Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1123 del 21/01/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 1123 Anno 2014
Presidente: MASSERA MAURIZIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

PU

SENTENZA

sul ricorso 7120-2007 proposto da:
DI BARI GAETANO DBRGTN41H06D6430, QUARTULLO MARIA
CONSIGLIA QRTMCN44C52D495Z, elettivamente domiciliati
in ROMA, P.ZA UGO DA COMO 9, presso lo studio
dell’avvocato BARBUTO ANDREA, che li rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrenti

2013
contro

2207

CANON ITALIA S.P.A.;
e

sul ricorso 11542-2007 proposto da:

intimata

Data pubblicazione: 21/01/2014

CANON ITALIA S.P.A. 11723840150 in persona del legale
rappresentante JEAN MARIE MINELLI, elettivamente
.. domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 197, presso lo
studio dell’avvocato NAPOLEONI MARIA CRISTINA, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato

– ricorrente contro

QUARTULLO

MARIA

CONSIGLIA,

DI

BARI

GAETANO,

elettivamente domiciliati in ROMA, P.ZA UGO DA COMO
9, presso lo studio dell’avvocato BARBUTO ANDREA, che
li rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 42/2006 della CORTE D’APPELLO
di ANCONA, depositata il 21/01/2006, R.G.N. 888/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/11/2013 dal Consigliere Dott. RAFFAELE
FRASCA;
udito l’Avvocato ANDREA BARBUTO;
udito l’Avvocato MARIA CRISTINA NAPOLEONI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine rigetto del ricorso
principale, assorbito il ricorso incidentale;
,

,

2

FIORUCCI LUCIANO giusta delega in atti;

R.g.n. 7120-07; 11542-07 (ud. 26.11.2013)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§1. Gaetano Di Bari e Maria Consiglia Quartullo ha proposto ricorso per cassazione
contro la s.p.a. Canon Italia avverso la sentenza del 21 gennaio 2006, con la quale la Corte
d’Appello di Bari, provvedendo sull’appello principale proposta dalla Canon e su quello
incidentale proposto dai qui ricorrenti contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale

Canon riguardo al quarto motivo e, previo rigetto del primo e dichiarazione in
motivazione di assorbimento degli altri motivi dell’appello principale e dell’intero appello
incidentale (ancorché nel dispositivo si dica poi che quest’ultimo è respinto), in riforma di
detta sentenza ha respinto, con gravame dei due gradi, l’opposizione all’esecuzione
proposta dal Di Bari e dalla Quartullo con il ricorso al Giudice dell’Esecuzione ai sensi
dell’art. 615, secondo comma, c.p.c. nel lontano 23 novembre 1990, avverso un’esecuzione
forzata immobiliare (rubricata al n. 130/84 Reg. Esec.) promossa dalla Canon sulla base di
trentasei cambiali rilasciate dal Di Bari ed avallate dalla Quartullo in adempimento di un
atto di transazione stipulato il 22 gennaio 1982 in Bussolengo.
§2. A sostegno dell’opposizione i ricorrenti deducevano — per quanto si legge nel
ricorso presente nel loro fascicolo di primo grado – l’annullabilità dell’atto di transazione ai
sensi dell’art. 1439 c.c. e la conseguente inesistenza del diritto di procedere all’esecuzione
nei loro confronti. Chiedevano, inoltre, in via consequenziale all’accertanda annullabilità il
risarcimento dei danni.
Costituendosi in giudizio la Canon, oltre a chiedere il rigetto delle avverse domande
e, quindi, dell’opposizione all’esecuzione, in via riconvenzionale, per il caso che dette
domande e, dunque, l’opposizione fosse accolta con l’annullamento della transazione, la
condanna degli opponenti, nel presupposto che le posizioni delle parti ritornassero quelle
antecedenti alla transazione, a quanto dovuto in relazione al rapporto che della transazione
era stato oggetto.
§3. Con la sentenza del 29 maggio 2003 (che si rinviene nel fascicolo di parte di
appello della Canon) il Tribunale di Pesaro, in persona di un G.O.A., previo accertamento
della “nullità” ex art. 1439 c.c. della scrittura di transazione, <>;
c) si dice, quindi (punto 20) che: «effettuati i primi pagamenti il Dr. Di Bari venne
casualmente a conoscere, alcuni mesi dopo, che era stato oggetto di un doppio raggiro in
sede di transazione ed il 14 febbraio 1983 sporse denuncia all’A.G. penale per truffa in
transazione — procedimento infine conclusosi con l’applicazione di amnistia nell’ott. 1989.
Le cambiali rimanenti furono provvisoriamente sequestrate e non più pagate>>;
d) si enuncia, di seguito (punto 21) che «dal procedimento esecutivo posto in atto
dalla Canon Italia s.p.a., dopo il dissequestro, e dal ricorso in opposizione degli obbligati
Dr. Gaetano Di Bari e Sig.ra Maria Consiglia Quartullo in data 23 novembre 1990, ha
origine il procedimento de quo>>;
e) dopo che nel punto 22 si è fatto un anodino riferimento allo svolgimento dal 1990
al 2000 di un procedimento penale per il delitto di falsa testimonianza a carico del Di Bari,
del dirigente della Canon e di altro soggetto socio di una ditta che nella precedente
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Est. Cons. Rffae Frasca

