Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11232 del 09/05/2017


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Cassazione civile, sez. III, 09/05/2017, (ud. 09/03/2017, dep.09/05/2017),  n. 11232

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – rel. Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18897/2014 proposto da:

IL MATTINO SPA, in persona del suo legale rappresentante p.t. Dott.

G.M., DOTT. O.M., elettivamente domiciliati in

ROMA, LUNGOTEVERE DELLA VITTORIA 5, presso lo studio dell’avvocato

GIOVANNI ARISTA, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato FRANCESCO BARRA CARACCIOLO, giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrenti –

contro

F.P., C.G., D.B.E.,

L.V., L.P.L., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI

GRACCHI 39, presso lo studio dell’avvocato ADRIANO GIUFFRE’, che li

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ACHILLE JANES

CARRATU’, FRANCESCA GIUFFRE’, giusta procura in calce al ricorso;

– controricorrenti –

e contro

D.B.E., L.V., C.G.,

L.P.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3138/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/03/2017 dal Presidente Dott. SERGIO DI AMATO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.P., D.B.E., L.V., L.P.L. e C.G., giudici della sezione per l’applicazione delle misure di prevenzione del Tribunale di Napoli, citavano in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, il Mattino s.p.a., O.M. quale direttore del quotidiano Il Mattino, e la giornalista D.S.A., per ottenere il risarcimento dei danni indicati come derivanti dalla pubblicazione di un articolo ritenuto lesivo della loro reputazione personale e professionale. Nell’articolo si prospettava una mancata confisca, e conseguente restituzione, di un immobile oggetto di sequestro, a causa di una “distrazione” imputata ai giudicanti. Confisca invece risultata disposta diversi anni prima con provvedimento confermato in sede di gravame.

Si costituivano il Mattino s.p.a. e O.M. eccependo il difetto di legittimazione passiva, la scriminante del diritto di cronaca e critica, l’insussistenza del nesso causale e del danno, l’inammissibilità della domanda di riparazione pecuniaria anch’essa avanzata.

Si costituiva anche D.S.A. invocando la scriminante del diritto di cronaca e critica.

Il Tribunale di Roma accoglieva la domanda e la Corte di appello della stessa città rigettava sia l’appello principale, interposto dai convenuti in primo grado, sia l’appello incidentale, proposto dagli attori sul quantum delle somme liquidate a titolo risarcitorio e di riparazione della L. 8 febbraio 1948, n. 47, ex art. 12.

Contro quest’ultima decisione, pronunciata nel 2013, ricorrono per cassazione Il Mattino s.p.a. e O.M. affidandosi a tre motivi.

Resistono con controricorso F.P., D.B.E., L.V., L.P.L. e C.G..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., artt. 2697, 2043 e 2059 c.c., per errore sull’identificabilità dei soggetti passivi della pretesa diffamazione a mezzo stampa. Si osserva che i magistrati della sezione per l’applicazione delle misure di prevenzione del tribunale di Napoli non sono menzionati nell’articolo, in cui si parla genericamente dell’ufficio.

Con il secondo motivo si prospetta la violazione dell’art. 21 Cost., artt. 51, 59 e 595 c.p., perchè, trattandosi, in buona sostanza, di un’intervista al difensore richiedente la restituzione dell’immobile, dell’eventuale lesività non poteva che rispondere il solo dichiarante. Essendo, cioè, dichiarazioni del suddetto avvocato, e costituendo esse di per sè notizia stante l’interesse pubblico alla loro conoscenza, non poteva rilevare l’assunto contenuto lesivo delle stesse in quanto riportate sul giornale. Si osserva che il giornalista non è tenuto a sindacare il contenuto delle dichiarazioni di un soggetto pubblico e qualificato su eventi di rilevanza pubblica, dovendosi distinguere tra verità della notizia (data dalle dichiarazioni dell’avvocato) e verità del fatto oggetto della stessa (rispondenza al vero del contenuto di quanto dichiarato). Avrebbe perciò errato la corte territoriale nell’aver addebitato al giornalista di non aver scelto adeguatamente le fonti informative, e non aver controllato l’attendibilità delle stesse, atteso che, rispetto ad esse, la firmataria dell’articolo era terza osservatrice, titolata, quindi, alla divulgazione in ragione del diritto di cronaca. Si aggiunge che l’avvocato dichiarante, fonte qualificata, aveva consegnato documenti tali da costituire prova del legittimo esercizio del diritto putativo del diritto di cronaca.

Con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. e l’inesistente motivazione, ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poichè la corte di appello aveva fatto carico delle spese agli appellanti principali senza mostrare di considerare la soccombenza degli appellanti incidentali sulla pretesa di revisione del quantum risarcitorio e sanzionatorio, al netto della mera correzione di errore materiale inerente all’importo del contributo unificato da rifondere.

2. Il primo motivo è inammissibile.

La Corte territoriale, infatti, non ha affatto obliterato la giurisprudenza di legittimità, cui va data continuità, secondo cui il soggetto passivo non è necessario sia specificatamente e precisamente nominato purchè, in assenza di un esplicito e nominativo richiamo, gli elementi della fattispecie concreta, le circostanze narrate, oggettive e soggettive, i riferimenti temporali e personali o simili, unitamente agli altri elementi della vicenda, permettano di desumere con ragionevole certezza l’inequivoca individuazione dell’offeso (Cass., 06/08/2007, n. 17180; Cass. 28/09/2012, n. 16543).

