Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11241 del 09/05/2017
Cassazione civile, sez. VI, 09/05/2017, (ud. 04/04/2017, dep.09/05/2017), n. 11241
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8794-2016 proposto da:
S.N.C. Installazione di Impianti di A.M. & C. – C.F.
(OMISSIS), A.M., A.R., S.M.,
Attivamente domiciliati in ROMA, VIA NICASTRO 3, presso lo studio
dell’avvocato NICOLINA NICODEMO, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, Cf. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, DI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope
legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 5322/10/2015 della COMMISSIONI TRIBUTARIA
REGIONALE di ROMA, depositata il 14/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 04/04/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON.
Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del
Presidente e del Relatore.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
Con sentenza in data 28 settembre 2015 la Commissione tributaria regionale del Lazio, previa riunione, respingeva gli appelli proposti da A.M., A.R., S.M., P.S., RO.MA.SE.MA snc avverso le sentenze nn. 13780/45/14 -13777/45/14 – 13778/45/14 – 13775/45/14 – 13776/45/14 della Commissione tributaria provinciale di Roma che ne aveva respinto i ricorsi contro gli avvisi di accertamento IRPEF ed altro, IRAP, IVA 2006. La CTR osservava in particolare che le riprese fiscali portate dagli atti impositivi impugnati erano fondate in quanto i costi oggetto delle medesime non erano stati adeguatamente comprovati dalla società verificata, mancando per quelli di ristorazione, viaggi e trasferte l’indicazione dei nominativi delle persone che ne avevano usufruito le relative prestazioni e per quelli relativi alle fatture della impresa individuale D.P. la documentazione contrattuale comprovante il rapporto con la stessa, essendo comunque le indicazioni contenute nelle fatture sufficientemente dettagliate, sì da poter far ritenere la “certezza” dei costi stessi, ed essendo in ogni caso onere del contribuente provare, anche, in siffatto modo l'”inerenza” del relativo onere finanziario passivo ai fini della sua deducibilità.
Avverso la decisione hanno proposto ricorso per cassazione i contribuenti deducendo tre motivi.
L’Agenzia delle entrate si è costituita tardivamente al solo fine di partecipare al contradditorio orale.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo ed il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – i ricorrenti lamentano violazione/falsa applicazione dell’art. 109, comma 5 TUIR, poichè la CTR ha escluso l’inerenza dei costi oggetto delle riprese fiscali de quibus (pagamento di prestazioni all’impresa individuale D.P.; spese per ristorazione, viaggi e trasferte).
Le censure, da esaminarsi congiuntamente per stretta connessione, sono infondate.
Va infatti ribadito che “In tema di imposte sui redditi e con riguardo al reddito di impresa, la semplice produzione di documenti di spesa (nella specie, “note spese” liquidate da una società ai propri dipendenti) non prova, di per sè, la sussistenza del requisito della inerenza all’attività di impresa. A tal riguardo, infatti, perchè un costo possa essere incluso tra le componenti negative del reddito, non solo è necessario che ne sia certa l’esistenza, ma occorre altresì che ne sia comprovata l’inerenza, vale a dire che si tratti di spesa che si riferisce ad attività da cui derivano ricavi o proventi che concorrono a formare il reddito di impresa. Per provare tale ultimo requisito, non è sufficiente, poi, che la spesa sia stata dall’imprenditore riconosciuta e contabilizzata, atteso che una spesa può essere correttamente inserita nella contabilità aziendale solo se esiste una documentazione di supporto, dalla quale possa ricavarsi, oltre che l’importo, la ragione della stessa” (Sez. 5, Sentenza n. 6650 del 24/03/2006, Rv. 588419 – 01).
Ma va anche riaffermato il principio di diritto che “In tema di imposte sui redditi, l’irregolarità della fattura, non redatta in conformità ai requisiti di forma e contenuto prescritti dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21 fa venir meno la presunzione di veridicità di quanto in essa rappresentato e la rende inidonea a costituire titolo per il contribuente ai fini del diritto alla deduzione del costo relativo, per cui l’Amministrazione finanziaria può contestare l’effettività delle operazioni ad essa sottese e ritenere indeducibili i costi nella stessa indicati” (Sez. 5, Sentenza n. 21446 del 10/10/2014, Rv. 632508 – 01).
Orbene la sentenza impugnata ha dato piena applicazione a tali principi di diritto, escludendo che le fatture in questione costituissero prova adeguata dei costi correlativi e che la documentazione prodotta dalla società contribuente fornisse aliunde tale prova. Più nello specifico, va osservato che – con accertamento di fatto costituente accertamento meritale non ulteriormente sindacabile in questa sede – la CTR ha derivato detta conclusione non soltanto dall’assenza di documentazione contrattuale del rapporto fatturato dal D., ma anche di quello della RO.MA.SE.MA con i propri committenti e, soprattutto, dalla non conformità delle fatture emesse dal D. alle prescrizioni di legge (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21) in quanto non sufficientemente dettagliate e precisate le prestazioni di servizio effettuate.
Così giudicando, la sentenza impugnata risulta dunque conforme anche alle argomentazioni in diritto sviluppate dalla sentenza n. 7881 del 2016 evocata dai ricorrenti nella memoria depositata nelle more del presente giudizio, particolarmente sotto il profilo dell’inversione dell’onere della prova in caso di meritalmente accertata irregolarità della fatturazione.
Con il terzo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, – i ricorrenti denunciano la nullità della sentenza impugnata per “motivazione apparente” in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, artt. 132 e 112 c.p.c..
La censura è infondata.
La CTR infatti ha reso un’ articolata motivazione in fatto ed in diritto, senz’altro ben oltre il “minimo costituzionale” (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830), come detto analizzando alla luce di detti principi di diritto rivenienti dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte la fattispecie concretamente devoluta alle sue valutazioni di merito.
Il ricorso va dunque rigettato.
Nulla per le spese stante la mancata difesa dell’agenzia fiscale.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 4 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2017