R.g.n. 7120-07; 11542-07 (ud. 26.11.2013)

esposizione si è detto socio maggioritario di una ditta che avrebbe venduto alla ditta del Di
Bari i prodotti Canon, si dice (J)unto 23), senza alcun’altra specificazione che il
procedimento di opposizione si concludeva con la sentenza del 29 maggio del Tribunale di
Pesaro che dichiarava nulla ex art. 1439 c.c. la scrittura di transazione e per l’effetto
«riconosce[va] essere venuta meno la causa per la quale furono firmate e avallate le
cambiali in esecuzione e per la prosecuzione della procedura esecutiva immobiliare
promossa dalla Canon Italia s.p.a., [e] accoglie[va] la domanda del Di Bari, relativamente

ai danni sofferti determinandoli in lire 974.203.000 (pari ad euro 503.133,86), oltre
interessi dal 23 novembre 1990»;

J) nel successivo punto 24 si dice che la Canon proponeva appello, che si
costituivano i qui ricorrenti «resistendo alle richieste e proponendo appello incidentale su
quattro punti», che la Corte anconetana con la sentenza impugnata «respinge[va] la
opposizione all’esecuzione promossa da Di Bari Gaetano e Quartullo Maria Consiglia con
ricorso depositato il 23 novembre 1990 innanzi al Tribunale di Pesaro e condanna[va] gli
stessi alle spese di giudizio di primo del primo e del secondo grado».
Dopo questa esposizione dedicata espressamente all’enunciazione del fatto, nelle
pagine sette, otto e nelle prime dieci righe della pagina nove, dopo le quali comincia
l’esposizione del motivi, vi è una parte intestata come “diritto”, nella quale mesi fanno
riferimenti alla riunione del 22 gennaio 1982, allo svolgimento della discussione fra in
contraenti, dopo di che si fa riferimento ad una parte della motivazione della sentenza di
primo grado del Tribunale di Pesaro nella quale si argomenta l’annullamento della
transazione ai senesi dell’art. 1439 c.c., riproducendola in otto righe con seguente tenore:
«in verità il Ciampan terrorizzò ed usò artifici e raggiri in modo tale che creò nel
contraente Di Bari un falso convincimento ed induzione in errore fino a farlo determinare a
rinunciare all’ingente richiesta di danni …. Non c’è chi non veda che l’inerzia o reticenza
usata dal Chiampan si è inserita in un suo complesso comportamento, adeguatamente
preordinato con malizia o astuzia, atto a realizzare l’inganno perseguito (integandosi così il
dolo omissivo come causa di annullamento del contratto a norma dell’art. 1439 c.c.) e cioè
determinando una efficienza causale sulla determinazione volitiva della controparte»;
Quindi, sotto l’enunciazione «occorre esaminare le diverse conclusioni della Corte
di Appello di Ancona>>, si dice: aa) che essa avrebbe escluso che il comportamento del
dirigente della Canon potesse essere stato “terrorizzante per il Di Bari, determinandone il
consenso alla transazione ovvero a concluderla a condizioni diverse sia in ordine ad un
procedimento civile pendente in Milano sia in ordine a una denuncia penale presentata dal
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Est. Cons. Rffae1e Frasca

R.g.n. 7120-07; 11542-07 (ud. 26.11.2013)

Di Bari contro il Ceoldo; bb) che essa avrebbe asserito che non esiste alcuna prova circa le
condizioni alle quali il Di Bari avrebbe sottoscritto la transazione senza le dichiarazioni del
Dr. Ciampan>>.
§2.1. Il Collegio rileva che l’esposizione del fatto sostanziale e processuale così
fornita dai ricorrenti sia del tutto inadeguata ed insufficiente a far comprendere, sia pure
riassuntivamente, i termini dello svolgimento della controversia nelle fasi di merito, di
modo che il requisito di cui all’art. 366 n. 3 c.p.c. non appare rispettato.

