Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11242 del 09/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/05/2017, (ud. 07/03/2017, dep.09/05/2017),  n. 11242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18935-2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante in proprio e quale

procuratore speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI

I.N.P.S. (S.C.C.I.) S.p.A. -C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede

dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, GIUSEPPE

MATANO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO ed EMANUELE DE ROSE giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.M.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA

1, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentata e

difesa dall’avvocato SILVIA CRISTINA TERRACCIANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1006/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 13/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/03/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza del 13 gennaio 2015, la Corte di Appello di Milano, in riforma della decisioni nn. 5281/10 e 770/10 del Tribunale in sede, dichiarava che nulla era dovuto da A.M.P. a titolo di contributi previdenziali per la Gestione Commercianti da settembre 2003 ed annullava la cartella opposta condannando l’INPS alla restituzione di quanto versato dalla A. alla detta Gestione dal settembre 2003 al 2008;

che Corte territoriale rilevava come l’INPS – onerato della prova – non avesse dimostrato la sussistenza dei presupposti necessari ai fini della iscrizione della A. nella Gestione Commercianti, in riferimento al periodo contestato non essendo emerso un apporto della predetta (socia della società OSD s.r.l. ed amministratrice della stessa dal 2003) prevalente rispetto agli altri fattori produttivi nè lo svolgimento da parte sua di attività sconfinanti rispetto ai ruoli di amministratrice;

che per la Cassazione di tale decisione propone ricorso l’INPS – in proprio e nella qualità di mandatario della S.C.C.I. s.p.a. – affidato ad un unico motivo cui la A. resiste con controricorso;

che è stata depositata la proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio; che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che l’I.N.P.S., con l’unico motivo di ricorso, deduce violazione e falsa applicazione della L. 27 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi 203 e 208 così come interpretato dal D.L. n. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11, conv. in L. 30 luglio 2010, n. 122 in relazione all’art. 2697 c.c., censurando la sentenza nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto che esso ricorrente non avesse fornito la prova dello svolgimento, da parte della A., di un’attività lavorativa abituale e prevalente nell’ambito della società rispetto agli altri fattori produttivi;

che il ricorso è manifestamente infondato alla luce dei precedenti di questa Corte (Cass. n. 26976 del 23 dicembre 2016; Cass. n. 24103 del 28 novembre 2016; Cass. n. 10443 del 20 maggio 2016; Cass. n. 8093 del 27 aprile 2016, tra le numerose) nei quali è stato chiarito che per il doppio onere occorre una “coesistenza” di attività riconducibili, rispettivamente, al commercio e all’amministrazione societaria e che la verifica della sussistenza di requisiti di legge per tale “coesistenza” è compito del giudice di merito e deve essere effettuata in modo puntuale e rigoroso, indispensabile essendo che l’onere probatorio (il quale, secondo le ordinarie regole, grava sull’ente previdenziale, tenuto a provare i fatti costitutivi dell’obbligo contributivo – cfr. ex multis Cass. 20 aprile 2002, n. 5763; Cass. 6 novembre 2009, n. 23600 -) venga compiutamente assolto;

che, nella specie, il decisum della Corte territoriale, incentrato sullo svolgimento da parte della A. della sola attività di amministratrice, senza alcuna partecipazione diretta all’attività materiale ed esecutiva dell’azienda non è stato validamente infirmato dalla parte ricorrente;

che, di per sè, la qualifica di socio di una società di capitali (con responsabilità limitata al capitale sottoscritto e con partecipazione alla realizzazione dello scopo sociale esclusivamente tramite il conferimento di tale capitale) non può essere significativa dell’esercizio di diretta attività commerciale nell’azienda, svolta nell’ambito dell’intero ciclo produttivo da altri dipendenti;

che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va rigettato;

che le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico dell’Inps e vengono liquidate come da dispositivo.

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014); inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna l’INPS al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 1.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2017

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