Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11254 del 31/05/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 11254 Anno 2016
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: LORITO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso 12911-2014 proposto da:
FONDAZIONE ENPAM C.F. 80015110580, in persona del
Presidente e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GULLI TOMMASO
11

se.

C int. 1, presso lo studio dell’avvocato

ALESSANDRO DIOTALLEVI, che la rappresenta e difende,
2016

giusta delega in atti;

– ricorrente –

1285

contro
CASA DI CURA ABANO TERME POLISPECIALISTICA E TERMALE
SPA C.F. 0173503684, già LABORATORIO PRIVATO DI

Data pubblicazione: 31/05/2016

ANALISI BIO-MEDICHE PRATO DELLA VALLE S.R.L., in
persona del Presidente

e

legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE
DELLE GIOIE 13, presso lo studio dell’avvocato
CAROLINA VALENSISE, che la rappresenta e difende

speciale per Notaio;
controricorrente-

avverso la sentenza n. 695/2013 della CORTE D’APPELLO
di

ROMA,

depositata il 23/01/2014 R.G.N. 6850/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/03/2016 dal Consigliere Dott. MATILDE
LORITO;
udito l’Avvocato DIOTALLEVI ALESSANDRO;
udito l’Avvocato VALENSISE CAROLINA e l’Avvocato BONI
PAOLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

unitamente all’avvocato PAOLO BONI, giusta procura

1

La Fondazione Enpam conveniva in giudizio la s.r.l. Laboratorio Analisi Mediche “Prato della
valle” innanzi al Tribunale di Roma chiedendo dichiararsi dovuto il contributo sancito
dall’art.1 comma 39 I. 23 agosto 2004 n.243 e condannarsi la società al versamento al
Fondo Previdenza specialisti esterni del contributo pari al 2% sul fatturato relativo ai
periodi 7/10/04-31/12/04 e 1/1/05-31/12/05 attinente a prestazioni specialistiche rese nei
confronti del S.S.N. con contestuale indicazione dei nominativi dei medici e degli
odontoiatri che avevano partecipato alle attività di produzione del fatturato ed attribuzione
ai medesimi della percentuale contributiva di spettanza individuale. Chiedeva altresì la
condanna della società al pagamento della sanzione civile ai sensi dell’art.116 comma 8
lett.b della legge n.388/2000. Nella resistenza della società convenuta, il giudice adito
dichiarava la nullità del ricorso compensando fra le parti le spese di lite.
Detta pronuncia veniva riformata dalla Corte d’Appello di Roma che, in parziale
accoglimento del gravame interposto dalla Fondazione Enpam, condannava la società al
pagamento, ex arti comma 39 I. 23 agosto 2004 n.243, della somma di euro 83,90 a
titolo di contributo dovuto per l’anno 2004 e di euro 309,28 per l’anno 2005, nonché al
pagamento delle sanzioni ex art.116 comma 8 lett.a) 1.388/2000. Compensava, infine, le
spese inerenti al doppio grado di giudizio, ponendo a carico di entrambe le parti in solodo
fra loro, le spese di CTU.
A fondamento del decisum il giudice dell’impugnazione rimarcava come, ai fini della
individuazione della base imponibile, la lettura della norma proposta dall’ente previdenziale
avrebbe comportato una ricaduta dell’imposizione contributiva anche su prestazioni rese
da personale di diversa estrazione professionale rispetto a quello medico, nonché su
margini di guadagno non strettamente collegati alle prestazioni sanitarie, in contrasto con i
principi informativi del sistema previdenziale che ha sempre assunto quale riferimento per
la quantificazione dell’obbligo contributivo, il reddito del soggetto assicurato. Nell’ottica
descritta riteneva, al fine di ricondurre la disciplina a ragionevolezza, superando profili di
incostituzionalità, che il contributo previsto dalla norma considerata, dovesse esser
commisurato ai compensi liquidati in favore dei professionisti medici per le prestazioni da
essi effettivamente rese in regime di collaborazione libero-professionale con le società di
capitali titolari delle strutture dei rapporti di accreditamento con il S.S.N. nella misura del
2%.
La cassazione della sentenza è domandata dalla Fondazione Enpam con ricorso sostenuto
da tre motivi.
Resiste con controricorso la Casa di Cura Abano Terme Polispecialistica e Termale s.p.a.
già Laboratorio Analisi Mediche “Prato della valle” s.r.l. che ha depositato memoria ex
a rt.378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
i.

Con il primo motivo, la Fondazione denuncia la violazione e la falsa applicazione
dell’art. 1, comma 39, 1. 23 agosto 2004, n. 243; degli artt. 8 quinquies, 8 sexies, 15
nonies, comma 4, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal d.igs. 19 giugno
1999, n. 229, nonché l’«erronea conoscenza dei fatti e dei presupposti» e Nillogicità
manifesta».
L’ampio e articolato motivo di ricorso è essenzialmente incentrato sulla ritenuta violazione
dell’art. 1, comma 39, della legge 23 agosto 2004, n. 243, il quale, nel prevedere che le
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

