Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11237 del 31/05/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 11237 Anno 2016
Presidente: MATERA LINA
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso 24814-2011 proposto da:
IMMOBILIARE

ALKAID

SRL

08648440587,

elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO
D’ITALIA 11, presso lo studio dell’avvocato
GIACOMO CARINI, rappresentato e difeso
2016

dall’avvocato GIAN PIETRO COCCHI;
– ricorrente –

760
contro

Data pubblicazione: 31/05/2016

FORNABAIO

FRANCESCA,

FRNFNC60S46F839P

domiciliata ex lege presso la Cancelleria
della Corte di Cassazione, difesa
dall’Avvocato FRANCESCO FIERRO;

avverso la sentenza n. 3348/2010 della
CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il
13/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 12/04/2016 dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. LUISA DE RENZIS
che ha concluso per raccoglimento dei
primi tre motivi di ricorso, assorbiti il
quarto ed il quinto motivo.

– controricorrente

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
l • Con atto 13.12.1995 Francesca Fornabaio convenne davanti

al Tribunale di Napoli l’immobiliare Alkaid srl chiedendo che
fosse emanata, ex art. 2932 cod. civ., sentenza costitutiva –

traslativa del diritto di proprietà di un appartamento sito in
Napoli, via Arno 36 Scala A int. A. penultimo piano, promesso in
vendita dalla convenuta in virtù di preliminare del 14.11.1992.
A sostegno della domanda, espose che, sebbene alla data di
sottoscrizione del contratto l’appartamento non fosse ancora
ultimato, essa aveva già pagato il prezzo (fissato in lire
375.000.000) secondo le modalità stabilite all’art. 3 e che la
società non aveva provveduto a stipulare l’atto definitivo di
trasferimento.
La convenuta eccepì l’avvenuta risoluzione del preliminare
come da postilla sottoscritta dall’attrice stessa e, in ogni
caso, l’infondatezza della domanda parche l’oggetto del
contratto non era determinato né determinabile mancando
l’indicazione degli elementi necessari alla esatta
individuazione (superficie e numero di vani). Rilevò inoltre che
il prezzo non era stato neppure interamente pagato mancando
l’accollo della quota di mutuo prevista in contratto oppure la
rinunzia al mutuo mediante dilazione nei sei mesi successivi.
Chiese infine la condanna della Fornabaio al risarcimento dei
danni per lite temeraria.
Nel giudizio venne chiamato anche il padre dell’attrice
3

(Antonio Francesco Farnabaio) il quale formulò una domanda
restitutoria di somme nei confronti della società.
2 11

Tribunale adito con sentenza 9.4.2003 respinse la

domanda dell’attrice e quella avanzata dal chiamato in causa, ma
la Corte di Appello di Napoli fu di diverso avviso e, nella

contumacia del Fornabaio, dopo avere disposto una consulenza
tecnica di ufficio per individuare i dati catastali
dell’appartamento, con sentenza del 13.10.2010 accolse
l’impugnazione della Fornabaio e, in riforma della sentenza di
primo grado, le trasferì la proprietà dell’immobile previo
versamento integrale del prezzo pattuito (ove non ancora
avvenuto); ordinò altresì la trascrizione della sentenza nei
registri immobiliari, condannando la società soccombente al
rimborso delle spese del doppio grado di giudizio.
Per giungere a tale conclusione la Corte napoletana
rilevò:
– che l’appartamento risultava individuato mediante il
riferimento al fabbricato, piano e scala e lo stato
dell’immobile (ancora in via di costruzione) non inficiava la
validità del contratto, essendo ammesso il preliminare di cosa
da costruire;
– che l’indeterminatezza dell’oggetto del contratto non ne
comporta di per sé la nullità, essendo sufficiente la
determinabilità e nel caso di specie ricorreva proprio tale
ipotesi anche in considerazione dell’avvenuta presa di possesso
4

da parte della Fornabaio;
– che la consulenza tecnica aveva consentito di precisare
i dati catastali e l’utilizzazione, da parte dell’ausiliare, di
una planimetria fornita dal consulente dell’appellante doveva