In proposito, in punto di rilievo del requisito della esposizione sommaria dei fatti di
causa, si osserva che <>, nonché la successiva indicazione del tenore della sentenza di primo
grado quanto alla dichiarazione di “nullità” ex art. 1439 della transazione, al
riconoscimento del venir meno della causa di emissione e avallo delle cambiali in
esecuzione ed all’accoglimento della non meglio individuata domanda del Di Bari riguardo
ai danni sofferti;
a3) non si individua sebbene sommariamente il tenore dell’appello della Canon e
della resistenza dei qui ricorrenti, nonché del loro appello incidentale;

9
le Frasca
Est. Cons. R\Ità-

R.g.n. 7120-07; 11542-07 (ud. 26.11.2013)

a4) le carenze indicate rendono incomprensibili in funzione della percezione del
requisito del n. 3 dell’art. 366 anche gli ulteriori riferimenti svolti nella parte intitolata
“diritto”.
In tale situazione il ricorso risulta inammissibile per palese inosservanza del detto
requisito.
§3. Il ricorso, tuttavia, appare anche tardivo, ancorché tale rilievo, stante la

richieda l’esame degli atti prodotti dalle parti perché esso è indispensabile perché possa
valutarsi il problema della soggezione o meno del diritto di impugnazione esercitato con il
ricorso per cassazione alla sospensione feriale dei termini.
§4. Sulla base della sola lettura del ricorso e proprio per la sua carente esposizione
del fatto, infatti, il rilievo mosso dal Pubblico Ministero di sottrazione della controversia
all’operare della sospensione dei termini sarebbe corretto, poiché dalla narrativa del ricorso
(ma anche dalla stesa esposizione dei motivi) il lettore percepisce che la controversia iniziò
con un’opposizione ad esecuzione immobiliare già iniziata sulla base di titoli esecutivi
costituiti da cambiali e che, nell’ambito dell’oggetto della decisione, per come si evince dal
riferimento al contenuto della sentenza di primo grado ed alla valutazione di annullamento
della transazione, costituente il rapporto causale in base alla quale le cambiali furono
emesse, sarebbe stata accolta l’opposizione stessa e una domanda di risarcimento danni
proposta da uno degli esecutati, che evidentemente sembrerebbe, in mancanza di
precisazioni sul suo oggetto, da supporsi o come proposta ai sensi del’art. 96 c.p.c., cioè
per il risarcimento del danno da esecuzione, o come dipendente dall’accoglimento
dell’opposizione e, dunque, condizionata al suo esito positivo e, quindi, nascente solo in
via consequenziale rispetto alla decisione di accoglimento di essa. Ne segue che la
controversia risulta certamente identificata, pur con le lacune segnalate, come controversia
proposta in via principale di opposizione all’esecuzione che, caratterizzandosi come
relativa ad una esecuzione promossa sulla base di titoli esecutivi stragiudiziali, attinse lo
stesso rapporto causale, e nel contempo cumulata con una domanda di risarcimento danni
di uno degli opponenti, il Di Bari, non si sa se ai sensi dell’art. 96 c.p.c. oppure se basata

sulla situazione sostanziale risultante dalla rimozione del rapporto causale di transazione
da cui originavano i titoli esecutivi.
Nell’uno e nell’atro caso, alla controversia per come identificata dalle scarne
allegazioni risulterebbe in toto inapplicabile, sia nel momento iniziale, sia con riferimento
al momento decisorio in primo grado, la sospensione dei termini per il periodo feriale.

contestazione dell’assunto della requisitoria svolta nell’adunanza del 18 marzo 2008,