2

2.
Con il secondo motivo, l’ENPAM denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art.
101, comma 2°, Cost., e la illogicità manifesta della sentenza, ai sensi dell’art. 360,
comma 1°, n. 3. Sottolinea, che secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale
(sentenze nn. 132 e 133 del 2 maggio 1984), l’obbligo contributivo è indipendente dalla
prestazione e prescinde da ogni valutazione di vantaggiosità previdenziale per gli stessi
soggetti obbligati, poiché è preordinato all’interesse generale, realizzando i doveri di
solidarietà economica e sociale di cui all’art. 2 della Costituzione. Ne deduce l’erroneità
della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che l’imposizione che colpisce le società deve
essere commisurata ai compensi e/o alle retribuzioni spettanti a ciascun lavoratore, perché
una tale tesi non è conforme alla logica solidaristica che connota gli obblighi di
contribuzione delineata dagli artt. 38 e 53 Cost.
3.
Con il terzo motivo, l’ENPAM denuncia la violazione dell’art. 116, comma 8°, i. n.
388/2000 e lamenta che erroneamente il giudice ha escluso che l’omessa denuncia da
parte della società costituisca evasione contributiva. In realtà, secondo la ricorrente, le
sanzioni da applicare sono quelle previste dalla lettera b) dell’art. 116 citato, dal momento
che non vi è solo l’omesso pagamento del contributo ma anche l’omesso invio della
documentazione necessaria per il relativo calcolo, a nulla rilevando !Incertezza normativa
o interpretativa dell’art. 1, cornma 39, I. cit. e in assenza di puntuali allegazioni e prove da
parte della società volte a dimostrare l’assenza di un intento fraudolento.
4.
Nel suo controricorso e in via preliminare, la società deduce che tra le parti è
intervenuta una sentenza della Corte d’appello di Roma (n, 2105/2011) che, nel rigettare
l’impugnazione proposta dalla Fondazione ENAPM, ha condiviso le sue tesi circa la base di
calcolo del contributo del 2%, da commisurarsi ai compensi liquidati ai medici e odontoiatri
operanti in regime di collaborazione libero-professionale. Nel merito, sostiene che non vi
sia alcuna identificazione tra la remunerazione (fatturato) delle società attinente alle
prestazioni specialistiche rese al servizio sanitario nazionale e le prestazioni specialistiche
rese dei medici, giacché le prime solo in minima parte sono rese da medici, mentre per la
quasi totalità esse sono rese da biologi, chimici, fisioterapisti, ecc. e che,
conseguentemente, la tesi dell’ente che collega la percentuale del 2% al fatturato della
struttura accreditata svincolerebbe il contributo dal reddito del soggetto e coinvolgerebbe
anche quella parte di fatturato che deriva dall’attività di altri professionisti; che a seguire
l’interpretazione dell’ENPAM le norme in questione sarebbero affette da illegittimità
costituzionale per violazione degli articoli 2,3,4,18,35,38,41 e 53 della Costituzione,
giacché verrebbe violato il principio generale di corrispondenza tra l’entità dei contributo
previdenziale dovuto e il reddito o il compenso effettivamente percepito dal professionista
o dal lavoratore iscritto all’ente di previdenza, nonché il principio di eguaglianza, perché
assimilerebbe le società di capitali alle società di professionisti, assoggettando a
contribuzione un terzo in misura del tutto svincolata dall’ammontare dei compensi
corrisposti al professionista.
5.
Preliminarmente, deve rilevarsi che l’eccezione della società circa l’esistenza di una
sentenza resa inter partes e avente il medesimo oggetto della presente controversia, ove
con la stessa si sia inteso far valere un giudicato esterno, è infondata, dal momento che la
parte non allega, né tantomeno prova, il passaggio in giudicato della sentenza medesima.
E invero, «affinché il giudicato esterno, che è rilevabile d’ufficio, possa far stato nel
processo, è necessaria la certezza della sua formazione, la quale deve essere provata
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società operanti in regime di accreditamento col servizio sanitario nazionale sono tenute a
versare all’ENPAM un contributo pari al 2% del fatturato annuo, ha inteso disporre che il
contributo deve essere calcolato sulla base del fatturato prodotto dalla società attraverso
l’attività dei medici e degli odontoiatri operanti presso di loro in regime liberoprofessionale, e non invece sulla base dei compensi corrisposti ai menzionati professionisti.

attraverso la produzione della sentenza con il relativo attestato di cancelleria ex art. 124
disp. att., cod.proc.civ. » (Cass., 29 agosto 2013, n. 19883; Cass., 24 novembre 2008,
n.27881; Cass., 2 aprile 2008, n. 8478; Cass., 21 settembre 2006, n.2043; Cass., 19
marzo 1999, n. 82524;Cass., 2 dicembre 2004, n. 22644).
I primi due motivi del ricorso, che si affrontano congiuntamente per la connessione
6.
che li lega, sono fondati.
7
Prima di affrontare il nodo centrale della controversia, è opportuno delineare la
struttura e i compiti dell’ENPAM ed il quadro normativo di riferimento.
8.
L’ ENPAM – Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza Medici nasce come ente di
diritto pubblico dalla trasformazione – disposta con D.P.R. 27 ottobre 1950 e in esecuzione
del DLCPS 13 settembre 1946, n. 233/1946 – della Cassa di Assistenza del Sindacato
Nazionale Fascista Medici, istituita con Regio Decreto 11 luglio 1937, n. 1484. L’art. 21
DLCPS n. 233/1946 delineò le funzioni e i poteri dell’Ente, prevedendo tra i suoi fini
istituzionali lo svolgimento di attività previdenziale ed assistenziale gestita dal Fondo
Generale di Previdenza e sancendo a) l’obbligo di iscrizione all’Ente per tutti gli iscritti agli
albi provinciali dei medici; b) l’obbligo del pagamento dei contributi previdenziali; c) il
riconoscimento del potere di determinazione e di imposizione dei contributi, in capo ai
Consigli Nazionali dell’ENPAM e della Federazione Nazionale degli Ordine dei medici
Chirurghi ed Odontoiatri (art. 21 del DLCPS n. 233/1946). Dal 1° gennaio 1958 l’attività
dell’Ente – originariamente concepita come attività assistenziale – fu riconfigurata come
attività di previdenza e di assistenza da un nuovo Statuto, approvato con D.P.R. 2
settembre 1958 n. 931 e successivamente modificato con D.P.R. 9 gennaio 1971 n. 142.
Con legge 20 marzo 1975 n. 70, l’ENPAM fu inquadrato tra gli Enti gestori di «forme
obbligatorie di previdenza e di assistenza».
9.
Con D. Lgs. 30 giugno 1994 n. 509, «Attuazione della delega conferita dall’art.
1,comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in
persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza»,
fu consentita all’ENPAM (insieme agli altri enti previdenziali elencati nell’allegato A del
d.lgs. citato), la trasformazione, a decorrere dal 1° gennaio 1995, in associazioni o
fondazioni previa deliberazione dei competenti organi (art. 1, comma 1°). Essa .quindi
assunse personalità giuridica di diritto privato, ai sensi degli artt. 12 e seguenti del
cod.civ., continuando tuttavia a svolgere le attività previdenziali e assistenziali a favore
delle categorie di lavoratori e professionisti per le quali era stata originariamente istituita,
ferma restando la obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione (art.1, comma 3 0 ).
Con lo stesso decreto legislativo si fissarono i criteri ai quali dovevano ispirarsi il
L’art. 2 dispose inoltre che le associazioni o le
regolamento e lo statuto (art.1, comma
fondazioni – tra cui l’ENPAM – avessero autonomia gestionale, organizzativa e contabile nel
rispetto dei principi stabiliti dallo stesso articolo nei limiti fissati dalle disposizioni del
decreto in relazione alla natura pubblica dell’attività svolta (comma 1), e che la gestione
economico-finanziaria dovesse assicurare l’equilibrio di bilancio mediante l’adozione di
provvedimenti coerenti alle indicazioni risultanti dal bilancio tecnico da redigersi con
periodicità almeno triennale (comma 2°). La trasformazione dell’ENPAM in Fondazione di
diritto privato fu deliberata dal Consiglio Nazionale dell’Ente il 16-17 dicembre 1994.
10,
Tale trasformazione non ha tuttavia mutato l’attività istituzionale della Fondazione
ENPAM, che è rimasta a valenza sostanzialmente pubblicistica: al riguardo, la, Corte
Costituzionale ha precisato che «la privatizzazione degli enti pubblici di previdenza e
assistenza è inserita nel contesto del complessivo riordinamento o della soppressione di
enti previdenziali, in corrispondenza ad una direttiva più generale volta ad eliminare
duplicazioni organizzative e funzionali nell’ambito della pubblica amministrazione__ La
privatizzazione, prevista dal legislatore delegante, è caratterizzata da elementi sia di
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3