La corte territoriale ha specificatamente motivato, in questa cornice, sull’individuabilità dei soggetti destinatari dell’offesa richiamando: la natura di giornale locale, molto diffuso, su cui era stato pubblicato l’articolo; il fatto che si imputava l’omissione ai giudici facenti parte di una sezione del tribunale di Napoli in un certo momento, agevolmente identificabili; l’uso, in proposito, dei verbi narrativi al tempo presente (pagg. 4 e 5).

Ne consegue che il motivo, sebbene formulato, formalmente, in termini di violazione di legge, si risolve in una pretesa di rilettura, sotto tale profilo, delle risultanze istruttorie quali peraltro accertate conformemente nel doppio grado di merito, e, come tale, è inammissibile.

Il secondo motivo è anch’esso inammissibile.

In primo luogo la questione, per come enunciata, risulta nuova.

In ogni caso va rilevato che in tema di diffamazione a mezzo stampa, la giurisprudenza di legittimità, che va ribadita, afferma che quando la cronaca abbia ad oggetto il contenuto di un’intervista, il requisito della verità dei fatti va apprezzato in relazione alla corrispondenza fra le dichiarazioni riportate dal giornalista e quelle effettivamente rese dall’intervistato. Con la conseguenza che il giornalista, laddove non abbia manipolato o elaborato tali dichiarazioni, in modo da falsarne anche parzialmente il contenuto, non può essere chiamato a rispondere di quanto affermato dall’intervistato, semprechè ricorrano gli ulteriori requisiti dell’interesse pubblico alla diffusione dell’intervista e della continenza, da intendersi rispettato per il solo fatto che il giornalista abbia riportato correttamente le dichiarazioni, a prescindere da qualsiasi valutazione sul loro contenuto (Cass., 31/10/2014, n. 23168). Non vi dev’essere, pertanto, alcuna adesione, neppure per implicito o allusivamente, al contenuto delle dichiarazioni.

Nel caso di specie, per un verso è pacifico che non si è trattato di un’intervista. Per altro verso, seppure si debba intendere si sia trattato di un articolo volto a riportare dichiarazioni di un terzo, nell’ipotesi di un avvocato, non è stato compiutamente riportato il contenuto della pubblicazione, in modo da permettere la verifica in parola.

Infatti, da una parte si riportano contenuti che, al contrario, appaiono andare nella direzione opposta a quella della scriminante appena sintetizzata. D’altra parte si riportano solo parzialmente altri e diversi contenuti.

Quanto al primo profilo si trascrive che il titolo dell’articolo è stato “Sequestro dimenticato – La villa tornerà al boss”, con sottotitolo “Il tribunale non chiede la confisca. L’avvocato: sarà restituita a V.”. Per poi parlare di “una distrazione rilevata dall’avvocato..” e aggiungere che “La sezione misure di prevenzione del Tribunale di Napoli espropria la villa del boss, ma nella procedura manca il successivo passaggio della confisca” (pag. 2 del ricorso).

Quanto al secondo profilo si citano passaggi dell’articolo in cui si imputa alla “difesa” la tesi della “mancanza del passaggio decisivo” per la confisca. Ma si tratta di trascrizioni parziali (pag. 12 del ricorso) e comunque non omogenee agli altri contenuti sopra rilevati.

La mancanza di una compiuta riproduzione, diretta e indiretta, dell’articolo, non permette quindi, anche in questa chiave, di scrutinare il secondo motivo. Difatti, in relazione alle domande risarcitorie aventi ad oggetto dichiarazioni allegate come diffamatorie a mezzo stampa, la parte che muova critiche alla valutazione compiuta dal giudice di merito circa la natura diffamatoria dello scritto in questione è tenuta, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ad individuare – se del caso riproducendolo direttamente, ove necessario in relazione all’oggetto della critica di cui al motivo, ed eventualmente indirettamente, ove l’apprezzamento della critica lo consenta – il contenuto dell’articolo nella parte cui la critica si riferisce, specificando anche dove la Corte possa esaminarlo per verificare la conformità del contenuto riprodotto rispetto a quello effettivo (Cass., 11/02/2009, n. 3338).

Pure inammissibile è il profilo del secondo motivo attinente alla dedotta sussistenza della scriminante putativa. Si fa infatti riferimento a documenti pretesamente consegnati dall’avvocato al giornalista sul punto, senza dedurre quali siano stati, e soprattutto quando e come siano stati sottoposti all’esame dei giudici di merito. Sicchè il motivo, prim’ancora che intercettare una questione nuova, difetta del tutto della necessaria specificità e autosufficienza.

Il terzo motivo, infine, è parimenti inammissibile.

Mentre sussiste un obbligo a motivare la compensazione delle spese, non vale il contrario (Cass., Sez. U., 15/07/2005, n. 14989 e succ. conf.).

Per il resto, nel regolare le spese di lite in caso di reciproca soccombenza, il giudice di merito deve effettuare una valutazione discrezionale, non arbitraria ma fondata sul principio di causalità, che si specifica nell’imputare idealmente a ciascuna parte gli oneri processuali causati all’altra per aver resistito a pretese fondate, ovvero per aver avanzato pretese infondate (Cass., 22/02/2016, n. 3438). Nel caso la corte territoriale ha posto le spese a carico delle parti risultate soccombenti in misura largamente prevalente, valutando implicitamente marginale il rigetto dell’appello incidentale, peraltro sul punto del quantum e non su quello della corretta rifusione delle spese per contributo unificato che comunque lo giustificava.

3. Spese secondo soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 4.100,00, oltre a Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Motivazione redatta con la collaborazione dell’assistente di studio Dott. P.P..

Il collegio ha stabilito che la motivazione sia semplificata.

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2017

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