Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11242 del 31/05/2016
Civile Sent. Sez. 2 Num. 11242 Anno 2016
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: GIUSTI ALBERTO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AB- ricorrente contro
PATERNOSTER Chernbina, FERRARA Teodosio, FERRARA Rosaria Anna,
FERRARA Silvia, FERRARA Alessandro, FERRARA Giovanni e FERRARA
Massimiliano, nella qualità di eredi di FERRARA Adriano;
intimati avverso la sentenza della Corte d’appello di Potenza n. 202/11
in data 9 agosto 2011.
a
Data pubblicazione: 31/05/2016
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 maggio 2016 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;
udito l’Avv. Giuseppe Cosentino;
curatore Generale dott. Rosario Giovanni Russo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
l. – AB, con atto depositato il 6
aprile 1999, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di
Melfi lo zio materno DD, chiedendo di essere dichiarato comproprietario del fondo rustico sito in agro di
Mélfi, di cui al foglio 75, particelle 174 e 175, per acquisto
fattone a titolo di successione ereditaria dalla madre CC, la quale a sua volta lo aveva ricevuto
in eredità dal padre BB.
Si costituiva il convenuto, il quale resisteva alla domanda, sostenendo che il fondo gli era stato assegnato in eredità
dal padre BB con testamento olografo.
Il Tribunale di Melfi, con sentenza in data 9 luglio 2003,
rigettava la domanda dell’attore e quella risarcitoria del
convenuto per lite temeraria.
2. – La Corte d’appello di Potenza, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 9 agosto 2011, ha
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udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Pro-
rigettato l’appello principale del AB e ha dichiarato
inammissibile, per tardività, quello incidentale (quanto alla
domanda di condanna per lite temeraria) del Ferrara, al quale
sono subentrati, in corso di causa, i di lui eredi.
ha escluso il lamentato vizio di ultrapetizione, sollevato sul
rilievo che, essendo oggetto del contendere la proprietà della
sola particella n. 174 del foglio n. 75, il giudice di prime
cure avesse incluso fra gli immobili oggetto di causa anche la
particella n. 175 del medesimo foglio.
La Corte d’appello inoltre, condividendo l’interpretazione
del testamento olografo data dal Tribunale, ha affermato che
non vi è alcun dato testuale dal quale potersi evincere che il
testatore abbia inteso dividere le particelle 174 e 175, da
sempre considerate unico predio, così da assegnare la particella n. 174 alla figlia Antonietta.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte
d’appello il AB ha proposto ricorso, con atto notificato il 7 marzo 2012, sulla base di sette motivi.
Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva in
questa sede.
In prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato una
memoria illustrativa.
Considerato in diritto
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2.1. – Per quanto qui ancora rileva, la Corte territoriale
– E’ prioritario in ordine logico l’esame del secondo
motivo, con cui il ricorrente censura violazione dell’art. 112
cod. proc. civ., per avere la sentenza impugnata erroneamente
ritenuto che il AB avesse rivendicato anche la proprie-
tà della particella 175, laddove oggetto dell’azione era esclusivamente la particella 174.
1.1. – Il motivo è inammissibile.
Nello scrutinare il corrispondente motivo di gravame (il
primo, con cui l’appellante si era doluto del fatto che il
Tribunale avesse pronunciato “sul diritto di proprietà di un
bene per il quale le parti non avevano formulato alcuna domanda”, così incorrendo nel vizio di ultrapetizione), la Corte
d’appello lo ha respinto sulla base di una duplice ratio, ciascuna delle quali sufficiente a sostenere la decisione:
– da un lato escludendo qualsiasi violazione del principio
di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, posto che,
per un verso, l’attore aveva affermato,
nell’atto intro-
duttivo del giudizio, di essere proprietario delle particelle 174 e 175 ed aveva concluso per l’accertamento del
proprio di diritto “sulle
res sopra indicate”, senza li-
mitare la propria domanda con riferimento alla sola particella 174; e, per l’altro verso, il convenuto aveva affermato di essere a sua volta proprietario di entrambe le
particelle, costituenti, a suo dire, un unico fondo;
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– 4 –
– dall’altro lato rilevando il difetto di interesse
dell’appellante alla relativa censura, giacché “se anche
volesse ritenersi proposta implicitamente una domanda tesa all’accertamento della proprietà
sulla sola particella
re la domanda, abbia pronunciato implicitamente sulla
proprietà della particella n. 175, l’oggetto
dell’accertamento spettante al giudice di appello resterebbe comunque immutato, dovendo questi stabilire quale
fondo sia stato dal testatore attribuito al convenuto e
quale all’attore”.