R.g.n. 7120-07; 11542-07 (ud. 26.11.2013)
Infatti, una volta considerato che è principio consolidato che <> (Cass. n. 2708 del

cambiari, era sottratta come tale alla sospensione, emerge quanto segue.
Nel caso di domanda di risarcimento danni ai sensi dell’art. 96 c.p.c. verrebbe in
rilievo il principio di diritto secondo cui la domanda ai sensi dell’art. 96 c.p.c., proposta da
chi si oppone all’esecuzione, in quanto accessoria a quest’ultima, è soggetta anch’essa alla
sospensione, secondo il principio di diritto per cui in caso di pluralità di domande contro la
stessa parte, l’operatività o meno della sospensione feriale dei termini processuali va
stabilita in base alla disciplina applicabile alla domanda principale (Cass. n. 3731 del
21995; in precedenza, in motivazione, Cass. n. 4930 del 1988).
Viceversa, nel caso che la domanda di risarcimento del danno fosse riconducibile
all’altra alternativa indicata, l’inapplicabilità della sospensione deriverebbe sempre dal
carattere subordinato di essa rispetto alla principale di opposizione all’esecuzione e,
dunque, alla stregua del principio appena ricordato (Cass. n. 6015 del 1986, n. 2055 del
2000, n. 4375 del 2003, n. 17202 del 2004, n. 10230 del 2010). Il principio in questione
trova la sua ragione nella circostanza che la cognizione della domanda risarcitoria suppone
la cognizione di quella di opposizione, per cui, se l’opposizione è stata rigettata e la
domanda risarcitoria è rimasta assorbita, per la non configurabilità di uno dei presupposti
per l’insorgenza del relativo diritto, è palese che il diritto di impugnazione dell’opponente
in tanto potrà esercitarsi in quanto egli impugni il rigetto dell’opposizione e, dunque,
l’urgenza della trattazione di questa ratione naturae sussiste e non può non condizionare il
regime della domanda risarcitoria. Nel caso di accoglimento dell’opposizione e della
domanda di risarcimento del danno, parimenti l’esercizio del diritto di impugnazione da
parte dell’opposto, poiché potrebbe indirizzarsi sia nei confronti di entrambe le statuizioni,
sia solo della seconda e poiché solo il suo concreto esercizio può sciogliere tale alternativa,
la prevalenza della inapplicabilità della sospensione all’opposizione è indefettibile per tale
ragione. Analogamente è a dire per il caso che sia lo stesso opponente che abbia interesse
ad impugnare, perché la domanda risarcitoria stata accolta solo parzialmente.

11
Est. Cons.

sca

2005), e che, dunque, l’opposizione all’esecuzione, peraltro già iniziata, sulla base dei titoli

R.g.n. 7120-07; 11542-07 (ud. 26.11.2013)

E semmai, è qualora al giudizio di impugnazione sia stata devoluta solo la domanda
di risarcimento danni che il passaggio in cosa giudicata della decisione di primo grado sul
rigetto dell’opposizione, lasciando in piedi solo la cognizione della domanda risarcitoria (o
per impugnazione della decisione da parte dell’opposto o per impugnazione di essa nel

quantum da parte dell’opponente), che la controversia così ridimensionata potrà risultare
ormai riconducibile al regime della sospensione, sia durante lo svolgimento dell’appello,

D’altro canto, le scarne delucidazioni sul tenore della decisione qui impugnata,
fornite con la deduzione che la sentenza della Corte anconetana rigettò l’opposizione
all’esecuzione palesavano che il diritto di impugnazione esercitato con il ricorso principale
certamente riguardava una controversia no soggetta ala sospensione, cioè l’opposizione
all’esecuzione.
Ne segue che la lettura del ricorso palesava indubbiamente una situazione nella quale
il ricorso principale appariva tardivo per come rilevato dal Pubblico Ministero nella sua
ormai lontana requisitoria.
Il ricorso infatti, risulta notificato sia dal punto di vista dei notificanti sia da quello
della destinataria il 6 marzo 2007, cioè ben oltre l’anno solare dalla pubblicazione della
sentenza.
§5. La lettura degli atti prodotti in questa sede dalle parti e segnatamente del ricorso
introduttivo e della comparsa di costituzione in primo grado, della sentenza di primo grado
e dell’atto di appello principale della Canon — cui non si potrebbe procedere in ragione
della sussistenza della causa di inammissibilità di cui all’art. 366 n. 3 c.p.c., che è
percepibile sulla base del solo ricorso, ma alla quale si sarebbe dovuto procedere in
mancanza di tale sussistenza e per verificare la replica svolta nell’adunanza del 18 marzo
2008 dai ricorrenti — evidenzia, peraltro, parimenti che il ricorso è stato proposto
tardivamente, perché non trovava applicazione all’esercizio del diritto di impugnazione
tramite il ricorso per cassazione il regime della sospensione dei termini.
Va considerato che proprio l’esame degli atti ha consentito di evidenziare — per
quanto al riguarda interessa – il fatto sostanziale e processuale, oscuro per come s’è detto,
nel ricorso, nei termini che si sono indicati nel su esteso svolgimento processuale.
Va ricordato che le conclusioni della requisitoria del Pubblico Ministero erano state
criticate dalla difesa dei ricorrenti adducendosi, nelle note depositate nell’adunanza del 18
marzo 2008, che la controversia sarebbe stata soggetta invece alla sospensione dei termini
in quanto, nel costituirsi nel giudizio di opposizione all’esecuzione, la Canon s.p.a. aveva

