c. Due P e non invece P. R. in proprio, e in ogni modo aveva contestato che la procura rilasciata al difensore per il giudizio di gravame in calce alla copia notificata dell’atto d’appello principale lo abilitasse a proporre appello incidentale.

I Giudici ritenevano che la procura rilasciata in primo grado in calce alla copia notificata (a P.R. in proprio) dell’atto di citazione era assai ampia e tale da consentire la costituzione in sede di gravame e la proposizione dell’appello incidentale, non potendosi ritenere implicitamente revocata dalla ulteriore procura rilasciata in calce alla copia notificata dell’atto d’appello.

In ogni caso, la doppia notifica degli atti introduttivi – sia di primo che di secondo grado – a ” P.R. in proprio” e a ” P.R. in qualità di ex socio amministratore della s.n.c. Due P” – era priva di logica rilevanza e di reale significato.

Pertanto, nessun serio argomento poteva trarsi, ai fini dell’identificazione del soggetto costituito, dal fatto che alla comparsa di costituzione di R. fosse stata allegata solo la copia dell’atto d’appello notificata a P.R. in qualità di ex socio amministratore della s.n.c. Due P, e che su tale copia fosse stata rilasciata la (seconda) suddetta procura.

Era disattesa pure l’eccezione di inammissibilità dell’appello incidentale proposto da P.F., sul rilievo che la procura rilasciata in primo grado era assai ampia e tale da legittimare l’appello incidentale proposto e comunque quella rilasciata in calce alla copia notificata dell’avverso atto d’appello era valida ai fini della proposizione dell’appello incidentale, essendo disposta su uno degli atti elencati dall’art. 83 c.p.c., comma 3.

Nel merito, era disatteso il motivo con cui l’attrice aveva lamentato il mancato accertamento della massa ereditaria, non avendo il Tribunale calcolato la donazione di L. 1.350.000 effettuata a R.: la sentenza, dopo avere chiarito che la domanda proposta aveva ad oggetto la reintegrazione della quota di legittima e l’accertamento delle donazioni effettuate dal de cuius era finalizzato a determinare la quota disponibile e quella di riserva previa formazione della massa ereditaria, riteneva, in considerazione della modesta entità della predetta donazione, l’irrilevanza della stessa ai fini del calcolo della lesione della legittima.

I Giudici, quindi, procedevano a esaminare la scrittura privata del 5.1.71 il cui originale era prodotto in grado di appello da R., osservando che si trattava di un contratto di associazione in compartecipazione stipulato tra C. e P.D. “in qualità di titolari della società di fatto “Figli di P. L., da un lato, e i rispettivi figli P.R. e F., dall’altro, con il quale i secondi “si obbligavano verso” i primi “a prestare la loro attività lavorativa per la conduzione della loro impresa e rinunciavano o a svolgere qualsiasi altra professione: C. e P.D., a fronte di detta collaborazione, cedevano ai rispettivi figli una partecipazione agli utili nella misura “complessiva di un terzo dell’utile netto risultante ogni fine anno”, con liquidazione annuale delle rispettive spettanze. Nel giudizio di primo grado era stata prodotta una fotocopia del predetto documento da P.R., di cui era stata dall’attrice disconosciuta, ex art. 214 cod. proc. civ., la sottoscrizione di P.C. nonchè la conformità all’originale ex art. 2719 cod. civ.; in sede di gravame P. E. rilevava che l’originale” prodotto solo in appello – la cui produzione era contestata in quanto tardiva ed inammissibile – non corrispondeva alla copia fotostatica prodotta in primo grado, e affermava in ogni modo che tale documento non le era opponibile ex art. 2704 c.c., in assenza di data certa.

La Corte riteneva l’ammissibilità della produzione di documenti per la prima volta in appello, trattandosi di prove precostituite, e tale ammissibilità superava il fatto che la copia fotostatica prodotta in primo grado aveva un secondo originale diverso da quello depositato in sede di gravame, osservando che non era stato proposto il disconoscimento avverso l’originale. Peraltro, la sentenza rilevava che, in realtà, il documento era stato prodotto come fatto storico al fine di chiarire i rapporti lavorativi e di collaborazione di R. e P.F. nell’azienda dei rispettivi genitori e come riscontro delle dichiarazioni con cui R. aveva sostenuto di avere effettuato i pagamenti dei vari acquisti “con soldi miei e di mio cugino”, ovvero attingendo agli utili della società assegnati ai due cugini: la scrittura non incideva sui rapporti fra i predetti e gli eredi del padre, fra cui la sorella, per cui non era applicabile il disconoscimento ex art. 214 cod. proc. civ., mentre la mancanza di data era di scarsa rilevanza non dovendo stabilirsi la anteriorità fra successivi negozi dispositivi dello stesso diritto.

La sentenza procedeva, quindi, all’esame dei vari atti di trasferimenti allo scopo di verificare se gli stessi dissimulassero donazioni ovvero fossero configurabili delle donazioni indirette.