Ora, questa secondo ratio décidendi non è attinta dal motivo di censura: il ricorrente si limita a contestare la prima
ratio,
sostenendo essere pacifico che in primo grado era stata
rivendicata solo la particella 174.
Di qui l’inammissibilità del motivo, trovando applicazione
il principio secondo cui qualora la decisione impugnata si
fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non
formuli specifiche doglianze avverso una di tali
cidendi
rationes de-
(Cass., Sez. Un., 29 marzo 2013, n. 7931; Cass., Sez.
lav., 4 marzo 2016, n. 4293)
2. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., nonché errata, incongrua ed
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174 e volesse ritenersi che il Tribunale, nel rigetta-
insufficiente motivazione, per avere la Corte d’appello
rece-
pito acriticamente le errate risultanze della c.t.u. Il ricorrente ritiene che la conclusione del consulente tecnico – secondo cui il fondo con entrostante fabbricato rurale sito in
le 174 e 175, è intestato ad Adriano Ferrara secondo la volontà del de culus – sarebbe per più profili erronea. Il consulente tecnico, infatti, sarebbe giunto a tale conclusione non
sulla base delle risultante esistenti presso la Conservatoria
dei registri Immobiliari di Potenza, l’Ufficio del registro di
Melfi o il Catasto, ma a seguito di una propria interpretazione della scheda testamentaria, compiendo una valutazione di
esclusiva pertinenza del giudice d’appello. Il c.t.u. geom.
Lioi avrebbe compiuto valutazioni di tipo giuridico, sostituendosi al giudicante. La Corte d’appello non avrebbe tenuto
conto delle critiche svolte dal ricorrente alla consulenza con
l’atto di gravame. Ad avviso del ricorrente, le mere asserzioni del consulente nulla provano e si sono rivelate fuorvianti,
perché hanno condotto i giudici a ritenere che nel testamento
fossero indicate
tutta le particelle dei fondi menzionati dal
c.t.u., quella (particella
135) in contrada Li Piani e quelle
(particelle 174 e 175) in contrada Incoronata, anziché, solamente, gli appezzamenti corrispondenti a queste due ultime
singole particelle. La Corte d’appello non solo non avrebbe
rilevato la mancanza di riscontri documentali alle affermazio-
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contrada Incoronata in agro di Melfi, composto dalle particel-
ni del c.t.u., ma non avrebbe neppure considerato i documenti
forniti dall’attore. La
necessità di accertare quali fossero
tutti i beni non alienati di proprietà del
de cuius al momento
del decesso, avrebbe dovuto essere inserita tra i quesiti per
chiesto per il c.t.u. indagini rigorose, che invece sono mancate del tutto, su ogni aspetto del testamento, incluse le
cancellature che si evidenziano nella scheda testamentaria,
quindi esaminando il documento originale. Per poter sostenere
le proprie conclusioni in modo logico e quanto meno tecnico,
il c.t.u.
–
si sostiene
–
avrebbe dovuto svolgere accertamenti
presso la Conservatoria dei registri immobiliari e il Catasto,
ed estendere la ricerca al secolo precedente (perché il
de
cuius era nato nel 1871), e poi anche su tutti i beni mobili
e, in ogni caso, verificando quali beni poi fossero stati effettivamente trasferiti e
intestati
a ciascuno degli eredi,
compresi i titoli delle rendite menzionate dal de culus ma non
assegnate e non quantificate con il testamento.