4

continuità che di innovazione. La giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 248 del 1997)
ha già riconosciuto che la trasformazione lascia immutato il carattere pubblicistico
dell’attività istituzionale di previdenza ed assistenza, secondo le finalità istitutive di ciascun

personalità di diritto privato.» (Corte Cost., sent., 5 febbraio 1999, n, 15).
11.
Il decreto legislativo n. 509/1994 lascia ferma, quindi, a) l’obbligatorietà
dell’iscrizione previdenziale; b) l’obbligatorietà della contribuzione previdenziale (art. 1,
comma 3); t) l’autonomia gestionale, organizzativa e contabile, nei limiti ed “in relazione
alla natura pubblica dell’attività svolta” (art.2, comma 1). L’Ente rimane soggetto alla
vigilanza del Ministero del Lavoro e della previdenza sociale, in taluni casi di concerto con
altri Ministeri rispettivamente competenti ad esercitare la vigilanza per gli enti trasformati
ai sensi dell’art. 1, comma 1 (art. 3); è inoltre soggetto ai controlli della Corte dei Conti
(art. 3., comma 5°) ed è obbligato a costituire una riserva legale preordinata ad assicurare
la continuità nell’erogazione delle prestazioni ed a garantire l’equilibrio di bilancio (art. 1,
comma 4, lett. c).
12.
I Fondi di Previdenza ENPAM sono tutti ad iscrizione obbligatoria ed automatica:
sono infatti iscritti obbligatoriamente al Fondo di Previdenza generale ENPAM tutti i medici
e gli odontoiatri, come conseguenza necessaria ed automatica della loro iscrizione all’Albo
Professionale, a prescindere dalla circostanza che vi sia esercizio effettivo della professione
o iscrizione presso altri fondi di previdenza ugualmente obbligatori.
13.
L’onere della contribuzione a carico degli appartenenti all’ordine professionale anche
in ragione del solo elemento oggettivo del potenziale esercizio dell’attività professionale è il
precipitato logico-giuridico della struttura di tipo solidaristico dei sistemi previdenziali
professionali: la Corte Costituzionale, già con le pronunce n. 133 del 1984 e 813 del 1988,
ha sottolineato come i moderni sistemi previdenziali relativi alle varie categorie
professionali sono ispirati ad esigenze superiori di solidarietà sociale, “sia pure operanti
nell’ambito della categoria” (cfr., in particolare, sent. n. 133 del 1984), per cui occorre
prescindere da elementi precipuamente soggettivi (quale, ad es., la maggiore o minore
attività professionale svolta e la conseguente diversità di remunerazione). Si è aggiunto
che, in questo quadro solidaristico, non è irrazionale che le norme ricolleghino l’obbligo del
contributo al solo elemento oggettivo del potenziale esercizio dell’attività professionale,
connesso alla iscrizione al relativo albo, assicurando adeguati mezzi di sussistenza a quei
lavoratori che si trovino in condizione di non potersi personalmente cautelare cóntro i
rischi della vecchiaia e della invalidità (cfr., Corte Cost., ord. 813 e n. 707 del 1988; sent.
17 marzo 1995, n. 88).
Il sistema previdenziale dell’ENPAM prevede a) un fondo di previdenza generale, al
14.
quale sono iscritti tutti i medici odontoiatri come conseguenza necessaria e automatica
della loro iscrizione all’albo professionale, e b) tre Fondi speciali, cui sono iscritti i medici e
gli odontoiatri che operano in rapporto di convenzione e/o accreditamento con gli istituti
del servizio sanitario nazionale: essi sono b1) il Fondo speciale dei medici di medicina
generale; b2) il Fondo degli specialisti ambulatoriali; b3) il Fondo degli specialisti esterni.
Anche l’iscrizione ai Fondi Speciali ENPAM è automatica e consegue alla stipula delle
convenzioni.
Al Fondo speciale degli specialisti esterni erano iscritti, sulla base dell’originario
15.
regolamento, i medici e gli odontoiatri operanti nei propri studi professionali aventi un
rapporto professionale con gli istituti del Servizio sanitario nazionale, comunque
denominati, disciplinati dall’Accordo collettivo nazionale unico di cui all’art. 48 della legge
23 dicembre 1978, n. 833. Successivamente è stata prevista l’iscrizione anche dei medici e

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ente, così giustificando l’obbligatorietà dell’iscrizione e della contribuzione. Si modificano,
invece, gli strumenti di gestione e la qualificazione dell’ente, che si trasforma ed assume la