Per quanto concerneva l’atto Solaro del 14-12-1972, avente a oggetto la vendita del terreno (mappale 96 fg. 51) in (OMISSIS) dai comproprietari C. e P.D. a R. e F., per quote indivise, contro un prezzo di L. 1.600.000 nonchè la vendita del terreno di cui al mappale 97 da Ma.

C. a R. e P.F., per il prezzo di Lire 2.700.000, i Giudici escludevano la prova della gratuità della prima vendita, osservando che nessuna ammissione in tal senso era desumibile dalle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio da R. e P.F., mentre per quel che concerneva il terreno di cui al mappale 97 il prezzo era stato versato con denaro di essi acquirenti, avendo tratto elementi di convincimento sulla capacità finanziaria dei medesimi dal surrichiamato contratto del 5/1/1971.

La sentenza, quindi, analizzando le deposizioni dei testi escussi, escludeva che dalle dichiarazioni dai medesimi rese potesse trarsi il convincimento circa il carattere simulato del primo atto e di donazione indiretta del secondo, considerando fra l’altro non attendibili le deposizioni escusse. Pertanto, in accoglimento dell’appello incidentale proposto da P.R., era respinta la domanda proposta dall’attrice relativamente anche alla seconda vendita di cui al richiamato atto, mentre seppure con diversa motivazione era confermato il rigetto della domanda di simulazione della prima vendita.

Parimente era confermato il rigetto della domanda diretta all’accertamento della donazione del denaro impiegato per la costruzione della villa bifamiliare di Via (OMISSIS), non essendo risultato provato che il relativo importo fosse stato donato da C. a P.R.. La sentenza riteneva che da tutte le deposizioni testimoniali era emerso che il pagamento di tali lavori era stato effettuato da R. che aveva trattato con l’impresa, mentre le capacità finanziare del predetto erano dimostrate dal rapporto di collaborazione all’azienda familiare di cui alla richiamata scrittura del 1971.

Anche relativamente alla vendita di terreno e sovrastante portico in (OMISSIS) – atto Solaro del 21/7/1977 – era ritenuta non provata la gratuità del trasferimento del bene, escludendosi che dalle affermazioni rese in sede di interrogatorio da P.F. e R. potesse desumersi l’ammissione di tale circostanza; erano confermati al riguardo i rilievi in precedenza formulati sulle capacità finanziare dei predetti, mentre la configurabilità di un negotium cum donatione era escluso sul rilievo che non era stato dimostrato l’intento di parziale liberalità.

Per quel che concerneva la donazione delle somme necessarie per la costruzione del fabbricato in (OMISSIS) soprastante il terreno di cui si è detto prima, la sentenza escludeva che la costruzione fosse stata realizzata da P.R. e fosse al medesimo attribuibile la proprietà, rilevando che il bene era stato realizzato su terreno che era stato conferito alla Società Due P s.n. C. nel 1978, che il certificato di abitabilità era stato rilasciato nel 1980 sulla dichiarata ultimazione del capannone nel 1979.

Per quanto concerneva gli atti Solaro, rispettivamente del 30-5-1978 e 20-10-1978 di regolarizzazione della società di fatto in s.n.c. e di cessione di quote della stessa da C. e P.D. a R. e P.F., con il primo atto C. e D. costituivano una s.n.c. con capitale di L. 100.000.000, diviso in parti uguali; contestualmente il capitale era aumentato a L. 150.000.000 con versamento di L. 50.000.000 in parti uguali da parte di R. e F. cui era stata attribuita la quota di un sesto ciascuno; con il secondo atto C. e D. cedevano le loro quote ai rispettivi figli, per il complessivo ammontare di L. 100.000.000 che si affermava già corrisposto.

La sentenza, riformando al riguardo la decisione di primo grado che aveva dichiarato la nullità di tali atti, respingeva la domanda di simulazione proposta dall’attrice la quale aveva sostenuto che nè il primo importo di L. 50.000.000 nè il prezzo di L. 100.000.000 era stato in realtà versato dai due nuovi soci, e che la situazione patrimoniale presa in esame non corrispondeva a quella reale, in quanto non contemplava il valore dell’avviamento, pari almeno a L. 180.000.000.

Dopo avere rilevato la carenza di legittimazione di P. E. a fare valere la simulazione prò quota relativa all’atto di disposizione da parte di P.D. a favore del figlio F., i Giudici escludevano che dalle dichiarazioni rese da R. e P.F. fosse emersa la prova del mancato versamento delle somme per l’aumento del capitale e per la cessione del terzo delle quote da parte di questi ultimi; le modalità di pagamento riferite erano considerate non improbabili in quanto conformi al contenuto del contratto di associazione in partecipazione di cui alla scrittura privata del 5.1.71.