Il terzo mezzo denuncia violazione dell’art. 115 cod.
dare modo alle parti di svolgere difese adeguate e avrebbe ri-
proc. civ., per avere la Corte di Potenza omesso di esaminare
parte dalle prove documentali prodotte o acquisiste d’ufficio
(titoli di proprietà e note di trascrizione) e di pronunciarsi
su una prova esaminata (la denuncia di successione del 1966
della sua dante causa, redatta proprio dalla controparte). Con
la documentazione depositata (denuncia di successione, certi-
okm
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ficato di presentazione della denuncia di successione, estratto storico catastale, certificato ipotecario, visure aggiornate provenienti dalla Conservatoria) l’attore aveva dimostrato
che il terreno foglio 75 particella 174, con entrostante casi-
sendo le prove documentali sulla titolarità della proprietà
elementi decisivi, la Corte d’appello era tenuta ad esaminare
tutte le suddette prove e non soltanto la denuncia di successione del 1966.
Con il quarto motivo il ricorrente lamenta violazione e
falsa applicazione degli artt. 115 cod. proc. civ. e 587 cod.
civ., per avere i giudici del gravame inteso interpretare il
testamento olografo prodotto, nonostante nessuna delle parti
avesse denunciato che lo stesso fosse stato formulato in modo
oscuro o ambiguo, e per avere comunque, nella loro interpretazione, “negato … ogni riferimento letterale fornito dal testatore, nell’individuazione dei beni di cui trattasi, determinando così, di fatto, un’arbitraria attività costitutiva o integrativa della volontà del testatore”. Inoltre la Corte
d’appello non avrebbe “spiegato i motivi per cui ha ritenuto
che l’interpretazione, pur non risolvendo ogni elemento indicativo descritto nella scheda testamentaria, dovesse prevalere
sulle intestazioni degli atti di proprietà, immutate dal
1950″.
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na, risultava essere di proprietà sua e dei suoi fratelli. Es-
Il quinto mezzo lamenta violazione e falsa applicazione
degli artt. 733 e 734 cod. civ. nonché vizio logico di motivazione, per avere la Corte, pur in assenza di un calcolo matematico, affermato che le intenzioni del testatore fossero
Il sesto motivo prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 948, 1362 e 2697 cod. civ. e 115 cod. proc.
civ., con riferimento alla legge 18 giugno 2009, n. 69 ed
all’art. 116 cod. proc. civ., per non avere la Corte considerato che l’onere probatorio a carico dell’attore rivendicante
si attenua quando il convenuto non contesta,
come nel caso di
specie, l’originaria appartenenza del bene e che, comunque, a
tal fine era idonea la voltura catastale dei beni immobili appartenuti al d’e cuius.
Con il settimo motivo il ricorrente lamenta violazione di
legge e vizio di motivazione per contrasto tra conclusioni e
provvedimento, per avere la sentenza impugnata erroneamente
interpretato i codicilli apposti dal de cuius al testamento.
2.1. – I sei motivi – da esaminare congiuntamente, stante
la stretta connessione – sono infondati.
Poiché é pacifico che il bene oggetto dell’azione di rivendicazione apparteneva al defunto Alessandro Bonaventura
Ferrara, padre del convenuto Adriano a di Antonietta, madre
dell’attore, correttamente la Corte d’appello, per stabilire a
chi spettasse la proprietà sulla cosa reclamata, ha verificato
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quelle di soddisfare in pari misura ciascuno dei figli.
a quale dei due figli sia stato trasmesso per via ereditaria
il bene.
Sotto questo profilo la Corte di Potenza ha premesso: (a)
che, con testamento olografo datato 12 aprile 1949, Alessandro
con casina, alla contrada
Incoronata”, con
valore in quella
sede dichiarato in lire 600.000, ed altri immobili, e destinò
al figlio Adriano “una vigna in contrada Incoronata,
dell’estensione di tomoli 1-1/2, del valore di lire 300.000”
ed altri immobili; (b) che con un primo codicillo, datato 12
aprile 1949, il testatore dispose quanto segue: “Aggiungo
dico meglio:
e
che il locale tenuto in fitto da Cappiello Vin-
cenzo, al Largo della Posta, sarà di mio figlio Adriano”; (e)
che con un secondo codicillo, datato 19 marzo 1950, il testatore mutò il contenuto del testamento, scrivendo: “Dispongo
che la vigna grande passi da Antonietta ad Adriano, il quale è
tenuto a dare in cambio la vigna piccola e il locale tenuto in
fitto da Cappiello Vincenzo”.
