Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11256 del 11/06/2020

Cassazione civile sez. I, 11/06/2020, (ud. 28/01/2020, dep. 11/06/2020), n.11256

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 240/2015 proposto da:

A.F., elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Tre Orologi

n. 10/e, presso lo studio dell’avvocato Lendvai Alessandro, che la

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Azienda territoriale per l’edilizia residenziale pubblica del Comune

di (OMISSIS) – ATER di (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Fulcieri Paulucci de Calboli n. 20/E, presso l’Avvocatura dell’Ente,

rappresentata e difesa dall’avvocato Rolli Edmonda, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4091/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

pubblicata il 17/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/01/2020 dal Cons. Dott. MELONI MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’ATER, Azienda territoriale per l’edilizia residenziale pubblica del Comune di (OMISSIS), intimò ad A.F. il rilascio di un appartamento sito in (OMISSIS) in quanto alloggio di edilizia residenziale pubblica occupato senza titolo dal 5/10/2007. Il Tribunale di Roma, su ricorso di A.F., dichiarò il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla domanda proposta dalla predetta di dichiarare l’inefficacia del decreto di rilascio emesso ai sensi del D.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, art. 18 e rigettò nel merito la domanda della medesima di disporre con sentenza costitutiva la vendita in suo favore dell’immobile in oggetto in quanto mancanti i requisiti di legge, in particolare per la disponibilità da parte della richiedente di altra soluzione abitativa nel circondario.

La Corte di Appello di Roma, su impugnazione di A.F., in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarò la giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla controversia relativa al provvedimento di rilascio di un immobile dell’ATER, Azienda territoriale per l’edilizia residenziale pubblica del Comune di (OMISSIS) detenuto senza titolo e nel merito confermò la sentenza impugnata

Avverso la sentenza n. 4091 del 17/6/2014 della Corte di Appello di Roma propone ricorso per cassazione A.F. affidato a tre motivi. L’ATER, Azienda territoriale per l’edilizia residenziale pubblica del Comune di Roma, resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente A.F. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 353 c.p.c., comma 1 e nullità della sentenza in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, perchè la Corte di Appello di Roma dopo aver dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario in riforma della sentenza del Tribunale di Roma non ha rimesso la causa al primo giudice in violazione dell’art. 353 c.p.c., al fine di far accertare i vizi esistenti nel decreto di rilascio dell’immobile e sentirne dichiarare la nullità in violazione del principio di doppio grado di giurisdizione.

Il motivo è infondato e deve essere respinto. La Corte di Appello di Roma infatti dopo aver affermato, in riforma dell’impugnata sentenza di primo grado, la giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla domanda di dichiarazione di inefficacia del decreto di rilascio dell’immobile, ha poi correttamente ritenuto che l’art. 353 c.p.c., non imponeva la rimessione al giudice di primo grado in quanto il Tribunale di Roma aveva ritenuto la propria giurisdizione in ordine all’accertamento della perdurante vigenza del contratto di locazione, entrando nel merito della vicenda, ed esaminato e deciso con pronuncia di rigetto tutte le ulteriori domande proposte in primo grado dalla ricorrente in ordine alla sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge in capo alla ricorrente per vedersi riconoscere il diritto di abitare l’alloggio pubblico anche dopo il decesso dei genitori della ricorrente originari locatari dell’immobile. Poichè il Tribunale di Roma aveva quindi affrontato, esaminato e deciso il merito della controversia non era applicabile alla fattispecie l’art. 353 c.p.c., in quanto il rigetto sul merito della domanda era senz’altro logicamente antecedente ad ogni pronuncia in ordine alla declaratoria di inefficacia del decreto di rilascio emesso dall’ATER emesso dall’ente in autotutela. Viceversa solo qualora la Corte di Appello avesse ritenuto di riformare anche la pronuncia di merito del giudice di primo grado e ritenere la fondatezza della domanda di merito, allora in tal caso avrebbe dovuto rimettere le parti al Tribunale di Roma in ossequio all’art. 353 c.p.c..

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente A.F. denuncia la violazione e falsa applicazione delle norme in tema di valutazione delle prove art. 116 c.p.c. e art. 2729 c.c. e nullità della sentenza in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, perchè la Corte di Appello di Roma, dopo aver dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario, ha dato rilevanza alla dichiarazione del defunto padre della ricorrente rispetto alle dichiarazioni testimoniali ed ai numerosi documenti depositati che attestavano che A.F. era convivente con il defunto genitore sin dal 1953 fino ad oggi dopo il decesso dei genitori.

Il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto si sostanzia in una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione dalla Corte territoriale, dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni e le fonti del proprio convincimento. Tale richiesta di riesame non è evidentemente deducibile quale motivo di impugnazione in questa sede di legittimità, ancor più in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

La Corte di Appello di Roma ha infatti ritenuto dirimente la certificazione rilasciata in vita dall’originario assegnatario dell’immobile Ar.Fr., padre della ricorrente, il quale aveva dichiarato all’ente che il proprio nucleo familiare era composto da sè medesimo e dalla moglie senza fare alcun riferimento alla presenza della figlia nell’appartamento conformemente alle risultanze anagrafiche di quest’ultima.

La Corte territoriale aveva poi accertato che la ricorrente era proprietaria di altro appartamento sito in (OMISSIS) acquistato come prima casa in data antecedente al decesso del padre, idoneo a soddisfare le esigenze abitative della medesima e pertanto, anche sotto tale profilo, la A. non aveva il diritto di subentrare nel rapporto di assegnazione.

Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente A.F. denuncia la violazione e falsa applicazione della L.R. Lazio 26 giugno 1987, n. 33, art. 20 e dell’art. 2697 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte di Appello di Roma ha ritenuto applicabile alla fattispecie la normativa sopra citata mentre, al contrario doveva essere applicata la disciplina di cui alla L. n. 497 del 1978, art. 22, relativa agli alloggi INCIS/Militari in quanto l’immobile era ex alloggio INCIS. Pertanto in ragione della circostanza che il padre della ricorrente era deceduto in data 23/3/1992, prima del passaggio dell’alloggio in questione nel novero dell’edilizia residenziale pubblica disciplinato dalla L.R. 26 giugno 1987, art. 20, n. 33, doveva essere applicata la diversa normativa.

Il terzo motivo di ricorso è infondato per mancanza di decisività in quanto, anche applicando la normativa di cui alla L. n. 497 del 1978, art. 22, relativa agli alloggi INCIS/Militari, la ricorrente non avrebbe comunque diritto al subentro nell’assegnazione dell’alloggio pubblico in quanto mancante il requisito della convivenza con il padre originario locatario dell’immobile e disponendo la A. di altro immobile “idoneo” come accertato dal giudice di merito.

In considerazione di quanto sopra il ricorso proposto deve essere respinto e la ricorrente condannata alle spese di giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente che si liquidano in Euro 4.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessorie. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 28 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2020

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