Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11236 del 20/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 20/05/2011, (ud. 23/02/2011, dep. 20/05/2011), n.11236

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’avvocatura generale dello STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

SPORTWEAR AGENCY SRL;

– intimato –

sul ricorso 13496-2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

SPORTWEAR AGENCY SRL;

– intimato –

sul ricorso 13497-2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

SPORTWEAR AGENCY SRL;

– intimato –

sul ricorso 18224-2006 proposto da:

SPORTWEAR AGENCY SRL, in persona del Consigliere Delegato pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. PIERLUIGI DA

PALESTRINA 47 presso lo STUDIO LEGALE SATTA &

ASSOCIATI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GABRIELLI SERGIO, giusta delega

a margine;

– controricorrente e ricorrente incid. –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimati –

sul ricorso 18225-2006 proposto da:

SPORTWEAR AGENCY SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. PIERLUIGI DA

PALESTRINA 47 presso lo STUDIO SATTA & ASSOCIATI,

rappresentato e

difeso dall’avvocato GABRIELLI SERGIO, giusta delega a margine;

– controricorrente e ricorrente incid. –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimati –

sul ricorso 18226-2006 proposto da:

SPORTWEAR AGENCY SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. PIERLUIGI DA

PALESTRINA 47 presso lo STUDIO SATTA & ASSOCIATI,

rappresentato e

difeso dall’avvocato GABRIELLI SERGIO, giusta delega a margine;

– contioricorrente e ricorrente incid.-

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

sul ricorso 23469-2006 proposto da:

SPORTWEAR AGENCY SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. PIERLUIGI DA

PALESTRINA 47 presso lo STUDIO SATTA & ASSOCIATI,

rappresentato e

difeso dall’avvocato GABRIELLI SERGIO, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, selettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso le sentenze n. 19-20-21/2005 della COMM. TRIB. REG. di

ANCONA, depositata il 04/03/2005 e la n. 63/2005 depositata il

09/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2011 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il ricorrente l’Avvocato DANIELA GIACOBBE, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, il rigetto dell’incidentale;

udito per il resistente l’Avvocato DANIELA GIACOBBE, che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Ufficio Imposte Dirette di Ancona notificava alla società Sportwear Agency s.r.l. avviso di accertamento con il quale recuperava a tassazione redditi a fini IRPEG ed ILOR relativi all’anno 1994 a seguito del disconoscimento di operazioni finanziarie ritenute elusive in quanto poste in essere al solo fine di realizzare un risparmio di imposta.

L’avviso era impugnato dalla società innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Ancona, che accoglieva il ricorso ritenendo legittime le operazioni oggetto dell’accertamento.

Proponeva appello principale la Agenzia delle Entrate ed incidentale la contribuente, e La Commissione Tributaria Regionale delle Marche con sentenza n. 63/4/05, pronunciata in data 5-4-05, depositata il 9- 6-05, accoglieva il gravame principale, ritenendo la natura elusiva delle operazioni contestate.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la società con cinque motivi nei confronti del Ministero della Economia e delle Finanze e della Agenzia delle Entrate. Questi resistono con controricorso.

Con accertamenti in pari data, l’Ufficio riprendeva a tassazione a fini IRPEG ed ILOR redditi della stessa società relativi alle annualità 1995, 1996, 1997, disconoscendo le deduzioni operate dalla stessa in tali periodi di imposta sulla base delle perdite dichiaratamente subite nel 1994 ritenute in frode alla imposizione fiscale con l’accertamento di cui sopra, riportate dalla società in compensazione per il triennio successivo.

La società impugnava gli avvisi e la Commissione Tributaria provinciale di Ancona, con distinte sentenze, accoglieva i ricorsi.

Su appello della Agenzia le pronunce erano confermate in appello dalla Commissione Tributaria Regionale delle Marche con sentenze n. 19/6/05, 20/6/05, 21/6/05.

Avverso dette sentenze propongono ricorso per cassazione con distinti atti fondati su due motivi il Ministero della Economia e della Finanze e la Agenzia delle Entrate.