odontoiatri che partecipano alle associazioni fra professionisti ed alle società di persone
operanti in regime di accreditamento con il Servizio Sanitario Nazionale.
Con la riforma introdotta dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, per
16.
l’erogazione delle prestazioni specialistiche, comprese quelle riabilitative,di diagnostica
strumentale e di laboratorio, è stata prevista la possibilità per le Usi di avvalersi dei propri
presidi o anche di strutture private di professionisti, con i quali intrattiene appositi rapporti
fondati “sulla corresponsione di un corrispettivo predeterminato a fronte della prestazione
resa” (articolo 8, comma 5 0).
17.
Il decreto legislativo d.lgs. 23 dicembre 1996, n. 662, ha poi sostituito al sistema
che prevedeva il rapporto di convenzione con il servizio sanitario nazionale (art. 8, comma
5 0 ) il regime fondato sull’accreditamento, sulla remunerazione delle prestazioni e
sull’adozione di un sistema di verifica della qualità.
18.
Infine, l’art. 8 del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229, ha modificato la disciplina
prevedendo l’accreditamento istituzionale rilasciato dalla regione alle strutture autorizzate,
pubbliche o private.
19.
Occorre aggiungere che, a norma dell’art. 8 sexies, comma 5, del d.igs. n.
502/1992, come introdotto dall’art. 8, cornma 4 0 , del d.lgs. n. 229/1999, la
remunerazione delle attività diverse da quelle previste nei comma 2 (attività assistenziali
specificamente indicate) è determinata in base a tariffe predefinite: allo scopo, il Ministro
della sanità, sentita l’Agenzia per i servizi sanitari regionali, d’intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, individua con apposito decreto i sistemi di classificazione che definiscono l’unita’
di prestazione o di servizio da remunerare e determina le tariffe massime da corrispondere
alle strutture accreditate, in base ai costi standard di produzione e di quote standard di
costi generali, calcolati su un campione rappresentativo di strutture accreditate,
preventivamente selezionate. Lo stesso decreto stabilisce i criteri generali in base ai quali
le regioni adottano il proprio sistema tariffario, articolando tali tariffe per classi di
strutture, secondo le loro caratteristiche organizzative e di attività, verificati in sede di
accreditamento delle strutture.
20.
il sistema dunque prevede un’identica remunerazione della prestazione specialistica
sanitaria, determinata nel nomenclatore tariffario nazionale cui si affiancano i tariffari
regionali come sopra determinati, il cui scostamento rispetto a quello nazionale varia da
regione a regione ed è essenzialmente dipendente dalla eliminazione di talune prestazioni,
dalla loro sostituzione con altre o dal loro accorpamento, ovvero dall’uso di metodiche
diverse.
21.
In linea generale, può comunque dirsi che sia che venga erogata dalle strutture
pubbliche sia che venga erogata da quelle private, la prestazione sanitaria ha una
medesima remunerazione e ciò in considerazione dell’identità della prestazione
professionale resa.
22_
Dal punto di vista previdenziale, l’art.13 del d.lgs. n. 229/1999, modificando l’art.
15 del d.lgs. n. 502 del 1992 ed introducendo l’art. 15 nonies ha precisato al quarto
comma ‘Restano confermati gli obblighi contributivi dovuti per l’attività svolta, in qualsiasi
forma, dai medici e dagli altri professionisti di cui all’articolo 8.”.
Se dunque l’ampia formulazione dell’art. 15 nonies ha lasciato immutato
23.
contributivo e le modalità di versamento della contribuzione nel fondo speciale da parte dei
singoli professionisti in regime di convenzionamento, si è invece posto il problema della
sussistenza dell’obbligo contributivo e delle modalità di alimentazione del fondo speciale
per il caso di prestazioni specialistiche anche ambulatoriali eseguite nell’ambito di un
rapporto di convenzionamento con strutture sanitarie gestite da persone giuridiche private,
da imprese societarie o da medici in forma associata.
n. r.g. 12911/2014

5

24.
è così intervenuta la legge 23 agosto 2004 n. 243, intitolata «Norme in materia
pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno
alla previdenza complementare e all’occupazione stabile e per il riordino degli enti di
previdenza ed assistenza obbligatoria», la quale, al comma 39, così dispone: «Le società
professionali mediche ed odontoiatriche, in qualunque forma costituite, e le società di
capitali, operanti in regime di accreditamento col Servizio sanitario nazionale, versano, a
valere in conto entrata del Fondo di previdenza a favore degli specialisti esterni dell’Ente
nazionale di previdenza ed assistenza medici (ENPAM), un contributo pari al 2 per cento
del fatturato annuo attinente a prestazioni specialistiche rese nei confronti del Servizio
sanitario nazionale e delle sue strutture operative, senza diritto di rivalsa sul Servizio
sanitario nazionale. Le medesime società indicano i nominativi dei medici e degli
odontoiatri che hanno partecipato alle attività di produzione del fatturato, attribuendo loro
la percentuale contributiva di spettanza individuale». Il successivo comma 40 prevede
quanto segue: «Restano fermi i vigenti obblighi contributivi relativi agli altri rapporti di
accreditamento per i quali è previsto il versamento del contributo previdenziale ad opera
delle singole regioni e province autonome, quali gli specialisti accreditati ad personam per
la branca a prestazione o associazioni fra professionisti o società di persone».
25.
Le disposizioni dei commi 39 e 40 della legge n. 243 del 2004 sono state recepite
dall’ENPAM con delibera del Consiglio di amministrazione del 22 aprile 2005, n. 19,
concernente modifiche al Regolamento del Fondo specialisti esterni, approvata con
decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 24 del 24 novembre 2005 di
concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze: il Regolamento è stato così
integrato con la previsione tra gli iscritti al Fondo medesimo dei medici e degli odontoiatri
a) aventi rapporto professionale con gli Istituti del Servizio Sanitario Nazionale comunque
denominati ed operanti nei propri studi professionali; b) che partecipano alle associazioni
fra professionisti ed alle società di persone operanti in regime di accreditamento’ con il
Servizio Sanitario Nazionale; c) indicati, ai sensi dell’art. 1, comma 39, della Legge 23
agosto 2004 n. 243, dalle società professionali mediche ed odontoiatriche, in qualunque
forma costituite, e dalle società di capitali operanti in regime di accreditamento con il
Servizio Sanitario Nazionale (art. 2 dei Regolamento del Fondo specialisti esterni).
26.
Con la medesima delibera n. 19 dei 2005, il Regolamento è stato integrato
attraverso la seguente previsione (art. 3) : «La determinazione della misura dei contributi
previdenziali è rimessa alle norme dell’Accordo Collettivo Nazionale Unico di cui all’art. 48
della Legge 23 dicembre 1978 n°833, nonché alle disposizioni di cui all’art. 1, commi 39 e
40, della Legge 23 agosto 2004 n.243. Nell’ottica di assicurare l’equilibrio della gestione, è
comunque rimessa all’ENPAM la rideterminazione della misura dei contributi già fissata dal
predetto Accordo Collettivo.*
27.
Il successivo art. 4 ha stabilito che «Il contributo previdenziale dovuto ai sensi
dell’art. 1, comma 39, della Legge 23 agosto 2004 n. 243 è calcolato decurtando il
fatturato annuo delle società attinente a prestazioni specialistiche rese nei confronti del
Servizio Sanitario Nazionale e delle sue strutture operative di una quota di abbattimento in
ragione delle percentuali stabilite dai DD.PP.RR. 23 marzo 1988 nn. .119 e 120. Le relative
modalità di versamento sono stabilite con delibera dei Consiglio di Amministrazione.»
Delineato il quadro normativo, non vi è dubbio che la domanda dell’ ENPAM ha ad
28,
oggetto il pagamento del contributo previsto dall’art. 1, comma 39, I. n. 243/2004 da
calcolarsi, secondo l’ente previdenziale, sulla base del fatturato prodotto dalla società in
regime di accreditamento per le prestazioni rese nei confronti del servizio sanitario
nazionale dai medici e dagli odontoiatri nel periodo di riferimento.
29.
È altresì acclarato -ne dà atto la sentenza della Corte d’appello, non oggetto di
censure in parte qua, sì che restano superati i pur diffusi rilievi svolti nel controricorso e
n. r.g. 12911/2014