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Est. Cons.

le Frasca

sia per l’impugnazione in cassazione.

R.g.n. 7120-07; 11542-07 (ud. 26.11.2013)

.

svolto una domanda riconvenzionale che, a differenza dell’opposizione dei qui ricorrenti,
era soggetta alla sospensione dei termini per il periodo feriale, donde la conseguenza che lo
sarebbe stata l’intera controversia. Al riguardo nelle note si era invocato il principio di
diritto di cui a Cass. n. 4930 del 1988 ed a Cass. n. 5273 del 1980.
Ora, Cass. n. 4930 del 1988 ebbe a statuire quanto segue: «Qualora, in sede di
opposizione a precetto intimato per l’esecuzione, ai sensi dell’art. 189 disp. att. cod. proc.

effetti civili del matrimonio ex art. 4, quinto comma, della legge n. 898 del 1970, il coniuge
opposto, oltre a chiedere il rigetto dell’opposizione, proponga domanda riconvenzionale
per il riconoscimento comunque del suo diritto di credito nell’ammontare stabilito per
l’assegno temporaneo di divorzio, la relativa causa – stante la natura non alimentare del
credito – è soggetta alla sospensione feriale dei termini, che si applica all’intero processo,
ancorché il giudizio di opposizione all’esecuzione e le eventuali domande accessorie per
responsabilità aggravata e di restituzione delle somme già pagate ne sia esente.».
Cass. n. 5273 del 1980 si espresse, invece, in senso generale nel senso che «Nel
caso di cumulo di domande, alcune delle quali soltanto diano luogo a controversie sottratte
alla regola della sospensione dei termini processuali, nel periodo feriale, l’intero processo è
assoggettato alla disciplina della sospensione, non essendo ipotizzabile una duplicità di
termini di impugnazione del medesimo tipo per una stessa sentenza ad opera delle stesse
parti», in tal modo riprendendo il principio affermato da Cass. sez. un. n. 467 del 1977 (la
quale lo statuì con riferimento ad una fattispecie nella quale era accaduto che in un
giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, presso il quale era stato eseguito un
sequestro conservativo convertitosi in pignoramento, erano stati chiamati in causa altri
soggetti ed era insorta la necessita di decidere, con autorità di giudicato nei confronti di
tutte le parti, se il debitore avesse o meno validamente trasferito, in favore dei predetti
soggetti, parte dei beni sequestrati, nonché se tale trasferimento fosse o meno opponibile al
creditore procedente. La S.C. riteneva, enunciando il principio poi ribadito da Cass. n.
5273 del 1980, che il termine per proporre ricorso per cassazione, avverso la sentenza
emessa in quel giudizio, fosse sospeso nel periodo feriale, dovendosi assoggettare l’intero
procedimento alla regola generale fissata dall’art. 1 della legge 7 ottobre 1969 n 742, anche
per la parte relativa all’accertamento dell’obbligo del terzo,che sarebbe di per se rientrata
nell’ambito delle eccezioni alla regola medesima, previste dall’art. 3 della citata legge).
Il principio della vis actractiva della soggezione alla sospensione nel caso di cumulo
,

di domanda soggetta ad essa e di domanda ad essa non soggetta è di generale applicazione

13
Est. Con

Frasca

civ., dei provvedimenti temporanei ed urgenti disposti nel giudizio per la cessazione degli