Resiste in tutti i procedimenti la società con controricorso, e formula ricorso incidentale condizionato con due motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, poichè appare evidente la pregiudizialità dell’oggetto di cui all’accertamento relativo all’anno 1994, in quanto gli accertamenti relativi agli anni successivi hanno come presupposto la validità del primo,devono essere riuniti i ricorsi principali ed incidentali di cui ai ricorsi portanti i nn. di RG 23469/06, 13497/6 + 18226/06, 13496+18225/06, 13343/06+18224/06, previa riunione ex art. 335 c.p.c. di ciascun principale con il relativo incidentale.

Di seguito, deve essere dichiarata la inammissibilità, sia di ufficio (ricorso 23469/06) sia su istanza di parte (gli altri) dei ricorsi proposti dal Ministero o nei confronti del medesimo, in quanto questo ente non fu parte del giudizio di primo grado, cui partecipò esclusivamente la Agenzia della Entrate ufficio di Ancona, con la conseguenza che il Ministero è stato estromesso dal giudizio.

Le spese di tali ricorsi devono essere compensate tra le parti, in relazione alle incertezze giurisprudenziali esistenti all’epoca di proposizione degli stessi.

Occorre ora procedere all’esame del ricorso relativo alla annualità di imposta 1994.

Appare necessario premettere la descrizione delle operazioni riportata nella sentenza impugnata, completa, esaustiva ed il linea di fatto non contestata in causa.

Testualmente:

“in data 22-6-1994 la Sportwear Agency di Rossi A.M. di Silvio G & C s.n.c. si trasforma in S.R.L. modificando la sua denominazione sociale in Sportwear Agency s.r.l.;

in data 17-10-1994 la Sportwear s.r.l. acquista dalla Gateway Nominees Limited con sede in Gibilterra l’usufrutto del capitale azionario della Desford Consultants Limited, con sede in Gibilterra, per la durata di due anni al prezzo di 600 milioni. Nel contratto si stabilisce un minimo garantito di dividendi pari all’importo del corrispettivo pattuito maggiorato del 10%;

In data 7-10-1994 la Sportwear stipula con la Aprilia Limited con sede in (OMISSIS), un contratto di associazione in partecipazione dietro corrispettivo di L. 500 milioni, nello stesso è pattuito che gli utili di esercizio della Sportwear dovranno essere divisi al 50%.. Per cui nel bilancio al 31-12-1994 della Sportwear è iscrito alla voce ” oneri diversi di gestione” l’onere di L. 753.729.231.

L’apporto di 500 milioni della Aprilia Limited è dalla stessa versata direttamente a Desford Consultants Limited. La Sportwear, a sua volta, cede una quota dei dividendi minimi garantiti dalla Desford Consultants Limited per il valore di L. 195 milioni;

In data 14-11-1994 la Sportwear cede alla Erre tre Diffusion s.n.c., della cui compagine sociale fanno parte anche i soci R.A. M. e D.S.G., soci della s.r.l., l’usufrutto sulla totalità delle proprie quote sociali per la durata di un anno.

Prezzo pattuito L. 20 milioni;

In data 18-11-1994 la Sportwear acquista una quota del 10% del capitale della società Deco Consult limited con sede in Gibilterra dietro corrispettivo di L. un miliardo. Il valore del patrimonio netto della società Deco C L in qual momento è di sterline 260. Al finanziamento della operazione provvede la società Gateway N.L. a cui la Sportwear cede il credito vantato nei confronti della Desford Consultants L.;

Nel corso del 1994 la Sportwear:

– registra la attribuzione a se stessa di dividendi da parte della Deco Consult L per l’importo di L. 1.034.788.449 (tale importo figura nel bilancio al 31-12-1994 nello stato patrimoniale alla voce crediti verso imprese collegate);

– sulla base dell’asserito dividendo delibera la distribuzione di un acconto sui dividendi alla Erre Tre Diffusion s.n.c., titolare del diritto di usufrutto, per l’importo pari a L. un miliardo, senza eseguire le ritenute previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 27, nè in sede di dichiarazione, la valutazione di conguaglio di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 105 all’epoca vigente.

La attribuzione dell’acconto trova copertura nella cessione di parte del credito vantato nei confronti della Desford Consultants Limited.

