Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11255 del 09/05/2017

Cassazione civile, sez. VI, 09/05/2017, (ud. 08/03/2017, dep.09/05/2017),  n. 11255

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27780-2015 proposto da:

V.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SISTINA

121, presso lo studio dell’avvocato EMANUELE BIONDI, che lo

rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

V. PUBBLICITA’ DI C.M.R. & C. SAS, in persona

del legale rappresentante pro tempore, VA.GI. e

va.gi., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato SALVATORE NICOLA VERRILLO giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

e contro

C.M.R.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3292/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 18/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’ 08/03/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza del 18 maggio 2015, la Corte di Appello di Napoli, in riforma della decisione del Tribunale di Benevento, rigettava la domanda proposta da V.G. nei confronti di Va.Gi., va.gi., C.M.R. e della V. Pubblicità di V.R. & C. s.a.s. (già Valentino Pubblicità s.a.s. di C.M.R. & C.) ed intesa all’accertamento dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra esso ricorrente e la Valentino Pubblicità (ditta individuale intestata a Va.Gi., poi divenuta dal 14.3.2001, V. Pubblicità s.a.s. di C.M.R. & C. di cui la C. era socia accomandataria e va.gi. socio accomandante) nel periodo dal 2.1.1999 al 20.2.2003 con condanna dei convenuti in solido al pagamento della somma di Euro 53.308,94 a titolo di differenze retributive, 13^ mensilità, straordinario e TFR, oltre accessori di legge;

che per la cassazione di tale decisione propone ricorso V.G. affidato a tre motivi cui la V. Pubblicità s.a.s. di C.M.R. & C., va.gi. e V.G. resistono con controricorso mentre la C. è rimasta intimata;

che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio; che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che: con il primo motivo di ricorso si deduce “error in procedendo” e violazione degli artt. 112, 342, 345, 434 e 437 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) per avere la Corte di Appello valutato in modo molto più rigoroso l’attendibilità dei testi escussi sul rilievo che occorreva accertare la ricorrenza di un rapporto di lavoro tra soggetti legati da vincoli familiari benchè nella sentenza del Tribunale fosse stato escluso che V.G. avesse frequentato l’abitazione o i locali aziendali a titolo di amicizia o parentela e detto accertamento di fatto non fosse stato oggetto di specifica censura nel gravame, così violando il principio del “chiesto e pronunciato” e del “tantum devolutum tantum appellatum”; con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 2697 e 2727 c.c. nonchè art. 115 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in quanto la Corte territoriale aveva erroneamente fatto cenno alla presunzione di gratuità nelle prestazioni rese in favore di soggetti legati da vincoli di sangue o parentali superabile solo con una rigorosa prova degli elementi tipici della subordinazione; con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per avere il giudice del gravame valutato l’attendibilità le deposizioni dei testi F.L. e V.P. (ritenendola dubbia perchè il primo aveva un interesse di mero fatto all’esito della controversia e per essere il secondo fratello del ricorrente) aprioristicamente sulla scorta di “categorie” e non sulla scorta del “contenuto” delle dichiarazioni;

che i motivi, da trattare congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono inammissibili in quanto – ad onta dei richiami normativi in essi contenuti – si risolvono nel sollecitare una generale rivisitazione del materiale di causa e nel chiederne un nuovo apprezzamento nel merito, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione; invero, è stato in più occasioni affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che la valutazione delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr, e plurimis, Cass. n. 17097 del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 11933 del 07/08/2003);

che, peraltro, l’impugnata sentenza ha analiticamente valutato tutte le risultanze istruttorie e, in particolare, il contenuto delle singole deposizioni testimoniali, con una motivazione ampia e priva di contraddizioni giungendo ad escludere che fosse stata raggiunta la prova della esistenza stessa di una prestazione lavorativa nella sua “attualità storica e nella sua rilevanza funzionale”;

che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile;

che le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico del ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo in favore dei controricorrenti con attribuzione in favore dell’avv. Salvatore Nicola Verrillo per dichiarato anticipo fattone; nulla per le spese nei confronti della C., rimasta intimata; che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame.

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio in favore dei controricorrenti, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%, con attribuzione; nulla per le spese nei confronti di C.M.R..

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2017

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