R.g.n. 7120-07; 11542-07 (ud. 26.11.2013)

nella giurisprudenza di questa Corte anche in ipotesi nelle quali il cumulo riguardi, come
causa non soggetta a sospensione, non una controversia di opposizione esecutiva, bensì una
causa di altra natura.
Più di recente si è precisato, con riferimento ad ipotesi nella quale l’opponente
all’esecuzione aveva fondato l’opposizione sull’esistenza di un proprio controcredito
maggiore rispetto a quello per cui si procedeva ed aveva anche domandato l’eccedenza,

una delle quali sia soggetta al regime della sospensione dei termini per il periodo feriale e
l’altra non lo sia, la decisione che intervenga su di esse senza sciogliere la ragione di
connessione e, quindi, conservandola, deve ritenersi soggetta all’applicazione della
sospensione, non essendo concepibile, per il fatto che l’impugnazione può coinvolgere la
decisione in riferimento ad entrambe le domande connesse, né l’operare di due regimi
distinti né il non operare della sospensione per tutta la controversia» (Cass. n. 20594 del
2007; in senso conforme Cass. n. 8113 del 2013).
A sua volta Cass. (ord.) n. 5396 del 2009, nel solco della precedente decisione, ha
precisato che «Quando nel giudizio di opposizione all’esecuzione sia eccepito dal
debitore esecutato un controcredito ed esso sia contestato dal creditore procedente, se il
valore del controcredito non eccede quello del credito per cui si procede, il cumulo di
cause (quella di opposizione e quella di accertamento del controcredito) non resta soggetto
alla sospensione dei termini per il periodo feriale, mentre, se il controcredito sia eccedente,
opera tale sospensione» e la ragione è stata rinvenuta nella circostanza che nel secondo
caso la compensazione si fa domanda per l’eccedenza.
In queste ipotesi il cumulo di domande realizzato dallo stesso opponente
all’esecuzione non riguarda un rapporto fra l’opposizione e la domanda cumulata nel senso
della dipendenza e, quindi, in modo che l’opposizione è la domanda principale come nelle
ipotesi innanzi prospettate siccome emergenti dalla scarna narrativa del ricorso principale.
§5.1. Nel caso di specie si verificò invece fin dal primo grado di giudizio un cumulo
di domande in un duplice senso.
Uno si pose ex latere degli opponenti e riguardò l’opposizione all’esecuzione e la
domanda di risarcimento danni basata sulla reviviscenza della situazione dei rapporti fra le
parti pregressa alla transazione, per effetto della dichiarazione di annullabilità di essa.
L’altro nel rapporto di contrapposizione fra opponenti e Canon per effetto della
proposizione da parte di essa della riconvenzionale subordinata avente ad oggetto la
richiesta di quanto dovuto in base alla situazione del rapporto prima della transazione.

14
Est. Con

a9,_Frasca

che «Quando si trovino cumulate fra loro per ragioni di connessione due controversie,

R.g.n. 7120-07; 11542-07 (ud. 26.11.2013)

Ora, va rilevato che certamente, di per sé considerata, l’opposizione all’esecuzione,
ancorché basata sulla richiesta di pronunciare l’annullamento della transazione, inerendo
tale richiesta al profilo dell’accertamento della inesistenza del titolo esecutivo, nella specie
stragiudiziale, vedeva la richiesta di dichiarare l’annullamento della transazione come
compresa nell’ambito dell’oggetto dell’opposizione, perché,

quando l’opposizione

all’esecuzione si propone contro un titolo esecutivo stragiudiziale con la contestazione

possibile perché il titolo è stragiudiziale e non reca un accertamento giudiziale di esso,
la richiesta di accertare vizi genetici, come la nullità o l’annullabilità del rapporto da
cui il titolo è stato originato appartiene all’ambito dei fatti costitutivi dell’azione di
opposizione esperita e non si colloca al di fuori di essa come una distinta domanda
pregiudiziale. Con specifico riferimento all’opposizione contro titolo cambiario la
deduzione con l’opposizione di ragioni di inesistenza del rapporto causale che
giustificò l’emissione del titolo è parte della domanda proposta con l’opposizione e di
questa segue il regime ai sensi della I. n. 742 del 1969.
Ne segue che la richiesta di annullamento della transazione, in quanto parte
dell’opposizione, era certamente non soggetta alla sospensione dei termini,
inapplicabile all’opposizione.
Parimenti la domanda di risarcimento danni restava sottratta alla sospensione in
quanto causa dipendente da quella principale di opposizione all’esecuzione, secondo quel
che si è detto precedenza sulla base del solo esame del ricorso.
§5.2. Resta a vedere se la proposizione della domanda riconvenzionale da parte della
Canon, certamente estranea al novero di quelle sottratte alla sospensione, viceversa potesse
comportare la vis actractiva nel suo regime dell’opposizione e della domanda di
risarcimento danni dipendente proposta dal Di Bari, siccome hanno sostenuto i ricorrenti
nella memoria del 18 marzo 2008.
La risposta, con riferimento all’esercizio del diritto di impugnazione con il ricorso
per cassazione è negativa.
§5.2.1. Queste le ragioni.
La domanda riconvenzionale della Canon era stata proposta in via subordinata
all’eventuale accoglimento dell’opposizione con l’annullamento della transazione e per
ottenere il riconoscimento di quanto dovuto in relazione al modo di essere del rapporto con
il Di Bari anteriormente ad essa.