6

nella memoria ex art. 378 cod.proc.civ. dalla resistente e riguardanti una presunta
equivocità di fondo della domanda proposta dall’ente previdenziale – che il fatturato sulla
cui base l’ENPAM pretende il contributo del 2% non è l’intero fatturato della società ma
solo la parte di fatturato derivante dal regime di accreditamento con il servizio sanitario
nazionale, ossia il controvalore di tutte le prestazioni di carattere specialistico rese dai
medici e dagli odontoiatri, retribuite secondo i criteri indicati dal d.lgs. n. 502/1992, come
modificato dai digs. n.229/1999.
La questione posta con il presente ricorso riguarda solo l’esatta interpretazione
30.
della norma dell’art. 1, comma 39, e in particolare il significato da attribuire al concetto di
“fatturato annuo attinente a prestazioni specialistiche rese nei confronti del servizio
sanitario nazionale”.
31.
La soluzione di tale questione non può prescindere dai tenore letterale della norma
che riferisce il contributo previdenziale “al fatturato annuo” della società: in generale, il
fatturato è il complesso dei ricavi delle vendite o delle prestazioni di servizi nonché degli
altri ricavi e proventi ordinari di un’impresa in un determinato periodo di riferimento.
Diverso è il concetto di compenso o retribuzione, che invece costituisce il corrispettivo
dell’attività svolta da coloro che concorrono a realizzare l’oggetto sociale e, quindi, anche il
fatturato.
32.
Il legislatore ha ben presente questa diversità concettuale proprio in questa
materia: l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti convenzionati in
materia di prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio (cosiddetta “branca a
prestazione”) recepito nel d.p.r. 23 marzo 1988 n. 120, all’art. 4 dispone che «sui
compensi liquidati ai medici specialisti convenzionati l’ente erogatore provvede
mensilmente a versare all’ENPAM, sul conto personale di ciascun sanitario, un contributo
previdenziale pari al 12 per cento, di cui il 10 per cento a carico dell’ente ed il 2 per cento
a carico del medico». Allo stesso modo, l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei
rapporti con professionisti convenzionati con il S.S.N. per l’erogazione di prestazioni
specialistiche sanitarie (cosiddetta “branca a visita”), recepito nei d.p.r. 23 marzo 1988 n.
119, all’art. 7, dispone che «Sui compensi di cui all’art. 6, al netto della quota parte ‘riferita
al costo dei materiali e alle spese generali, l’U.S.L. versa trimestralmente e con modalità
che assicurino l’individuazione dell’entità delle somme versate e del medico cui si
riferiscono, un contributo previdenziale, a favore del competente fondo di previdenza ….
nella misura del 22 per cento di cui 11 13 per cento a proprio carico e il 9 per cento a carico
del medico». In entrambi gli accordi, la base di calcolo del contributo previdenziale è
costituita dai compensi corrisposti dai servizio sanitario nazionale ai medici specialisti
esterni convenzionati.
Invece, l’art. 1, comma 39, L. n. 243/2004, ancora la base di calcolo del contributo
33.
“fatturato annuo” della società,
previdenziale al diverso e inequivoco concetto del
limitandolo però a quello prodotto esclusivamente dai corrispettivo delle prestazioni
specialistiche rese nei confronti del servizio sanitario nazionale (e delle sue strutture) dai
medici e odontoiatri in regime libero professionale con le dette società. Prestazioni che,
come si è visto, sono remunerate in maniera predeterminata sulla base del nomenclatore
tariffario nazionale o regionale.
34.
L’art. 1, comma 39, nella parte finale, si preoccupa poi di attribuire a ciascun
medico la quota parte della contribuzione di spettanza individuale, prevedendo che «le
medesime società’ indicano i nominativi dei medici e degli odontoiatri che hanno
partecipato alle attività’ di produzione del fatturato, attribuendo loro la percentuale
contributiva di spettanza individuale»: anche tale disposizione depone nel senso di un uso
appropriato e tecnico della parola “fatturato”, giacché essa non avrebbe significato ove la