ritenersi pienamente legittima, ben potendo il CTU chiedere, ai
sensi dell’art. 194 cpc, chiarimenti alle parti e assumere
informazioni

i

presso

terzi

sulle

circostanze

oggetto

dell’incarico;
– che tali informazioni, se accompagnate dall’indicazione
delle fonti e non contestate nella prima difesa utile,
costituiscono fatti accessori validamente acquisiti, come tali
idonei a concorrente nella formazione del convincimento del
giudice;
– che nel giudizio di appello l’art. 345 cpc consente
comunque

al

giudice

di

ammettere

le prove

ritenute

indispensabili, ipotesi certamente ricorrente nel caso di specie
trattandosi di individuare i dati catastali dell’immobile,
assolutamente necessari ai fini della pronuncia costitutiva di
trasferimento.
3 Avverso la suddetta decisione ha proposto ricorso per
cassazione la società immobiliare Alkaid deducendo cinque
motivi.
Resiste la Fornabaio con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
l

Occorre

innanzitutto chiarire che nel presente
5

procedimento non trova applicazione la norma dell’art. 366 bis
cpc (formulazione del quesito di diritto) perché la
pubblicazione della sentenza impugnata è successiva all’entrata
in vigore della legge che l’ha abrogata (legge 18 giugno 2009 n.

69 entrata in vigore il 4.7.2009). Si rivela pertanto superflua
la articolazione dei quesiti contenuti nei motivi di ricorso.
l bis Venendo all’esame dei motivi di ricorso, col primo

di essi si deduce, ai sensi dell’art. 360 n. 3 e 5 cpc,
l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione nonché la
violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 cpc nonché
2697, 2730 e 2732 cc. Contestando la ritenuta determinabilità
dell’oggetto del contratto, la società ricorrente si dilunga in
una articolata critica tendente a dimostrare:

che l’immobile non era stato realizzato

(come

“confessato” anche nell’atto di citazione dal difensore);

che l’immissione

in possesso della promissaria

acquirente era stata decisamente contestata;

che

l’individuazione

del

piano

di

ubicazione

dell’appartamento appariva oscura, stante la differenza tra
piani effettivi e piani catastali e svolge una serie di
considerazioni per dimostrare l’assunto.
Ancora, la ricorrente rimprovera alla Corte d’Appello di
averle addossato, in violazione della regola di cui all’art.
2697 cc, l’onere di provare fatti che invece non era tenuta a
dimostrare (cioè l’esistenza di un altro immobile sullo stesso
6

piano che potesse far sorgere confusione e quindi dubbi
sull’individuazione del bene). Altro errore della Corte
d’Appello sta, secondo la ricorrente, nell’avere enunciato
conclusioni senza indicare le relative fonti.

Il motivo è infondato.
Il riferimento al vizio motivazionale, presente in quasi
tutti i motivi di ricorso, rende opportuno delineare i limiti
del relativo sindacato nel giudizio di legittimità.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, anche a
sezioni unite – ed oggi ribadito – la deduzione di un vizio di
motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione
conferisce al giudice di legittimità non il potere di
riesaminare il merito della intera vicenda processuale
sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo,
sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza
logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del
merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di
individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e
valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la
concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del
processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la
veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente
prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti,
salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue
che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della
7

omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può
legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento
del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del
mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della

controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio,
ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni
complessivamente adottate, tale da non consentire
l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a
base della decisione (v. tra le tante, Sez. 3, Sentenza n. 17477
del 09/08/2007 Rv. 598953; Sez. U, Sentenza n. 13045 del
27/12/1997 Rv. 511208; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 91 del
07/01/2014 Rv. 629382).
Ciò chiarito e venendo all’esame del nucleo della censura
(la determinatezza o determinabilità dell’oggetto del
contratto), per la validità di una compravendita immobiliare è
necessario che l’oggetto di detto contratto sia determinato,
ovvero determinabile in base ad elementi contenuti nel relativo
atto scritto (e, perciò, documentati e non estrinseci all’atto
stesso), e tale requisito deve essere ravvisato nella
inequivocabile identificazione dell’immobile compravenduto per
il tramite dell’indicazione dei confini o di altri dati
oggettivi incontrovertibilmente idonei allo scopo e ad impedire,
perciò, che rimangano margini di dubbio sull’identità del
suddetto immobile; il relativo accertamento – così come quello
relativo alla valutazione circa la sufficienza delle indicazioni
8

riportate nella nota di trascrizione per l’esatta individuazione
del bene oggetto della vendita – integra la risultante di un
apprezzamento di fatto, come tale rimesso al giudice di merito
ed incensurabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata

motivazione ed immune da vizi logici ed errori di diritto (v.
Sez. 2, Sentenza n. 12506 del 29/05/2007 (Rv. 597377; Sez. 2,
Sentenza n. 1165 del 03/02/2000 Rv. 533396).
Nel caso di specie,

la Corte d’Appello, premessa

l’irrilevanza del fatto che l’immobile fosse ancora in
costruzione, ha desunto la determinabilità dell’oggetto del
contratto (e cioè la possibilità di individuare esattamente
l’appartamento), da una serie di indici oggettivi ricavati dal
preliminare stesso (quali il riferimento al fabbricato, al
penultimo piano e alla scala) nonché da un dato di fatto
emergente dagli atti di causa, cioè la presa di possesso da
parte della promissaria acquirente (circostanza che, sempre
secondo l’apprezzamento della Corte di merito, non risultava
contestata); ha poi rilevato che dubbi potevano sorgere solo nel
caso in cui al penultimo piano dell’edificio potesse esservi un
altro appartamento diverso da quello oggetto del preliminare,
circostanza, però, non risultante dagli atti di causa anche
perché la società immobiliare non aveva indicato a quale diversa
unità poteva riferirsi la convenzione de qua.
Un siffatto percorso motivazionale – fondato su dati
oggettivi incontrovertibilmente idonei a fugare ogni margine di
9

dubbio sull’identità dell’appartamento promesso in vendita appare corretto in diritto e privo di vizi logici, come tale non
attaccabile dalla lunghissima critica della società ricorrente,
che nelle trentotto pagine in cui si snoda lungi
dall’evidenziare il mancato (o insufficiente) esame di punti

decisivi della controversia, prospettato dalle parti o
rilevabile di ufficio, ovvero quell’insanabile contrasto tra le
argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire
l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base
della decisione sollecita in definitiva una alternativa
ricostruzione delle risultanze processuali, in questa sede non
consentita, a meno di non voler snaturare il giudizio di
cassazione trasformandolo in un ennesimo giudizio di merito.
2 3 Con il secondo motivo si lamenta la violazione degli

artt. 1351 e 2932 cc, 61 e ss e 441 cpc nonché il vizio di
motivazione. Sostiene la società ricorrente che la Corte
d’Appello non avrebbe dovuto utilizzare, per la determinazione
del contratto, elementi estranei allo stesso, quali i dati
catastali acquisti aliunde attraverso una consulenza tecnica
tipicamente esplorativa, finalizzata cioè a sopperire la carenza
probatoria che la legge pone a carico della parte attrice.
Rileva di essersi sempre opposta alla produzione di nuovi
documenti in appello.
Con il terzo motivo, sempre attinente all’acquisizione dei
dati catastali dell’immobile, viene denunziata violazione degli
10

artt. 194 e 345 terzo comma cpc nonché vizio di motivazione: la
critica rivolta alla Corte napoletana è sostanzialmente
incentrata sull’utilizzo, ai fini della individuazione
dell’immobile,