In sede di bilancio 1994 la Sportwear svaluta la partecipazione nella soc. Deco Consult L. per L. 999.934.400 (da L. 1.000.000.000 a L. 66.000) rapportandola al patrimonio netto dichiarato dalla società nell’ultimo bilancio;

– anche la Erre Tre Diffusion in sede di bilancio 1994, svaluta il valore dell’usufrutto sulle quote sociali della Sportwear.” Occorre aggiungere che i soci della s.n.c. conseguono i dividendi trasmessi dalla Sportwear assistiti dal credito di imposta, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 14, evitando il divieto stabilito dal comma 6 bis della disposizione citata, che vieta il credito di imposta per dividendi provenienti da un soggetto estero a seguito di costituzione di usufrutto con il medesimo; e che la Sportwear (fatto alla base dell’accertamento) porta in compensazione le perdite a lei derivanti dalle operazioni di cui sopra (essenzialmente per la massiccia svalutazione dell’usufrutto su Deco Consult) con i redditi di impresa, ottenendo anche una eccedenza utilizzata pro quota per il triennio successivo.

Su queste basi, la Commissione di appello ha ritenuto che le operazioni finanziarie citate fossero prive di giustificazione economica autonoma ed unicamente preordinate ad ottenere vantaggi fiscali.

Tanto premesso, con il primo motivo la società deduce violazione degli artt. 148, 145, 140 c.p.c. ex art. 360 c.p.c., n. 3 ed omessa ed insufficiente motivazione in ordine alla prescrizione del credito e della azione tributaria prospettati nell’appello incidentale.

Sostiene infatti che solo in data 8-1-2001 la società aveva ritirato il plico contenente l’avviso di accertamento, ed il fatto che la consegna all’Ufficiale giudiziario fosse anteriore al 31 dicembre 2000, data finale per la decadenza dal potere impositivo in rapporto alla annualità di imposta (1994) era irrilevante perchè la notifica era nulla per mancata compilazione della relata di notifica ed inoltre che una seconda notifica dell’avviso era parimenti nulla perchè il consegnatario, dichiaratosi impiegato della impresa, non rivestiva tale qualifica. La Commissione aveva quindi errato nel ritenere sanata la nullità della notifica per raggiungimento dello scopo dell’atto, in quanto nel frattempo si era maturata la prescrizione del diritto.

Con il secondo motivo deduce violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 14 ed omissione di motivazione in quanto non vi era stata alcuna interposizione fittizia della Sportwear nel fare conseguire alla Erre Tre gli utili provenienti dall’estero, essendo l’acquisto di usufrutto della seconda nei confronti della prima lecito e realmente posto in essere; le motivazioni alla base di tale determinazione potevano essere le più disparate, comunque sottratte al giudizio di chicchessia rientrando nella libertà di iniziativa economica. Sostiene che la Commissione aveva ritenuto la fittizietà delle operazioni sulla base di semplici supposizioni, in violazione dell’onere della prova gravante sull’Ufficio.

Con il terzo motivo assume la falsa applicazione della L. n. 429 del 1992, art. 7 bis, comma 1. ed omessa motivazione, osservando che la cessione di usufrutto era avvenuta tra due società italiane con stabile organizzazione in Italia, per cui essendo il dividendo proveniente da usufrutto delle quote della Sportwear, in capo alla Erre Tre sorgeva il relativo credito di imposta.

Con il quarto motivo sostiene la violazione dei principi che regolano la doppia tassazione, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 15, la direttiva CEE n. 90/435, e vizio di motivazione in quanto il credito di imposta derivava da un pagamento all’estero realmente eseguito e già sottoposto ad imposizione all’estero.

Con il quinto motivo deduce violazione dell’art. 23 Cost., delle norme in materia dell’onere della prova ed in tema di presunzioni ed omessa ed insufficiente motivazione.

Sostiene che la fittizietà delle operazioni poste in essere doveva essere provata dalla Amministrazione, con elementi di prova gravi, precisi e concordanti, laddove tale onere non era stato adempiuto e la Commissione di appello non aveva esposto alcun elemento obiettivo di convincimento limitandosi a seguire pedissequamente la esposizione dell’Ufficio. Assume che il conseguimento di un vantaggio fiscale non è per sè elemento indiziante e pertanto doveva parlarsi di risparmio di imposta e non di elusione della medesima, peraltro in ogni caso legittima perchè non vietata in assenza di una specifica norma antielusiva.

