Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11250 del 09/05/2017

Cassazione civile, sez. VI, 09/05/2017, (ud. 08/03/2017, dep.09/05/2017),  n. 11250

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15512-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, C.F. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCESCO D’ANGELO giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 622/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 05/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/03/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza del 10 luglio 2015, la Corte di Appello di Reggio Calabria, in riforma della decisione del Tribunale di Vibo Valentia, dichiarava l’illegittimità della sanzione disciplinare (della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per dieci giorni) irrogata a M.R. dall’Agenzia delle Dogane di Vibo Valentia presso la quale il predetto prestava servizio;

che per la cassazione di tale decisione propone ricorso l’Agenzia delle Dogane affidato a quattro motivi cui resiste il M. con controricorso;

che è stata depositata la proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che: con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. e del giudicato interno (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per avere la Corte di Appello rilevato una preclusione intervenuta in primo grado – ovvero la tardiva produzione della relazione ispettiva posta a base della sanzione -giammai oggetto di alcuna deduzione nei tre motivi di gravame proposti dal M. avverso la decisione del Tribunale; con il secondo ed il terzo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 416 e 421 c.p.c. – secondo mezzo – e art. 421 c.p.c. – terzo motivo – (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in quanto la Corte territoriale aveva erroneamente affermato che “… il primo giudice avrebbe dovuto rilevare la predetta preclusione..” così dimenticando che la produzione della relazione ispettiva era stata considerata dal Tribunale “..al di fuori di mera eccezione in senso stretto…” e che, comunque, rientrando tra i poteri ufficiosi del giudice – ai sensi dell’art. 421 c.p.c. – ammettere quelle prove che risultano essere necessarie per la ricerca della “verità materiale”, di tale potere correttamente il Tribunale aveva fatto uso; con il quarto motivo viene denunciata violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., art. 67, comma 3, lett. h), CCNL Comparto Ministeri e dell’art. 23, comma 3, CCNL Agenzie Fiscali (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in quanto dalla relazione ispettiva legittimamente ammessa dal giudice risultavano provati gli addebiti mossi la M. e la proporzionalità dalla sanzione irrogata, prevista dall’art. 23, comma 3, lett. h) del CCNL Agenzie Fiscali;

che i primi tre motivi, da trattare congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono inammissibili in quanto inconferenti con la motivazione dell’impugnata sentenza nella quale viene chiaramente evidenziato che l’Agenzia delle Dogane oltre ad essersi costituita in primo grado tardivamente – così incorrendo nelle decadenza da proporre eccezioni in senso stretto e dalla facoltà di chiedere l’ammissione di mezzi di prova orali e documentali – non aveva neppure prodotto la relazione ispettiva (pag. 3 della sentenza) sicchè il decisum del primo giudice si era fondato esclusivamente sulle allegazioni della parte; in altri termini, i tre motivi non tengono conto del fatto che la detta relazione ispettiva non era stata mai prodotta in primo grado ragion per cui la Corte territoriale aveva ritenuto, in accoglimento del secondo motivo di gravame, che non fosse stata fornita alcuna prova degli addebiti;

che, peraltro, il giudice del gravame ha anche chiarito come l’eventuale produzione della menzionata relazione ispettiva in appello non sarebbe stata ammissibile in ossequio al principio più volte affermato da questa Corte secondo cui “Nel processo del lavoro, l’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio in grado d’appello presuppone la ricorrenza di alcune circostanze: l’insussistenza di colpevole inerzia della parte interessata, con conseguente preclusione per inottemperanza ad oneri procedurali, l’opportunità di integrare un quadro probatorio tempestivamente delineato dalle parti, l’indispensabilità dell’iniziativa ufficiosa, volta non a superare gli effetti inerenti ad una tardiva richiesta istruttoria o a supplire ad una carenza probatoria totale sui fatti costitutivi della domanda, ma solo a colmare eventuali lacune delle risultanze di causa. Non ricorrono, pertanto, i suddetti presupposti, allorchè la parte sia incorsa in decadenze per la tardiva costituzione in giudizio in primo grado e non sussista, quindi, alcun elemento, già acquisito al processo, tale da poter offrire lo spunto per integrare il quadro probatorio già tempestivamente delineato” (Cass. n. 5878 del 11/03/2011; Cass. n. 2379 del 05/02/2007 vedi anche quanto ai presupposti per l’esercizio dei poteri ufficiosi ex art. 421 e 437 c.p.c.: Cass. n. 18924 del 05/11/2012; Cass. 2379 del 05/02/2007);

che, anche il quarto motivo, risulta pertanto, infondato non avendo effettivamente l’Agenzia delle Dogane fornito alcuna prova degli addebiti mossi al M. ed in relazione ai quali era stata irrogata la sanzione impugnata;

che, pertanto, il ricorso va rigettato;

che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo con attribuzione all’avv. Francesco D’Angelo per dichiarato anticipo fattone;

che il ricorrente Ministero è esentato dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo mediante il meccanismo della prenotazione a debito, che esclude l’obbligo di versare, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato (Cass. ord., 29/01/2016 n. 1778).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%, con attribuzione.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2017

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