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7

base di calcolo fosse già costituita dalle fatture emesse dai professionisti a fronte dei
compensi ricevuti dalla società.
35.
L’interpretazione letterale della norma risponde anche alla sua finalità, che è Quella
di assoggettare a contribuzione il controvalore delle prestazioni rese dai medici specialisti
esterni al Servizio sanitario nazionale operanti non più in regime di convenzionamento
diretto con il Servizio stesso bensì attraverso strutture societarie, ivi comprese quelle di
capitali: come si è già evidenziato, i d.p.r. nn. 119 e 120 del 1988 nulla disponevano in
proposito e la giurisprudenza di questa Corte (chiamata a pronunciarsi prima della legge n.
243/2004) ha escluso l’obbligo delle Asi di versare sul conto personale dei singoli medici il
contributo previdenziale in relazione all’attività da questi svolta in una struttura privata
gestita da una società sul presupposto della mancanza di un rapporto diretto di
convenzionamento (ora accreditamento) tra l’ente pubblico e il medico e non sussistendo
per legge la possibilità di convenzioni di un terzo tipo, stipulate da persona giuridica o ente
collettivo, con rapporto previdenziale diretto tra il medico ed il servizio sanitario nazionale,
obbligato perciò a versare i contributi in favore dei primo (Cass.„ 3 agosto 2006, n. 17574;
Cass., 13 maggio 2005, n. 10050, e da ultimo, Cass., ord., 13 luglio 2011, n. 15421).
36.
La legge n. 243/2004 è intervenuta a colmare questa lacuna normativa, attraverso
la previsione del prelievo contributivo sul fatturato annuo delle società, in qualsiasi forma
costituite, prodotto dalle prestazioni specialistiche rese dai medici e odontoiatri nei
confronti del Servizio pubblico. Si è voluto così evitare che, attraverso lo schermo della
struttura societaria, l’attività di lavoro del medico in regime di libera professione fosse
sottratta alla contribuzione previdenziale.
37.
Tale soluzione non appare incoerente con il sistema, giacché se è vero che per il
calcolo della contribuzione alle varie casse dei professionisti si fa generalmente riferimento
ai reddito professionale netto e su questo si applica l’aliquota contributiva, vi sono tuttavia
ipotesi in cui, come avviene nella previdenza forense, oltre al contributo sui redditi viene
aggiunta una contribuzione sul volume di affari dichiarato ai fini dell’Iva e si prevede un
contributo minimo, indipendentemente dai reddito prodotto. In altri settori, si prescinde
dall’ammontare della retribuzione corrisposta al lavoratore (v. I. n. 381/1991 e art. 35
d.p.r. n. 797/1955). In tutti questi casi, il calcolo della contribuzione è slegato dalla
retribuzione effettiva o dal reddito dei soggetto sul cui conto previdenziale confluirà il
prelievo, per essere effettuata su base convenzionale, in forza di una scelta discrezionale
del legislatore che non può di per sé essere reputata incongrua o irrazionale sotto il profilo
della disparità di trattamento.
Al riguardo va rammentato il principio, più volte affermato dalla Corte costituzionale
38.
secondo cui «ogni sistema previdenziale presenta caratteri di autonomia, onde le rispettive
soluzioni sono da riportare ad accertamento di presupposti, a determinazione di fini, a
valutazioni di congruità dei mezzi, non estensibili fuori dallo specifico sistema proprio» (cfr.
Corte Cost. n.402 del 1991, che in tema di previdenza forense ha ritenuto legittimo l’art.
11, primo comma, legge 20 settembre 1980, n. 576, nella parte in cui prevede un
contributo integrativo – oltre al contributo soggettivo obbligatorio – costituito da una
maggiorazione percentuale su tutti i corrispettivi rientranti nel “volume annuale d’affari ai
fini dell’I.V.A.”, in quanto non determina alcuna disparità di trattamento, censurabile ex
art. 3 della Costituzione, con la normazione concernente gli iscritti ad altre e diverse Casse
di previdenza).
Neppure si ravvisano quegli elementi di incongruenza su cui insiste la difesa della
39.
parte resistente, dati dal fatto che il prelievo del 2% grava su un soggetto – le Società
accreditate – terzo rispetto a quello che beneficerà dei trattamenti assistenziali e
previdenziali cui il contributo è funzionale, sicché contrasterebbe con i principi
costituzionali di cui agli artt. 38 e 53 l’imposizione di una contribuzione gravante non già
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a

sul reddito prodotto dall’attività del professionista, bensì sul fatturato della società, che è
invece il prodotto dei vari fattori produttivi (capitale, beni, professionalità) organizzati
dall’imprenditore.
40.
In realtà, la previsione dell’art. 1, comma 39, riporta un equilibrio nel sistema, ove
si consideri che per l’attività svolta dai medici e odontoiatri in regime di accreditamento ad
personam o di struttura societaria personale (studi professionali, associazioni di
professionisti, società di persone) con il servizio sanitario nazionale, ai sensi dell’art. 13
del cl.lgs. n. 229/1999 e 1, comma 40, legge n. 243/2004, gli istituti del servizio sanitario
nazionale versano ai Fondo degli specialisti esterni, per le prestazioni rientranti nella
cosiddetta “banca a prestazione”, il 10% dei compensi assoggettati a contribuzione
(mentre il restante 2% è a carico del professionista), e per le prestazioni rientranti nella
cosiddetta “branca a visita” (il cui prelievo complessivo è del 22%) il 13% (restando a
carico del professionista il 9%).
41.
Non vi è dubbio che si sia in presenza delle medesime prestazioni; che esse siano
egualmente remunerate sulla base dei tariffari nazionali (o regionali); che per l’erogazione
delle stesse partecipino le medesime figure professionali e si adoperino le stesse tipologie
di apparecchiature e macchinari, sia che esse vengano rese nell’ambito della struttura
pubblica, sia che vengano rese dal singolo medico accreditato ad personam sia, infine, che
vengano rese da un’associazione di professionisti o società di persone o di capitali,,che si
avvalgono dell’opera dei professionisti medici o odontoiatri.
42.
In altri termini, il medico in regime di libera professione e collaborazione con una
società di capitali, in quanto svolge una prestazione di tipo professionale identica a quella
dello specialista direttamente convenzionato (accreditato), beneficia a titolo di solidarietà
(seppur nella misura diversa e inferiore del 2%) del contributo a carico dell’impresa
accreditata, allo stesso modo con cui ne beneficia il medico o odontoiatra accreditato ad
personam o facente parte di un’associazione di professionisti o di una società di persone, e
ciò in forza dello stesso contratto di accreditamento con il Servizio sanitario nazionale.
43.
In tali sensi depone anche la funzione che l’ordinamento assegna a tali società,
qualificandole come «partecipanti all’erogazione dei livelli essenziali di assistenza garantiti
dallo Stato», che, unita all’omogeneità delle prestazioni rese da tali strutture rispetto a
quelle rese dal servizio pubblico, concorre a delineare un concetto «unitario» di servizio
sanitario.
Queste ultime considerazioni sembrano sufficienti a respingere la tesi difensiva della
44.
società, secondo cui l’interpretazione che ancora al fatturato della società la base di calcolo
della contribuzione previdenziale per i medici e gli odontoiatri finirebbe per sottoporre a
contribuzione anche la quota di fatturato prodotto da soggetti diversi dal medico
specialista (biologi, analisti, tecnici di laboratorio, ecc.) che concorrono a rendere possibile
la prestazione sanitaria: la prestazione specialistica in questione è (per definizione) la
stessa, nel senso che richiede la stessa organizzazione e il coinvolgimento delle stesse
professionalità, sia che sia resa da una società di capitali o di professionisti, sia che sia
resa dai singolo medico-persona fisica; la sua remunerazione è unica e fissata dall’autorità
pubblica nel nomenclatore tariffario, anche sulla base di una valutazione complessiva dei
costi che essa comporta. E così come non si dubita che il medico-persona fisica non possa
scomputare dalla base di calcolo del contributo ENPAM da lui dovuto il valore dell’opera
prestata dai collaboratori di cui si sia avvalso o il costo dei macchinari adoperati (oltre alla
già prevista decurtazione riferita al costo dei materiali e alle spese prevista dai d.p.r. n.
119 e 120: artt. 7 e 4, richiamati dal regolamento ENPAM), altrettanto deve ritenersi con
riguardo alla società di capitali che si avvale del medico specialista in regime di libera
professione e che per la prestazione sanitaria da questi resa riceve dallo stesso Servizio
sanitario nazionale la medesima remunerazione del primo.
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9