Era invece confermata la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda di simulazione dell’atto Solaro dell’8-7-1980 di vendita dell’immobile esposizione sito in (OMISSIS) da C. e D. alla 2 P s.n.c., che l’attrice aveva invocato in considerazione della sproporzione fra il prezzo dichiarato (L. 120.000.000) e il valore di mercato risultante dalla perizia di parte (L. 541.313.000), dell’inadeguatezza patrimoniale della società e della composizione della società acquirente (formata da R., F. e le rispettive mogli).

La Corte rilevava che l’elemento di maggior peso, ossia la rilevante sproporzione tra il prezzo dichiarato e l’affermato valore del cespite, al di là di possibili motivazioni di natura fiscale, trovava ragionevole spiegazione nel fatto che i venditori avevano ceduto la proprietà ma si erano riservati il possesso e il godimento dell’immobile per altri 5 anni (fino al 31.5.1985); l’incapienza del patrimonio sociale poteva essere stata provvisoriamente supportata da finanziamenti dei soci, fino all’aumento del capitale effettuato nel febbraio 1981 (7 mesi dopo); la successiva vendita del terreno dalla 2P alla Fratelli Piemonte s.n.c. con trasferimento del possesso e del godimento a far tempo dal 31.5.1985 (laddove fino a tale data era stato riservato agli originali venditori C. e D.) costituiva un chiaro errore (confusione tra dies ad quem del possesso in capo agli originali venditori C. e D. e dies a qua del possesso in capo alla 2P), peraltro irrilevante trattandosi di un giorno solo. La composizione soggettiva della s.n.c. acquirente era un elemento che da solo non permetteva di raggiungere alcuna prova presuntiva.

Per quel che concerneva le vendite della nuda proprietà dell’immobile di (OMISSIS) a R. e della nuda proprietà dell’immobile di (OMISSIS) a F. – atti Solaro del 1981 – la sentenza, confermando anche qui con diversa motivazione il rigetto della domanda proposta dall’attrice, escludeva che vi fosse stata confessione od ammissione di gratuità a stregua di quanto dichiarato in sede di interrogatorio da R. e da F.. Veniva ritenuta plausibile la spiegazione di R. – inizialmente si era pensato di intestare gli immobili alla 2P, e per questo gli assegni circolari erano stati chiesti a nome della società – e poteva dare ragione anche dell’identità dei prezzi per due immobili di non uguale valore, il fatto che la 2P fosse un’immobiliare “di famiglia” rendeva plausibile l’utilizzo del suo tramite per ottenere gli assegni circolari. Neppure poteva ritenersi un negotium mixtum cum donatione, attesa la corrispondenza tra i prezzi dichiarati negli atti – L. 69.000.000 cadauno – e quanto, secondo la perizia citata negli atti, sarebbero stati i prezzi di mercato della nuda proprietà degli immobili (complessivamente L. 136.834.110); ciò senza considerare che mancava ogni elemento per ritenere che la suddetta sproporzione fosse stata espressamente voluta, a titolo di liberalità, dalle parti negoziali.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione P. E. sulla base di sei articolati motivi illustrati da memoria.

Resistono con separati controricorsi P.F. e la Federico Piemonte s.n.c. e P.R..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 83 cod. proc. civ., art. 163 cod. proc. civ., n. 6, artt. 166, 347 e 350 cod. proc. civ., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, deduce che la procura rilasciata per il grado di appello non era idonea alla costituzione di P.R. in proprio, perchè apposta in calce all’atto notificatogli non in proprio ma in calce a quello notificatogli quale socio della s.n.c.;

la procura rilasciata in primo grado era inidonea, atteso che il predetto, nel costituirsi nel giudizio di gravame, aveva richiamato la procura rilasciata in appello.

Il secondo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 83 cod. proc. civ., comma 2 e art. 343 cod. proc. civ., deduce l’inammissibilità degli appelli incidentali proposti, perchè i mandati conferiti ai difensori erano limitati a contrastare le doglianze dell’appellante ma non consentivano la proposizione delle impugnazioni incidentali.

Il primo e il secondo motivo, che per la stretta connessione possono esaminarsi congiuntamente, vanno disattesi.

La sentenza ha verificato – con accertamento di fatto riservato al giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità se, come nella specie, immune da vizi di motivazione – che nel giudizio di primo grado P.R. era costituito in giudizio in forza di procura che abilitava il difensore a proporre anche l’appello, sicchè appare del tutto ininfluente ogni disquisizione sulla idoneità della procura rilasciata in sede di gravame. Al riguardo, va ricordato il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che il Collegio condivide, secondo cui la nullità della procura conferita per il grado di appello non comporta la nullità della costituzione in appello e l’inammissibilità del gravame, ove la parte abbia comunque rilasciato in primo grado una procura alle liti valida per tutti i gradi del giudizio, perchè il richiamo nell’atto di impugnazione ad una procura invalida non comporta di per sè una implicita rinuncia ad avvalersi dell’altra, precedentemente conferita (Cass. 25810/2009).

