Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11237 del 20/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 20/05/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 20/05/2011), n.11237

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del ministro pro

tempore, ed AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

contro

SAN MICHELE s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via Alessandro Farnese n. 7,

presso gli avv.ti Berliri Claudio e Alessandro Cogliati Dezza, che la

rappresentano e difendono giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 215/01/04, depositata il 4 febbraio 2005.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3

marzo 2011 dal Relatore Cons. Dr. Biagio Virgilio;

udito l’Avvocato dello Stato Bruno Dettori per i ricorrenti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate propongono ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio indicata in epigrafe, con la quale, in accoglimento degli appelli riuniti della San Michele s.r.l., svolgente attività di gestione di case di cura e di riposo, è stata riconosciuto il diritto della stessa al rimborso di somme versate a titolo di IVA per gli anni 1997/2000, in quanto l’imposta era stata indebitamente assolta su acquisti relativi a beni destinati in modo esclusivo ad attività esente, a norma dell’art. 13, parte B, lett. c), prima parte, della 6^ direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE. Il giudice d’appello ha poi rigettato anche l’eccezione di decadenza dal diritto al rimborso sollevata dall’Ufficio in relazione agli anni 1997 e 1998.

2. La San Michele s.r.l. resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità, per difetto di legittimazione, del ricorso del Ministero dell’economia e delle finanze, il quale non è stato parte dei giudizi di merito, svoltisi sin dal primo grado (iniziato nel 2003) nei soli confronti dell’Agenzia delle entrate.

Sussistono giusti motivi, in considerazione dell’epoca in cui si è formata la giurisprudenza di questa Corte sul punto (Cass., Sez. un., n. 3116 del 2006), per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio.

2. Con il primo motivo, l’Agenzia delle entrate, denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 17, comma 1, e art. 18, comma 1, e dell’art. 2033 cod. civ., censura la sentenza impugnata per non avere il giudice a quo rilevato la carenza di legittimazione ad agire della contribuente, la quale, in veste di cessionaria dei beni destinati all’esercizio dell’attività esente, avrebbe potuto agire per la restituzione nei soli confronti del cedente e non dell’Amministrazione; in ogni caso, conclude la ricorrente, la controversia doveva essere instaurata dinanzi al giudice ordinario e non alla commissione tributaria.

Il motivo è infondato, essendosi formato il giudicato implicito sulla giurisdizione tributaria, alla stregua dei principi enunciati da Cass., Sez. un., n. 24883 del 2008 (e successive conformi), così restando assorbita la questione relativa alla legittimazione attiva della contribuente.

3. Per motivi di priorità logica e di economia processuale, va ora esaminato il terzo motivo, attinente al merito della spettanza del diritto al rimborso.

Sostiene la ricorrente che il giudice di merito ha violato l’art. 13, parte B, lett. e, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, in quanto tale norma non si riferisce agli acquisti dei beni, bensì alla successiva rivendita dei medesimi.

Il motivo è fondato.

Costituisce, infatti, principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello in virtù del quale, in tema di IVA, l’esenzione prevista dall’art. 13, parte B, lett. c), della sesta direttiva n. 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, secondo l’interpretazione fornitane dalla Corte di Giustizia con ordinanza del 6 luglio 2006, in cause C-18/05 e C-1155/05, si applica esclusivamente alla rivendita di beni preliminarmente acquistati per l’esercizio di un’attività esentata in forza di detto articolo, in quanto l’IVA versata in occasione dell’acquisto iniziale dei detti beni non abbia formato oggetto di un diritto a detrazione, e non giustifica pertanto il rimborso dell’imposta versata per l’acquisto di beni o servizi destinati in modo esclusivo all’esercizio di un’attività esentata, ancorchè esclusi dal diritto a detrazione, non essendo il diritto al rimborso desumibile neppure dalla sentenza 25 giugno 1997, in causa C-45/95, con cui la Corte si è limitata ad accertare l’inadempimento della Repubblica Italiana agli obblighi derivanti dalla medesima disposizione, senza avallare un’interpretazione diversa da quella successivamente fornita con la predetta ordinanza (Cass., Sez. un., nn. 20752 del 2008, 27207 del 2009, 355 del 2010). La fondatezza di tale interpretazione trova, del resto, piena conferma nel tenore letterale del testo francese della direttiva (ed anche di quello inglese, tedesco e spagnolo), dal quale si evince chiaramente che l’esenzione riguarda la successiva cessione a terzi dei beni che erano destinati alle attività esenti e non gli acquisti dei beni stessi da destinare alle medesime attività.

4. Resta assorbito il secondo motivo, concernente la decadenza parziale della contribuente dal diritto al rimborso.

5. In conclusione, va accolto il terzo motivo, rigettato il primo e dichiarato assorbito il secondo; la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto dei ricorsi introduttivi della contribuente.

6. Sussistono giusti motivi, in considerazione della complessità della questione, definita solo con l’intervento della Corte di Giustizia e delle conseguenti pronunce delle Sezioni unite di questa Corte, per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’economia e delle finanze e compensa le spese.

Accoglie il terzo motivo del ricorso dell’Agenzia delle entrate, rigetta il primo e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta i ricorsi introduttivi della contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2011

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