della stessa fattispecie costitutiva del diritto consacrato nel titolo, contestazione

R.g.n. 7120-07; 11542-07 (ud. 26.11.2013)

Nel momento iniziale del processo l’esistenza del nesso di subordinazione della
domanda riconvenzionale all’eventuale accoglimento dell’opposizione, rendendo
dipendente la trattazione della riconvenzionale dalla decisione sull’opposizione e, quindi,
soltanto eventuale, comportava che la controversia e la trattazione fossero sottratte
all’operare della sospensione dei termini, perché la trattazione doveva riguardare soltanto
l’opposizione all’esecuzione.

domanda riconvenzionale, perché in sede decisoria, come emerge dalla sua sentenza (pp.
16-17), una volta accolta l’opposizione con la declaratoria dell’esistenza dell’invocata
annullabilità della transazione ai sensi dell’art. 1439 c.c. e dell’inesistenza del diritto di
procedere all’esecuzione sulla base delle cambiali emesse in esecuzione della stessa,
esaminò e decise anche la domanda di risarcimento danni del Di Bari (dipendente da quella
principale di opposizione) e, determinato il danno a suo dire dal medesimo subito, diede
rilievo alla posizione della Canon pregressa alla transazione determinando anche la sua
posizione creditoria e procedendo, non si sa da chi e come investitone, ad una espressa
compensazione fra il dovuto accertato a titolo risarcitorio a favore del Di Bari ed il dovuto
a favore della Conon, sino a pervenire all’individuazione di un dovuto residuo a favore del
Di Bari di £. 974.203.000, pari ad e 503.133,86 (oltre accessori).
Essendo stata decisa anche la domanda riconvenzionale della Canon ed essendo,
dunque, stato sciolto il nesso di subordinazione con cui quella domanda era stata
proposta, in quanto la decisione era relativa a due domande non soggette alla
sospensione (opposizione e domanda conseguente di risarcimento danni) e ad una, la
riconvenzionale, che vi era soggetta, l’esercizio del diritto di impugnazione, potendo
attingere da parte della soccombente Canon sia la decisione sull’opposizione sia la
decisione sulla propria domanda subordinata, sia soltanto quest’ultima,
evidentemente non poteva che essere regolato che dalla legge applicabile alla
riconvenzionale, secondo i principi innanzi richiamati.
L’appello principale della Canon, come si legge dalle conclusioni riportate nella
sentenza impugnata, si concretò in principalità nella richiesta di riforma della sentenza di
primo grado con il rigetto dell’opposizione all’esecuzione e, per l’ipotesi di conferma di
tale rigetto e dell’annullamento della transazione, nella riproposizione della domanda
riconvenzionale subordinata intesa ad ottenere la condanna di una somma di
(oltre accessori) in forza dello stato del rapporto all’atto della transazione.

16
Est. Cons. Rf1e1èFrasca

e 611.740,62

Risulta, tuttavia, che il Tribunale di Pesaro diede ingresso anche alla trattazione della

R.g.n. 7120-07; 11542-07 (ud. 26.11.2013)