Anche relativamente a F., in primo luogo la sentenza ha ritenuto che la procura rilasciata in calce alla copia notificata dell’atto di citazione, cioè a uno degli atti indicati dall’art. 83 cod. proc. civ., aveva una dizione cosi ampia da consentire anche la facoltà di impugnare; d’altra parte, per quel che concerne la procura in calce all’atto di appello, va ricordato che il difensore dell’appellato – secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa processuale, idonea a dare attuazione ai principi di economia processuale e di tutela del diritto di azione e di difesa della parte stabiliti dagli artt. 24 e 111 Cost. – può proporre appello incidentale anche nel caso in cui la procura sia stata apposta in calce alla copia notificata dell’atto di citazione in appello, ossia ad uno degli atti previsti dall’art. 83 cod. proc. civ., comma 3, in quanto la facoltà di proporre tutte le domande ricollegabili all’interesse del suo assistito e riferibili all’originario oggetto della causa è attribuita al difensore direttamente dall’art. 84 del citato rito e non dalla volontà della parte che conferisce la procura alle liti, rappresentando tale conferimento non un’attribuzione di poteri, ma semplicemente una scelta ed una designazione, con la conseguenza che la natura dell’atto con il quale od all’interno del quale viene conferita, o la sua collocazione formale, non costituiscono elementi idonei a limitare l’ambito dei poteri del difensore (S.U. 19510(2010).

Con il terzo motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ., comma 3, artt. 115, 116, 228 e 230 cod. proc. civ., artt. 2704, 2697, 2730, 2733 e 2734 cod. civ., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la sentenza impugnata laddove aveva dato rilevanza al documento che secondo l’assunto di controparte sarebbe stato l’originale della scrittura del 5-1-1971 che era inutilizzabile perchè: priva di data certa; erano ormai spirati i termini entro i quali l’appellato P.R. avrebbe dovuto proporre l’istanza di verificazione a seguito del disconoscimento e della contestazione formulata tempestivamente dall’attrice ai sensi dell’art. 214 cod. proc. civ. e art. 2719 cod. civ.; non era l’originale della copia fotostatica prodotta in primo grado; la produzione di nuovi documenti in appello era inammissibile secondo quanto statuito dalle Sezioni Unite della S.C..

Il motivo va accolto nei limiti di cui si dirà infra.

La sentenza ha erroneamente ritenuto ammissibile la produzione in grado di appello dell’originale della scrittura del 5-1-1971, atteso che, secondo il principio formulato al riguardo dalla Suprema Corte (S.U.8203/2005), nel rito ordinario, con riguardo alla produzione di nuovi documenti in grado di appello, l’art. 345 cod. proc. civ., comma 3, va interpretato nel senso che esso fissa sul piano generale il principio della inammissibilità di mezzi di prova “nuovi” – la cui ammissione, cioè, non sia stata richiesta in precedenza – e, quindi, anche delle produzioni documentali, indicando nello stesso tempo i limiti di tale regola, con il porre in via alternativa i requisiti che tali documenti, al pari degli altri mezzi di prova, devono presentare per poter trovare ingresso in sede di gravame:

requisiti consistenti nella dimostrazione che le parti non abbiano potuto proporli prima per causa ad esse non imputabile, ovvero nel convincimento del giudice della indispensabilità degli stessi per la decisione.

Ne consegue che l’originale della scrittura privata in questione non poteva essere prodotta per la prima volta in appello e i Giudici non avrebbero potuto ritenere ammissibile tale produzione senza avere verificato i presupposti previsti al riguardo dall’art. 345 di cui si è detto per la proposizione di nuove prove in sede di gravame, presupposti la cui esistenza non è stata in alcun modo compiuta.

Pertanto, la sentenza erroneamente ha esaminato la predetta scrittura e ne ha da essa tratto argomenti di prova nella formazione del suo convincimento, come si dirà più diffusamente in occasione dell’esame del quinto motivo di ricorso.

Con il quarto motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la sentenza laddove aveva ritenuto che la domanda proposta dall’attrice fosse esclusivamente finalizzata all’azione di riduzione, quando invece la domanda di accertamento della massa ereditaria era stata formulata come domanda autonoma rispetto a quella di riduzione, per cui sussisteva un interesse della parte attrice a chiedere la determinazione della massa ereditaria al momento dell’apertura della successione, anche indipendentemente dalla sussistenza in concreto di una lesione della suddetta quota.

La ricorrente lamenta che erroneamente il primo giudice avesse accertato unicamente la donazione di L. 1.350,000 quando essa istante aveva denunciato l’omessa ricostruzione della massa ereditaria, alla luce della dichiarata nullità delle donazioni di cui agli atti Solaro n del 30-5-19 e 21-10-78. La nullità della donazione – osserva ancora la ricorrente – comporta che il bene rientri nel patrimonio ereditario e che esso venga calcolato ai fini di determinare la lesione della quota di legittima: in ogni caso, la riunione del relictum e del donatum va sempre compiuta in caso di concorso di legittimari.