Il primo motivo è inammissibile.

Infatti il Giudice di appello ha affrontato il tema della nullità della notifica dell’atto di accertamento unicamente sotto il profilo della sanatoria di detta nullità ai sensi dell’art 156 c.p.c., per avvenuta impugnazione dell’avviso da parte del contribuente, ma non ha in alcun modo affrontato il tema di diritto sostanziale della decadenza dal potere impositivo per decorso del termine quinquennale per procedere ad accertamento che il ricorrente sostiene intervenuta anteriormente all’atto sanante e delle relative conseguenze.

Si è quindi verificata secondo l’assunto della ricorrente una omessa pronuncia su un motivo di appello incidentale della parte.

Da un lato quindi vi è carenza di autosufficienza del ricorso in quanto non si specifica, con riproduzione testuale, il motivo di appello in questione, e, in ogni caso, il vizio doveva essere denunciato come violazione dell’art. 112 c.p.c. e non come violazione di diritto sostanziale o difetto di motivazione come nella specie, con conseguente inammissibilità del motivo (giurisprudenza costante:

v. per tutte Cass. n. 25825/2009).

Degli ulteriori motivi deve essere esaminato, per ragioni di priorità logica, il quinto.

Il mezzo è infondato.

Nella specie, il giudice di merito ha ritenuto che il complicato sistema di operazioni finanziarie poste in essere per le loro peculiari caratteristiche non potesse avere altro scopo che il perseguimento di vantaggi fiscali.

E’ pertanto superfluo il riferimento da parte della ricorrente al principio dell’onere della prova ed alla carenza di ulteriore istruttoria ove, come nella specie, il complesso di indizi gravi, precisi e concordanti in cui si sustanzia la prova per presunzioni di cui agli artt. 2727 e segg. c.c. emerge all’evidenza dalla semplice descrizione delle condotte oggetto di giudizio. Il mero esame degli atti finanziari compiuti, e come tali non contestati, evidenzia che, conformemente all’assunto del giudice di merito: 1) nessuna operazione ha la minima attinenza con la attività commerciale svolta dai soggetti economici interessati: 2) il complesso meccanismo posto in essere, ove di per sè considerato, non ha alcuna convenienza apparente anche dal punto di vista finanziario, in quanto in sostanza si conclude in pareggio, con passaggio circolare di valori espressi in forma cartolare, nonostante l’elevato numero di transazioni internazionali; 3) le operazioni principali contrastano con le più elementari regole di mercato: è sufficiente considerare tra le tante osservazioni possibili, che la Sportwear almeno apparentemente, paga la somma di L. un miliardo per acquistare il 10% di una società il cui capitale assomma alla irrisoria somma di 260 sterline, e che tale società, quasi immediatamente, versa un L. dividendo di oltre L. un miliardo proveniente da attività ignota, dopodichè la Sportwear riduce pressochè a zero il valore del bene acquistato, mettendo in bilancio la minusvalenza sulla base di un valore capitale identico a quello anteriore all’acquisto; che la ricorrente cede per un anno l’usufrutto delle proprie quote ad una società di persone che sono in pratica gli stessi soggetti che la controllano per il prezzo di L. venti milioni, e, appena concluso l’atto, consegna alla cessionaria L. un miliardo per trasferimento dividendi, somma di venti volte superiore al prezzo ricevuto per l’usufrutto; 4) nessuna spiegazione è stata fornita dalla parte su tale singolare e complicato coacervo di transazioni e finanziamenti, limitandosi a formulare ipotesi vaghe come si trattasse della condotta di un terzo ignoto e trincerandosi dietro l’usbergo della libertà di iniziativa economica.

Deve quindi concludersi per la correttezza sul piano probatorio e motivazionale del giudice di appello in ordine alla conclusione che l’unica finalità delle operazioni era la elusione delle imposte ed il conseguimento di vantaggi fiscali, che per la Erre Tre, o meglio per i suoi soci era il conseguimento del credito di imposta, e per la Sportwear, punto centrale del presente giudizio, era la esposizione di perdite da mettere in compensazione con le poste attive.

Detta conclusione è stata considerata dalla ricorrente, la quale ha sostenuto che in ogni caso l’effetto conseguito era lecito in mancanza di una norma che lo vietasse espressamente. L’assunto non può essere condiviso.

In materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici: tale principio trova fondamento, in tema di tributi non armonizzati (nella specie, imposte sui redditi), nei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione, e non contrasta con il principio della riserva di legge, non traducendosi nell’imposizione di obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge, bensì nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l’applicazione di norme fiscali. Esso comporta l’inopponibilità del negozio all’Amministrazione finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far C t discendere dall’operazione elusiva, anche diverso da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca successiva al compimento dell’operazione. In forza di questo consolidato principio,(v. Cass. Sez. Un, n. 30055 del 2008, Cass. 4737/010, Cass. 12249/010) che il Collegio pienamente condivide, le operazioni poste in essere dalla Sportwear non sono opponibili alla Amministrazione, e ciò anche nel caso che fossero vere e reali, fatto escluso dal Giudice di appello con condivisibile motivazione, tuttavia superflua ai fini della applicazione del principio sopra richiamato. In forza delle considerazioni che precedono, gli altri motivi sono palesemente infondati.

Il secondo, che nega la fittizietà delle operazioni, è irrilevante per quanto sopra detto: il terzo, che nega la violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 14 come modificato dalla L. n. 429 del 1992, art. 7 bis è del pari non concludente, in quanto è proprio l’aggiramento del divieto l’illecito contestato; il quarto, circa il divieto di doppia tassazione è irrilevante per lo stesso motivo, non senza osservare che, ove il punto avesse importanza, in relazione alle presunzioni esposte dall’Ufficio, la prova dell’avvenuta tassazione dei proventi all’estero sarebbe stata a carico non dell’Ufficio ma del contribuente; il quinto attinente all’onere della prova ed al difetto di motivazione, è infondato per le stesse considerazioni che precedono.

Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Tale definitiva decisione, determinando la non opponibilità all’Ufficio delle perdite relative all’anno 1994, fa venire meno il presupposto della detrazione della medesima posta contabile, pro quota, nelle annualità successive, nè è di ostacolo la autonomia dei singoli periodi di imposta, in quanto le detrazioni ivi operate e contestate dall’Ufficio si fondano sullo stesso presupposto di fatto ritenuto insussistente.

Ne consegue che i ricorsi della Agenzia concernenti le annualità successive devono essere accolti, rimanendo assorbiti i motivi dalla stessa ivi formulati.

Infatti, i motivi di ricorso incidentale della contribuente, identici per le tre annualità,non sono condivisibili. 11 primo, concernente la omissione di esame da parte dei giudici di appello della eccezione di nullità della notifica dell’avviso di accertamento anche in relazione alla asserita decadenza della azione di accertamento, è per il primo punto infondato in sè in quanto la costituzione in giudizio ha effetto sanante della nullità, e per il secondo manca di autosufficienza non avendo in alcun modo documentato la effettiva proposizione in appello della eccezione. Può inoltre rilevarsi che il motivo è ulteriormente inammissibile non recando la indicazione della data nella quale la contribuente sarebbe stata posta a conoscenza dell’avviso, non potendosi quindi verificare il compimento o meno del termine prescrizionale. Il terzo, sulle spese, è evidentemente assorbito.

Le sentenze devono quindi essere cassate e, non essendoci questioni di fatto da valutare, le cause devono essere decise nel merito, con reiezione dei ricorsi introduttivi della contribuente.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i giudizi; dichiara inammissibili i ricorsi del Ministero e nei confronti del medesimo, e compensa le relative spese;

rigetta il ricorso della contribuente nel giudizio n. 23469 RG decidendo sugli altri ricorsi riuniti, accoglie i ricorsi principali della Agenzia, rigetta gli incidentali; cassa le sentenze impugnate e, decidendo nel merito, rigetta i ricorsi introduttivi della contribuente.

Condanna la contribuente alla rifusione delle spese a favore della Agenzia, che liquida per il giudizio di legittimità in Euro 16.000 per onorari oltre spese prenotate a debito, e per le fasi di merito dei procedimenti n. 13343, 13496, 13497 R.G. in complessivi Euro 9.500 per il secondo grado di ciascun procedimento, di cui Euro 8.000 per onorari ed Euro 1.500 per diritti ed in pari misura per il primo grado.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2011

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