di

planimetrie e visure catastali che il

consulente tecnico aveva acquisito dal tecnico dell’appellante
oppure dagli uffici catastali, nonostante la serrata
opposizione, in tutti gli atti difensivi, alla produzione di
documenti nuovi in appello e all’operato del consulente tecnico.
Si richiama in proposito il divieto di nuove produzioni in
appello di cui all’at. 345 cpc che, nel caso di specie, risulta
palesemente violato.
Queste due censure – che, per il comune riferimento
all’acquisizione e utilizzo della documentazione catastale, ben
prestano a trattazione congiunta – sono infondate.
E’ bene subito chiarire che al giudice di merito è
consentito di integrare la descrizione offerta dall’attore con i
dati catastali ricavati da altri atti di causa, come in effetti
accaduto nel caso di specie. Come più volte affermato da questa
Corte, infatti, non incorre nel vizio di ultrapetizione il
giudice che, richiesto di emanare sentenza costitutiva che tenga
luogo

di

vendita

immobiliare,

integri

la

descrizione

dell’immobile offerta dall’attore con i dati catastali
evincibili dal preliminare o da altri atti di causa, giacche
egli è tenuto, al fine di garantire la piena corrispondenza
della decisione alle sue finalità pratiche, alla specificazione,
Il

di significato e portata meramente formali, dei dati (confini ed
elementi catastali) occorrenti per la trascrizione dello
statuito trasferimento (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 29849 del
29/12/2011 Rv. 620832; Sez. l, Sentenza n. 23235 del 14/10/2013

Rv. 628124 in motivazione; Sez. 2, Sentenza n. 2761 del
04/05/1982 Rv. 420634).
E’ stato inoltre affermato in giurisprudenza che il
requisito della determinatezza o determinabilità dell’oggetto di
un preliminare di vendita di immobile non postula la
specificazione di almeno tre dei suoi confini, trattandosi di
indicazione rilevante ai fini della trascrizione (artt. 2659
4

n.

e 2826 cod. civ.), ma non indispensabile per la sicura

identificazione del bene, evincibile anche da altri dati (Sez.
2,

Sentenza n. 3856 del 06/06/1983 Rv. 428780; Sez. 3, Sentenza

n. 4588 del 03/09/1985 Rv. 442049).
Il principio, affermato, proprio in caso di preliminare di
vendita di appartamento individuato mediante indicazione di
piano e numero interno (ipotesi ricorrente anche nel caso di
specie), riguarda l’individuazione dei confini, ma è logicamente
estensibile anche ai dati catastali, di un immobile già
individuato (come nel caso di specie), essendo anche questi dati
funzionali alla formalità della trascrizione nei registri
immobiliari, come chiarito dalla giurisprudenza sopra
richiamata.
Del tutto correttamente quindi la Corte napoletana ha
12

ricavato i dati catastali

dell’immobile dalla relazione del CTU

all’uopo nominato e quindi dalle risultanze degli atti
processuali.
Quanto alle modalità di acquisizione di planimetrie e

visure catastali da parte dell’ausiliare, va rammentato il
principio generale secondo cui il consulente tecnico,
nell’espletamento del mandato ricevuto, può acquisire ai sensi
dell’art. 194 cod. proc. civ. che consente di chiedere
chiarimenti alle parti ed assumere informazioni dai terzi
circostanze di fatto relative alla controversia e all’oggetto
dell’incarico. Tali circostanze di fatto, se accompagnate
dall’indicazione delle fonti e se non contestate nella prima
difesa utile, costituiscono fatti accessori validamente
acquisiti al processo che possono concorrere con

le

altre

risultanze di causa alla formazione del convincimento del
giudice ed essere da questi posti a base della decisione
unitamente ai fatti principali (v. Sez. l, Sentenza n. 24323 del
22/11/2007 Rv. 600629; Sez. L, Sentenza n. 6195 del 17/04/2003
Rv. 562274).
Ora, nel caso di specie, dalla sentenza impugnata risulta
che il consulente aveva acquisito la documentazione catastale
dal consulente di parte dell’appellante e da pubblici uffici,
documentazione ritenuta necessaria per lo svolgimento
dell’incarico affidato (che consisteva proprio nel precisare i
dati catastali dell’immobile).
13