Il motivo è infondato.

Tenuto conto che la riunione fittizia del relictum, al netto dei debiti, al donatum è preordinata a verificare la quota disponibile e la lesione della legittima lamentata dal legittimario, deve qualificarsi come azione di riduzione quella con cui l’attore, invocando quale terzo legittimario l’intangibilità della quota di legittima e la lesione dei suoi diritti per effetto degli atti disposizione del patrimonio ereditario compiuti dal de cuius, proponga domanda di riduzione, nullità o inefficacia delle donazioni: la ricostituzione dell’asse ereditario è in tal caso finalizzata a verificare la quota disponibile e quella di legittima.

Nella specie, correttamente la sentenza ha ritenuto che l’attrice, avendo invocato la qualità di terzo legittimario leso nei suoi diritti dagli atti dispositivi compiuti dal de cuius – qualità ribadita anche con il ricorso per cassazione – ha esperito l’azione di riduzione volta a fare dichiarare nulli o inefficaci tali atti, non assumendo alcuna rilevanza nella specie, ai fini della lesione della legittima la donazione richiamata. Ed invero, l’attrice non ha al riguardo alcun interesse all’accertamento della massa ereditaria, non avendo la medesima agito per chiedere la declaratoria di apertura della successione, la determinazione delle quote dei condividenti e l’eventuale scioglimento della comunione ereditaria: soltanto in tal caso, infatti, assume rilevanza la determinazione dell’asse ereditario, che avviene attraverso la collazione delle donazioni compiute in vita dal de cuius – che non è operazione meramente contabile come nel caso della riunione fittizia nel caso di azione di riduzione e prescinde dalla lesione del diritto di legittima. Il quinto motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727, 2729, 2730, 2733 e 2734 cod. civ., artt. 115, 116, 228 e 230, 61 e 191 cod. proc. civ., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la valutazione delle prove acquisite e la mancata ammissione della consulenza tecnica, relativamente a ognuno degli atti impugnati.

A) atto Solaro del 14-12-1972, avente a oggetto la vendita del terreno (mappale 96 fg. 51) in (OMISSIS) dai comproprietari P.C. e P.D. a P. R. e P.F., per quote indivise, contro un prezzo di L. 1.600.000 nonchè la vendita del terreno di cui al mappale 97 da M.C. a R. e P.F., per il prezzo di L. 2.700.000.

Si censura il significato attribuito alle dichiarazioni, peraltro asseritamente contrastanti, rese in sede di interrogatorio formale da R. e P.F., laddove per quanto riguardava il mappale 96 entrambi avevano fatto riferimento a un trasferimento di proprietà ma non a titolo oneroso e, per quel che concerneva il mappale 97, la sentenza aveva attribuito al versamento materiale del prezzo al venditore da parte di C. e D. un significato difforme dal senso comune; i Giudici avevano interpretato le risposte date da R. non in base alle singole circostanze dedotte nei capitoli di prova ma alla luce di quanto dichiarato dal convenuto durante l’espletamento del mezzo istruttorio; essendo stata contestata la disponibilità di somme di denaro, sarebbe stato onere del convenuto – secondo i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità- dimostrare la veridicità delle circostanze volte a inficiare il fatto confessato.

Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte, le circostanze riferite dai testi, rivelandone l’inattendibilità, non avrebbero consentito di stabilire che, al momento della stipulazione dei predetti atti, F. e P.R. avessero disponibilità finanziare nè era emersa l’inconfutabilità della data della scrittura del 5/1/1971, così come contrario a ogni logica era da considerarsi quanto sarebbe stato riferito al (OMISSIS) da C. e D. a proposito del pagamento del prezzo a favore del Ma.;

b) Costruzione della villa bifamiliare di (OMISSIS).

Si censura la lettura frammentaria delle dichiarazioni rese dai testi a proposito del pagamento da parte del convenuto dei lavori di costruzione, senza che fosse compiuto alcun accertamento in merito alla provenienza e alla sottoscrizione dei titoli ricevuti in pagamento, trattandosi di circostanze sulle quali nulla avevano detto i testi escussi: la sentenza era illogica, non potendo presumersi dal materiale pagamento che questo fosse avvenuto con denaro del convenuto.

Non era stata considerata l’imponenza dell’opera che, unitamente alla puntualità dei pagamenti, avrebbero dovuto portare ad escludere la sufficienza del rapporto di collaborazione a fare fronte ai costi della costruzione: in considerazione di quanto risultava dall’accertamento tecnico stragiudiziale sarebbe stato quanto meno necessario disporre consulenza tecnica d’ufficio;

C) Vendita di terreno e sovrastante portico in (OMISSIS) – atto Solaro del 21-7-1977.