L’appello incidentale dei qui ricorrenti si concretò nella richiesta di parziale riforma
della sentenza del primo giudice con declaratoria della nullità della transazione, richiesta di
attribuzione di un maggiore danno e di quantificazione del credito della Canon in minor
misura, <>.
Ora, all’esito della decisione sull’appello principale della Canone e del rigetto
dell’opposizione, la sentenza di primo grado è stata interamente riformata con una

considerato, in conseguenza del suo rigetto, rigettata anche la consequenziale domanda di
risarcimento danni del Di Bari, ma anche, per quello che interessa, la domanda
riconvenzionale della Canon, che per effetto della decisione di rigetto dell’opposizione è
tornata ad essere in nesso di subordinazione con l’accoglimento dell’opposizione.
Essendosi concentrata la decisione della controversia sulla sola domanda inerente
l’opposizione all’esecuzione (e, di riflesso, su quella con essa cumulata di risarcimento
danni proposta dal Di Bari) l’esercizio del diritto di impugnazione con il ricorso per
cassazione spettava agli opponenti nel merito e doveva riguardare, come ha riguardato,
necessariamente il rigetto della loro opposizione. Alla Canon, vittoriosa nel merito,
spettava eventualmente la possibilità di un ricorso incidentale condizionato soltanto quanto
al rigetto del primo motivo di appello, relativo alla prescrizione del’azione di annullamento
della transazione, disattesa dal Tribunale. Inoltre, la Canon avrebbe potuto dolersi della
statuizione sulle spese giudiziali ove ritenuta insufficiente nel quantum.
Da tanto consegue che la controversia per come decisa dalla Corte territoriale ed in
ragione del tenore e dell’oggetto della sua decisione risultava esclusivamente una
controversia sul diritto di procedere all’esecuzione e, dunque, non soggetta ala sospensione
dei termini per il periodo feriale.
La sussistenza della riconvenzionale della Canon era divenuta irrilevante, perché il
nesso di subordinazione della sua trattazione, era ridivenuto esistente e, pertanto, si
determinava la sua irrilevanza ai fini della individuazione della disciplina applicabile
secondo la 1. n. 742 del 1969.
A tali conclusioni si deve pervenire considerando che esse sono giustificate alla luce
di quanto si è già statuito affermando che <> (così Cass. n. 3611 del 2011).
La ragione giustificativa di tale principio è che, quando la controversia si
concentra lo sulla domanda di opposizione all’esecuzione e riprende rilievo il nesso di
subordinazione della domanda riconvenzionale dell’esecutante, riguardano la lite
soltanto detta opposizione ed essendo possibile che l’esame della riconvenzionale
subordinata proceda solo se ed in quanto l’opposizione venga decisa con il suo
accoglimento, sarebbe irragionevole che le esigenze di urgenza della trattazione del
giudizio di opposizione vengano derogate per la presenza di un cumulo che non è
attuale e lo può diventare solo dopo la decisione sull’opposizione.
E’ da rilevare che le conclusioni esposte non sono in alcun modo in contrasto con
quanto a suo tempo opinò Cass. n. 4930 del 1988, perché nel caso da essa deciso la
controversia nella quale, di fronte all’opposizione all’esecuzione il creditore aveva svolto
domanda riconvenzionale diretta, per il caso che l’opposizione fosse stata accolta,
all’accertamento di un nuovo titolo esecutivo, era stata decisa dal giudice d’appello con la
conferma del rigetto dell’opposizione all’esecuzione ed il rigetto anche della
riconvenzionale e, dunque, risultava sciolto dalla decisione impugnata in Cassazione il
nesso di subordinazione ed esaminata anche la riconvenzionale soggetta alla sospensione,
sicché l’esercizi del diritto di impugnazione in sede di legittimità risultava possibile anche
per essa, come poi era stato esercitato in concreto e, dunque, regolato, dal principio per cui
quando la decisione riguarda due distinte controversie, l’una soggetta e l’altra no alla
sospensione, l’impugnazione che la attinge è regolata dalla sospensione.
E’ anche da rilevare che le argomentazioni qui esposte non sono in alcun modo i
4

contrasto con Cass. n. 1150 del 1975, là dove aveva affermato che <>).
Il ricorso incidentale condizionato della Canone dev’essere dichiarato inefficace ai
sensi del secondo comma dell’art. 334 c.p.c., in disparte che sarebbe stato, ove fosse
rimasto efficace, assorbito.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del d.m. n.
140 del 2012.
P. Q. M.
La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso principale ed inefficace
l’incidentale. Condanna i ricorrenti alla rifusione alla resistente delle spese del giudizio di
cassazione, liquidate in euro diecimilaquattrocento, di cui duecento per esborsi, oltre
accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, l 26
nove

2013.

di motivazione per insufficienza o contraddittorietà fosse configurabile sol perché su uno

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