Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11248 del 31/05/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 11248 Anno 2016
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: GHINOY PAOLA

SENTENZA

sul ricorso 10177-2014 proposto da:
VODAFONE OMNITEL B.V., già VODAFONE OMNITEL N.V., C.F.
93026890017, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
VIRGILIO 8, presso lo studio degli avvocati ENRICO
CICCOTTI e ANDREA MUSTI, che la rappresentano e
2016
821

difendono unitamente all’avvocato FRANCO TOFACCHI,
giusta delega in atti;
– ricorrente contro

BUCCI SIMONA C.F. BCCSMN73C44H501K, CUBEDDU VALERIA,
DONATELLI ALBERTO, FRENGUELLOTTI SIMONA, GRECO ROSA,

Data pubblicazione: 31/05/2016

OPIANO ANDREA, MANCIOLI EMANUELA, ROSSI VALENTINO,
SCARPONI TIZIANA, tutti elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato
PIER LUIGI PANICI, che li rappresenta e difende giusta
delega in atti;

nonchè contro

COMDATA

S.P.A.,

(già

COMDATA

CARE

S.P.A.)

P.I.

04010940288;
– intimata –

Nonché da:
COMDATA

S.P.A.,

(già

COMDATA

CARE

S.P.A.)

P.I.

04010940288, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
GRACCHI 128 INT.10, presso lo studio LEXELLENT,
rappresentata e difesa dagli avvocati LARA ARCESE,CARLO
MAJER e GIORGIO SCHERINI, giusta delega in atti;
– controri corrente e ricorrente incidentale contro

BUCCI SIMONA C.F. BCCSMN73C44H501K, CUBEDDU VALERIA,
DONATELLI ALBERTO, FRENGUELLOTTI SIMONA, GRECO ROSA,
LOPIANO ANDREA, MANCIOLI EMANUELA, ROSSI VALENTINO,
SCARPONI TIZIANA;
VODAFONE OMNITEL B.V., già VODAFONE OMNITEL N.V., C.F.
93026890017;
– intimate –

avverso la sentenza n. 7678/2013 della CORTE D’APPELLO

– controricorrenti –

ROMA, depositata il 30/10/2013 r.g.n. 5641/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/02/2016 dal Consigliere Dott. PAOLA
GHINOY;
udito l’Avvocato TOFACCHI FRANCO e ICHINO PIETRO per

uditi gli Avvocati MAJER CARLO e SCHERINI GIORGIO;
udito l’Avvocato GUGLIELMI CARLO per delega Avvocato
PANICI PIER LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE, che ha concluso per
il rigetto di entrambi i ricorsi.

delega Avvocato TOFACCHI FRANCO;

R. Gen. N. 10177/2014

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Roma con la sentenza n. 7678 dei 2013,
confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva
dichiarato l’inefficacia nei confronti di Emanuela Mancioli ed altri
litisconsorti del contratto di cessione di ramo d’azienda intervenuto il
5.11.2007 tra Vodafone Omnitel N.V. e Comdata Care s.p.a., già Comdata

alle dipendenze di Vodafone Qmnitel.
La Corte riferiva in fatto che con il suddetto contratto di cessione di
ramo d’azienda Vodafone aveva ceduto a Comdata care s.p.a. il ramo
d’azienda che svolge i servizi di “back office consumer (dealer support,
supporto tecnico unificato, reclami, variazioni e subentri), back office
corporate (sales support, variazioni, subentri, attivazioni,
standard/network/fisso, customer relationshi p management,
amministrazione vendite) e gestione credito (phone collection, verifica del
credito, gestione non telefonico, gestione inbound) con proprio personale
presso le sedi di Milano, Ivrea, Padova, Roma e Napoli”. Con il suddetto
contratto venivano ceduti i dipendenti pertinenti al ramo d’azienda, i
contratti ad esso inerenti, le “immobilizzazioni materiali e mobili d’ufficio,
migliorie e saldo cassa conto corrente”.
La Corte territoriale premetteva che, pur dopo la modifica dell’art.
2112 c.c., operata dall’art. 32 del D.Igs n. 276 del 2003 operante ratione
temporls, il trasferimento del ramo d’azienda richiede la conservazione
dell’identità funzionale del ramo preesistente alla cessione, e che esso dev`
essere già in tale momento in grado di esercitare autonomamente
un’attività economica organizzata. Con riferimento al caso di specie,
argomentava che secondo l’art 2 del contratto di cessione venivano cedute
le attività e passività come risultanti dalla situazione contabile, i dipendenti
ed i contratti inerenti il ramo di azienda. L’allegato i) indicava poi tra i beni
ceduti le “Immobilizzazioni materiali e mobili d’ufficio; migliorie e saldo
cassa conto corrente “. Rilevava che non risultavano dunque trasferiti i
programmi e sistemi informatici, rimasti di proprietà di Vodafone, che i
dipendenti ceduti dovevano utilizzare per esplicare i servizi ceduti (come
risultante dall’allegato A del contratto di appalto). Il mancato trasferimento
dei programmi e dei sistemi informatici determinava secondo la Corte
territoriale la mancanza dell’ autonomia e dell’ autosufficienza
Pai,ì Ghinoy, estensore
3