Si deduce che la Corte aveva attribuito agli elementi indiziari emersi un significato difforme dalla efficacia indiziante normale, tenuto conto di quanto dichiarato da P.R. in merito alla circostanza che la valutazione circa la convenienza di porre in vendita l’immobile era stata compiuta congiuntamente da venditori e acquirenti; della dichiarazione di P.F. di non ricordare se fosse stato pagato il prezzo; che R. non aveva offerto la prova circa il pagamento del prezzo a mezzo titoli nè sulla sua capacità economica, mentre la dichiarazione resa in sede di interrogatorio era in contrasto con quanto da lui chiesto di provare. La sentenza non aveva esaminato quanto dichiarato da Pi.Ro. nè aveva considerato quanto era emerso dalla perizia prodotta dall’attrice in merito alla sproporzione del prezzo rispetto al valore di mercato del bene, sicchè sarebbe stato necessario disporre c.t.u., tenuto conto dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di negotium mixtum cum donatione.

D) Costruzione del fabbricato in (OMISSIS) soprastante il terreno di cui al punto C) summenzionato.

Si censura la sentenza laddove aveva immotivatamente ritenuto che l’immobile fosse stato costruito dalla Due P s.n.c., quando dalla documentazione prodotta era emerso che in realtà il fabbricato era stato edificato da F. e P.R., mentre non era risultato che l’immobile fosse compreso fra quelli di proprietà della società.

E) Atti Solaro rispettivamente del 30-5-1978 e 20-10-1978 di regolarizzazione della società di fatto in s.n.c. e di cessione di quote della stessa da C. e P.D. a R. e P.F..

Si deduce che la sentenza aveva conferito valore probatorio alle dichiarazioni a sè favorevoli rese da P.R. e non aveva considerato il contrasto esistente fra le dichiarazioni rese dal convenuto in sede di interrogatorio e quanto emerso in sede di rogito, senza considerare la contraddittorietà e illogicità della dichiarazione di avere effettuato il pagamento tre anni prima della regolarizzazione della società. La sentenza aveva riprodotto in modo frammentario le dichiarazioni rese da P.F., omettendo la valutazione degli elementi confessori o indizianti.

F) Atto Solaro dell’8-7-1980 di vendita dell’immobile esposizione sito in (OMISSIS) da C. e D. alla “2 P s.n.c..

Si denuncia la contraddittorietà della sentenza laddove aveva ritenuto che la inadeguatezza del prezzo pattuito si spiegava con la circostanza che i venditori si erano riservati il possesso e il godimento dell’immobile per cinque anni, ovvero un diritto di usufrutto temporalmente determinato: tale spiegazione era del tutto illogica posto che, secondo quanto risultava dalla perizia prodotta dall’appellante, il valore dell’usufrutto non avrebbe giustificato il valore della nuda proprietà indicato nell’atto notarile: i Giudici avrebbero dovuto ammettere la consulenza tecnica d’ufficio.

Nel fare riferimento al finanziamento da parte dei soci per superare l’obiezione circa l’incapienza del patrimonio della società a fare fronte all’acquisto, la Corte aveva invertito l’onere della prova.

Erroneamente la sentenza non aveva attribuito valore indiziario al contrasto fra la pattuita riserva di possesso e di godimento in capo ai venditori sino al l’1-6-1985 e la successiva pattuizione secondo cui la soc. Due P s.n.c. avrebbe trasferito il possesso e il godimento alla F.lli Piemonte il 31-5-1985.

G) Vendita della nuda proprietà dell’immobile di (OMISSIS) a R. e della nuda proprietà dell’immobile di (OMISSIS) a F. – atti Solaro del 1981.

Si censura la sentenza laddove: aveva attribuito valore probatorio pieno alle dichiarazioni rese da R.P., così ritenendo assolto l’onere probatorio gravante sul convenuto; aveva riprodotto frammentariamente le risposte date dai convenuti omettendo le parti decisive, non considerando quanto il medesimo aveva detto a proposito degli assegni girati dalla società a C. e P.D.; la Corte non aveva considerato elemento indiziario della gratuità del trasferimento le affermazioni rese da F. di non ricordare se fosse stato pagato un prezzo.

Illogico era stato l’avere ritenuto plausibile la pattuizione di un prezzo globale per i due immobili, pur essendo risultato anche dalla perizia di controparte, il differente valore dei cespiti. I Giudici avevano acriticamente recepito la perizia di parte prodotta da P.R., quando il valore ivi indicato era notevolmente difforme rispetto a quello di mercato.

Il motivo va accolto in parte.

