Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11252 del 11/06/2020

Cassazione civile sez. I, 11/06/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 11/06/2020), n.11252

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13938/2015 proposto da:

P.N., elettivamente domiciliata in Roma, Via G.G. Belli 36,

presso lo studio dell’avvocato Facciotti Leopoldo, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Sacchi Andrea, giusta

procura in calce al controricorso;

– ricorrente –

contro

Intesa Sanpaolo S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, L.go Di Torre Argentina

11, presso lo studio dell’avvocato Martella Dario, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Negro Ettore Maria,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 486/2014 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 07/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/01/2020 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Crema ha dichiarato risolti, per inadempimento della Intesa San Paolo s.p.a., i contratti di vendita di obbligazioni “Argentina” sottoscritte da P.N. nel novembre 2000 e nel marzo 2001 e, per l’effetto, ha condannato la Banca alla restituzione in favore dell’investitrice della somma complessiva di Euro 166.758,06, oltre accessori, con contestuale obbligo in capo alla medesima di restituire le obbligazioni in questione.

La Corte d’Appello di Brescia, in accoglimento dell’appello proposto dalla Banca, ha rigettato la domanda proposta dalla sig.ra P..

Il giudice di secondo grado, in virtù del principio della c.d. “ragione più liquida”, ha accolto il terzo motivo dell’atto di appello della Banca relativo alla dedotta violazione dell’art. 99 c.p.c., per avere il Tribunale di Crema pronunciato la condanna alla restituzione delle somme investite nonostante la domanda di risoluzione dei contratti fosse corredata della sola domanda di condanna al risarcimento dei danni.

Il giudice d’appello ha, altresì, osservato che la sig.ra P. non aveva neppure riproposto a norma dell’art. 346 c.p.c., la domanda risarcitoria, limitandosi a dedurre, erroneamente, che tutte le domande dalla medesima svolta in via principale e subordinata erano accompagnate dalla richiesta di condanna della banca alla restituzione delle somme convenute.

Infine, il giudice d’appello ha ritenuto assorbito ogni ulteriore tema in discussione.

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso principale per cassazione P.N., affidandolo ad un unico articolato motivo.

La banca Intesa San Paolo s.p.a. si è costituita in giudizio con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale con il quale ha dedotto la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia in ordine allo specifico motivo d’appello con cui aveva chiesto la condanna della ricorrente alla restituzione delle somme alla medesima corrisposte dalla Banca in esecuzione della sentenza di primo grado.

La banca Intesa San Paolo ha, altresì, proposto ricorso incidentale condizionato lamentando il vizio di omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione alla omessa pronuncia da parte della Corte territoriale sui primi due motivi d’appello.

Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il ricorso principale la sig.ra P. ha dedotto, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione di norme di diritto, tra cui l’art. 111 Cost., comma 6 e l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta la ricorrente che nonostante il dispositivo della sentenza impugnata abbia inteso rigettare tutte le domande dalla stessa formulate in primo grado, ivi compresa quella di risoluzione del contratto, tuttavia, la stessa decisione impugnata ha omesso del tutto di motivare in ordine a tale specifica domanda.

Peraltro, non era in alcun modo condivisibile il rilievo della Corte territoriale secondo cui l’accoglimento del terzo motivo d’appello, denunciante vizio di ultrapetizione per difetto di una domanda dell’investitrice di restituzione delle somme incassate dalla Banca, fosse “suscettibile di travolgere ed assorbire ogni ulteriore tema in discussione”. Infatti, stante l’autonomia di ogni singola domanda, non si comprendeva la ragione per cui la pronuncia sulla restituzione fosse idonea ad assorbire e rendere superflua la trattazione della domanda di risoluzione contrattuale, in ordine alla quale doveva dunque registrarsi l’assoluta mancanza di motivazione sotto il profilo sia materiale che grafico.

Era stata dunque perpetrata dalla Corte territoriale una violazione di legge, attesa la formulazione dell’art. 111 Cost., comma 6, secondo cui tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.

2. Il ricorso principale è infondato.

La Corte territoriale, con una motivazione che non può certo considerarsi omessa o apparente o perplessa o frutto del contrasto irriducibile di affermazioni inconciliabili e come tali incomprensibili (secondo i principi di cui alla sentenza delle Sezioni Unite n. 8053/2014), e che soddisfa quindi ampiamente il requisito del “minimo costituzionale” richiesto dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte, attraverso il preciso riferimento alla mancata riproposizione nel grado di appello, ex art. 346 c.p.c., da parte dell’investitrice, della domanda risarcitoria, ha implicitamente indicato i motivi per cui ha ritenuto assorbito ed ultroneo l’esame di ogni altro tema in discussione (tra cui la domanda di risoluzione contrattuale).

La Corte di merito ha, in sostanza, ritenuto che, venendo meno la domanda risarcitoria – non riproposta dall’investitrice in sede di appello – quest’ultima non aveva più interesse ad ottenere una statuizione sulla domanda di risoluzione contrattuale. Tale affermazione è stata contrastata dalla ricorrente solo nella memoria ex art. 380 bis.1. c.p.c., attraverso il richiamo alla sentenza di questa Corte n. 15461/2016 (secondo cui la restituzione delle prestazioni rimaste senza causa, a seguito della pronuncia di risoluzione del contratto, può essere anche richiesta proponendo apposita domanda in un separato giudizio).

Nell’odierno ricorso, invece, la sig.ra P. si è limitata a lamentare (ed erroneamente, per quanto sopra illustrato) l’omessa motivazione sulla domanda di risoluzione contrattuale, senza censurare minimamente l’eventuale erroneità della medesima. Inequivocabile è il preciso ed unico richiamo, come violazione di legge, all’art. 111 Cost., comma 6, secondo cui “tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati (formalità richiesta per le sentenze civili dall’art. 132 c.p.c., n. 4).

3. Il ricorso incidentale è fondato.

Va osservato che, come emerge conclusioni della sentenza impugnata, la Banca Intesa San Paolo spa aveva chiesto con l’appello, oltre alla riforma della sentenza di primo grado, anche la condanna dell’invenstitrice alla restituzione di tutto quanto ricevuto in esecuzione della sentenza di primo grado.

Orbene, su questa domanda la Corte territoriale non ha effettivamente adottato alcuna statuizione.

Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere cassata limitatamente alla parte investita dell’appello incidentale, con rinvio alla Corte d’Appello di Brescia, in diversa composizione per nuovo esame (e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità).

4. Il ricorso incidentale condizionato è assorbito per effetto del rigetto del ricorso principale.

PQM

Rigetta il ricorso principale.

Accoglie il ricorso incidentale, assorbito il ricorso incidentale condizionato, e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Brescia, in diversa composizione, per nuovo esame.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2020

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