Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11232 del 20/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 20/05/2011, (ud. 10/02/2011, dep. 20/05/2011), n.11232

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15101/2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

P.S.;

– intimato –

sul ricorso 20698/2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

P.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 91/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SIRACUSA, depositata il 20/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/02/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;

preliminarmente il Collegio dispone la riunione del ricorso del

ricorso N. 15101 al ricorso N. 20698/06; udito per il ricorrente

l’Avvocato SPINA M. LUISA, che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine

il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Siracusa P.S. impugnava l’avviso di mora che l’esattoria di quel Comune gli aveva fatto notificare, relativamente a maggiorazione dell’imposta Irpef ed accessori per l’anno 1992. Il contribuente deduceva che la pretesa fiscale ormai era estinta per prescrizione.

Instauratosi il contraddittorio, l’ufficio delle imposte eccepiva l’infondatezza dell’opposizione, posto che il ruolo era stato reso esecutivo prima del 31.12.1998 e quell’avviso noti febbraio 2000.

Il giudice adito annullava tale atto in accoglimento del ricorso in opposizione.

Avverso la relativa decisione l’amministrazione proponeva appello, cui P. resisteva, dinanzi alla commissione tributaria regionale della Sicilia, la quale rigettava il gravame. Contro questa decisione l’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo. P. non si è costituito.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via pregiudiziale va disposta la riunione del ricorso avente il n. 20698/06 al presente, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., atteso che essi sono stati proposti contro la stessa sentenza e pendono tra le medesime parti.

Col motivo addotto a sostegno del ricorso la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 14, lett. b) e art. 17, lett. c), con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la CTR non considerava che nessuna prescrizione si era determinata circa la pretesa fiscale, posto che l’accertamento, compiuto nei termini, si era reso definitivo per non essere stato impugnato; precisamente poi l’iscrizione a ruolo e l’avviso di mora erano intervenuti entro l’anno successivo a quello della definitività dell’accertamento stesso, non potendosi perciò confondere la fattispecie in esame con l’altra relativa alla liquidazione diretta della dichiarazione del reddito.

Il motivo è fondato.

La CTR osservava che la pretesa fiscale orinai era perenta, per il termine trascorso rispetto alla dichiarazione del reddito, essendo esso scaduto il primo anno successivo rispetto alla medesima.

L’assunto non è esatto.

Invero, a parte che l’atto impositivo prodromico ormai era divenuto definitivo per mancata tempestiva impugnazione, va altresì rilevato che tale decadenza si verifica solamente allorquando si tratti di atto impositivo conseguente alla rettifica della dichiarazione del contribuente, e non invece di mera iscrizione a ruolo di imposta a seguito di preliminare avviso di accertamento, divenuto definitivo come nella specie. Infatti, com’è noto, alla cartella esattoriale emessa a seguito di accertamento tributario divenuto definitivo non è applicabile, in via analogica, il termine perentorio di notifica, decorrente dalla dichiarazione del contribuente, stabilito nel d.l.

17 giugno 2005, n. 106, art. 1, comma 5 bis, lett. c), convertito, con modificazioni, dalla L. 31 luglio 2005, n. 156, art. 1, in quanto tale previsione normativa, emanata in ossequio alla sentenza n. 280 del 2005 della Corte costituzionale, riguarda esclusivamente le cartelle relative alle liquidazioni, fondate su un’attività di verifica meramente formale, eseguita ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis. Invece in caso di accertamento definitivo, essendo la cartella preceduta da un’attività istruttoria da compiere in termini decadenziali predeterminati, non si determina quella indefinita soggezione temporale alla verifica del fisco che la Corte costituzionale ha inteso censurare con la predetta sentenza (Cnfr.

anche Cass. Sentenze n. 6148 del 13/03/2009, n. 667 del 2007).

Pertanto alla luce di tali considerazioni, va rilevato che il giudice di appello non ha fatto buon governo della disciplina attinente alla emissione di atti esecutivi a seguito della definitività di quello di accertamento.

Su tale punto perciò la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto.

Ne deriva che il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della decisione impugnata, senza rinvio, posto che la causa può essere decisa nel merito, atteso che non occorrono ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384 c.p.c., comma 1, e rigetto del ricorso in opposizione del contribuente.

Quanto alle spese del doppio grado di merito, sussistono giusti motivi per compensarle, mentre quelle di questo giudizio seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Riunito il ricorso n. 20698/06 al presente, accoglie il medesimo;

cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, rigetta quello introduttivo; compensa le spese del doppio grado, e condanna l’intimato al rimborso di quelle di questo giudizio, che liquida in Euro 1.700,00 (millesettecento/00) per onorario, oltre a quelle prenotate a debito, alle generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2011

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