Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11230 del 07/05/2010

Cassazione civile sez. III, 07/05/2010, (ud. 08/04/2010, dep. 07/05/2010), n.11230

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 12986-2009 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI

187, presso lo studio dell’avvocato LANDOLFI PASQUALE, che lo

rappresenta e difende, giusta procura speciale ad litem che viene

allegata in atti;

– ricorrente –

contro

ASSICURAZIONI GENERALI ASSICURAZIONI SPA nella qualità di Impresa

designata per territorio alla gestione del Fondo di Garanzia Vittime

della Strada in persona dei legali rappresentanti pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BAIAMONTI 10, presso lo studio

dell’avvocato CALDORO MARIA FRANCESCA, rappresentata e difesa

dall’avvocato MAGALDI RENATO, giusta mandato a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3544/2008 del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA

VETERE del 10.8.08, depositata il 26/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

8/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.

La Corte, letti gli atti depositati:

 

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 25 maggio 2009 C.A. ha chiesto la cassazione della sentenza, notificata il 30 marzo 2009, depositata in data 26 novembre 2008 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che, annullata la sentenza del Giudice di Pace, l’aveva condannato a restituire alla Assicurazioni Generali S.p.A., quale Impresa designata gestione F.G.V.S., le somme eventualmente incassate sulla base della sentenza di primo grado e a rifonderle le spese giudiziali di entrambi i gradi.

La Assicurazioni Generali S.p.A., nella qualità, ha resistito con controricorso.

2 – I tre motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c, introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. Con il primo motivo il ricorrente eccepisce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c.. L’assunto è che il giudice d’appello si è pronunciato su una domanda non proposta avendo esso formulato il suo giudizio sull’elemento soggettivo del C., mentre l’appellante aveva contestato il fatto storico, l’omessa prova della segnalazione dell’evento all’autorità giudiziaria, il merito della C.T.U.. Ma, anche a voler prescindere dalla considerazione che l’impossibilità del danneggiato di individuare il danneggi ante è ricompresa nel fatto storico che legittima l’intervento del Fondo di Garanzia, è decisivo il rilievo che il quesito di diritto (accerti la Corte se vi sia stata violazione dell’art. 112 c.p.c.) non presenta i requisiti sopra indicati e si rivela assolutamente generico e astratto.

Le medesime considerazioni valgono per le due successive censure.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (l’atto di transazione quietanza), ma la censura riguarda l’interpretazione di un documento, che è attività riservata al giudice di merito e il quesito finale (accerti la Corte se vi è stato difetto ed omessa motivazione e violazione sull’art. 1965 c.c.) fa riferimento ad una norma di diritto di cui non era stata denunciata la violazione e non rappresenta il momento di sintesi necessario per specificare le ragioni delle asserite, rispettivamente, omissione e insufficienza motivazionale.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Questa censura riguarda l’interpretazione della prova testimoniale e l’accertamento del danno biologico, quindi attività di competenza del giudice di merito, pecca di autosufficienza, presenta un quesito finale (accerti la Corte se vi è stata contraddittoria motivazione e falsa applicazione della L. 5 marzo 2001, n. 57, art. 5 comma 3) che si rivela inadeguato per le ragioni evidenziate a proposito del precedente.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Non sono state presentate conclusioni scritte nè memorie nè alcuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 8 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2010

 

 

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