Care s.r.I., e, per l’effetto, aveva disposto il ripristino dei rapporti di lavoro

R. Gen. Al. 10177/2014

dell’articolazione aziendale trasferita nella gestione del supporto tecnico,
variazioni ecc., dei contratti e degli aspetti economici del servizio
telefonico. La Corte aggiungeva poi che non era decisivo il fatto che fosse
stato trasferito tutto il personale addetto ai servizi ceduti, in quanto in
difetto di cessione degli strumenti informatici prima utilizzati veniva meno il
requisito della preesistenza del ramo ceduto (essendo ceduto qualcosa di

dipendenti, beni mobili e beni immateriali per l’esercizio dell’attività).
Inoltre, non si era dedotto e dimostrato che il gruppo di lavoratori trasferiti
fosse dotato di un particolare know how, e cioè di un comune bagaglio di
conoscenze tale che solo con esso fosse possibile fornire lo stesso od altro
servizio, mentre il fatto che fosse stata garantita l’organizzazione in capo a
Comdata della funzionalità del servizio atteneva ad un momento successivo
a quello della realizzazione della cessione di ramo d’azienda, al quale
occorre avere riguardo.
Per la cassazione della sentenza Vodafone Onnnitel B.V., già Vodafone
Omnitel N.V., ha proposto ricorso, affidato a due motivi, cui hanno resistito
con controricorso Simona Bucci, Valeria Cubeddu, Alberto Donatelli,
Simona Frenguellotti, Rosa Greco, Andrea Lopiano, Emanuela Mancioli,
Valentino Rossi, Tiziana Scarponi. Ha resistito altresì Comdata s.p.a. (già
Conndata care s.p.a.), che ha proposto ricorso incidentale affidato a due
motivi, cui hanno resistito con controricorso i lavoratori costituiti. Le parti
hanno depositato anche memorie ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso principale di Vodafone Omnitel B.V., e quello incidentale
di Comdata s.p.a. sono stati riuniti in quanto proposti avverso la medesima
sentenza.

2. I lavoratori nel controricorso a ricorso incidentale di Comdata
s.p.a. ne hanno eccepito preliminarmente l’inammissibilità, sostenendo che
la parte, avendo la medesima posizione processuale del ricorrente
principale, avrebbe dovuto proporre ricorso autonomo, per il quale tuttavia
il termine semestrale di cui all’ art. 327 c.p.c., applicabile ratione temporis,
era ormai scaduto.
2.1. L’eccezione è fondata.

Paola 1inoy, estensore
4

diverso da quello che era prima, ossia un’ articolazione costituita da

R. Gen. N. 10177/2014

Occorre premettere che la notifica del ricorso incidentale è stata
richiesta da Comdata s.p.a. in data 26.5.2014, quando già il termine per
l’impugnazione ex art. 327 I c.p.c. era decorso, considerato che la
sentenza gravata era stata depositata in data 30.10.2013. La sostanziale
sovrapponibilità dei motivi del ricorso principale e di quello incidentale fa
però ritenere che l’impugnazione di Comdata non possa configurarsi come