Occorre premettere che, relativamente ad alcuni degli acquisti compiuti da P.R. e P.F., la sentenza impugnata, nell’escluderne la gratuità, ha tratto elementi di convincimento dalla scrittura del 5-1-1971, affermando che le dichiarazioni dai medesimi rese in sede di interrogatorio formale circa le risorse finanziarie a loro disposizione o le modalità dei pagamenti dai predetti effettuati avrebbero trovato riscontro nel rapporto di lavoro intercorso in virtù del contratto di associazione in compartecipazione stipulato con C. e P.D. con la richiamata scrittura del 1971. Peraltro, poichè secondo quanto si è detto in occasione dell’esame terzo motivo di ricorso – tale documento non poteva essere oggetto di esame e di valutazione, deve ritenersi il vizio di motivazione per quegli atti per i quali nella formazione del suo convincimento la sentenza ha posto a base della decisione argomenti di prova desumendoli dalle risultanze della predetta scrittura e che di seguito si indicano: a) vendita del terreno (mappale 96 fg. 51) in (OMISSIS) e di quello di cui al mappale 97 da Ma.Ca. a R. e P.F. di cui all’atto Solaro del 14-12-1972; b) donazione del denaro impiegato per la costruzione della villa bifamiliare di (OMISSIS); c) vendita di terreno e sovrastante portico in (OMISSIS), atto Solaro del 21 -7-1977; d) atti Solaro rispettivamente del 30-5-1978 e 20-10-1978 di regolarizzazione della società di fatto in s.n.c. e di cessione di quote della stessa da C. e P.D. a R. e P.F..

La sentenza, pertanto, deve essere cassata limitatamente alle statuizioni di rigetto della domanda proposta dall’attrice relativamente a tali atti, atteso che la valutazione del materiale probatorio dovrà essere compiuta senza tenere conto della summenzionata scrittura.

Le censure relativamente agli altri atti sono invece da disattendersi.

La sentenza ha ritenuto che l’attrice, la quale aveva evidentemente l’onere di offrire la prova della simulazione relativa degli atti di trasferimento ovvero della gratuità degli stessi, non ha fornito la dimostrazione delle circostanze poste a base dell’azione da lei proposta: all’esito dell’analisi delle risultanze istruttorie emerse, con motivazione immune da vizi logici, i Giudici hanno evidenziato come gli elementi acquisiti non consentissero di ritenere raggiunta la prova presuntiva circa il mancato versamento del prezzo ovvero il carattere di donazione del trasferimento dei beni o ancora delle somme impiegate per la costruzione di immobili.

Qui occorre premettere che in tema di prova presuntiva, è incensurabile in sede di legittimità l’apprezzamento del giudice del merito circa la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, sempre che la motivazione adottata appaia congrua dal punto di vista logico, immune da errori di diritto e rispettosa dei principi che regolano la prova per presunzioni (Cass. 1216/2006; 17596/2003)). E, con riferimento ai vizio di motivazione, è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, prospetti un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata. In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (Cass. 67394/2010). Pertanto, è insindacabile in sede di legittimità la valutazione delle prove, mentre il travisamento delle risultanze istruttorie è eventualmente suscettibile del rimedio revocatorio.

Nella specie, il motivo, nel sottoporre a esame e discussione le risultanze istruttorie, propone una soggettiva interpretazione del materiale probatorio difforme da quella accolta in sentenza, sollecitando una inammissibile rivalutazione degli elementi di prova acquisiti. Ed invero, la ricorrente, in contrasto con la soluzione adottata dalla Corte di merito, invoca la valenza indiziaria che avrebbe dovuto desumersi dalle dichiarazioni rese da R. e P.F. o il significato da attribuirsi alle circostanze riferite dai testimoni o l’attendibilità o piuttosto l’ inattendibilità dei testimoni escussi o ancora le contraddizioni in cui i medesimi testi sarebbero incorsi o ancora gli elementi indiziari che pretende di desumere dalla dedotta sproporzione del prezzo di talune compravendite e dalle modalità ivi pattuite: si tratta evidentemente di profili tutti rientranti nell’ambito degli accertamenti di fatto riservati alla valutazione del giudice di merito.

In particolare, procedendo all’esame delle censure relative ai singoli atti, vanno formulate le seguenti considerazioni. Costruzione del fabbricato in (OMISSIS) soprastante il terreno di cui si è detto prima.

La sentenza ha ritenuto che non si trattava di un bene appartenente a P.R. ma a un terzo atteso che, secondo quanto accertato, il terreno sul quale era stato costruito il fabbricato era stato nel 1978 conferito alla Società Due P, che lo aveva realizzato in epoca successiva al momento del conferimento del terreno, divenendone dunque proprietaria per accessione: il che evidentemente portava correttamente ad escludere che il bene in questione fosse pervenuto nel patrimonio di P.R. e, a fortiori, che le somme per la costruzione potessero ritenersi al medesimo donate.