45.
E analogamente a quanto previsto per il singolo medico professionista accreditato,
l’Ente previdenziale si è dato carico di stabilire una quota di “abbattimento” della base
contributiva volta a depurare il fatturato dai costi di produzione necessari per le prestazioni
sanitarie specialistiche, attraverso il richiamo ai dd.pp.rr. nn. 119 120 del 1988 (e alle
percentuali previste in tali decreti) contenuto nel Regolamento dei fondo della specialistica
esterna, come modificato dagli artt. 1 e 2 con delibera n. 19 del 22 aprile 2005, approvata
dai Ministeri vigilanti sulla fondazione ENPAM e assunta per dare attuazione alla legge n.
243/2004.
46.
Questa determinazione non è, come si sostiene nella sentenza impugnata e dalla
stessa controricorrente, fuori da ogni previsione legislativa ma rientra nell’ambito dei
poteri che l’ordinamento riconosce all’ente previdenziale nell’art. 2 del d.lgs. n. 509 del
1994, laddove gli attribuisce autonomia gestionale, .organizzativa e contabile, nei limiti ed
“in relazione alla natura pubblica dell’attività svolta” (art.2, comma 1) e gli impone di
costituire una riserva legale preordinata ad assicurare la continuità nell’erogazione delle
prestazioni ed a garantire l’equilibrio di bilancio (art. 1, comma 4, lett. c).
47.
Infine, vanno rigettate in quanto manifestamente infondate le questioni di
legittimità costituzionale prospettate dalla controricorrente, sul presupposto di una
presunta esistenza nel nostro ordinamento di un principio di corrispondenza tra l’entità del
contributo previdenziale dovuto e il reddito o compenso effettivamente percepito dal
professionista o dai lavoratore iscritto all’ente di previdenza.
48.
Al riguardo, sembra sufficiente richiamare le osservazioni su svolte (punti 37 e 38)
ed il principio già affermato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 402 del 1991) secondo
cui ogni sistema previdenziale presenta caratteri di autonomia e le rispettive soluzioni sono
da riportare ad accertamento di presupposti, a determinazione di fini, a valutazioni di
congruità dei mezzi non estensibili fuori dello specifico sistema proprio (cfr. pure Corte
Cost., sentenza n. 133 del 1984; v. pure Corte Cost. n. 88/1995).
49.
Ciò vale a respingere, in quanto manifestamente infondato, anche l’ulteriore dubbio
di legittimità costituzionale – per il vero solo genericamente sollevato – fondato
sull’asserita duplicazione dei contributi previdenziali riferiti alla medesima attività
professionale per la quale il medico già versa all’ente di previdenza il 12,50% dei proprio
reddito: tale obbligo infatti sussiste in capo a tutti i medici e odontoiatri iscritti all’albo
professionale che producano un reddito libero professionale superiore ad un certo importo
e che concorrono, con la detta percentuale del 12,50%, ad alimentare la quota B del
fondo generale della libera professione. Dunque, non solo in capo ai medici e agli
odontoiatri che prestano la loro attività libero professionale in favore delle società di
capitali. Non sussiste pertanto alcuna disparità di trattamento all’interno della stessa
categoria professionale.
Quanto infine alla asserita disparità di trattamento rispetto alle strutture pubbliche
SO.
e private gestite da enti religiosi, che erogano le medesime prestazioni specialistiche e per
le quali non è previsto alcun onere contributivo in favore del Fondo per la specialistica
convenzionata esterna dell’ ENPAM, sembra sufficiente rilevare che la questione, oltre ad
essere inconferente rispetto all’ambito della presente controversia e generica nella sua
prospettazione, non indicando le norme di riferimento da valere quale tertium
comparationis anche sotto il profilo della denunciata violazione delle norme del Trattato CE
(e specificamente degli artt. 82 e 86), non tiene conto della peculiarità dei rapporti
esistenti tra Stato e Chiesa cattolica regolati da accordi bilaterali che disciplinano la
condizione giuridica degli enti (dr. Corte Cost., n. 235/1997).
In definitiva, l’imposizione del contributo del 2% a carico delle società che si
51.
avvalgono delle prestazioni dei medici e odontoiatri in regime di libera professione – al pari
di quella prevista per gli istituti del Servizio sanitario nazionale per le medesime
n. r.g. 12911/2014

10

11

prestazioni – risponde ad un tipo di previdenza solidaristica, caratterizzata dalla «riferibilità