principale e non presidiata da un autonomo interesse ad impugnare da
essa originato. Come rilevato da Cass. n. 6444 del 17/03/2009 in relazione
ad una fattispecie di cessione di azienda come quella che ci occupa, il
litisconsorzio tra cedente e cessionario e l’inscindibilità delle cause,
comportano infatti che l’impugnazione proposta dal primo impedisca anche
nei confronti del secondo il passaggio in giudicato della sentenza sui punti
comuni, cessando perciò di aver rilievo il fatto che questi non abbia
proposto la medesima impugnazione (cfr. anche Cass. 25 giugno 2003, n.
10125, ed altre conformi), sicché nessun ulteriore risultato utile deriva dal
ricorso incidentale. Questo Collegio ritiene allora di aderire all’ indirizzo
interpretativo di questa Corte che trae origine dalla sentenza delle Sezioni
Unite n. 7339 del 1996 e che , successivamente posto in discussione dalle
stesse Sezioni Unite con la sentenza n. 24627 del 24.11.2007, pare oggi
prevalente (v. Cass. n. 109 del 7/1/2016, n. 21990 del 28/10/2015 , n.
20040 del 07/10/2015 ; n. 1120 del 21/01/2014, n. 1610 del 25/1/2008,
n. 6284 del 10/3/2008, ma, contra, Cass. n. 12714 del 25/5/2040, n. 9308
del 22/4/2011, n. 6444 del 17/3/2009), secondo il quale tale ricorso resta
soggetto ai termini ordinari di impugnazione, non potendosi applicare l’art.
334, comma 1, c.p.c.. Il ricorso incidentale tardivo di Comdata dev’essere
pertanto dichiarato inammissibile.
3. I motivi del ricorso principale possono così essere riassunti:
3.1. Come primo motivo, viene dedotta la nullità della sentenza per
violazione degli articoli 24 secondo comma e 111 secondo comma della
Costituzione, 101, 112, 115 c.p.c. e 2697 c.c. nonché violazione e falsa
applicazione delle predette norme. La ricorrente richiama l’articolo 123
comma 5 del D.Igs. n. 196 del 2003, Codice in materia di protezione dei
dati personali, che impone ai gestori del servizio pubblico di telefonia
mobile la piena e diretta responsabilità dei programmi che consentono
Pa a Ghinoy, estensore
5

incidentale in senso stretto, in quanto meramente adesiva all’impugnazione

R. Gen. N. 10177/2014

l’accesso ai data base contenenti i dati dei propri clienti, e ribadisce che in
virtù di tale normativa Vodafone non avrebbe potuto cedere la titolarità
della sua banca dati, né può consentire a terzi di sviluppare
autonomamente un programma di accesso alla stessa. Sostiene che la
distinzione tra data base e software non è mai stata allegata in giudizio da
nessuna delle parti, né può ritenersi fatto notorio rientrante tra le nozioni

fondamento nella realtà, in quanto non esiste la possibilità di gestire le
pratiche di attivazione di SIM telefoniche ovvero di gestione del credito
senza entrare nel data base dei clienti della società di telefonia.
3.2. Come secondo motivo, Vodafone Omnitel B.V lamenta violazione
e falsa applicazione dell’articolo 2112 c.c. Ribadisce l’irrilevanza della
mancata cessione dei programmi operativi e la natura decisiva
dell’elemento dell’organizzazione, colpevolmente travisato dalla Corte
d’appello, nonché la non necessità del requisito della preesistenza del ramo
ceduto, alla luce della novella del 2003, e comunque il suo travisamento
operato dalla Corte d’appello di Roma. Argomenta che il servizio ceduto
non avrebbe interdipendenza funzionale con Vodafone, ma solo forme di
legittimo raccordo. Evidenzia ancora che il legislatore al VI comma
dell’articolo 2112 c.c., ha espressamente disciplinato la fattispecie
dell’appalto di servizi eseguito dall’appaltatore attraverso il ramo d’azienda
acquisito, così ammettendo come pienamente legittima l’interconnessione
operativa funzionale che il ramo ceduto continua a mantenere con
l’organizzazione del cedente.

