Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11229 del 07/05/2010

Cassazione civile sez. III, 07/05/2010, (ud. 08/04/2010, dep. 07/05/2010), n.11229

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 12358-2009 proposto da:

V.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CASTRENSE

7, presso lo studio dell’avvocato PORRONE DOMENICO, che lo

rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

UGF ASSICURAZIONI SPA nuova denominazione assunta dalla Compagnia

Assicuratrice Unipol SpA in persona Del suo procuratore ad negotia,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LEONIDA BISSOLATI 76, presso

lo studio dell’avvocato SPINELLI GIORDANO TOMMASO, che la rappresenta

e difende, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

M.O.E.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7045/2008 del TRIBUNALE di ROMA del 25.3.08,

depositata il 02/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

8/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.

La Corte, letti gli atti depositati:

 

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 14 maggio 2009 V.A. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 2 aprile 2008 dal Tribunale di Roma, che aveva riformato in minima parte la sentenza del Giudice di Pace di cui aveva impugnato il capo relativo alla liquidazione delle spese di lite.

L’UGF Assicurazioni S.p.A. (già Unipol Assicurazioni S.p.A.) ha resistito con controricorso, mentre l’altra intimata, M.O. E., non ha espletato attività difensiva.

2 – I sette motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366- bis c.p.c.. Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n, 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art 366 bis c.p.c, introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione (non specificate come se si trattasse di sinonimi e non di due vizi strutturalmente diversi) degli artt. 91, 92 112, 342 e 343 c.p.c.. Formula un quesito astratto poichè prescinde totalmente dalla motivazione della sentenza impugnata e dalla peculiarità del caso specifico e non postula l’enunciazione di un principio di diritto, decisivo della controversia ma di applicabilità generalizzata, che trovi fondamento nelle numerose norme di diritto richiamate.

Le medesime connotazioni di genericità e astrattezza del quesito presenta il secondo motivo, che ipotizza violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c..

Con il terzo motivo il V. denuncia omessa, insufficiente, contraddittoria e illogica motivazione in punto di compensazione delle spese di lite di primo grado; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., art. 24 Cost..

Il motivo, che tratta congiuntamente censure ontologicamente e strutturalmente diverse, quali sono la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e i vizi di motivazione, si svolge per oltre quattro pagine senza concludersi con il momento di sintesi formulato secondo i criteri sopra enunciati e necessario non solo per circoscrivere il fatto controverso, ma anche per specificare quali capi della sentenza e per quali ragioni presentino motivazione rispettivamente omessa, insufficiente, contraddittoria e illogica e contiene due quesiti astratti per le ragioni già indicate a proposito dei motivi precedenti.

Prescindono totalmente dalla motivazione della sentenza impugnata e risultano privi sia del momento di sintesi, sia del quesito di diritto che dia ragione delle numerose violazioni e false applicazioni denunciate anche il quarto motivo, che lamenta omessa, insufficiente, contraddittoria e illogica motivazione in punto di determinazione delle spese di lite di primo grado;

violazione e/o falsa applicazione degli art. 91 c.p.c., art. 75 disp. att. c.p.c. nonchè D.M. n. 127 del 2004 e in particolare capo 1 artt. 6 e 7; Tab. A 2 n. 17; Tab. 1 nn. 8, 10, 19, 23, 24, 30, 31, 40, 45; Tab. B 4 n. 77; Tab. B 7 n. 80, il quinto motivo, che denuncia ancora omessa, insufficiente, contraddittoria e illogica motivazione in punto di determinazione delle spese di lite di primo grado; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., nonchè D.M. n. 127 del 2004 e in particolare capo 1 artt. 6 e 7; Cap. 3, artt. 1 e 2; Tab. A 2 n. 14; Tab. 1 nn. 45 e 29; Tab. B 4 n. 80; Tab.

D n. 2 lett. b) ed c) e n. 7, il sesto, che lamenta omessa, insufficiente, contraddittoria e illogica motivazione in punto di determinazione delle spese di lite di primo grado; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c, nonchè D.M. n. 127 del 2004 e in particolare capo 1 artt. 6 e 7; Tab A 2 n. 15 e 16 e del settimo, che ipotizza omessa, insufficiente, contraddittoria e illogica motivazione in punto di determinazione delle spese di lite di primo grado; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., nonchè D.M. n. 127 del 2004 e in particolare capo 1 artt. 6 e 7; Tab. B 7 n. 80.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il ricorrente ha presentato memoria; nessuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte con la memoria sono state condivise dal collegio limitatamente al primo motivo, con il quale si denuncia la riforma della sentenza di primo grado, in tema di spese, senza la proposizione del necessario appello incidentale della parte soccombente sul punto;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio, premesso quanto sopra precisato con riferimento al primo motivo, ha condiviso nel resto i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso, che può ugualmente essere deciso in camera di consiglio, stante la disposizione dell’art. 380 bis c.p.c., u.c. va accolto limitatamente al primo motivo; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, cassata in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata, pronuncia nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, confermando la statuizione relativa alle spese del Giudice di Pace; sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo e dichiara inammissibili gli altri motivi di ricorso; Cassa in relazione al motivo accolto e, pronunciando nel merito, conferma la sentenza del primo giudice quanto alle spese di quel giudizio. Spese del giudizio di cassazione compensate.

Così deciso in Roma, il 8 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2010

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