Correttamente, dunque, la Corte d’Appello ha ritenuto tale
attività compresa in quella di acquisizione di chiarimenti e
informazioni.
In ogni caso – e il rilievo tronca definitivamente ogni

ulteriore discussione sull’argomento – il consulente tecnico di
ufficio può tener conto di documenti non ritualmente prodotti in
causa solo con il consenso delle parti, in mancanza del quale la
suddetta attività dell’ausiliare è, al pari di ogni altro vizio
della consulenza tecnica, fonte di nullità relativa soggetta al
regime di cui all’art. 157 cod. proc. civ., con la conseguenza
che il difetto deve ritenersi sanato se non è fatto valere nella
prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione
peritale (v. Sez. 2, Sentenza n. 12231 del 19/08/2002 Rv.
556941; Sez. 3, Sentenza n. 2251 del 31/01/2013 Rv. 624974).
Nel caso che ci occupa, la società ricorrente non ha
dimostrato (e neppure dedotto) di avere eccepito tempestivamente

e cioè “nella prima istanza o difesa successiva al deposito

della relazione peritale”

la nullità della consulenza tecnica

per irrituale acquisizione delle

catastali”:

“planimetrie e vísure

nell’esposizione delle censure si evidenzia

unicamente la continua opposizione al deposito di

“documenti in

appello” da parte dell’avversario e la contestazione estensiva
al contenuto della CTU, ritenuta inconferente, irrilevante ed
esplorativa (v. sotto quest’ultimo profilo, ricorso a pag. 58).
4 Con il quarto motivo si denunzia violazione degli artt.
14

2932 e 1460 cc.: la Corte d’Appello sarebbe incorsa in ulteriore
errore di diritto omettendo di disporre, quale condizione certa
e non contestabile del trasferimento, il pagamento di un
corrispettivo esattamente determinato nel suo ammontare e nelle

formula “se

non ancora avvenuto”

modalità di pagamento, e mettendo in dubbio, anzi, attraverso la
l’attuale debenza del

corrispettivo. Rileva altresì che l’attrice non aveva mai
offerto di versare il corrispettivo pattuito, ma anzi, nell’atto
introduttivo, aveva dichiarato di averlo già integralmente
pagato. Rileva inoltre che non risulta espressa la volontà di
accollarsi la quota di mutuo gravante sull’immobile dal 1990 e
frazionato dal maggio del 1997. Richiama il principio secondo
cui la sentenza ex art. 2932 cc non può introdurre varianti al
contenuto del contratto preliminare.
Richiama la necessità, ai fini degli effetti traslativi,
dell’adempimento della controprestazione, nel caso di specie
fortemente in dubbio.
Questo motivo è in parte fondato.
Innanzitutto, nessuna norma impone di indicare nella
sentenza costitutiva ex art. 2932 cc un termine per il pagamento
del prezzo dell’immobile, trattandosi di una facoltà e non di un
obbligo per il giudice (Sez. 2, Sentenza n. 1588 del 09/02/1993
Rv. 480807). La scadenza del termine per il pagamento del prezzo
è infatti ancorata al momento del passaggio in giudicato della
sentenza, perché è da allora che la sentenza produce i suoi
15

effetti (tra le varie, Sez. 2, Sentenza n. 8250 del 06/04/2009
Rv. 607645; Sez. U, Sentenza n. 4059 del 22/02/2010 Rv. 611643),
ferma restando naturalmente la possibilità per il giudice di
procedere ad una tale indicazione fissando una data successiva.
E’ stato infatti precisato che, nell’ipotesi in cui la