4. I due motivi di ricorso, che possono essere esaminati
congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.
Al fine di individuare quando ricorra la fattispecie della cessione di
ramo d’azienda, secondo la Direttiva 12 marzo 2001, 2001/23/CE, che ha
sostituito la direttiva 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, come modificata dalla
direttiva 29 giugno 1998, 98/50/CE, “è considerato come trasferimento ai
sensi della presente direttiva quello di una entità economica che conserva
la propria identità, intesa come un insieme di mezzi organizzati al fine di
svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria” (art. 1, n.
1, direttiva 2001/23). La Corte di Giustizia, cui compete il monopolio
interpretativo del diritto comunitario, ha ripetutamente individuato tale
Pa a Ghinoy, estensore
,…„
6

di comune esperienza; inoltre tale distinzione non troverebbe alcun

R. Gen. N. 10177/2014

nozione come complesso organizzato di persone e di elementi che consenta
l’esercizio di un’attività economica finalizzata al perseguimento di un
determinato obbiettivo (cfr. Corte di Giustizia, 11 marzo 1997, C- 13/95,
Suzen, punto 13; Corte di Giustizia, 20 novembre 2003, C- 340/2001,
Abler, punto 30; Corte di Giustizia, 15 dicembre 2005, C- 232/04 e C233/04, Guney-Gorres e Demir, punto 32) e sia sufficientemente

Hernandez ViOal, C-127/96, C-229/96, C-74/97, punti 26 e 27; porte di
Giustizia, 13 settembre 2007, Jouini, C-458/05, punto 31; Corte di
Giustizia, 6 settembre 2011, C-108/10, Scattolon, punti 51 e 60). Tale
interpretazione è stata confermata nella recente sentenza 6 marzo 2014,
C-458/12, Amatori ed a., in cui la Corte UE – in particolare ai punti 30 e 32
– ha richiamato la propria precedente giurisprudenza, ed ha anzi precisato
(pt. 34) che l’impiego del termine «conservi» nell’art. 6, par. 1, commi 1 e
4 della direttiva «implica che l’autonomia dell’entità ceduta deve, in ogni
caso, preesistere al trasferimento”, per concludere al pt. 35 che «..qualora
risultasse … che l’entità trasferita di cui trattasi non disponeva,
anteriormente al trasferimento, di un’autonomia funzionale sufficiente —
circostanza questa che spetta al giudice del rinvio verificare — tale
trasferimento non ricadrebbe sotto la direttiva 2001/23».
In tale sentenza la Corte di Giustizia ha anche evidenziato, in specie
al punto 51, che l’obiettivo della Direttiva è di garantire, per quanto
possibile, il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di cambiamento
dell’imprenditore, consentendo loro di rimanere al servizio del nuovo
imprenditore alle stesse condizioni pattuite con il cedente: ha così ritenuto
coerente con tale finalità l’allargamento da parte della legge nazionale
dell’ambito della protezione del lavoratore ceduto ad ipotesi ulteriori
rispetto a quelle di cessione di ramo d’azienda così come sopra individuata,
e ciò prescindendo dall’indagine in ordine alla genuinità della cessione ad
altri fini, eventualmente concorrenti, di tutela.
4.1. La normativa nazionale non è stata tuttavia rimodellata con il
fine di allargare l’ambito della fattispecie astratta della cessione di ramo
d’azienda rispetto alla nozione adottata in sede comunitaria, considerato
che il legislatore al contrario ha manifestato l’esplicita volontà di
adeguarvisi. La legge n. 30 del 2003 all’art. 1, comma 2 lettera p) ha infatti
delegato il governo a rivedere il D.Igs. 2 febbraio 2001, n. 18, (che aveva
P la Ghinoy,

estensore

7

strutturata ed autonoma (cfr. Corte di Giustizia, 10 dicembre 1998,

R. Gen. N. 10177/2014

già modificato l’art. 2112 c.c.), al fine dichiarato di realizzare un “completo
adeguamento della disciplina vigente alla normativa comunitaria”,
costituita dalla richiamata direttiva 2001/23/CE del Consiglio del 12 marzo
2001, già recepita dalla L. 1 marzo 2002, n. 39, richiedendo poi in
particolare al punto 2) la previsione del requisito dell’ “autonomia
funzionale del ramo di azienda nel momento del suo trasferimento”.

