Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11245 del 09/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/05/2017, (ud. 07/03/2017, dep.09/05/2017),  n. 11245

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25107-2015 proposto da:

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA

N 44, presso lo studio dell’avvocato ARNALDO MIGLINO, rappresentato

e difeso dall’avvocato SALVATORE GULLI’;

– ricorrente –

contro

REGIONE CALABRIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MATTEO

BOIARDO 12, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MORABITO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANNAPAOLA DE MASI;

– controricorrente –

e contro

SO.RI.CAL. S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 248/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 16/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/03/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza del 16 aprile 2015, la Corte di Appello di Catanzaro confermando la decisione del Tribunale in sede, rigettava la domanda proposta da F.G. nei confronti della Regione Calabria ed intesa all’accertamento del demansionamento/dequalificazione dal 1.1.2007 in poi, avendo il detto ente affidato a terzi la gestione degli impianti idropotabili, con condanna dello stesso al risarcimento del danno patrimoniale ed alla persona, da liquidarsi in via equitativa;

che ad avviso della Corte territoriale nel ricorso introduttivo del giudizio non era stato dedotto lo svuotamento totale delle mansioni, ma lo svolgimento di mansioni diverse, genericamente ricondotte a compiti amministrativi ragion per cui, non avendo il F. allegato che la qualifica di “istruttore” posseduta non contemplasse mansioni di carattere amministrativo, non vi era la prova del dedotto demansionamento e ciò in quanto, ai sensi del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 52 il dipendente di datore di lavoro pubblico ha diritto di essere assegnato a mansioni del profilo di appartenenza e non alla singola qualifica riconducibile al profilo nel suo complesso sicchè l’assegnazione a diversa qualifica di un medesimo profilo professionale non è configurabile come dequalificazione foriera di danno;

che per la cassazione di tale decisione propone ricorso il F. affidato a due motivi cui resiste con controricorso la Regione Calabria mentre la Sorical s.p.a. è rimasta intimata;

che è stata depositata la proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che: con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, artt. 2087 e 2043 c.c. in relazione alla L.R. 5 agosto 1991, n. 13, art. 8 e della L.R. n. 10 del 1997, art. 52 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per non avere la Corte di Appello rilevato che il ricorrente – ex dipendente della Cassa per il Mezzogiorno transitato nei ruoli dei dipendenti regionali, quindi distaccato dal 29.9.2004 al 5.12.2006 presso la Sorical s.p.a. e, poi, cessato il distacco, rientrato presso la Regione – aveva svolto l’attività lavorativa sugli acquedotti regionali della Calabria e che tale attività gli era stata preclusa – con conseguente illecito svuotamento delle mansioni – a seguito dell’affidamento, da parte della Regione, alla Sorical s.p.a. degli acquedotti; con il secondo motivo viene denunciata la nullità della sentenza per omessa motivazione circa la non ammissione della prova testimoniale – richiesta nell’atto introduttivo del giudizio e nell’appello – con la quale si intendeva dimostrare che, ceduta la gestione degli acquedotti alla Sorical s.p.a., non erano più residuate mansioni assegnabili al ricorrente in quanto presso il nuovo ufficio di destinazione si svolgevano solo compiti amministrativi (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5);

che il primo motivo è inammissibile in quanto non censura la ratio decidendi dell’impugnata sentenza costituita dal rilievo che il F., nel ricorso introduttivo del giudizio, non aveva dedotto lo svuotamento totale delle mansioni, ma lo svolgimento di mansioni diverse, genericamente ricondotte a compiti amministrativi omettendo anche di allegare, ai fini della prova del demansionamento, che la qualifica di “istruttore” posseduta non contemplasse mansioni di carattere amministrativo (in altri termini, che l’adibizione del ricorrente a compiti amministrativi non comportava una sua totale inattività nè necessariamente una dequalificazione);

che il secondo motivo è infondato alla luce del principio più volte affermato da questa Corte secondo cui la mancata pronuncia su una istanza istruttoria, non integra, di per sè, il vizio di omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia occorrendo, a tal fine, che la risultanza processuale ovvero l’istanza istruttoria non esaminata attenga a circostanze che, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, avrebbero potuto indurre ad una decisione diversa da quella adottata (cfr, ex plurimis, Cass. n. 5377 del 07/03/2011; Cass. n. 4369 del 23/02/2009; Cass. n. 11457 del 17/05/2007); ed infatti, la prova testimoniale così articolata (“Vero che presso l’Ufficio Regionale Acquedotti di Germaneto gli addetti attualmente svolgono solo compiti di natura amministrativa”) è priva del carattere della decisività in quanto, contrariamente a quanto affermato nel motivo, non vale a dimostrare che in quell’ufficio il ricorrente fosse rimasto del tutto inattivo;

che, alla luce di quanto esposto, il ricorso va rigettato;

che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo in favore della Regione Calabria; non si provvede in ordine alle spese nei riguardi della Sorical s.p.a. rimasta intimata;

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014); inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio in favore della Regione Calabria liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%; nulla spese nei confronti della Sorical s.p.a..

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2017

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