sentenza emessa ai sensi dell’art. 2932 cod. civ. imponga
all’acquirente di versare il prezzo della compravendita,
l’obbligo diviene attuale al momento del passaggio in giudicato
della sentenza che trasferisce il bene o allo spirare del
termine ulteriore da essa eventualmente stabilito, sicché il
ritardo nel pagamento, ove qualificabile come grave, può essere
causa della risoluzione del rapporto sorto con la sentenza
sostitutiva del negozio non concluso, non essendo a tal fine
necessario che il creditore chieda al giudice la fissazione , ex
art. 1183 cod. civ., del termine per l’adempimento oppure
costituisca in mora il debitore (v. Sez. 2, Sentenza n. 690 del
16/01/2006 Rv. 586249; Sez. 2, Sentenza n. 8250/2009 cit.).
Irrilevante è dunque la mancanza, nel dispositivo, di una
specifica data di scadenza dell’obbligo di versare il prezzo
dell’immobile, di cui pure si duole la ricorrente (v. ricorso
pagg. 78 e 83).
Inoltre, in linea di principio va osservato che la mancata
quantificazione in termini monetari del prezzo nella parte
dispositiva della sentenza non incide sulla correttezza della
pronuncia costitutiva se solo si considera la regola generale
16

della rilevanza concorrente delle statuizioni contenute nel
dispositivo con le enunciazioni contenute in motivazione ai fini
di individuare la portata di una sentenza.
Come infatti ripetutamente affermato da questa Corte, la
portata di una pronuncia giurisdizionale va individuata tenendo

conto non soltanto delle statuizioni finali contenute nella
parte dispositiva, ma anche delle enunciazioni riportate nella
motivazione, la quale, nelle decisioni di accertamento e di
condanna, incide sul momento precettivo della pronuncia tanto da
considerarsi integrativa del dispositivo stesso, supplendo,
eventualmente, alle lacune di questo in quanto rivelatrice
dell’effettiva volontà del giudice (Sez. 2, Sentenza n. 1079 del
21/01/2016 Rv. 638669; Sez. L, Sentenza n. 8894 del 02/07/2001
Rv. 547837; v. altresì Sez. U, Sentenza n. 2874 del 17/03/1998
Rv. 513735).
Parimenti – e sempre in linea di principio – in tema di
contratto preliminare di compravendita, l’offerta della
prestazione, richiesta dal secondo comma dell’articolo 2932 cod.
civ., può ritenersi implicita nella domanda di esecuzione in
forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto,
considerato che la verificazione degli effetti traslativi della
sentenza di accoglimento sostitutiva del non concluso contratto
definitivo, deve essere necessariamente condizionata dal giudice
all’adempimento della controprestazione (Sez. 2, Sentenza n.
16881 del 31/07/2007 Rv. 600207; Sez. 3, Sentenza n. 59 del
17

04/01/2002 Rv. 551383).
Tuttavia, nel caso di specie la sentenza impugnata ha
condizionato gli effetti traslativi al pagamento integrale del
corrispettivo contrattualmente pattuito, utilizzando una formula
poco chiara perché tra le modalità concordate nel preliminare

era previsto anche il pagamento di un acconto di lire
175.000.000 e l’accollo di una quota di mutuo fondiario (per il
saldo di lire 200.000.000) sul cui adempimento oggi sorgono
contestazioni. Nel dispositivo non vi è nessun riferimento
all’accollo del mutuo, né dalla motivazione emergono elementi
utili a chiarire tale questione.
Si rende pertanto necessaria la cassazione e un nuovo
esame da parte del giudice di rinvio dovendosi verificare il
versamento del prezzo (comprendente, per espressa pattuizione,
anche l’accollo del mutuo).
5 Con il quinto ed ultimo motivo di ricorso, infine, viene

92

denunziata la violazione degli artt. 2932, 2659 e 2826 cc, 61 e
ss e 441 cpc nonché vizio di motivazione: la Corte territoriale
non avrebbe considerato la regola di diritto secondo cui la
sentenza costitutiva ex art. 2932 cc può essere emessa “qualora
sia possibile” e rileva che tale possibilità va guardata anche
con riferimento alle disposizioni dettate in materia di
trascrizione. Osserva, sulla scorta degli accertamenti peritali,
che l’immobile in epoca successiva al preliminare venne
frazionato in due unità abitative, una delle quali fu poi
18