modificato dal D.Lgs., n. 276 del 2003, art. 32 applicabile ratione temporig
alla presente controversia, ha mantenuto immutata la definizione di
“trasferimento di parte dell’azienda” nella parte in cui essa è “intesa come
articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica
organizzata”, mentre le modifiche normative hanno riguardato la
soppressione dell’inciso “preesistente come tale al trasferimento e che
conserva nel trasferimento la propria identità” e l’aggiunta testuale
“identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo
trasferimento”, che richiede che al momento della cessione venga
individuato l’ambito dell’ autonomia funzionale del complesso ceduto. Ha
altresì introdotto al VI comma un regime di solidarietà tra appaltante ed
appaltatore per il caso in cui l’alienante stipuli con l’acquirente un contratto
di appalto la cui esecuzione avvenga utilizzando il ramo d’azienda oggetto
di cessione.
4.2. L’ intervento normativo del 2003 ha quindi ribadito e sottolineato
che costituisce elemento costitutivo della fattispecie della cessione
d’azienda l’ autonomia funzionale del ramo d’azienda ceduto, ovvero la
capacità di questo, già al momento dello scorporo dal complesso cedente,
di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi, funzionali ed
organizzativi (così come chiarito in più occasioni da questa Corte, v. Cass.
n. 5425 del 2015, n. 25229 del 2015, n. 8759 del 2014, n. 2766 del 2013,
n. 22613 del 2013, n. 21711 del 2012). Il fatto che la nuova disposizione
abbia rimesso al cedente e al cessionario di identificare l’articolazione che
ne costituisce l’oggetto non significa che sia consentito di rimettere ai
contraenti la qualificazione della porzione dell’azienda ceduta come ramo,
così facendo dipendere dall’autonomia privata l’applicazione della speciale
disciplina in questione, ma che all’esito della possibile frammentazione di
un processo produttivo prima unitario, debbano essere definiti i contenuti e
l’insieme dei mezzi oggetto del negozio traslativo, che realizzino nel loro
Paola Ghinoy, estensore
8

All’esito dell’esercizio della delega, l’art. 2112 c.c., nel testo

R. Gen. N. 10177/2014

insieme un complesso dotato di autonomia organizzativa e funzionale
apprezzabile da un punto di vista oggettivo. Il requisito della preesistenza
del ramo e dell’autonomia funzionale nella previsione si integrano quindi
reciprocamente, nel senso che il ramo ceduto deve avere la capacità di
svolgere autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da
parte del cessionario il servizio o la funzione cui esso risultava finalizzato

disposizione legittima quindi eriche la cessione di un ramo
“dematerializzato” o “leggero” dell’impresa, ovvero nel quale il fattore
personale sia preponderante rispetto ai beni, quando però il gruppo di
lavoratori trasferiti sia dotato di un particolare know how, e cioè di un
comune bagaglio di conoscenze, esperienze e capacità tecniche, tale che
proprio in virtù di esso sia possibile fornire lo stesso servizio (Cass. n.
21917/2013 e 15690/2009).
4.3. Tale requisito, letto conformemente alla disciplina dell’unione,
consente di limitare le ipotesi di deroga al principio generale stabilito
dall’art. 1406 c.c., secondo il quale la cessione del contratto richiede il
consenso della parte ceduta, scongiurando operazioni di trasferimento che
si traducano in una mera espulsione di personale, in quanto il ramo ceduto
dev’essere dotato di effettive potenzialità commerciali che prescindano
dalla struttura cedente dal quale viene estrapolato (in tal senso in
particolare v. Cass. n. 5425 del 2015, n. 25229 del 2015, citate) ed essere
in grado di offrire sul mercato ad una platea indistinta di potenziali clienti
quello specifico servizio per il quale è organizzato.
4.4. L’analisi non deve quindi basarsi sull’ organizzazione assunta dal
cessionario successivamente alla cessione, eventualmente grazie alle
integrazioni determinate da coevi o successivi contratti di appalto, ma
all’organizzazione consentita già dalla frazione del preesistente complesso
produttivo costituita dal ramo ceduto. Il sistema normativo è infatti ben
chiaro nel distinguere l’ appalto (anche di servizi) dalla cessione di ramo
d’azienda. L’attuale VI comma dell’art. 2112 c.c., valorizzato dalla Corte
territoriale ed anche dalla parte ricorrente, ha introdotto un regime di
solidarietà tra appaltante ed appaltatore (quello di cui all’art. 29 comma 2
del D.Igs. n. 276 del 2003, in virtù della modifica apportata dall’art. 9,
comma 1, D.Lgs. 6 ottobre 2004, n. 251) per il caso in cui il cedente stipuli
con il cessionario un contratto di appalto la cui esecuzione avvenga
Pa14ì Ghinoy,