133/1984, cit.) ed in cui i contributi vengono in considerazione quale strumento finanziario
della previdenza. L’incomparabiiità dei sistemi previdenziali è principio cui la Corte
Costituzionale si è costantemente attenuta; incomparabilità che deriva dalla loro
complessità inerente alla varietà delle prestazioni e delle condizioni per ottenerle conseguenza della varietà delle attività lavorative – e alle collegate diversità delle fonti di
finanziamento (Corte Cost. n. 202/2008).
52.
Si attagliano alla fattispecie in esame i principi già espressi con riguardo alla
previdenza forense dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 62 del 1977 (sia pure con
riferimento alla disciplina recata dalla previgente legge 22 luglio 1975, n. 319), che,
nell’affermare la rispondenza agli artt. 2 e 38 Cost. del sistema, ha negato «risolutamente
che la previdenza forense, e così del resto le altre previdenze concernenti professioni
intellettuali, possano qualificarsi di tipo mutualistico per essere organizzate sulla base del
riferimento a date categorie professionali e alle rispettive attività tipiche, e secondo un
criterio di accentuata autonomia strutturale e finanziaria sia reciproca che rispetto
all’assicurazione generale obbligatoria e alle previdenze dell’impiego pubblico. Invero si
tratta di scelte che sono compatibili con l’idea di solidarietà, e che anzi ne rappresentano
una specificazione, giustificata dal pluralismo che informa il nostro ordinamento:
pluralismo che ammette solidarietà operanti nell’ambito di collettività minori» (v. Corte
cost. 132 e 133 del 1984; v. pure Coste Cost., n. 2002/2008).
53.
Elementi interpretativi in senso contrario – e favorevoli alle tesi della società – non
possono trarsi dall’ordinanza della Corte costituzionale n. 252 del 4 luglio 2008 la .quale,
nel dichiarare manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale della
norma di cui all’art. 1, comma 39, legge n. 243/2004, ha rilevato che il giudice rimettente
non si era fatto carico di verificare la possibilità di seguire l’interpretazione fatta propria
dall’ENPAM nell’applicazione della disposizione censurata per commisurare la base
imponibile del contributo al compensi corrisposti singoli professionisti. Tale affermazione è
dettata da un principio cardine della giurisprudenza della Corte costituzionale, secondo cui
la questione di legittimità costituzionale non può essere proposta al solo fine di ottenere
dal Giudice delle leggi un improprio avallo ad una determinata interpretazione, ma richiede
da parte del giudice remittente il dovuto approfondimento delle ragioni impeditive di ogni
n.
altra interpretazione adeguatrice (v, Corte Cost., sent. n. 77/2007; ordinanze
102/2012, n. 212/2011,, n. 103/2011, n. 101/2011, nonché le ulteriori decisioni: sentenza
242/2008; ordinanze 297 e 448 del 2007, 114/2006, 211/2005 e 142/2004). Non vi è
dunque nella su riportata affermazione della Corte Costituzionale alcuna scelta di campo o
indicazione ermeneutica, non prospettabile nel caso di ritenuta manifesta inammissibilità
della pronuncia.
In definitiva, i primi due motivi di ricorso dell’ ENPAM meritano di essere accolti,
54.
con la conseguente cessazione della sentenza ed il rinvio ad altro giudice d’appello perché
riesamini la controversia alla luce del seguente principio di diritto: «II contributo del 2%
previsto dall’articolo 1, comma 39, /egge 23 agosto 2004, n. 243, dovuto dalle società di
capitali, ha come base di calcolo il fatturato annuo attinente prestazioni specialistiche rese
per il (e rimborsate dal) Servizio sanitario nazionale ed effettuate con l’apporto di medici o
odontoiatri operanti con le società in forma di collaborazione autonoma liberoprofessionale con l’abbattimento forfettario di legge per costo dei materiali spese generali
ex d.p.r. 23 marzo 1988, nn. 119 e 120, con esclusione del fatturato attinente a
prestazioni specialistiche rese senza l’apporto di medici o odontoiatri».
n. r.g. 12911/2014

dell’assunzione dei fini e degli oneri previdenziali, anziché alla divisione del rischio fra gli
esposti, a principi di solidarietà, operanti all’interno di una categoria, con conseguente non
corrispondenza fra rischio e contribuzione» (cfr. Corte Cost. sent. n. 91/1976 e n.

55.
È invece infondato il terzo motivo di ricorso.
Questa Corte, con la sentenza 27 dicembre 2011, n. 28966 in sostanziale adesione a
Cass., 10 maggio 2010, n. 11261, ha riaffermato il principio di diritto, secondo cui: «In
tema di obbligazioni contributive nei confronti delle gestioni previdenziali ed assistenziali,
l’omessa o infedele denuncia mensile all’INPS (attraverso í cosiddetti modelli DH110) di
rapporti di lavoro o di retribuzioni erogate, ancorché registrati nei libri di cui è obbligatoria
la tenuta, concretizza l’ipotesi di “evasione contributiva” di cui alla L. n. 388 del 2000, art.
116, comma 8, lett. b), e non la meno grave fattispecie di “omissione contributiva” di cui
alla lett. a) della medesima norma, che riguarda le sole ipotesi in cui il datore di lavoro,
Pur avendo provveduto a tutte le denunce e registrazioni obbligatorie, ometta il
pagamento dei contributi, dovendosi ritenere che l’omessa o infedele denuncia configuri
occultamento dei rapporti o delle retribuzioni o di entrambi e faccia presumere l’esistenza
della volontà datoriale di realizzare tale occultamento allo specifico fine di non versare i
contributi o i premi dovuti; conseguentemente, grava sul datore di lavoro inadempiente
l’onere di provare la mancanza dell’intento fraudolento e, quindi, la sua buona fede, onere
che non può, tuttavia, reputarsi assolto in ragione dell’avvenuta corretta annotazione dei
dati, omessi o infedelmente riportati nelle denunce, sui libri di cui è obbligatoria la tenuta;
in tale contesto spetta al giudice del merito accertare la sussistenza, ove dedotte, di
circostanze fattuali atte a vincere la suddetta presunzione, con valutazione intangibile in
sede di legittimità ove congruamente motivata>> (v. pure Cass., 25 giugno 2012, n.
10509).
La Corte territoriale ha fatto puntuale applicazione dell’art. 116, lett. a) della legge
56.
n. 388/2000, ritenendo di dover escludere l’evasione contributiva per l’assenza del fine
fraudolento, ovvero di un volontario occultamento dei rapporti o delle retribuzioni al fine di
evitare il pagamento dei contributi o dei premi dovuti. Ha desunto la mancanza del fine
fraudolento dalle difformi interpretazioni date all’art. 1, comma 39, della legge n.
243/2004 dalle società accreditate, da un lato, e dalla fondazione ENPAM, dall’altro,
attestate dall’ampio contenzioso in atti, nonché da una richiesta della Fondazione, – volta
ad ottenere la comunicazione del fatturato derivante dalle prestazioni specialistiche rese in
regime di accreditamento, e non invece della misura dei compensi corrisposti i medici che
avevano concorso alla produzione del fatturato -, ritenuta dalla società (e dalla stessa
Corte) non conforme al dato normativa.
57.
Si è in presenza di un apprezzamento di fatto congruamente e logicamente
motivato, in linea con le pronunce di questa Corte ed insindacabile in questa sede, sicché
non si riscontra il denunciato vizio di violazione di legge.
Il giudice di appello a cui la causa è rinviata in accoglimento dei primi due motivi di
58.
ricorso della ENPAM provvederà anche sulle spese del presente giudizio, a norma dell’art.
385 cod.proc.civ.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, rigetta il terzo; cassa la sentenza impugnata
in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte
d’Appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 24 marzo 2016.

12

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