2. Atto Solaro dell’8-7-1980 di vendita dell’immobile esposizione sito in (OMISSIS) da C. e D. alla 2 P s.n.c..

In primo luogo, la denunciata contraddittorietà della motivazione della sentenza va esclusa, posto che in sostanza il contrasto sarebbe fra l’affermazione circa il valore della nuda proprietà e quello che, secondo la ricorrente, avrebbe dovuto attribuirsi al bene a stregua della perizia di parte: il motivo non deduce un vizio intrinseco della motivazione, censurandosi piuttosto l’apprezzamento circa il valore del bene compiuto dai Giudici; nè, d’altra parte, potrebbe invocarsi il vizio di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, sotto il profilo della mancata ammissione della consulenza tecnica d’ufficio, atteso che la ricorrente si è limitata ad affermare genericamente di averne chiesto l’ ammissione, senza avere precisato di averne fatto oggetto di uno specifico motivo di gravame, tenuto conto che la sentenza ha precisato che con l’appello proposto relativamente al rigetto della domanda di simulazione del predetto atto l’ attrice non aveva formulato istanze istruttorie (“la vicenda non è stata oggetto di deduzioni istruttorie”): in virtù del principio di autosufficienza, la ricorrente avrebbe dovuto allegare e dimostrare, trascrivendo il relativo contenuto, di avere ritualmente svolto con i motivi di gravame argomentazioni volte a censurare la mancata ammissione della consulenza da parte del primo Giudice, non essendo al riguardo sufficiente il riferimento alla richiesta formulata con le conclusioni dell’atto di citazione in appello riportate nel ricorso. E, d’altronde, ancora con motivazione immune da vizi logici la sentenza ha spiegato perchè non potevano desumersi elementi indiziari della simulazione alle circostanze al riguardo invocate dall’attrice. Peraltro, la invocata sproporzione fra il valore dichiarato e quello reale a stregua di quanto emerso dalla perizia di parte sarebbe elemento di per sè non decisivo, tenuto conto che si verserebbe nell’ipotesi di negotuim mixtum cum donatione e la ricorrente non ha denunciato l’omesso esame di elementi idonei a dimostrare l’intento di liberalità. Al riguardo va ricordato che nel cosiddetto “negotium mixtun cum donatione”, la causa del contratto ha natura onerosa, ma il negozio commutativo stipulato dai contraenti ha la finalità di raggiungere, per via indiretta, attraverso la voluta sproporzione tra le prestazioni corrispettive, una finalità diversa e ulteriore rispetto a quella dello scambio, consistente nell’arricchimento, per puro spirito di liberalità, di quello dei contraenti che riceve la prestazione di maggior valore, con ciò realizzando il negozio posto in essere una fattispecie di donazione indiretta. Ne consegue che la compravendita ad un prezzo inferiore a quello effettivo non integra, di per sè, un “negotium mixtum cum donatione”, essendo, all’uopo, altresì necessaria non solo la significativa entità della una sproporzione tra prestazioni ma anche la indispensabile consapevolezza, da parte dell’alienante, dell’insufficienza del corrispettivo ricevuto rispetto al valore del bene ceduto, funzionale all’arricchimento di controparte acquirente della differenza tra il valore reale del bene e la minore entità del corrispettivo ricevuto. Incombe alla parte che intenda far valere in giudizio la simulazione relativa nella quale si traduce il “negotium mixtum cum donatione” l’onere di provare sia la sussistenza di una sproporzione di significativa entità tra le prestazioni, sia la consapevolezza di essa e la sua volontaria accettazione da parte dell’alienante in quanto indotto al trasferimento del bene a tali condizioni dall'”animus donandi” nei confronti dell’acquirente.

3. Vendita della nuda proprietà dell’immobile di (OMISSIS) a R. e della nuda proprietà dell’immobile di (OMISSIS) a F. – atti Solaro – del 1981.

Vanno qui ribadite le osservazioni sopra formulate a proposito della valutazione compiuta dalla Corte di appello che, anche in questo caso, con motivazione immune da vizi logici ha escluso che dalle dichiarazioni rese da R. e P.F. potessero trarsi indizi circa la gratuità del trasferimento, così come ha ritenuto che non potessero trarsi elementi presuntivi della simulazione dall’utilizzazione degli assegni circolari, dimostrando di avere esaminato le modalità di pagamento e di averle considerate prive del valore che la ricorrente invece le attribuisce: ancora una volta trattasi di oggetto del giudizio riservato al giudice di merito. Vanno anche qui ribadite la considerazioni sopra formulate in merito alla sproporzione del prezzo indicato negli atti rispetto a quello reale e ai presupposti del negotium mixtum cum donatione.

Il sesto motivo, avendo ad oggetto censure relative alla liquidazione delle spese processuali di primo e di secondo grado, è assorbito.

Pertanto, vanno accolti il terzo nonchè il quinto motivo del ricorso nei limiti di quanto precisato in motivazione; mentre devono rigettarsi il primo, il secondo e il quarto motivo, assorbito il sesto; la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolto con rinvio, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Milano.

P.Q.M.

Accoglie i motivi terzo e quinto del ricorso per quanto in motivazione rigetta il primo, il secondo e il quarto motivo, assorbito il sesto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Milano.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2011

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