estensore

9

già nell’ambito dell’impresa cedente anteriormente alla cessione. La

R. Gen. N. 10177/2014

utilizzando il ramo d’azienda oggetto di cessione, così manifestando come
la consistenza del ramo d’azienda utilizzato e il contratto di appalto del
servizio ceduto restino su due piani distinti. Il comma 3 del citato art. 29,
poi, chiarisce che l’acquisizione del personale gia’ impiegato nell’appalto a
seguito di subentro di un nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto
collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto d’appalto, non

nettamente chiarendo che, anche quando, il cedente stipuli con il
cessionario un contratto d’appalto per la fornitura del servizio ceduto, si
può configurare una cessione di ramo d’azienda (solo) quando al
trasferimento del personale si accompagni quella del complesso degli altri
elementi che lo rendeva autonomamente idoneo allo svolgimento del
servizio.
4.5. Dal punto di vista processuale, poi, occorre rilevare che incombe
su chi intende avvalersi degli effetti previsti dall’art. 2112 c.c. che
costituiscono eccezione al principio del necessario consenso del contraente
ceduto stabilito dall’art. 1406 c.c., fornire la prova dell’esistenza di tutti i
requisiti che ne condizionano l’operatività: grava, cioè, sulla società
cedente l’onere di allegare e provare l’insieme dei fatti concretanti un
trasferimento di ramo d’azienda (Cass. n. 4500 del 8.3.2016 e Cass. n. 206
del 2004).
4.6. Il principio di diritto che regola la fattispecie è dunque il
seguente: “Costituisce elemento costitutivo della cessione di ramo
d’azienda prevista dall’art. 2112 c.c., anche nel testo modificato dal D.Lgs.
n. 276 del 2003, art. 32, l’ autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero
la capacità di questo, già al momento dello scorporo dal complesso

cedente,

di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi,

funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere – autonomamente dal
cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario – il servizio o
la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al
momento della cessione, indipendentemente dal coevo contratto di
fornitura di servizi che venga contestualmente stipulato tra le parti.
Incombe su chi intende avvalersi degli effetti previsti dall’art. 2112 c.c. che
costituiscono eccezione al principio del necessario consenso del contraente
ceduto stabilito dall’art. 1406 c.c., fornire la prova dell’esistenza di tutti i
requisiti che ne condizionano l’operatività”.
Pao Ghinoy, estensore
c,

lo

costituisce trasferimento d’azienda o di parte d’azienda, in tal modo

R. Gen. N. 10177/2014

5. La Corte territoriale, facendo applicazione di tali principi, ha
escluso che nella fattispecie sottoposta al suo vaglio fosse stata fornita la
prova idonea a ritenere che nella specie fosse stata trasferita un’ attività
organizzata “funzionalmente autonoma”, con una valutazione di merito

