Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11257 del 09/05/2017

Cassazione civile, sez. VI, 09/05/2017, (ud. 08/03/2017, dep.09/05/2017),  n. 11257

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 663-2016 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RAFFAELE

CAVERNI 6, presso lo studio dell’avvocato ANNAMARIA SANTINI, che la

rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE SPA, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

EUROPA 190, presso l’Avvocato MAZZI ROBERTA dell’AREA LEGALE

TERRITORIALE CENTRO di Poste Italiane, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato STEFANO LEDDA giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 715/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 10/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’ 08/03/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza del 10 luglio 2015, la Corte di Appello di L’Aquila confermava la decisione del Tribunale di Teramo di rigetto della domanda proposta da M.C. nei confronti di Poste Italiane s.p.a. ed intesa al riconoscimento della superiore qualifica di quadro Q2, poi a2, per il periodo dal 5.7.2000 al 10.9.2007 (in cui era stata assegnata al settore “Programmazione Operativa e Controllo Gestione” all’interno del Centro Postale Operativo di Teramo) ed alla condanna della società al pagamento delle differenze retributive e al risarcimento del danno da dequalificazione professionale derivatole dall’assegnazione a mansioni inferiori per il periodo successivo al 10.9.2007 oltre che per perdita di “chances” per non aver potuto partecipare ai concorsi interni per conseguire la qualifica di Q1, poi, A1;

che per la cassazione di tale decisione propone ricorso la M. affidato a tre motivi cui Poste Italiane s.p.a. resiste con controricorso; che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio; che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che: con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 44 del CCNL 26.9.1994 e degli artt. 2103 e 1362 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3,) per avere la Corte di Appello erroneamente ritenuto che la preposizione ad un ufficio postale – sia pure di minore entità – non potesse comportare l’inquadramento nel livello Q2, sia perchè tanto emergeva dalla lettura degli artt. 43 e 44 del citato CCNL sia perchè la differenza tra uffici di minori e quelli con maggior traffico era solo quantitativa e non qualitativa; con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2013 c.c., artt. 43 e 44 CCNL 26.9.1994 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in quanto la Corte territoriale non aveva tenuto conto delle attività svolte dalla M. proprie della declaratoria Q2 ed in alcun modo riconducibili all’Area Operativa così come erano emerse dalla istruttoria espletata; con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, nonchè omessa motivazione circa le ragioni di fatto e di diritto poste alla base della decisione laddove la Corte di Appello – con una motivazione del tutto apparente – aveva affermato che non poteva essere riconosciuto alcun significativo rilievo – ai fini della decisione del gravame – a precedenti giurisprudenziali favorevoli, in casi analoghi a quello in esame, alla rivendicazione del dipendente in ordine alle superiori mansioni espletate;

che il primo motivo è infondato alla luce dell’orientamento giurisprudenziale di questa Corte – al quale il giudice del gravame e, prima ancora, il Tribunale si sono uniformati – secondo cui dal combinato disposto delle declaratorie riguardanti l’Area Operativa (art. 43 CCNL 26.9.1994) e l’Area Quadri di secondo livello (art. 44 CCNL cit.) era desumibile che le mansioni di gestione, conduzione e controllo di unità organiche di minore rilevanza erano state inserite all’Area Operativa (Cass. 26 luglio 2011 n. 16253; Cass. n. 16287 del 19/08/2004; Cass. n. 12914 del 04/09/2003; Cass. n. 14813 del 18/10/2002; Cass. n. 10369 del 30/07/2001); nè il motivo indica ragioni di gravità tale da esonerare la Corte dal dovere di fedeltà ai propri precedenti, sul quale si fonda, per larga parte, l’assolvimento della funzione, di rilevanza costituzionale, di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, e il cui rispetto si impone anche in tema di interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune, ove si consideri che le clausole delle suddette fonti negoziali, per la loro riferibilità ad una serie indeterminata di destinatari e per il loro carattere sostanzialmente normativo, non sono assimilabili completamente a quelle di qualsivoglia contratto o accordo; sì che, neanche con riguardo ad esse, è trascurabile il fine di assicurare ai potenziali interessati – per quanto possibile e per quanto non influenzato dalla insopprimibili peculiarità di ciascuna fattispecie quella reale parità di trattamento che si fonda sulla stabilità degli orientamenti giurisprudenziali, specialmente sollecitata quando, come nella specie, siano simili i percorsi logici seguiti nelle decisioni progressivamente portate all’esame dei giudici di legittimità e i contesti difensivi nei quali tali decisioni risultino calate (Cass. 4 luglio 2003 n. 10615, 15 aprile 2003 n. 5994 e in particolare, Cass. 29 luglio 2005 n. 15969);

che il secondo motivo è inammissibile in quanto – nonostante i richiami normativi in essi contenuti – si risolve nel sollecitare una generale rivisitazione del materiale di causa e nel chiederne un nuovo apprezzamento nel merito, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione; invero, nel motivo si chiede a questa Corte di ritenere che le mansioni svolte dalla M. – come erano emerse dalle risultanze istruttorie rientravano tra quelle proprie del livello Q2 evidenziandosi che doveva essere disattesa la deposizione della teste Torio; invero, è stato in più occasioni affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che la valutazione delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr, e plurimis, Cass. n. 17097 del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 11933 del 07/08/2003); peraltro, il motivo è carente anche del requisito della specificità non riportando nè le deposizioni testimoniali nè indicando i documenti in base ai quali erano rimaste provate le mansioni in concreto svolte dalla ricorrente;

che il terzo motivo è infondato in quanto la motivazione dell’impugnata sentenza – dopo una approfondita valutazione delle risultanze istruttorie – ha dato conto delle ragioni per le quali l’attività svolta dalla M. non potesse essere ricompresa nel livello superiore invocato non senza considerare che la presenza di precedenti decisioni di merito in casi analoghi a quello in esame non potevano avere, come correttamente rilevato dalla Corte territoriale, alcun significativo rilievo;

che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va rigettato;

che le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico della ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo in favore di Poste Italiane s.p.a.;

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2017

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