alienata a terzi con atto trascritto il 10.12.2001, mentre
l’altra restò in sua proprietà. Rileva la ricorrente che dalla
nota di trascrizione della domanda giudiziale (avvenuta il
9.8.2001 a oltre cinque anni dall’inizio della causa e di cui
era essa venuta a conoscenza solo in data 23.1.2003, dopo la

riserva in decisione della causa da parte del Tribunale),
risultava l’avvenuta esecuzione della formalità non al Catasto
Fabbricati, ma al Catasto Terreni e sugli interi suoli. Rileva
di aver richiamato ripetutamente l’attenzione della Corte
d’Appello sulla trascrizione inutilmente e temerariamente
eseguita e ritiene che la erronea trascrizione della domanda
giudiziale nel catasto terreni piuttosto che in quello dei
fabbricati comporta l’inopponibilità ai terzi di buona fede
(nominativamente indicati) divenuti acquirenti con atto
trascritto il 10.12.2001. Richiama il meccanismo della
trascrizione e, nel caso di specie, l’impossibilità giuridica
della sentenza ex 2932 proprio per l’avvenuta alienazione del
bene a terzi a cui non è opponibile l’erronea trascrizione e
anche per l’impossibilità di attribuire un bene diverso (cioè la
porzione rimasta in proprietà della società).
Rimprovera infine alla Corte d’Appello di non avere
spiegato da dove ricavava la ritenuta efficacia della
trascrizione e l’opponibilità ai terzi.
Il motivo – che introduce una vera e propria controversia
sugli effetti della trascrizione della domanda giudiziale ex
19

art. 2932 cc nei confronti dei terzi acquirenti – è
inammissibile.
Nel giudizio di cassazione non si possono prospettare
nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione

dal giudice di merito nemmeno se si tratti di questioni
rilevabili d’ufficio (tra le tante, v. Sez. 1, Sentenza n. 19164
del 13/09/2007 Rv. 599047; Sez. 1, Sentenza n. 7981 del
30/03/2007 v. 597111).
Orbene, la articolata questione della trascrizione della
domanda giudiziale eseguita il 9.8.2001 e quindi nel corso del
giudizio di primo grado (conclusosi con sentenza 9.4.2003)
avrebbe dovuto essere innanzitutto sottoposta al Tribunale
(previa richiesta di rimessione in termini ex art. 184 bis nella
versione all’epoca vigente), e poi devoluta alla Corte d’Appello
con impugnazione incidentale, o, eventualmente, nelle forme
previste dall’art. 346 cpc, il che non risulta.

cb.L2

Nelle deduzioni svolte al riguardo dalla società Alkaid
nel giudizio di appello in comparsa di costituzione e
conclusionale (v. ricorso pag. 88 che ne riporta il contenuto) si faceva questione unicamente di

“rilevantissimi danni per le

difficoltà incontrate nel corso della stipula degli atti di
vendita delle realizzate unità immobiliari susseguenti a simile
trascrizione” ma nessun accenno vi era alle specifiche tematiche
di diritto oggi introdotte (come ad esempio l’impossibilità
20

che implichino indagini ed accertamenti di fatto non effettuati

I

giuridica del trasferimento derivante dall’alienazione a
terzi del bene medesimo l’inopponibilità nei loro confronti di
una erronea trascrizione).
Le plurime questioni oggi per la prima volta affrontate

fatto (quali l’esame dei titoli di proprietà per controllare le
date delle alienazioni a terzi rispetto alla trascrizione della
domanda giudiziale e le verifiche sul contenuto della nota di
trascrizione della domanda giudiziale per accertarne la
regolarità formale) sono pertanto inammissibili in questa sede.
Il giudice di rinvio procederà anche alla regolamentazione
delle spese
P.Q.M.

accoglie il quarto motivo e rigetta i restanti motivi di
ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura
accolta e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della
Corte d’Appello di Napoli.
Così deciso in Roma il 12.4.2016.

dalla ricorrente, che comportano certamente accertamenti in

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