sfugge al sindacato di legittimità (cfr. Cass. n. 5117 del 2012, Cass. n.
2042
Z del 2012, Cass. n. 2151 del 2013, Cass. n. 20729 del 2013, Cass. n.
1821 del 2013, Cass. n. 24262 del 2013).
Nel valorizzare, come riportato nello storico di lite, la mancata
cessione dei programmi e dei sistemi informatici che venivano utilizzati dai
dipendenti prima dello scorporo, la Corte territoriale non ha fatto altro che
esaminare il contenuto del contratto di cessione, e la sua ricostruzione
fattuale non è stata censurata dalla parte ricorrente. Questa piuttosto
valorizza l’incedibilità – indiscussa – dei data base di Vodafone, contenente
i dati sensibili relativi ai clienti, onde farne discendere l’incedibilità anche
non solo dei programmi che consentono l’accesso e la modifica di tali data
base, ma anche di tutti i programmi e gli operativi informatici che venivano
utilizzati prima della cessione per lo svolgimento delle diverse attività
(promozione commerciale, consulenza tecnica, gestione delle pratiche
amministrative, gestione del credito) con una soluzione che accomuna
elementi distinti (i data base da un lato, i programmi operativi necessari
per lo svolgimento delle attività di assistenza alla clientela e gestione del
credito dell’altro), la cui coincidenza ed inscindibilità avrebbe però dovuto
essere dedotta e dimostrata dalla stessa cedente.
5.1. Neppure risulta utilmente smentita, al di là di un generico
richiamo al livello di inquadramento impiegatizio dei lavoratori,
l’affermazione della Corte territoriale secondo la quale non è risultato che il
gruppo di lavoratori trasferiti fosse dotato di un particolare know how o
comunque di una specifica ed elevata professionalità, avente rilievo
determinante nello svolgimento del servizio ceduto.
5.2. Correttamente poi la Corte d’appello ha inti. rilevato che gli
aspetti che anche nel giudizio di secondo grado erano stati valorizzati da
Vodafone e Comdata attenevano alla funzionalità del servizio in un
momento successivo al contratto di cessione di ramo d’azienda, sicché
rimanevano elementi organizzativi introdotti dalla cessionaria che non
Pao1p3hinoy. estensore

che, in quanto espressa con motivazione sufficiente e non contraddittoria,

R. Gen. N. 10177/2014

valevano a dimostrare che l’oggetto della cessione fosse in grado di
funzionare autonomamente al momento della cessione stessa.
5.3. Le censure alla ricostruzione fattuale si traducono quindi nella
richiesta di riesame dell’intero materiale probatorio, che risulta
inammissibile, considerato che neppure vengono prospettate risultanze

determinato un diverso risultato interpretativo, tanto più considerando che
al presente giydizio si applica ratione temporis la formulazione dell’prt. 360
comma 1 n. 5 c.p.c. introdotta dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83,
convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha ridotto
al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimità sulla motivazione, nel
senso chiarito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8053 del 2014,
secondo il quale la lacunosità e la contraddittorietà della motivazione
possono essere censurate solo quando il vizio sia talmente grave da
ridondare in una sostanziale omissione, né può fondare il motivo in
questione l’omesso esame di una risultanza probatoria, quando essa
attenga ad una circostanza che è stata comunque valutata dal giudice del
merito.

6. Segue il rigetto del ricorso principale, nonché la condanna delle
parti ricorrenti in solido ai pagamento delle spese del presente giudizio di
legittimità, liquidate come da dispositivo, con distrazione ex art. 93 c.p.c.
in favore del difensore dichiaratosi anticipatario. Compensate le spese tra
Vodafone Omnitel B.V. e Comdata s.p.a..
In considerazione della data di notifica dei ricorsi, deve darsi atto
della sussistenza dei presupposti di cui al primo periodo dell’art. 13,
comma 1quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dal comma
17 dell’art. 1 della Legge 24 dicembre 2012, n. 228, ai fini del raddoppio
del contributo unificato per i casi di impugnazione respinta integralmente o
dichiarata inammissibile o improcedibile.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale
di Comdata s.p.a. e rigetta il ricorso principale di Vodafone Omnitel B.V.
Condanna le parti ricorrenti al pagamento in solido delle spese del giudizio
in favore dei lavoratori controricorrenti, che liquida in complessivi C
4.500,00 per compensi professionali, oltre ad C 100,00 per esborsi ed
Pao13hinoy. estensore
l

12

processuali la cui valutazione, omessa dalla Corte territoriale, avrebbe

R. Gen. N. 10177/2014

accessori di legge, con distrazione in favore del difensore avv. Panici.
Compensa le spese tra Vodafone Omnitel B.V. e Conndata.
Ai sensi dell’ art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002,
dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di

quello incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Roma, così deciso nella ,camera di consiglio del 25.2.2016

contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per

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