Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1124 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/01/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 21/01/2021), n.1124

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9597/2019 R.G. proposto da:

A.C. Soluzioni S.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Mauro

Bottoni, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via

Giovanni Bettolo, n. 9;

– ricorrente –

contro

Verti Assicurazioni S.p.A. e C.M.A.;

– intimati –

avverso la sentenza del Tribunale di Roma, depositata il 10 settembre

2018;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 dicembre

2020 dal Consigliere Emilio Iannello.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. La A.C. Soluzioni S.r.l. convenne in giudizio avanti il Giudice di pace di Roma la Direct Line e C.M.A..

Premesso di essersi resa cessionaria, pro solvendo, di parte del credito risarcitorio vantato dalla C., ex art. 149 cod. ass., nei confronti della propria compagnia di assicurazioni, Direct Line (in relazione ai danni subiti a seguito di sinistro stradale in tesi dovuto a responsabilità del conducente del veicolo antagonista) fino alla concorrenza dell’importo di Euro 1.140 dalla stessa C. ad essa dovuto per il noleggio di veicolo sostitutivo, chiese che al relativo pagamento fosse condannata la società ceduta o, in subordine, la stessa cedente, per il caso di accertata infondatezza della pretesa risarcitoria.

Il Giudice di pace rigettò la domanda principale ed accolse quella subordinata.

2. Interposto gravame il Tribunale di Roma ha dichiarato la nullità delle sentenza di primo e secondo grado, per essere stato pretermesso dal giudizio il responsabile civile del danno, litisconsorte necessario; ha quindi rimesso la causa innanzi al Giudice di pace di Roma, con termine per la riassunzione, e compensato per intero tra le parti le spese di lite.

3. Di tale ultima statuizione – a supporto della quale il giudice a quo ha ritenuto costituire “giusto motivo” la “natura controversa della questione trattata” – si duole la A.C. Soluzioni S.r.l., proponendo ricorso per cassazione con unico mezzo.

Le intimate non svolgono difese nella presente sede.

4. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè “difetto di motivazione”.

Deduce, in sintesi, che la compensazione delle spese avrebbe richiesto l’esplicitazione, in motivazione, delle gravi ed eccezionali ragioni atte a giustificarla: onere che nella specie non può considerarsi assolto attraverso il riferimento alla “natura controversa della questione trattata”, rappresentando lo stesso una mera formula di stile.

2. La censura è inammissibile.

A.C. Soluzioni S.r.l. non ha, infatti, alcun interesse a dolersi della compensazione delle spese, dal momento che l’alternativa non avrebbe potuto essere la condanna delle controparti alle spese processuali, non potendo a queste attribuirsi la causa della rilevata nullità del procedimento per difetto di integrità del contraddittorio, ma semmai la condanna della ricorrente medesima.

La giurisprudenza di questa Corte ha da tempo chiarito che, quando la causa sia rinviata al primo giudice ai sensi dell’art. 354 c.p.c., per integrare il contraddittorio nei confronti di un litisconsorte necessario, il giudice di appello deve provvedere in ordine alle spese del processo di secondo grado, condannando al pagamento delle spese processuali la parte che egli riconosce soccombente, per avere dato causa alla nullità che ha determinato il rinvio (Cass. 09/06/2017, n. 14495; 16/07/2010, n. 16765; 19/04/1975, n. 1506; 03/05/1967, n. 838).

Nel caso di specie, la nullità correlata alla mancata attuazione del necessario contraddittorio non poteva che attribuirsi alla responsabilità dell’attrice A.C. Soluzioni S.r.l., la quale aveva introdotto il giudizio di primo grado.

E’ appena il caso di precisare che è invece certamente da escludere che la soccombenza delle controparti possa nella specie desumersi dal provvedimento interinale adottato nel corso del giudizio di appello a favore della predetta società (ordinanza-ingiunzione ex art. 186-ter c.p.c., di pagamento della somma pretesa), occorrendo aver riguardo ovviamente all’esito finale del giudizio delle cui spese occorra far governo.

3. Può comunque incidentalmente soggiungersi che, nel merito, la censura è priva di fondamento, dovendo ritenersi pienamente soddisfatto l’onere motivazionale imposto dall’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo (applicabile alla fattispecie ratione temporis) risultante dalla modifica introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11.

Secondo detta disposizione “se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti”.

Nella specie l’indicazione delle “gravi ed eccezionali ragioni” per compensare può e deve trarsi, in sentenza, non tanto o non soltanto dalla mera affermazione conclusiva della “natura controversa della questione trattata”, quanto piuttosto dalla precedente ampia motivazione dedicata ad illustrare le ragioni – non direttamente ricavabili dal dato testuale, ma piuttosto frutto di un ragionamento esegetico – che hanno indotto il giudice a quo (peraltro, correttamente) a ritenere l’esistenza di un litisconsorzio necessario nei confronti del responsabile civile del danno anche nel caso di azione diretta ex art. 149 cod. ass..

Rispetto a tale motivazione il riferimento conclusivo deve quindi leggersi non già – come strumentalmente postulato in ricorso – quale unico apodittico supporto motivazionale della disposta compensazione, quanto come conseguenza e sintesi della precedente ampia esposizione.

In tale prospettiva la motivazione si sottrae alla censura di violazione di legge, risultando conforme alla interpretazione della norma accolta dalla giurisprudenza di legittimità secondo la quale “l’art. 92 c.p.c., comma 2, nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorchè concorrano “gravi ed eccezionali ragioni”, costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche. In particolare, anche l’oggettiva opinabilità delle questioni affrontate o l’oscillante soluzione ad esse data in giurisprudenza integra la suddetta nozione, se ed in quanto sia sintomo di un atteggiamento soggettivo del soccombente, ricollegabile alla considerazione delle ragioni che lo hanno indotto ad agire o resistere in giudizio e, quindi, da valutare con riferimento al momento in cui la lite è stata introdotta o è stata posta in essere l’attività che ha dato origine alle spese, sempre che si tratti di questioni sulle quali si sia determinata effettivamente la soccombenza, ossia di questioni decise” (v. Cass. Sez. U. n. 2572 del 22/02/2012; Cass. n. 2883 del 10/02/2014).

3. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

Non avendo le intimate svolto difese nella presente sede, non v’è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso art. 13.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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