La Corte d’appello ha anche premesso che il testatore era
proprietario dei seguenti fondi: 1) un terreno con entrostante
fabbricato rurale, in contrada Incoronata, in catasto al foglio n. 75, particelle 174 e 175 (le due particelle negli atti
di provenienza sono state considerate come parti di un unico
fondo e lo stesso attore, nell’atto di citazione, riferisce
che non sono mai state separate da recinzioni); 2) un terreno
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Bonaventura Ferrara destinò alla figlia Antonietta una “vigna
in contrada Li Piani o Incoronata o Casa Caronte, in foglio n.
75, particella e. 135.
Sulla base di queste premesse, la Corte di merito è giunta
ad affermare che il
de cuius,
con il codicillo del 19 marzo
fosse attribuita al figlio Adriano, assegnando in “compensazione” alla figlia Antonietta la “vigna piccola e il locale
tenuto in fitto da Cappiello Vincenzo”.
Alla conclusione che il bene conteso rientra nella quota
di eredità assegnata per via testamentaria al convenuto la
Corte di Potenza è pervenuta sulla base dell’interpretazione
della volontà espressa dal de cuius nel testamento olografo:
(a) rilevando la mancanza di qualsiasi dato testuale dal quale
potersi evincere che il testatore abbia inteso dividere le
particelle 174 e 175, da sempre considerate unico predio, così
da assegnare la particella n. 174 alla figlia Antonietta; (b)
sottolineando, anche sulla base degli accertamenti compiuti
dal c.t.u., che con il. testamento il de culus dispose di tutti
i beni, facendo attenzione affinché le sue determinazioni non
danneggiassero alcun figlio, come
risulta
dimostrato dalla
circostanza che, con l’apposizione dei codicilli, egli riuscì
ad assegnare a tutti i figli porzioni di quasi identico valore; (c) trovando conferma, quanto alla individuazione dei
be-
ni,
co-
nel fatto che, come precisato dal c.t.u., nel lessico
mune della gente di Melfi, per “vigna” si intendeva un qualsi-
1950, stabilì che la vigna grande (ossia la vigna con casina)
asi appezzamento di terreno con colture di natura diversa (vigneto-oliveto; vigneto-frutteto).
La conclusione della Corte territoriale riposa su una motivazione logica e intrinsecamente coerente, condotta sulla
struita secondo il testo letterale della scheda testamentaria
e il senso complessivo delle clausole che la compongono.
Nella sentenza impugnata non è ravvisabile nessun acritico
recepimento delle risultanze della consulenza tecnica e nessuna devoluzione al consulente di un improprio compito di stabilire la portata delle clausole testamentarie: il giudice del
merito ha proceduto infatti ad
una autonoma interpretazione
del significato della scheda testamentaria, avvalendosi degli
esiti delle indagini del consulente tecnico esclusivamente per
stabilire l’entità del patrimonio del de cuius,
il valore dei
beni che ne facevano parte ed il significato del termine “vigna” nel lessico comune degli abitanti di Melfi.
Né è configurabile la denunciata omessa valutazione di elementi documentali decisivi: non essendovi dubbio che – appartenuto il bene in piena proprietà al de cuius
–
base di una interpretazione della volontà del testatore, rico-
l’attore in
rivendica è tenuto a dimostrare la proprietà del bene che assume a lui appartenente fornendo la prova dell’acquisto della
ree oggetto della controversia, non potendo, all’uopo, ritenersi sufficiente la mera produzione di documentazione amministrativa (nella specie, nota di trascrizione nei registri im-
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RA,
mobiliari, nota dell’ufficio del registro, denuncia di successione, dati ricavati dai registri catastali), a fronte
dell’attribuzione per via testamentaria del bene controverso
ad altro erede da parte del d’e cuius.
splorative (come quelle rivolte all’operato del consulente
tecnico), oppure tendono – anche là dove denunciano formalmente la violazione e la falsa applicazione di norme di legge,
sostanziali o processuali, o un decisivo difetto di motivazione – a rimettere in discussione il merito della regiudicanda,
ossia la ricostruzione, operata dalla Corte territoriale, della volontà del testatore espressa nell’olografo.
3. – Il ricorso è rigettato.
Non vi è luogo ad alcuna statuizione sulle spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 13
Le altre censure si appalesano del tutto generiche o e-